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    Linda Maggiori: “Vivere senz’auto perché si può”

    Linda Maggiori, giornalista freelance educatrice e scrittrice, vive con suo marito e i loro tre bambini a Faenza, in provincia di Ravenna, dove da alcuni anni sperimentano uno stile di vita sostenibile senz’auto e a rifiuti (quasi) zero. È volontaria in varie associazioni che si battono contro l’uso degli inceneritori e a favore della mobilità sostenibile. Promuove inoltre progetti di educazione ambientale nelle scuole.

    “Fin da piccola – racconta Linda Maggiori – amavo gli animali e li difendevo, facevo piccole ricerche sull’inquinamento, mi piaceva stare nell’orto con mia nonna e passeggiare in montagna. Un rinnovato interesse è iniziato dopo la nascita dei miei figli, che mi hanno messo davanti una questione imprescindibile: che mondo volevo lasciare loro? Migliore o peggiore di quello che avevo trovato? Intorno a me vedevo il suolo cementificarsi, sempre meno alberi e aria inquinata. Da un istinto naturale di protezione è nato un forte impegno che ha proprio cambiato la nostra vita. Anche mio marito ha condiviso con me questa urgenza di fare la nostra parte, almeno provarci. Ho conosciuto in questi anni tante altre mamme preoccupate per la salute dei loro figli in ogni parte d’Italia e, insieme a loro, abbiamo fondato la rete delle Mamme da Nord a Sud”.

    Dal 2011 Linda Maggiori e la sua famiglia non usano più l’automobile nei loro spostamenti e nel 2019 pubblica il suo libro Vivo senz’auto (Macro Edizioni, Cesena 2019) in cui racconta la sua esperienza. “Inizialmente – continua Maggiori – non è stata una scelta perché l’auto si era rotta in seguito ad un incidente. Poi è diventata una scelta di vita e ormai ci siamo abituati. Ovviamente se serve accettiamo passaggi. Per fortuna a Faenza c’è la stazione e per i piccoli tragitti usiamo la bici. I ragazzi grandi vanno a scuola, sport da soli, i più piccoli ancora li accompagniamo, ma ognuno in famiglia ha la sua bici e la usa quotidianamente. E questo dà ai ragazzi grande autonomia. Abbiamo anche due cargo bike, una elettrica e una muscolare per trasportare le cose più pesanti. Anche per andare in vacanza usiamo i mezzi pubblici, in genere il treno, tanto che ho scritto un altro libro dal titolo Guida per viaggiatori senza auto, con tutte le ferrovie d’Italia e i nostri racconti di viaggi, dalle Alpi alla Sicilia. Siamo il Paese più motorizzato del mondo secondo solo agli Usa con 65 auto ogni 100 abitanti, siamo anche uno dei Paesi con l’aria più inquinata e con alto tasso di incidenti”.

    Le auto colonizzano ogni spazio, ridurre le auto di proprietà e incentivare l’uso dei mezzi pubblici è sempre più necessario”.

