Febbraio 2024

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consigliato per te

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    Bonus caldaia, come cambiare impianto di riscaldamento per risparmiare in bolletta

    Caldaia nuova e bolletta di riscaldamento più bassa approfittando dei bonus ancora disponibili di qui a fine anno. A seconda della tipologia di impianto che si decide di installare è possibile avere la detrazione del 50%,  o l’ecobonus del 65% in dieci anni. Per chi sceglie gli impianti più performati è anche a disposizione il […] LEGGI TUTTO

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    Ue, fino a 10 anni di carcere per l’ecocidio. Approvata anche la legge sul ripristino della natura

    STRASBURGO.  Mani alzate, oggi, al Parlamento Europeo, per votare la direttiva contro il crescente numero di reati ambientali nell’Ue, chiamati per la prima volta ecocidi. “La natura può essere considerata la vittima del danno causato da reati ambientali” si legge nel testo approvato. Ecco perché il diritto penale ambientale dovrebbe diventare uno strumento distinto dal diritto amministrativo e ad esso complementare, capace di punire e, soprattutto, di scoraggiare le azioni illecite. 

    La criminalità ambientale è la quarta attività criminale più grande al mondo, con una crescita da due a tre volte più rapida rispetto all’economia mondiale, ed è una delle principali fonti di reddito per la malavita organizzata insieme al traffico di droga, armi ed esseri umani.

    Quindici anni fa, la direttiva 2008/99/CE aveva introdotto il principio secondo cui i reati ambientali avrebbero dovuto essere combattuti e i loro autori puniti in tutti gli Stati membri dell’Ue. Una azione essenziale per garantire il rispetto del principio “chi inquina paga”. Ma nonostante le buone intenzioni, la direttiva non ha raggiunto tutti i suoi obiettivi.

    Le politiche

    Net zero: le sfide dell’Europa

    di Luca Fraioli, illustrazione di Massimiliano Aurelio

    02 Novembre 2023

    Ecco perché il Parlamento ha deciso per una vigorosa stretta di vite, proprio oggi che, dopo una faticosa contrattazione, è stata approvata anche la legge sul ripristino della natura che obbliga i Paesi Ue a riportare in buone condizioni il 20% delle aree terrestri e marine degradate entro il 2030, e per tutti gli ecosistemi entro il 2050.

    Lo scopo della nuova direttiva contro i crimini al nostro pianeta è quello di progredire verso l’istituzione di un codice di diritto penale dell’Unione in materia ambientale. “La vittoria più grande è stata l’inserimento di un reato qualificato per i crimini più gravi con relative sanzioni sulla base della definizione di ecocidio” dichiara il relatore ombra della norma, l’eurodeputato Franco Roberti (PD-S&D).

    La lista dei crimini

    Nell’elenco aggiornato dei reati ambientali ci sono le principali azioni criminali nell’era della globalizzazione, che possono provocare il decesso o gravi danni alla salute delle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, alla biodiversità, agli ecosistemici, alla fauna o alla flora:

    gli incendi boschivi su larga scala;
    la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento dei rifiuti pericolosi e dei medicinali, tra cui i materiali radioattivi;
    il riciclaggio delle navi e i loro scarichi di sostanze inquinanti;
    l’installazione, l’esercizio o lo smantellamento di un impianto in cui è svolta un’attività pericolosa o in cui sono immagazzinate o utilizzate sostanze, preparati o inquinanti pericolosi;
    l’estrazione e la contaminazione di acque superficiali o sotterranee;
    l’uccisione, la distruzione, il prelievo, il possesso, la commercializzazione di uno o più esemplari delle specie animali;
    l’immissione o la messa a disposizione sul mercato dell’Unione di legname o prodotti provenienti dalla deforestazione illegale;
    qualsiasi azione che provochi il deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto;
    la produzione, l’immissione sul mercato, l’importazione, l’esportazione, l’uso, l’emissione o il rilascio di sostanze che riducono lo strato di ozono, e di gas fluorurati a effetto serra;
    l’estrazione, lo sfruttamento, l’esplorazione, l’uso, la trasformazione, il trasporto, il commercio o lo stoccaggio di risorse minerarie.

