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Nel suolo c’è sempre meno potassio e l’agricoltura soffre

Crescere, per le piante, è un lavoro non scontato, per cui non bastano luce e acqua. Perché crescano in salute e producano frutti è necessario che i terreni siano in grado di soddisfare tutte le loro richieste nutritive. Tra gli ingredienti essenziali per una pianta per prosperare c’è il potassio, la cui disponibilità però è in pericolo. Manca nel terreno, e rischia di mancare anche nei fertilizzanti, complice una situazione politica ed economica che ha reso incerti e costosissimi gli usuali approvvigionamenti. Ed è tempo di pensare a soluzioni che possano garantire alle piante (e a noi, alla fine) quanto di cui hanno bisogno.

Ad accendere i riflettori sul problema della carenza di potassio, e sul rischio di raccolti sempre meno produttivi, è un team di ricercatori britannico-spagnoli, che ne discute dalle pagine di Nature Food, suggerendo sei azioni per contrastare il problema. “Il potassio è fondamentale per sostenere i raccolti, e il suo esaurimento rappresenta una minaccia significativa per la sicurezza alimentare di milioni di persone in tutto il mondo – ha commentato Mark Maslin dell’University College London, tra gli autori del lavoro – È un problema trascurato che deve essere affrontato con una serie di azioni poiché la popolazione mondiale continua a crescere”.

Non esistono infatti, scrivono gli autori, piani per un uso sostenibile del potassio come ne esistono per l’azoto e il fosforo, pur di fronte a un rischio reale di carenze. Lo sono già il 20% dei terreni agricoli (soprattutto nel Sudest asiatico e America Latina) e sono già state osservate perdite in produttività legate alle carenze di potassio; il problema è che se ne va più di quando se ne immetta, e così si perde, scrivono gli autori. Ma la questione è che è diventato sempre più difficile negli ultimi anni re-immettere potassio nei terreni: mancano i fertilizzanti e il loro prezzo è schizzato, complici pandemia, la guerra in Ucraina e le relative sanzioni alla Russia (tra i maggiori produttori di fertilizzanti a base di potassio, insieme a Canada Bielorussia e Cina).

C’è poi un altro aspetto centrale nella questione del potassio usato in agricoltura, soprattutto cloruro di potassio e solfato di potassio – ed è la questione socio-ambientale. L’estrazione dei sali di potassio infatti costa acqua, inquinamento e non sempre avviene in sicurezza e nel rispetto delle popolazioni locali interessate, si legge nel paper. Tutto questo, unito alle proiezioni di crescita del mercato, rende quanto mai urgente affrontare il tema. Ed ecco allora le sei raccomandazioni stilate dai ricercatori.

Punto primo, è necessario rivedere fonti e flussi dei fertilizzanti a base di potassio, per capire chi ne ha più bisogno, come ridurre gli sprechi e magari aumentarne le possibilità di riciclo. E ancora: serve istituire dei sistemi che possano monitorare, possibilmente su scala nazionale, i bisogni di potassio e prevedere eventuali cambi di prezzo e aiutare gli agricoltori a mantenere adeguati livelli di potassio nel terreno. In questo caso si parla di approfondire gli aspetti scientifici di conoscenza sulle capacità di utilizzo e consumo di potassio da parte di diversi terreni e colture, spiegano gli autori, tenendo conto delle diverse esigenze di agricoltori da regione a regione. I ricercatori raccomandano inoltre di approfondire gli studi anche per quel che riguarda gli impatti ambientali dell’estrazione e produzione dei fertilizzanti a base di potassio, per esempio con studi in laboratorio e sul campo, e lo sviluppo di indicatori di possibili rischi ecologici. E ancora: serve ampliare le possibilità di riciclo e riutilizzo del potassio, minimizzando le perdite. Ma tutto questo, conclude il paper, difficilmente sarà auspicabile senza un’azione congiunta: serve una cooperazione, un impegno, a livello internazionale di grande respiro, che coinvolga magari le Nazioni Unite.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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