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    Giulia Furfaro, la biologa che scopre i nudibranchi

    Laggiù c’è da sorprendersi, e innamorarsi. E per lei fu non a caso un colpo di fulmine, o quasi. Quei molluschi variopinti, privi della conchiglia nello stadio adulto, e così diversi l’uno dall’altro: ce ne sono più di tremila specie, li accomuna l’effervescenza dei colori, quasi sempre sgargianti e arlecchineschi, segnale chiaro e inequivocabile per i potenziali predatori.Così i nudibranchi, molluschi gasteropodi spesso trascurati dal grande pubblico, sono diventati la ragione di vita di Giulia Furfaro, biologa marina, 39 anni, romana ormai stabilmente di stanza a Lecce, dove è ricercatrice all’Università del Salento. Da qui, da questo piccolo osservatorio sul mare, scopre nuove specie, una dietro l’altra.

    Flabellina affinis (foto: Michele Solca)  LEGGI TUTTO

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    Mario Caironi: “Così ho inventato la batteria commestibile che salva l’ambiente”

    La ricetta sta cambiando, quella nuova è un segreto, ma parliamo sempre della batteria commestibile fatta di materiali ricavati dal cibo (come mandorle, capperi, cera d’api e oro edibile) quella inventata all’Istituto italiano di Tecnologia (Iit), annunciata lo scorso anno e diventata una delle migliori invenzioni del 2023 per la rivista Time. Mario Caironi, ingegnere elettronico, bergamasco, 45 anni, a capo del Printed and Molecular Electronics Laboratory dell’Iit, racconta come la tecnologia Elfo (“Electronic Food”) stia facendo passi avanti nei laboratori di Milano. Ora la batteria è più piccola e sta dentro a una pillola che sarà messa a punto per scopi medici, diagnostici o terapeutici, ma potrà alimentare sensori per il monitoraggio ambientale senza parti tossiche e dannose per l’ecosistema.La nuova frontiera? L’agricoltura di precisione, ma il team di Caironi lavora anche con gli chef, per creare circuiti da integrare nelle pietanze in piatti interattivi nei ristoranti. 

    Cominciamo con una domanda semiseria: quanto manca per andare al mercato e chiedere due wattora di mandorle e tre di capperi?(Caironi sorride). “Essendo un risultato della ricerca di laboratorio in un campo nuovo i tempi sono lunghi. Stiamo già facendo brevetti per materiali e per applicazioni specifiche che prevedano l’uso della batteria. È sempre difficile dare dei termini ma possiamo immaginare dieci anni, non prima”.

    Per immaginare di usarla in campo controllato come negli ospedali o anche a livello commerciale?”L’obiettivo è intrinseco alla natura di quello che stiamo cercando di fare: tutti i giorni mi sveglio, ingerisco questa pillola commestibile e monitoro un parametro medico, ma lo faccio da casa, lo registro sullo smartphone e poi viene inviato all’ospedale. Stiamo costruendo componenti elettronici, quindi sia batteria ma anche tutto ciò che serve per circuiti e sensori commestibili, con l’idea di poterli rendere disponibili all’ampio utilizzo. Attualmente l’elettronica ingeribile, ma non commestibile, viene chiusa in una capsula inerte, che poi ovviamente viene espulsa dal corpo. Sono pensate proprio per un uso molto specifico, quindi ospedaliero o comunque sotto stretta supervisione. Se immaginiamo un utilizzo massivo di questa elettronica, stiamo gettando un l’equivalente di centinaia di euro (per ogni dispositivo, ndr) nelle fogne. L’elettronica commestibile cerca di rispondere a questo limite”. 

    In questo modo potrà diventare anche più utilizzata.”Si può pensare anche a screening di massa con qualcosa di più semplice e molto meno impattante per l’ambiente anche per la sua creazione. I materiali non contengono elementi tossici che richiedano un’industria. La preparazione (anche da scarti di cibo ndr) ha un impatto ambientale molto minore di quello che elettronica classica. Un membro del nostro team, Valerio Annese, ha vinto una fellowship personale per sviluppare biosensori commestibili con uno specifico indicatore che dica, per esempio, se sto rispondendo bene delle cure o se c’è un potenziale sviluppo di una certa patologia. La pillola avrà bisogno di energia e vorremmo integrare la batteria sviluppata per il progetto Elfo”. 

    Che progressi avete fatto nel frattempo?”La prima cosa da fare era, ed è ancora, quella di miniaturizzare la batteria. Lo abbiamo fatto aumentandone anche leggermente la capacità. Abbiamo modificato i materiali rispetto al primo prototipo che ci consentono di arrotolarla per l’inserimento nel dispositivo finale. E stiamo assemblando le prime componenti di una pillola commestibile che può fornire un segnale da leggere poi dall’esterno del corpo”.