    Sanzioni e misure ad hoc

    Saranno inasprite le sanzioni. I singoli trasgressori, compresi i rappresentanti e i membri del consiglio di amministrazione delle aziende, potranno essere condannati a pene detentive fino a dieci anni, a seconda della gravità del reato. Affinché le sanzioni siano efficaci, i colpevoli saranno tenuti a ripristinare l’ambiente che hanno distrutto e a risarcire i danni. Le aziende potranno subire ammende fino al 5% del loro fatturato mondiale o fino a 40 milioni di euro. È stato poi introdotto un articolo sulle misure precauzionali che obbligano gli Stati membri ad adottare le azioni necessarie per ordinare la cessazione immediata di condotte illecite, senza aspettare i tempi di un processo penale.

    Inoltre, si garantisce anche un livello di protezione della direttiva sugli informatori per chi denuncia reati ambientali o assiste nelle indagini fornendo difensori ambientali in tutta Europa. “Una necessità, perché molto spesso i crimini ambientali vengono commessi nel silenzio, a volte, complice o nel silenzio di chi potrebbe denunciare e non lo fa per paura” aggiunge Roberti. 

    Le prossime tappe

    Entro 5 anni dall’adozione, la Commissione aggiornerà la lista dei crimini ambientali. Intanto, dopo in voto di oggi, la direttiva tornerà al Consiglio europoeo per un adempimento puramente formale, per poi essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Dopo l’entrata in vigore della direttiva, gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepirla LEGGI TUTTO

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    A Parigi l’energia rinnovabile dai tornelli delle metropolitana: l’idea degli studenti

    La metropolitana di Parigi è una delle più antiche e frequentate al mondo, con oltre 4 milioni di passeggeri al giorno. E alcuni di questi passeggeri contribuiscono anche a produrre energia elettrica ogni volta che attraversano i tornelli. Il tutto grazie a un progetto sperimentale avviato nel 2023 presso la stazione della metropolitana Miromesnil, dove […] LEGGI TUTTO

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    Con il carciofo si può fare il pane: la farina antispreco dagli scarti dell’ortaggio

    Si chiama Circular Fiber, la startup innovativa nata nel cuore del Veneto da un’idea di Nicola Ancilotto e Luca Cotecchia, che mira contrastare lo spreco alimentare attraverso la trasformazione degli scarti agroalimentari in prodotti di valore. Il focus principale dell’azienda è rappresentato dalla produzione della farina Karshof, nutriente e versatile ottenuta dagli scarti di carciofo.L’Italia è il più grande produttore di carciofi al mondo con una superficie coltivata di 38.000 ettari per una produzione totale di 367.000 tonnellate (De Falco et. al 2022).  Il nostro Paese è considerato la patria dell’ortaggio anche per la qualità della sua produzione e per la biodiversità che la caratterizza, basti pensare che sul territorio italiano esistono diverse indicazioni geografiche DOP e IGP: dal Violetto di Sant’Erasmo al Bianco di Pertosa, dal Moretto di Brisighella allo Spinoso di Sardegna, dal Tondo di Paestum al Romanesco del Lazio.

    Alimentazione

    Al via la “meat free week”, una settimana senza carne contro gli allevamenti intensivi

    di redazione Green&Blue

    26 Febbraio 2024

    Non solo, la laguna di Venezia è un importante e caratteristico centro di produzione, in cui con gli anni si sono affermate delle varietà adatte al clima e al suolo del posto. Circular Fiber ha colto questa opportunità, concentrandosi sulla produzione di farina e prodotti nutraceutici a base di scarti di carciofo.Karshof è ottenuta utilizzando le parti del carciofo che solitamente vengono scartate durante la lavorazione, in modo da ridurre gli sprechi e valorizzare al meglio le risorse naturali. Grazie alla sua consistenza fine e setosa, la speciale farina può essere utilizzata in molteplici modi, come nella preparazione di pane, pasta, dolci e altro ancora. Inoltre, la farina di carciofo è ricca di fibre, proteine e antiossidanti, rendendola una scelta salutare per la dieta.Il processo produttivo e il prodotto sono coperti da brevetto, la farina prodotta ha un impatto ambientale significativamente inferiore rispetto alle farine convenzionali. Grazie al suo approccio sostenibile, Circular Fiber sarà in grado di ridurre gli sprechi e l’inquinamento, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi dell’UN 2030. 