    Alla nascita del suo primo figlio Linda Maggiori fonda un’associazione di aiuto sull’allattamento e sull’uso dei pannolini lavabili (Gaaf), riduce al minimo i rifiuti e adotta nel quotidiano uno stile di vita sostenibile. “Ora – sottolinea Maggiori- non ne faccio più parte ma è stato il mio primo impegno per l’ambiente. Le mamme fanno fatica ad allattare soprattutto per sfiducia o mancanza di sostegno e passano troppo facilmente al latte artificiale. Così, insieme ad altre mamme, abbiamo fondato il gruppo di aiuto sull’allattamento, frequentando anche un corso Oms-Unicef per “mamme alla pari”, e poi da lì è venuto naturale creare anche la “pannolinoteca” per incentivare l’uso dei pannolini lavabili, che io ho usato per tutti e quattro i miei figli, riducendo così i rifiuti, sono anche molto salutari per i bebè. Cerchiamo di ridurre a monte i rifiuti, anche se non ci riusciamo del tutto, soprattutto con quattro figli che crescono e non vogliamo essere troppo rigidi. Compriamo frutta e verdura nei mercatini diretti biologici e cereali o legumi bio con i gruppi di acquisto locale. Abbiamo ristrutturato il nostro appartamento sganciandoci totalmente dal gas, con pannelli fotovoltaici, pompa di calore ed elettrificando i consumi finali. Siamo soci di una cooperativa che produce solo energia rinnovabile. Faccio il pane in casa e compriamo solo cibo bio. Sono vegetariana, quasi vegana, mio marito lo stesso, mentre i figli sono onnivori ma compriamo solo carne da piccoli allevamenti locali, conosciuta e certificata bio. Abbiamo anche un piccolo orto in affitto dal comune che coltiviamo in modo sinergico. Zappiamo poco e capita che nell’orto ci spunta qualche piccola quercia, a tempo debito la trapiantiamo dove possibile, così diamo il nostro piccolo contributo per “forestare” la città. Ci battiamo contro il consumo di suolo e recentemente siamo riusciti a fermare una lottizzazione che avrebbe cementificato un bellissimo prato, in zona peraltro alluvionata. In famiglia abbiamo da poco comprato ‘pizza box’, contenitori per pizza d’asporto per evitare gli ingombranti cartoni e risparmiare sulla carta. Abbiamo inoltre inventato la ‘stoviglioteca’, un kit di piatti e bicchieri lavabili da prestare a chi organizza feste a zero waste”.Linda Maggiori è inoltre impegnata nei progetti di educazione ambientale nelle scuole. “Mi chiamano – aggiunge Maggiori – le scuole per presentare i miei libri, come il mio ultimo libro Mamme Ribelli (Terra Nuova Edizioni, 2023), che tratta delle lotte femminili nelle zone contaminate d’Italia. I ragazzi sono molto appassionati, spesso non basta il tempo per rispondere a tutte le loro domande. Di solito presento una mappa muta d’Italia, con le zone SIN più contaminate e relative sorgenti. È anche un nuovo modo di pensare la geografia, i ragazzi scoprono che dietro il velo del benessere portato dall’industrializzazione si nascondono interi territori sacrificati e ingiustizie indicibili”.

    Lo scorso marzo ha inoltre ottenuto il ”Premio nonviolenza”, nato nel 2016 a Monteleone di Puglia per onorare le donne che hanno dedicato la loro vita alla pace ma non è ottimista sul tema del cambiamento climatico. “Sul nostro futuro – conclude Maggiori – sono molto pessimista. Siamo in una grave crisi climatica ed ecologica e non è detto che riusciremo a uscirne, soprattutto perché chi ci governa non fa abbastanza per invertire la rotta, anzi si regalano miliardi di euro al fossile e agli armamenti. Purtroppo anche la guerra ha un impatto ambientale devastante, non solo laddove si scatena, ma anche dove si prepara. Presto andrò a trovare le mamme di Warfree che lottano contro la fabbrica di armi RWM, che, oltre a fabbricare ordigni di morte, ha devastato l’ambiente con il suo ampliamento. Ma questo pessimismo non blocca l’azione, non bisogna lasciarsi prendere dallo sconforto, finché ci sono le forze bisogna lottare. Lo dobbiamo ai nostri figli”. LEGGI TUTTO

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    Così la stella marina potrebbe salvare gli ecosistemi marini

    Un po’ come i boschi terrestri sono fondamentali per contribuire alla produzione di ossigeno che respiriamo, nelle acque degli oceani, lo stesso ruolo primario per la vita, viene svolto dalle foreste di kelp, dense aggregazioni di alghe, che rappresentano tra i più produttivi e diversificati habitat della Terra. “Le foreste di kelp ospitano un’elevata biodiversità e supportano numerosi servizi ecosistemici tra cui l’approvvigionamento di cibo tramite la pesca, il ciclo dei nutrienti e la protezione delle coste dall’erosione, per un valore calcolato in miliardi di dollari all’anno, ma in realtà inestimabile”, spiega Stefania Coppa, biologa marina, ricercatrice presso l’IAS del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Oristano, in Sardegna, che aggiunge: “la riduzione delle foreste di kelp a livello globale avrebbe un impatto di vasta portata sullo stato di salute del mare e sui servizi ecosistemici da esse erogati”.

    I cambiamenti climatici che stanno alterando gli ecosistemi terrestri, minacciano anche queste foreste sottomarine. “Le minacce che possono mettere a rischio questo habitat sono tutte di origine antropica: l’inquinamento, il riscaldamento globale, la raccolta diretta, l’impatto di attività sia professionali che ricreative, la diffusione di specie aliene e le modifiche strutturali della fascia costiera, come la costruzione di infrastrutture che può comportare cambiamenti del regime idrodinamico con conseguente aumento della torbidità”, spiega la ricercatrice del Cnr. A tutto questo si aggiunge un altro nemico: il riccio di mare viola, il cui numero è aumentato in modo spropositato, che si nutre di alghe. “Anche in questo caso il problema principale siamo noi, perché abbiamo fatto diminuire eccessivamente i loro predatori naturali, come le lontre e le stelle marine girasole. Le prime sono state cacciate indiscriminatamente in passato per la pelliccia, invece per quanto riguarda le stelle girasole, la causa principale è il riscaldamento del mare”, evidenzia ancora Stefania Coppa.