    Quindi ora entra dentro a una pillola?”Sì, abbiamo trovato delle soluzioni tecniche e materiali diversi per rimpicciolirla e farle entrare all’interno di una pillola”. 

    Per esempio per quali applicazioni?”Ce ne sono alcune che non richiedono un’elettronica molto sofisticata. Ne abbiamo parlato con dei nutrizionisti: per esempio per studiare la sazietà, lo stimolo alla fame”. 

    Elettronica “digeribile” significa anche biodegradabile, quindi a impatto zero per l’ambiente. Quali altre idee avete per il suo utilizzo?”Stiamo lavorando anche per applicazioni all’esterno. Per alimentare reti di sensori ambientali per esempio, nell’agri tech. Per controllare sia inquinanti nell’acqua che nell’aria. Il problema finora è: come faccio a distribuire decine, centinaia, migliaia di sensori che mi dicano puntualmente che mi mappino delle aree e come farlo senza creare ulteriori problemi ambientali? Senza disperdere materiale tossico nell’ambiente? La batteria è uno degli aspetti più impattanti”. 

    Alcuni esempi?”L’agricoltura di precisione: monitorare le colture e sapere come irrigare, quando irrigare, quando e dove concimare, con un risparmio di risorse. Le attuali tecnologie non permettono un controllo capillare con centinaia di sensori. Siamo coinvolti anche in un altro progetto, Robofood, in collaborazione con l’Epfl in Svizzera e food scientist dell’Università di Wageningen in Olanda. Siamo appena stati a Losanna a parlare con degli chef per cucinare dei primi esempi di piatti interattivi. Ci stiamo avvicinando a qualcosa che anche la gente comune può vedere e potenzialmente anche consumare”. 

    Nel senso che posso interagire col cibo?”Sì, oppure il piatto si modifica, altera la sua forma, il colore, anche all’olfatto. All’inizio pensiamo più a una dimostrazione, per far vedere che con il cibo si possono fare di fatto delle operazioni robotiche. Poi può trovare anche applicazione in ambito medico. Oppure per portare cibo o medicinali a specie in pericolo di fauna selvatica che mangia solo ciò che si muove”. 

    E le etichette commestibili contro la sofisticazione?”Un sistema elettronico commestibile può venire a contatto direttamente col cibo e non col contenitore, questo permette di seguire i cibi anche all’ultimo miglio dove tipicamente si rischia di perdere il controllo della filiera e avviene il grosso della contraffazione. Abbiamo sviluppato, un anno e mezzo fa, un sensore commestibile per registrare lo scongelamento del cibo. L’acqua, quando è congelata non conduce elettricità a differenza di quando è scongelata. L’indicatore era succo di cavolo rosso, che ha molecole colorate. Se ricongelo quel lotto, l’indicatore ha cambiato colore in maniera irreversibile. Questo è un metodo di anticontraffazione per seguire il trancio di pesce congelato fino alla fine. Lavoriamo anche a sensori commestibili per monitorare lo stato di conservazione dei cibi freschi, correlando i sensori ai gas prodotti”. 

    Qual è stato un momento importante, cruciale, nella vostra ricerca?”Riuscire a convincere qualcuno a finanziare un progetto importante su questo tema. Fino a prima che partissimo con questo progetto europeo che si chiama Elfo c’era qualche esempio di dispositivo fatto parzialmente con materiali commestibili e derivati, ma erano tutti esempi un po sparsi. Quindi quando ci siamo convinti di poter fare qualcosa di utile. Era importante avere una una forte concentrazione di risorse e di interesse. Quindi quando è arrivato il finanziamento europeo da due milioni, e partito nel 2020, abbiamo capito che potevamo farcela”. LEGGI TUTTO

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    Donato Giovannelli, un microbiologo ai confini del mondo

    Salirà sul vulcano Poás, in Costar Rica, e poi volerà alle isole Svalbard, al circolo polare artico: sono le terre abitate più a nord del pianeta.  Quindi si immergerà attorno alle sorgenti termali naturali, in Grecia e alle Eolie e, ancora, dalla Patagonia all’Islanda, senza soluzione di continuità. Ha sempre le valigie pronte, Donato Giovannelli. La sua missione? Esplorare i luoghi più remoti della terra. Una spedizione dopo l’altra, senza mai fermarsi. Lo scopo? Studiare la biodiversità degli ambienti estremi, trovando risposte sull’interazione tra geologia e biologia. LEGGI TUTTO

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    Bertrand Piccard, il giro del mondo su un aereo a idrogeno