    La call per testare la farina Karshof

    Ma c’è di più. Circular Fiber, di recente ha lanciato una call rivolta a tutte le aziende alimentari interessate a sperimentare Karshof nei loro prodotti, che possono richiederne un campione gratuito. Ogni settimana, Circular Fiber pubblica sulla propria pagina LinkedIn le foto delle prove effettuate dalle imprese alimentari mostrando le ricette a base della sua farina. Fra le prove fatte con le aziende ci sono ADP – Angolo Della Piadina, con prove su piadina; Cipriani Food USA, con prove su croissant; prove su grissini, pane e pizza con i Grandi Molini Italiani di Marghera. Con Blendhub, una multinazionale spagnola, si sta concludendo la formulazione di una speciale barretta energetica fibra/proteine.

    Moda sostenibile

    Ci vestiremo con capelli e alghe per rispettare l’ambiente

    di Federico Turrisi

    24 Febbraio 2024

    Per partecipare alla call e richiedere un campione gratuito di Karshof, le aziende possono contattare Circular Fiber (all’indirizzo email cf@circularfiber.it). I campioni sono distribuiti in base alla disponibilità e al numero di richieste ricevute. La startup mette a disposizione la farina, e supporta aziende alimentari e dell’HoReCa nell’inserirla nelle produzioni di pasta e altri prodotti. 

    Circular Fiber lo scorso ottobre ha terminato il percorso di accelerazione all’interno del programma TerraNext, il primo Acceleratore di CDP Venture dedicato al sostegno delle migliori startup operanti nel settore della bioeconomia, con l’obiettivo di supportare le realtà più innovative del nostro Paese, creare interconnessioni con le eccellenze scientifiche del territorio e con aziende leader di settore, diffondere la cultura dell’open innovation dando un forte impulso all’innovazione dei settori maturi.

    Una farina circolare adatta a tutti

    Farina vegetale di alta qualità dalle proprietà nutrizionali uniche e con un basso impatto ambientale, Karshof può essere utilizzata come ingrediente in vari prodotti alimentari. La farina, che terminati i test sarà in commercio molto presto, ha il 60% di contenuto di fibre, il 13% di proteine e il 6% di inulina, un polimero glucidico che contribuisce alla protezione del fegato. 

    La farina vegetale oltre ad essere ricca di nutrienti, che la rende un’opzione interessante sia per i consumatori attenti alla salute che per le aziende alimentari attente a qualità e riduzione di sprechi, è adatta a celiaci, vegani, vegetariani e, per il basso indice glicemico, ai diabetici. Non solo. La farina è senza glutine e adatta anche per celiaci, vegani e vegetariani.

    Alimentazione

    Dalla Corea arriva la carne coltivata nel riso

    di Sandro Iannaccone

    14 Febbraio 2024

    Il potenziale circolare per rivoluzionare l’industria alimentare c’è, considerando che su 1 kg di carciofi ben 750 grammi sono scarto, il prodotto viene creato attraverso un sistema a ciclo chiuso che utilizza ogni parte del carciofo, riducendo al minimo gli sprechi. “Attraverso un’economia circolare e sostenibile vogliamo portare sul mercato dei prodotti innovativi e alternativi, e renderli fruibili da tutti. Ispirati dal postulato di Lavoisier sulla legge di conservazione della materia, abbiamo creato il nostro credo: Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma in prodotti di valore”. LEGGI TUTTO

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    Lago di Albano, il livello dell’acqua è sceso di 7 metri in meno di 40 anni