    Un nuovo studio condotto da ricercatori di diverse università americane e pubblicato su The Royal Society Publishing, potrebbe aver trovato una soluzione: soluzione che si trova nello stesso ecosistema. Si chiama Pycnopodia helianthoides, la stella marina di girasole dell’Oregon appena citata dalla ricercatrice italiana, a rischio estinzione, ma che sarebbe in grado di salvare le foreste di alghe. “La causa principale della sua quasi estinzione è il riscaldamento del mare che ha favorito le condizioni ambientali utili alla proliferazione di patogeni e alla generazione di eventi di mortalità di massa come nel caso della Sea Star Wasting Disease, registrata dal 2013 che ne ha determinato la quasi totale scomparsa”, dice Coppa.

    Si, perché se le lontre sono predatrici di ricci di mare, a loro volta questi sono “cacciati” anche dalle stelle marine, che potrebbero riequilibrare il sistema. Questa è la tesi dello studio americano, in cui gli studiosi hanno raccolto esemplari sani di stelle marine ed eseguito un esperimento alimentare: hanno cibato le stelle marine con ricci di mare, scoprendo quanto ne siano ghiotte. “Hanno dimostrato che una stella girasole può consumare mediamente 0.68 ricci di mare viola al giorno e che il tasso di predazioni è maggiore su ricci che non si sono nutriti. Riuscire a riportare l’abbondanza delle stelle girasole a livelli pre-moria potrebbe ristabilire il controllo della popolazione di ricci viola e al contempo garantire il buono stato di salute delle foreste di kelp. Tuttavia, se le condizioni ambientali sfavorevoli che hanno determinato la moria delle stelle girasole permangono, la semplice reintroduzione delle stelle girasole non sarà sufficiente a ristabilire le condizioni iniziali”, avvisa la biologa marina del Cnr.

    Attenzione però, che gli effetti antropici sono globali. Aggiunge Coppa: “Nel nostro Mar Mediterraneo, non c’è il kelp, ma altre foreste di origine animale o vegetale egualmente importanti dal punto di vista ecologico. Lo stesso vale anche per il verificarsi di morie di massa. La più recente è quella che dal 2016 sta portando quasi all’estinzione una specie endemica del Mediterraneo: Pinna nobilis, conosciuta anche come nacchera di mare, uno dei più grandi molluschi bivalvi al mondo”. LEGGI TUTTO

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    Pulire casa: come farlo in modo ecologico e sotenibile

    Lustrare le tapparelle, tirare a lucido i pavimenti, far splendere balconi e terrazze. Per molti la primavera è il momento giusto per dedicarsi alle grandi pulizie, oltre che per riordinare e rinnovare la casa. “Un’abitazione più pulita contiene meno germi e meno allergeni ed è quindi più sana”, sostiene Tricia Wolanin, psicologa e consulente per il benessere, “ma riesce anche a migliorare l’umore, rendendoci più concentrati e meno stressati”. L’importante è procedere nel rispetto dell’ambiente e della nostra salute. Ecco allora una mini-guida che, stanza per stanza, fornisce consigli e soluzioni green.

    Il tutorial

    Non spazziamo via le foglie: riusiamole per un giardinaggio a rifiuti-zero

    di Gaetano Zoccali

    19 Novembre 2022

    In cucina: attenti ai “cov”

    Tra fornelli e lavello, unto e incrostazioni ostinate si moltiplicano. Meglio, tuttavia, evitare detersivi aggressivi, che contengono candeggina o ammoniaca, sostanze chimiche che rilasciano composti organici volatili (COV), noti per esacerbare l’asma, provocare mal di testa e reazioni allergiche, incrementare perfino il rischio di cancro al fegato, ai reni, alla tiroide. Secondo l’Environmental Protection Agency, i livelli di questi composti, che finiscono con l’accumularsi sulle superfici domestiche, sono da due a cinque volte più elevati tra le mura di casa rispetto all’esterno. 