    “Lo faccio soprattutto per dimostrare al mondo che possiamo agire contro il cambiamento climatico. Che la situazione attuale è complicata, certo, ma ci sono soluzioni e opportunità, e la gente spesso non è al corrente. Per esempio, in quanti immagino che è già tecnicamente possibile girare il mondo su un aereo a idrogeno, senza soste?”. L’ultima, sensazionale sfida di Bertrand Piccard è un’idea che parte da lontano: si concretizzerà nel 2028, ma lui – avitatore e psichiatra svizzero, ma soprattutto “esploratore seriale” (come ama definirsi), già non vede l’ora.Volerà per nove giorni e nove notti su un piccolo velivolo che si chiama Climate Impulse e ha già nel nome il senso ultimo del progetto, una folle idea realizzata in partnership con SyensQo by Solvay. Piccard la definisce una idea spettacolare”, annunciata nei mesi scorsi da Green&Blue: ci sarà ancora da lavorare, due anni di test e di perfezionamento della tecnologia, ma la direzione è quella giusta.

    Sarà un progetto spettacolare, in grado di dimostrare al mondo che possiamo andare lontani, se lo vogliamo, e che l’idrogeno verde è una delle soluzioni in grado di risolvere una delle grandi criticità del mondo contemporaneo, le emissioni prodotte dalle migliaia di aerei. E se le stesse aziende qualche anno fa sorridevano di fronte a progetti così ambiziosi, averle oggi in prima linea nella ricerca vuol dire che il paradigma sta cambiando. E che possiamo allontanarci, finalmente, da una visione ecopessimistica. LEGGI TUTTO

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    Le tartarughe marine e la storia di Daniela Freggi che non si è mai arresa

    Rinunciare alla propria vita per salvare quella di migliaia di tartarughe marine. Una storia di impegno e passione quella di Daniela Freggi. Biologa marina, presidente dell’associazione “Caretta Caretta” che, dopo essere approdata a Lampedusa da Roma, ha tenuto in vita per oltre 30 anni il Sea Turtle Rescue, un centro di recupero per le tartarughe marine che qui sono state curate e salvate. Una specie a rischio estinzione, minacciata dalla cattura, dal degrado dell’habitat e dai cambiamenti climatici.Costretta nei mesi scorsi a chiudere il centro, oggi Daniela Freggi coordina una ricerca a livello europeo per conto dell’Istituto di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari, punto di riferimento scientifico per la cura delle tartarughe marine per tutto il bacino mediterraneo. Il suo impegno a Lampedusa rimane: si prende cura delle tartarughe ferite portate a riva dai pescatori dell’isola.

    Daniela Freggi in laboratorio  LEGGI TUTTO

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    Paola Gianotti riparte in bici: da Helsinki a Parigi per una mobilità sostenibile

    Duemilasettecento chilometri in 18 tappe attraversando l’Europa in bici, da Helsinki a Parigi. Dove arriverà il 16 febbraio, in occasione della Giornata nazionale del risparmio energetico. La scelta non è casuale, perché Paola Gianotti, protagonista della nuova impresa, ha scelto di pedalare ancora una volta per la sostenibilità. E lo farà monitorando la qualità dell’aria e portando in Italia il traguardi della ciclabilità europea.L’atleta piemontese non è nuova a imprese del genere. Nata nel 1981, laurea in Economia e Commercio, Paola Gianotti è una coach e speaker motivazionale, ultra-ciclista e 4 volte Guinness World Record, tra cui quello della donna più veloce ad aver circumnavigato il globo in bici. L’atleta porta avanti da anni una campagna per la sicurezza dei ciclisti sulle strade.Dopo un brutto incidente che l’ha vista investita da un’auto nel 2014, con conseguenze drammatiche per la sua salute, Paola ha fondato l’associazione “Io Rispetto il Ciclista”. Nel nostro Paese poi ha pedalato in lungo e in largo (Giro d’Italia nel 2018 e nel 2019, Giro del Piemonte e Giro della Toscana nel 2020, Giro della Calabria e della Sicilia nel 2021), promuovendo sempre la guida responsabile nel rispetto dei ciclisti. Ad esempio, cerando di coinvolgere tutti i comuni italiani nell’installazione di cartelli cheinvitano a rispettare la distanza di 1,5 metri in fase di sorpasso di un ciclista.