    Il lago Albano, conosciuto anche con il nome di lago di Castel Gandolfo, si sta prosciugando. Ogni anno perde in media 15 centimetri d’acqua, ma negli ultimi 12 mesi il livello è sceso in modo drammatico, di oltre 50 centimetri. In 39 anni il lago di origine vulcanica, che si trova nell’area dei Castelli Romani, ha perso 40 milioni di metri cubi di acqua, quasi 7 metri di livello e la situazione è destinata a peggiorare. A lanciare l’allarme è l’associazione Grottaferrata Sostenibile, il cui responsabile Giancarlo Della Monica, dalla fine del 2022 sta monitorando il livello idrico e sulla pagina Facebook descrive in modo dettagliato cosa sta succedendo a questo specchio lacustre profondo circa 160/170 metri.Prelievi diretti, consumo intensivo del suolo, cementificazione ed eccessiva antropizzazione degli spazi naturali dell’area dei Castelli Romani – che portano alla copertura del suolo con materiali impermeabili, come cemento e asfalto – sono le cause principali di questa crisi idrica, segnale inquietante di un altro problema: l’impoverimento progressivo della falda acquifera dei Castelli Romani. A tutto questo si aggiunge il cambiamento climatico in corso che porta periodi prolungati di siccità e concentrazione di pioggia in un periodo temporale molto ristretto.”Dal 2020 i prelievi sull’emissario principale del lago eseguiti da Acea, sono arrivati a circa 300 litri al secondo e servono ad alimentare i comuni di Albano, Ariccia e Castel Gandolfo, a cui vanno aggiunto quelli diretti del Vaticano usati prevalentemente per l’irrigazione dei giardini, di una struttura collegata all’Eni e del convento di Palazzolo, senza contare le captazioni abusive”, spiega Giancarlo Della Monica di Grottaferrata Sostenibile, oltre che delegato allo Sviluppo Sostenibile del Comune di Grottaferrata, che aggiunge: “ad ottobre 2022 ho iniziato a fare queste misurazioni personalmente con un idrometro artigianale per valutare le oscillazioni, in assenza di un teleidrometro che solo dopo molte richieste è stato recentemente adottato dall’Autorità di Bacino, che ha confermato i miei dati”.Nonostante il mese di novembre sia stato particolarmente piovoso, il livello del lago Albano ha continuato ad abbassarsi come se fosse il periodo estivo. “Da giugno il livello dell’acqua non ha mai smesso di scendere. Inoltre c’è un’unica falda acquifera che serve i Castelli Romani, che da oltre 30 anni subisce un impoverimento di 15 milioni di metri cubi di acqua ogni anno, per cui l’abbassamento del lago Albano è solo la spia di una condizione che si sta aggravando”, sottolinea ancora Della Monica.La carenza di acqua, ovviamente, ha un impatto diretto sull’ambiente e sull’ecosistema, i cui effetti si sono già manifestati. “Si è verificata una perdita di biodiversità notevole, pesci e piccoli crostacei che sono spariti, piante ed alghe che non esistono più. Inoltre c’è il problema del dissesto della parte boschiva, che sarebbe interdetta al passaggio pedonale, proprio perché ci sono eventi franosi e non è sicura” osserva Grottaferrata Sostenibile.Per arginare un problema servono soluzioni, anche piuttosto urgenti. “Sul lungo periodo bisogna diminuire il consumo di suolo, quindi il carico antropico e l’urbanizzazione dei Castelli Romani, che è maggiore di 4 volte la media nazionale, aggiornare il Piano Regolatore vecchio di 40 anni per un piano moderno e sostenibile. Per il breve periodo, invece, bisogna ridurre il prelievo diretto, realizzare opere di ingegneria naturalistica per recuperare l’acqua piovana ed introdurre tecnologie per recuperare le acque scure delle case” evidenzia Della Monica.Secondo il fondatore di Grottaferrata Sostenibile, nell’immediato, l’unica possibilità per far risalire il livello idrico del Lago Albano è la “turnazione dell’acqua, interrompere il flusso idrico per una o due ore al giorno ed abbassare la pressione, servirebbero anche a dare consapevolezza alla popolazione della scarsità del bene idrico”. LEGGI TUTTO

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    Scuola, supplenze brevi: ancora ritardi nei pagamenti. E i precari restano senza stipendio

    “In lavorazione”, “elaborato”, “autorizzato”, “risorse in corso di assegnazione”, “esigibile”, “liquidato”. Sono termini tecnici, ma raccontano (ancora) la giungla dei pagamenti delle supplenze brevi nella scuola italiana. La retribuzione, cioè, di quei docenti che non hanno un contratto annuale per supplire la mancanza di qualche collega ma hanno contratti di qualche mese o saltuari. Il […] LEGGI TUTTO

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    L’impatto ecologico delle sigarette elettroniche tra litio e microplastiche

    C’erano una volta i tradizionali mozziconi gettati a terra. Oltre a questi ci sono oggi le sigarette elettroniche, che rischiano di mandare letteralmente in fumo l’ambiente. Tanto più che il loro impiego è in esponenziale aumento. Secondo Euromonitor International, infatti, i consumatori globali sono passati dai 7 milioni nel 2011 ai 55 milioni nel 2021, con un giro d’affari che potrebbe sfiorare i 40 miliardi di dollari nel 2026. 