    Per scegliere i detergenti più sostenibili, tra i tanti presenti sugli scaffali del supermercato, è indispensabile rintracciare le certificazioni verdi. Tra queste, Eco detergenza o Eco bio detergenza, rilasciate dall’Istituto di certificazione etica e ambientale (Icea); Detergenza Pulita, erogata dall’Associazione italiana per l’agricoltura biologica (Aiab); Ecolabel Ue, marchio europeo che attesta il ridotto impatto sull’ambiente. Occorre poi verificare, tramite un’attenta lettura dell’etichetta, che nella formulazione siano presenti tensioattivi di origine vegetale, per esempio derivanti dal cocco, dalla palma, dall’olio di oliva, dal grano, e privi di coloranti. In ogni caso, il suggerimento è quello di utilizzare sempre poche gocce di prodotto, in modo da ridurre l’eventuale impatto e gli sprechi. Attenzione anche all’imballaggio: prediligete l’acquisto di detersivi sfusi o con contenitori ricaricabili. 

    Come suggerisce Kathryn Kellogg, autrice di 101 Ways to Go Zero Waste, l’ideale è comunque optare per prodotti naturali, che tutti abbiamo in frigo o in dispensa, come succo di limone, aceto bianco, bicarbonato di sodio, sapone di Marsiglia, che non costituiscono un pericolo per l’ambiente nemmeno quando finiscono nello scarico. 

    Dopo aver chiarito quali detergenti usare in cucina, un trucco per pulire gli angoli, dove si accumulano residui di cibo misti a polvere: usate un vecchio spazzolino da denti e ogni traccia sparirà. 

    Infine, ricordate che la pulizia richiede molta acqua, una risorsa limitata. Per questo, se vi ritrovate una pila di piatti nel secchiaio, preferite la lavastoviglie, purché a pieno carico, al lavaggio a mano: la prima utilizza, infatti, quattro litri d’acqua per ciclo, mentre il secondo può richiederne fino a 20.

    Il tutorial

    Non spazziamo via le foglie: riusiamole per un giardinaggio a rifiuti-zero

    di Gaetano Zoccali

    19 Novembre 2022

    In soggiorno: dal router al tappeto

    È tempo di spazzare via la polvere che si è accumulata durante l’inverno, anche a causa di termosifoni e stufe, soprattutto sugli oggetti elettrici, come tv e router wi-fi.

    Da evitare asciugamani di carta e salviette detergenti monouso, che finiscono nelle discariche, incrementando le emissioni di carbonio. Via libera, invece, a spugne biodegradabili e a panni lavabili e riutilizzabili. Quelli in microfibra, con l’aggiunta della sola acqua, possono rimuovere fino all’98% dei batteri dalle superfici lisce. Si possono anche utilizzare vecchi abiti, camicie, lenzuola, federe come stracci: un modo per prolungare la vita delle stoffe e per risparmiare. 

    Una dritta per la pulizia dei tappeti: cospargeteli uniformemente di bicarbonato, lasciate agire per almeno un’ora e rimuovete l’eccesso con l’aspirapolvere alla minima velocità, se possibile utilizzando un beccuccio adatto ai tessuti. Per ravvivare i colori, miscelate poi un litro di acqua fredda e mezzo bicchiere di aceto bianco, inumidite un panno e sfregate delicatamente in direzione del pelo. Non esponete mai i tappeti al sole.

    Ambiente

    Il bucato green in 10 mosse per un guardaroba sostenibile

    a cura di Fiammetta Cupellaro

    17 Settembre 2022

    In bagno: via il calcare

    Uno dei nemici di un bagno splendente è il famigerato calcare, che si annida nei rubinetti, nella vasca, nel lavabo. Per contrastarlo meglio evitare i prodotti tradizionali, che contengono fosforo, fosfati, fosfonati, e puntare su quelli ecologici a base di citrato di sodio e silicati lamellati. Per i sanitari è utile l’acqua ossigenata, che ha un’azione sbiancante, sanificante, antibatterica, mentre per gli specchi e le ante della doccia, ma anche per i lampadari, è perfetto l’aceto bianco diluito con acqua (una parte del primo, due della seconda) messo in un contenitore spray per agevolarne l’impiego. 

    Sconsigliati i deodoranti per ambienti: sono una fonte concentrata di contaminanti dell’aria, come composti organici volatili e ftalati, usati come fissativi per le fragranze. Meglio allora aprire la finestra del bagno e usare qualche goccia di olio essenziale profumato. 