    Estate green

    La montagna calabrese in bicicletta e altri itinerari dell’ultracyclist

    di Paola Rosa Adragna

    18 Luglio 2022

    Con “Bike The Nobel” nel 2016 ha pedalato da Milano a Oslo per candidare la bici per il Nobel per la pace e l’impresa ha permesso di regalare 104 biciclette alle donne Ugandesi, contribuendo alla formazione di 35 meccanici di biciclette sempre in Uganda. Nel 2020, in piena pandemia, ha pedalato per 12 ore sui rulli raccogliendo fondi per donare 10.600 mascherine agli ospedali Regina Margherita di Torino e Ospedale di Ivrea. Nel 2022, Paola ha lanciato il progetto Bike4Tree con il quale si è impegnata a piantumare 2022 alberi in Italia grazie allo spin-off dell’Università di Padova Wow Nature, e ha pedalato per 2.200 chilometri da Stoccolma a Milano. Nel 2023 la traversata del Mato Grosso in Brasile in bici per documentare la deforestazione e proseguire il progetto di ripiantumazione degli alberi.Oltre ad essere stata insignita del premio Don Puglisi, del premio Pulcheria, dell’Amelia Earhart, Paola ha ricevuto un riconoscimento al Premio Brera. Tre i libri all’attivo (Sognando l’Infinito ed. Piemme, In Fuga Controvento ed. Bradipo Libri, La Svolta ed. Feltrinelli) in cui racconta delle sue imprese, dei suoi giri e delle sue esperienze di vita, motivando e spronando al cambiamento. 

    E non è certo il momento di fermarsi, vista l’urgenza dettata dal cambiamento climatico: cambiare le nostre abitudini, cambiare mentalità. Così Paola Gianotti decide di ripartire, oggi, pedalanto per Cycling No Borders: una nuova impresa all’insegna della sostenibilità con un focus sulla mobilità green. 

    “Sicuramente, una delle azioni più urgenti è l’ampliamento delle rete ciclabile urbana e extra-urbana”. – Ci spiega Paola – “Nelle grandi città, è fondamentale rendere gli spostamenti in bicicletta accessibili e ovviamente, costruire nuove ciclabili e manutenere quelle esistenti è il passo numero uno, insieme all’abbassamento del limite di velocità a 30 km/h. Bologna, in questo, sta facendo da apripista e sarebbe auspicabile che altre grandi città come Milano, ad esempio, la seguissero a stretto giro. Anche i collegamenti intracittadini non sono da sottovalutare. È infatti altrettanto importante costruire ciclabili che colleghino i paesini della provincia a centri abitati più grandi: spesso chi abita a 5/6 chilometri dalle città è costretto ad utilizzare l’automobile per l’assenza di strade praticabili, in sicurezza, in bicicletta. Anche l’integrazione dei mezzi dovrebbe essere nel mirino per permettere spostamenti misti (es. treno+bici). In ultimo, incentivare a livello aziendale il Bike2Work potrebbe funzionare, ma prima della responsabilità del singolo cittadino o lavoratore, dovrebbero essere le istituzioni a garantire delle strade sicure per i ciclisti.”

    Il viaggio partito oggi (30 gennaio) dall Finlandia si concluderà nella capitale francese e, così come nelle imprese precedenti, ad esempio nel 2022 quando incontrato l’attivista Greta Thunberg, Paola approfitterà di questo viaggio per scambiare opinioni con personalità e associazioni che si prendono cura del Pianeta.

    Dopo l’arrivo a Parigi il 16 febbraio, infine, Paola parteciperà alla giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili “M’illumino di meno”, organizzata da RAI Radio 2 Caterpillar che seguirà l’impresa tappa dopo tappa. LEGGI TUTTO

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    La nuova sfida di Alex Bellini in Alaska su bici in plastica riciclata per raccontare gli impatti del clima

    Questa volta negli azzurrissimi occhi di Alex Bellini non ci sarà il riflesso dei fiumi inquinati dalla plastica ma quello dei ghiacci che nell’Artico scompaiono e si trasformano. Ventuno anni fa l’esploratore italiano ha lasciato “un pezzo di cuore” in Alaska in una delle sue prime spedizioni: a febbraio, accompagnato dall’amico e atleta Alessandro Plona, tornerà negli Stati Uniti per percorrere quasi 2000 chilometri a bordo di una bicicletta prototipo, realizzata da ingegneri ed esperti italiani, fatta con materiale e plastica riciclata. LEGGI TUTTO

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    La musica solare di Nathalie, da X Factor 4 al camper con l’energia giusta

    Un album solare, in tutti i sensi. Registrato seguendo i ritmi della natura, aspettando pazientemente nelle giornate di pioggia, dando il massimo con il sole tra una orchestra di cicale e il rumore del vento.  Appena uscito in Italia, “Freemotion”, il nuovo album della cantante Nathalie, è un disco decisamente amico dell’ambiente: si tratta del primo in Italia ad essere stato registrato interamente grazie al fotovoltaico e “en plein air”. LEGGI TUTTO