    Le batterie al litio

    Tra i vaporizzatori, i più pericolosi a livello ambientale sono quelli usa e getta, progettati come un’unica unità e realizzati con un mix di materiali, tra cui plastica, rame e batterie al litio. Proprio queste ultime sono le principali imputate per danni ecologici. Ciascuna è composta da due elettrodi: il polo positivo (catodo), che ospita un composto del litio, e il polo negativo (anodo). Il litio si muove tra gli elettrodi nelle fasi di carica e scarica: nella prima migra dal catodo verso l’anodo, nella seconda dall’anodo verso il catodo. Altri materiali che possono essere presenti sono metalli (cadmio, nichel, cobalto, manganese…), ossidi metallici, grafite, materie plastiche (polietilene o polipropilene). Rispetto alle tradizionali batterie al piombo, quelle al litio sono più piccole, più leggere, più potenti ed efficienti, il che spiega il loro vasto impiego.

    Rifiuti

    Non riciclabili e inquinanti, le e-cigarette diventano un problema ambientale

    di Giacomo Talignani

    11 Aprile 2023

    Lo studio di Oxford

    In un recente studio, pubblicato su Joule, i ricercatori del dipartimento di Scienze ingegneristiche dell’Università di Oxford e del dipartimento di Ingegneria chimica dell’University College di Londra, con il supporto di The Faraday Institution, hanno raccolto le batterie al litio presenti nelle e-cig monouso. Le hanno quindi esaminate al microscopio e con la tomografia a raggi X per mappare la struttura interna e identificare i materiali di cui sono costituite. Hanno così accertato che mantengono la capacità di carica e scarica per oltre 700 cicli, nonostante vengano regolarmente gettate dopo un solo impiego. Uno spreco enorme che fa sì che, nel solo Regno Unito, circa 10mila chili di litio finiscano ogni anno nelle discariche, inquinando con sostanze tossiche le acque circostanti. Senza contare che, se non smaltite correttamente, queste batterie, altamente infiammabili, possono anche costituire un grave rischio di incendi. “Vogliamo aumentare la consapevolezza del problema”, ha dichiarato il professor Paul Shearing, promotore della ricerca, “e siamo già al lavoro per cercare di recuperare singoli componenti delle batterie senza contaminazione crociata”. 

    Il progetto nelle tabaccherie italiane

    Anche in seguito a questo studio, nel gennaio del 2024 il governo del Regno Unito ha annunciato il divieto dei vaporizzatori usa e getta. Sulla stessa scia, stanno prendendo provvedimenti anche Irlanda, Germania, Francia, Belgio.Nel frattempo, in Italia è stato avviato Recycle-Cig, un progetto di raccolta e riciclo di sigarette elettroniche, ideato da Logista in collaborazione con la Federazione italiana tabaccai, con il supporto del ministero dell’Ambiente e del Centro di coordinamento Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee). In concreto, i consumatori potranno gettare le e-cig in un apposito box che troveranno in tabaccheria. Gli addetti ritireranno la scatola, una volta piena, raccogliendo i rifiuti nei luoghi individuati, per poi trasportarli negli impianti di trattamento. Il tutto si svolge con un attento controllo: i dati saranno, infatti, elaborati e comunicati telematicamente al ministero, per garantire una completa tracciabilità.