    In questa stagione capita anche di lavare, nella zona adibita a lavanderia, maglioni, sciarpe, piumini, in modo che siano pronti per l’inverno prossimo. Lasciateli asciugare all’aria su uno stendino, dentro o fuori casa, piuttosto che attivare l’asciugatrice. Così ridurrete l’impronta di carbonio e risparmierete anche sulla bolletta.

    In camera da letto: addio acari

    Togliete tende, lenzuola, coprimaterasso, federe, sottofedere e metteteli a lavare. Per igienizzare il materasso ed eliminare gli acari usate la stessa tecnica valida per i tappeti: cospargete con il bicarbonato, lasciate agire per almeno mezza giornata, quindi rimuovere l’eccesso con l’aspirapolvere. Intanto procedete alla pulizia delle doghe, della testiera e delle fasce laterali del letto: è sufficiente un panno umido per asportare la polvere che si è accumulata nei mesi più freddi. Lo stesso vale per lampade e comodini. 

    Poi svuotate armadi e cassetti, in modo da poter pulire bene gli interni. Aggiungete qualche goccia di essenza di lavanda o cannella per tenere alla larga le tarme. LEGGI TUTTO

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    Meno emissioni e soldi ai Paesi in via di sviluppo: al via il G7 sull’ambiente

    Meno emissioni di CO2, più soldi ai Paesi in via di sviluppo. Sono questi, in estrema sintesi, i due poli tra cui oscillerà il G7 dedicato al clima, all’energia e all’ambiente che prenderà il via domenica sera con la cena a cui sono invitati i ministri dei sette Paesi più industrializzati, ma che entrerà nel vivo lunedì, per poi concludersi nel primo pomeriggio di martedì con un comunicato congiunto. Come quelli dedicati alla politica estera (pochi giorni fa a Capri) e all’economia, questi vertici sono preparatori del summit dei capi di Stato e di governo del G7 che si terrà a Borgo Egnazia, in Puglia, dal 13 al 15 giugno. In quell’occasione i leader non potranno affrontare tutti i dossier e dunque i rispettivi ministri si portano avanti con il lavoro.

    Nell’evento torinese, padrone di casa (la Venaria Reale) il ministro italiano dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, si discuterà appunto di clima, fonti energetiche e finanza. Questo G7 Clima, arriva dopo la storica Cop28 di Dubai, che ha sdoganato la “transition away” dai combustibili fossili, e pochi mesi prima della Cop29 di Baku, che si concentrerà soprattutto sugli aiuti economici che i Paesi più vulnerabili alla crisi climatica chiedono ai “ricchi”. Tra i Paesi del G7, Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Giappone, Italia, Canada, Francia, molti sono quelli che hanno le maggiori responsabilità storiche in fatto di emissioni di CO2. Per questo (e anche in virtù della loro forza economica e tecnologica) è richiesto loro lo sforzo maggiore in fatto di decarbonizzazione. Gli impegni presi in tal senso non mancano, ma, come spesso accade in queste vicende, non vengono mantenuti.

    Il bilancio

    Cop28, vertice storico ma non basta per fermare la corsa della crisi climatica

    di Luca Fraioli

    16 Dicembre 2023

    A pochi giorni dal vertice di Torino, l’associazione Climate Analytics ha analizzato i piani di riduzione delle emissioni dei Paesi del G7, riscontrando che nessuno di essi è in traiettoria per raggiungere gli obiettivi fissati al 2030. “I governi del Gruppo dei Sette sono sulla strada per raggiungere appena la metà delle riduzioni delle emissioni di gas serra necessarie entro il 2030 per raggiungere l’obiettivo di 1,5°C previsto dall’Accordo di Parigi”, scrivono i ricercatori. “Le economie del G7 dovrebbero ridurre le proprie emissioni del 58% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2019, per fare la loro parte nel limitare il riscaldamento a 1,5°C. L’attuale livello di ambizione collettiva del G7 per il 2030 è pari al 40-42%, e dunque insufficiente. E le politiche esistenti suggeriscono che il G7 probabilmente raggiungerà solo una riduzione del 19-33% entro la fine di questo decennio”.

    Dunque tagliare le emissioni molto di più (sia della teoria che ancor più della pratica). Ma come? Innanzitutto definendo degli Ndc (Contributi determinati a livello nazionale) molto più ambiziosi degli attuali. E poi attuando politiche in grado di conseguirli. Per esempio, impegnandosi a a eliminare la produzione nazionale di energia elettrica da carbone e gas fossile, rispettivamente entro il 2030 e il 2035. Porre fine ai finanziamenti pubblici e ad altri tipi di sostegno ai combustibili fossili all’estero. “L’Italia e il Giappone, l’attuale e la precedente presidenza del G7, sono tra i primi 5 Paesi che sovvenzionano progetti di combustibili fossili nel G20”, fanno notare da Climate Analytics. E ancora: accelerare l’obiettivo (concordato da tutti a Cop28) di triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030.

    Decarbonizzazione

    Nessun paese del G7 è in linea con gli obiettivi di ridurre le emissioni climalteranti

    di Giacomo Talignani

    23 Aprile 2024

    Recepiranno tali input i “sette Grandi” riuniti a Torino? Difficile. Il Giappone è molto legato al carbone, l’Italia continua a sognare un ruolo da “hub europeo del gas”, a promettere battaglia contro il divieto europeo di produrre automobili a combustione interna a partire dal 2035 scommettendo sui biocombustibili. Nonostante lo stop a nuove esportazioni di gas naturale liquefatto da parte dell’Amministrazione Biden, gli Usa restano tra i principali produttori mondiali di gas fossili. Così come il Canada. Il G7 procede in ordine sparso anche sul nucleare. La Germania vi ha rinunciato (e c’è chi attribuisce a tale stop la crisi economica tedesca). La Francia continua a puntarci e l’Italia vorrebbe imitarla. Domenica a Torino anche un convegno sull’energia atomica organizzato da Newcleo, Atlantic Council e ISPI, “The Role of Nuclear in the Energy Transition”: tra gli ospiti, il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale per l’energia Fatih Birol. Lo stesso Birol, sempre domenica a Torino, terrà un discorso alla conferenza degli industriali del G7 (la sigla in questo caso è B7: Business Federations of the Group of Seven), altro evento organizzato in vista del G7 energia e clima.

    Tornando al vertice dei ministri: come capiremo se è stato un successo?. “Occorrerà leggere con grande attenzione la dichiarazione finale di Torino per capire come sono andate davvero le cose”, spiega Luca Bergamaschi, cofondatore di Ecco, il think tank italiano per il clima. “Ai temi davvero importanti per il G7 sarà dedicato ampio spazio, mentre poche righe potrebbero essere riservate a tematiche che interessano i singoli governi. Che però poi li potrebbero rivendicare di fronte ai media come un riconoscimento della loro posizione. Potrebbe essere il caso del gas naturale, dei biocombustibili e del nucleare per l’Italia”. C’è infine la finanza climatica. I Paesi ricchi sono ancora lontani dal mantenere la promessa fatta anni fa: 100 miliardi di dollari l’anno fino al 2025. E dopo il 2025? Non ci sono promesse né impegni. Se ne parlerà appunto a Baku, in Azerbaigian, il prossimo novembre a Cop29. Ma di certo ne parleranno anche i ministri e gli inviati speciali per il clima lunedì e martedì a Torino. LEGGI TUTTO

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    Sei ingredienti per promuovere trasporti sostenibili

    Trasporti pubblici accessibili a tutti in termini tariffari, con agevolazioni per le categorie in condizione di disagio; espansione delle reti di autobus e treni, ben oltre la ramificazione attuale; maggiore sicurezza per chi si muove a piedi o in bici, affinché non venga frenato dall’adottare abitudini benefiche anche per la sua salute; restrizioni per i Suv e i voli a corto raggio, anche sotto forma aggravi economici per chi li utilizza; ripensamento delle reti di trasporti locali per disincentivare l’utilizzo delle auto private; infine introduzione di misure orientate all’equità sociale che ad esempio disincentivino l’utilizzo dei jet privati. Sono i sei ingredienti necessari per una reale promozione della mobilità sostenibile secondo uno studio realizzato da Greenpeace.

    Cambio di paradigma

    “Implementando queste raccomandazioni per trasporti accessibili, convenienti, sicuri, rispettosi del clima, connessi e socialmente giusti, possiamo creare sistemi di trasporto più verdi ed equi per tutti”, spiega lo studio realizzato dall’associazione ambientalista. Secondo la quale, questi ingredienti non solo dovrebbero combinarsi per creare una mobilità migliore, più pulita e più libertà per tutti, ma potrebbero anche aprire la strada a un cambiamento trasformativo nel modo in cui strutturiamo le nostre giornate.