    Il rapporto

    Mozziconi di sigaretta e piatti di carta: i parchi e i fiumi urbani soffocati dai rifiuti

    a cura di redazione di Green&Blue

    20 Settembre 2023

    L’iniziativa, attiva da novembre del 2023 a Roma e Milano, verrà ora progressivamente estesa a tutto il territorio nazionale. I promotori del progetto hanno calcolato che, per ogni milione di pezzi ritirati, si potranno recuperare 40 tonnellate di batterie, 36 tonnellate di plastica, 15 di altri materiali, tra cui l’alluminio. Per sapere qual è la tabaccheria più vicina abilitata al servizio, gli utenti possono consultare la app “Logista per te”. LEGGI TUTTO

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    Nel suolo c’è sempre meno potassio e l’agricoltura soffre

    Crescere, per le piante, è un lavoro non scontato, per cui non bastano luce e acqua. Perché crescano in salute e producano frutti è necessario che i terreni siano in grado di soddisfare tutte le loro richieste nutritive. Tra gli ingredienti essenziali per una pianta per prosperare c’è il potassio, la cui disponibilità però è in pericolo. Manca nel terreno, e rischia di mancare anche nei fertilizzanti, complice una situazione politica ed economica che ha reso incerti e costosissimi gli usuali approvvigionamenti. Ed è tempo di pensare a soluzioni che possano garantire alle piante (e a noi, alla fine) quanto di cui hanno bisogno.Ad accendere i riflettori sul problema della carenza di potassio, e sul rischio di raccolti sempre meno produttivi, è un team di ricercatori britannico-spagnoli, che ne discute dalle pagine di Nature Food, suggerendo sei azioni per contrastare il problema. “Il potassio è fondamentale per sostenere i raccolti, e il suo esaurimento rappresenta una minaccia significativa per la sicurezza alimentare di milioni di persone in tutto il mondo – ha commentato Mark Maslin dell’University College London, tra gli autori del lavoro – È un problema trascurato che deve essere affrontato con una serie di azioni poiché la popolazione mondiale continua a crescere”.Non esistono infatti, scrivono gli autori, piani per un uso sostenibile del potassio come ne esistono per l’azoto e il fosforo, pur di fronte a un rischio reale di carenze. Lo sono già il 20% dei terreni agricoli (soprattutto nel Sudest asiatico e America Latina) e sono già state osservate perdite in produttività legate alle carenze di potassio; il problema è che se ne va più di quando se ne immetta, e così si perde, scrivono gli autori. Ma la questione è che è diventato sempre più difficile negli ultimi anni re-immettere potassio nei terreni: mancano i fertilizzanti e il loro prezzo è schizzato, complici pandemia, la guerra in Ucraina e le relative sanzioni alla Russia (tra i maggiori produttori di fertilizzanti a base di potassio, insieme a Canada Bielorussia e Cina).C’è poi un altro aspetto centrale nella questione del potassio usato in agricoltura, soprattutto cloruro di potassio e solfato di potassio – ed è la questione socio-ambientale. L’estrazione dei sali di potassio infatti costa acqua, inquinamento e non sempre avviene in sicurezza e nel rispetto delle popolazioni locali interessate, si legge nel paper. Tutto questo, unito alle proiezioni di crescita del mercato, rende quanto mai urgente affrontare il tema. Ed ecco allora le sei raccomandazioni stilate dai ricercatori.Punto primo, è necessario rivedere fonti e flussi dei fertilizzanti a base di potassio, per capire chi ne ha più bisogno, come ridurre gli sprechi e magari aumentarne le possibilità di riciclo. E ancora: serve istituire dei sistemi che possano monitorare, possibilmente su scala nazionale, i bisogni di potassio e prevedere eventuali cambi di prezzo e aiutare gli agricoltori a mantenere adeguati livelli di potassio nel terreno. In questo caso si parla di approfondire gli aspetti scientifici di conoscenza sulle capacità di utilizzo e consumo di potassio da parte di diversi terreni e colture, spiegano gli autori, tenendo conto delle diverse esigenze di agricoltori da regione a regione. I ricercatori raccomandano inoltre di approfondire gli studi anche per quel che riguarda gli impatti ambientali dell’estrazione e produzione dei fertilizzanti a base di potassio, per esempio con studi in laboratorio e sul campo, e lo sviluppo di indicatori di possibili rischi ecologici. E ancora: serve ampliare le possibilità di riciclo e riutilizzo del potassio, minimizzando le perdite. Ma tutto questo, conclude il paper, difficilmente sarà auspicabile senza un’azione congiunta: serve una cooperazione, un impegno, a livello internazionale di grande respiro, che coinvolga magari le Nazioni Unite. LEGGI TUTTO