    Passi in avanti in tema di mobilità condivisa

    Restando in tema di riduzione delle emissioni inquinanti legate ai trasporti, merita una menzione l’instant survey di Areté, che analizza la propensione degli italiani che vivono nelle città di Roma, Milano, Torino, Firenze e Bologna a servirsi delle forme di mobilità condivisa, anche attraverso veicoli non inquinanti come quelli elettrici. Emerge che nove su dieci conoscono il car sharing e sei su dici sono pronto ad abbandonare in futuro la proprietà dell’auto. Mentre lo scenario cambia leggermente spostando il focus sul car pooling: il 48% degli intervistati dice di conoscerlo e il 38% di questi lo ha anche usato almeno una volta.

    L’88% del campione intervistato possiede una vettura, acquistata in un’unica soluzione (50% dei casi) o tramite finanziamento (38%). Alla domanda “quale strumento di trasporto utilizzi per muoverti abitualmente in città?” otto su dieci, equamente suddivisi, rispondono a bordo di un’auto privata e sui mezzi pubblici. Il 10% si serve di moto o scooter.

    Andando ad analizzare i dati relativi alle singole realtà metropolitane, Milano risulta essere la città in cui l’utilizzo dei mezzi pubblici (ad essi si affida il 55% dei rispondenti vs il 25% di coloro che usano le quattro ruote) è più elevato.

    A Roma, complice una rete di trasporti meno efficiente, le preferenze per l’utilizzo di bus e metro per gli spostamenti urbani quotidiani scendono al 34% e l’uso dell’auto viene preferito dal 47% del campione. Se a Firenze e Bologna le percentuali di utilizzo di auto e mezzi pubblici sono pressoché appaiate, a Torino la mobilità privata prevale decisamente su quella pubblica: 51% contro 34%.

    Dunque, nonostante i passi in avanti in tempi recenti, nelle principali città italiane la mobilità privata su quella pubblica (con alcune eccezioni) anche a causa di inefficienze su quest’ultimo fronte. LEGGI TUTTO

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    L’urlo ultrasonico una difesa per le rane lettiere

    Se una rana urla in mezzo alla foresta e nessuno può sentirla, fa rumore? La risposta è sì: per la prima volta, un’équipe di ricercatori della State University of Campina, in Brasile, è riuscita a registrare – ma non ad ascoltare – il verso della rana lettiera, che abita la Foresta Atlantica brasiliana. Si tratta […] LEGGI TUTTO

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    Pfas nelle giacche a vento per bambini: rintracciate le sostanze chimiche nocive nel 63% dei test

    Le giacche outdoor per bambini, comunemente acquistate nei negozi oppure negli store online, in molti casi possono contenere PFAS – un vasto gruppo di sostanze chimiche con diversi gradi di nocività per l’organismo umano – in percentuali superiori a quelle fissate dai parametri dell’Ue. 

    Uno studio condotto da Bund, associazione tedesca per la protezione dell’ambiente e della natura, insieme ad altre 14 organizzazioni di protezione ambientale, infatti, ha rivelato che il 63% del campione di giacche selezionate contiene PFAS, acronimo di sostanze perfluoroalchiliche, molto diffuso nell’industria tessile, per rendere i capi di abbigliamento resistenti all’acqua, al grasso e alle macchie; ma queste stesse sostanze sono usate anche per imballaggi alimentari ed utensili da cucina antiaderenti, tra cui le pentole.

    Pfas, altre prove di pericolosità: allo studio il contatto con i vestiti

    di Davide Michielin

    08 Novembre 2022

    In realtà, già negli anni Cinquanta, è iniziato il ricorso ai PFAS, ma con la diffusione globalizzata di capi di abbigliamento venduti a prezzi sempre più low-cost, l’utilizzo è divenuto massiccio, con conseguenze importanti a livello ambientale, proprio per la loro forte resistenza ai processi di degradazione naturale oltre alla tendenza ad accumularsi negli organismi viventi. E questo è il segnale più inquietante, ricollegandosi allo studio tedesco sulle giacche a vento destinati ai più giovani. 

    Infatti, si legge sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che “l’accumulo dei PFAS nell’organismo umano ha effetti tossici e può essere correlato a patologie neonatali, diabete gestazionale e, in caso di esposizione cronica, formazione di tumori. Alcuni PFAS sono stati classificati anche come potenziali interferenti endocrini”. 

    Nel dettaglio, lo studio tedesco ha analizzato 56 modelli di giacche e 16 altri campioni di abbigliamento, come grembiuli, magliette, costumi da bagno e pantaloni, destinati a vari paesi del mondo, molti dei quali in Europa –  tra cui Germania, Polonia, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, anche il Regno Unito – ma non al mercato italiano. Ma questo non deve allarmare meno, perché con la globalizzazione, gran parte dei brand internazionali vendono i loro prodotti su tutto il territorio del vecchio continente. 

    Se il 63% delle giacche testate è contaminato da PFAS, ben il 29% supera i limiti consentiti dall’Unione Europea, ovvero 16 campioni di giacche, mentre il 37% del test, cioè 21 giacche, era privo di cancerogeni PFAS, a dimostrazione del fatto che esistono alternative sicure sul mercato, pur riparando da freddo e pioggia, ma senza intaccare la salute dei più piccoli. 

    Addirittura due costumi da bagno provenienti dall’India avevano livelli superiori ai limiti di sicurezza proposti dall’UE. Il PFOA, una sostanza chimica nota per la sua elevata tossicità, era il PFAS più comune nei prodotti, è stato trovato in 17 giacche, nonostante il suo divieto in Ue a partire dal 2020. 

    Altro dato allarmante evidenziato dalla ricerca è la disparità regionale nella diffusione di prodotti con PFAS potenzialmente nocivi; le giacche per bambini provenienti dall’Europa dell’Est, infatti, presentavano tassi di contaminazione più elevati rispetto a quelli provenienti dall’Europa centrale e dalla Scandinavia, dove i prodotti sostenibili sono più diffusi e richiesti. 

    Il dossier tedesco suggerisce, dunque, di impostare soglie legislative uniformi a livello europeo e negli Stati Uniti, ed evitare che vi sia – come ora – una differenziazione su base locale o nazionale, affinché siano più rigidi e sistematici i controlli sull’utilizzo di PFAS nei vestiti specialmente dei bambini (ma non solo) al fine di ridurre o eliminare le emissioni di PFAS nell’ambiente. LEGGI TUTTO

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    Ecoracer 30, la prima barca al mondo completamente riciclabile

    Si chiama Ecoracer 30, la barca a vela “manifesto” della tecnologia e dei materiali che sostituiscono la vetroresina per rendere una imbarcazione completamente riciclabile, l’occasione per guardare al futuro di NL Comp, la startup triestina che opera a Monfalcone, nell’ambito di uno tra i più efficaci ecosistemi della nautica da diporto attivi in Italia. Grazie all’approvazione dei brevetti, NL Comp è diventata la prima azienda a produrre uno scafo interamente riciclabile, fornendo in licenza la tecnologia rComposite® a cantieri prestigiosi e producendo parti non strutturali per gruppi internazionali.

    Estate green

    La denuncia di Giovanni Soldini: “Ci sono motoscafi che sono bombe ecologiche”

    di Luca Fraioli

    09 Luglio 2022

    Fondata a Trieste nel 2020 da Fabio Bignolini, Piernicola Paoletti e Andrea Paduano, la startup ha deciso di impegnarsi per la salvaguardia del mare, con lo scopo di trovare una soluzione definitiva al problema della vetroresina: arrivate a fine vita, le imbarcazioni realizzate con questi materiali vengono spesso abbandonate nei cantieri, nei porti o addirittura deliberatamente affondate, con conseguenze negative sulla fauna e la flora marine. L’11 aprile scorso, l’Ecoracer 30 è scesa in acqua allo Yacht club Adriaco di Trieste, da dove partirà per partecipare al principale appuntamento della stagione: il Campionato italiano Altura in programma a fine giugno a Brindisi. In lizza non solo l’importante trofeo sportivo, ma la sfida di mostrare all’industria nautica europea la qualità della tecnologia e dei materiali brevettati da NL Comp per realizzare una barca con resine termoplastiche, riciclabili a fine vita.

    “Dal 2020 a oggi – ha spiegato l’Amministratore Delegato della società, Fabio Bignolini – abbiamo lavorato sui processi e materiali per sostituire la vetroresina, e a seguito dell’accettazione delle nostre domande di brevetto, siamo la prima azienda a produrre uno scafo completamente riciclabile, oltre a fornire in licenza rComposite® a prestigiosi cantieri e a produrre parti non strutturali per grandi gruppi internazionali”. LEGGI TUTTO