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    Smart city, crescono gli investimenti a livello globale

    Le città sono responsabili del 75% dei consumi energetici e dei rifiuti prodotti a livello globale, nonché dell’80% delle emissioni di gas serra. I numeri, che arrivano da una ricerca della Banca Mondiale, hanno spinto a incrementare gli investimenti per rendere le città più efficienti e meno inquinanti. E il tema promette di acquisire un’importanza crescente nei prossimi anni, considerato che, secondo alcune previsioni, entro il 2050 circa il 68% della popolazione mondiale vivrà nelle città, a fronte del 56% attuale. Non a caso, secondo dati elaborati dal portale Statista.com, il mercato globale delle smart city dovrebbe arrivare a valere quest’anno 104,80 miliardi di dollari e si prevede che salirà a 165,80 miliardi di dollari entro il 2028, grazie a un tasso annuo di crescita del 12,15%. Gli analisti attribuiscono la crescita del mercato a un mix di fattori. Dalle favorevoli iniziative governative a innovazioni come l’intelligenza artificiale, l’analisi dei big data e l’Internet of Things, sempre più diffuse.
    Focus sulla sicurezza
    Uno studio elaborato da Grand View Research evidenzia che i maggiori investimenti a livello globale si rilevano nella sicurezza intelligente, nel monitoraggio smart dei servizi pubblici, nei sistemi integrati di gestione del traffico e nella mobilità intelligente.
    In base a uno studio di ResearchGate, la Cina ha ottenuto lo scorso anno il primato a livello globale per numero di città intelligenti in costruzione (con una quota del 48%). A seguire ci sono l’India (11%), gli Stati Uniti (7%), il Giappone, la Corea del Sud e il Canada (2%). Negli Stati Uniti, New York ha fatto molti passi in avanti da questo punto di vista, grazie all’investimento in infrastrutture smart, tra cui misuratori e sensori della qualità dell’acqua, e all’implementazione di tecnologie Lpwan (Low-Power Wide Area Network) che consentono di ridurre i costi e il consumo energetico. Anche in Giappone il tema è molto sentito: nel paese asiatico si punta sulla costruzione di edifici a basso impatto energetico e sull’uso di software di gestione avanzata del traffico che consentiranno di ridurre dell’80% le emissioni di gas serra nel paese entro il 2050.
    Da Berlino alle città britanniche
    In Europa, in Germania spicca invece il caso di Berlino che raggiungerà la neutralità carbonica entro il 2050. Anche il Regno Unito sta puntando sulle smart city attraverso torri 5G, infrastrutture intelligenti e stazioni di ricarica per veicoli elettrici, insieme a ingenti investimenti in tecnologie come Internet of things e intelligenza artificiale. Un trend che interessa anche il nostro Paese, tanto che lo scorso anno, secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Smart City della School of Management del Politecnico di Milano, sono aumentati i comuni che hanno avviato progetti legati alla smart city (12% contro il 10% del 2022). Le principali iniziative hanno riguardato l’illuminazione pubblica e la smart mobility.
    La spinta dell’intelligenza artificiale
    Guardando al futuro, le tecnologie più utilizzate avranno come protagonista l’intelligenza artificiale, verso la quale verranno dirottati 326 miliardi di dollari entro il 2028. Già allo stato attuale, le applicazioni dell’IA nelle città intelligenti sono molteplici e in costante crescita. A Singapore, per esempio, sensori e telecamere intelligenti guidano il traffico e monitorano la qualità dell’aria. Mentre a Barcellona l’IA è impiegata per ottimizzare l’illuminazione pubblica e la gestione dei rifiuti. Infine, in Cina la municipalità di Hangzhou ha utilizzato l’intelligenza artificiale per sviluppare un “cervello cittadino” che consente di ottimizzare la gestione dei semafori, migliorando così l’efficienza del traffico e riducendo le emissioni nocive. LEGGI TUTTO

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    McKinsey: “Con il Saf fino al 50% di emissioni in meno per l’aviazione”

    Con il carburante sostenibile (Saf), le compagnie aeree hanno la possibilità di ridurre le proprie emissioni nette fino al 50%. A dirlo è l’ultimo studio di McKinsey&Company, dal titolo “How the aviation industry could help scale sustainable fuel production”, che analizza le sfide e le prospettive di decarbonizzazione dell’industria dell’aviazione entro il 2050.
    Al momento, spiega il rapporto, i carburanti sostenibili, il cui utilizzo nei motori a reazione odierni è già certificato, producono circa l’80% di emissioni di gas serra in meno rispetto al cherosene fossile. Il problema, evidenzia l’analisi, è che la domanda di carburante per aviazione sostenibile potrebbe superare l’offerta entro il 2030, a meno che si verifichi un aumento significativo del volume della capacità produttiva. In questo contesto, le compagnie aree più virtuose stanno adottando diverse strategie in materia di approvvigionamento di Saf, tra cui investimenti azionari, al fine di sostenere la crescita dell’ecosistema.
    Secondo le stime dell’associazione internazionale del trasporto aereo, l’industria del Saf è ancora agli albori. Nel 2024, la capacità produttiva non supererà 1,5 milioni di tonnellate metriche (Mt), appena lo 0,5% del fabbisogno totale di carburante per jet. “Tuttavia – riporta lo studio – ci aspettiamo che la domanda aumenti, sostenuta dalle regolamentazioni e degli impegni volontari delle compagnie aeree. La domanda globale stimata di Saf obbligatorio è di circa 4,5 milioni di Mt nel 2030. Considerando la domanda obbligatoria e quella target, questa cifra aumenta di 2 milioni di Mt dall’Asia e di 10 milioni di Mt dall’America del Nord, per un totale di 16 milioni di Mt o più”.
    Stando agli annunci delle più grandi compagnie aeree, le previsioni si attestano su un consumo complessivo di Saf di oltre 20 milioni di Mt nel 2030. “Tuttavia – prosegue lo studio – in un settore particolarmente interessato dalla volatilità, da un’intensa competizione globale e margini ridotti, alcune compagnie aeree potrebbero non riuscire a raggiungere i propri obiettivi di decarbonizzazione, se il Saf rimane costoso e in poca disponibilità di approvvigionamento. Ad esempio, il Saf costa attualmente circa 3 volte di più rispetto al cherosene fossile”.
    Dal lato dell’offerta, sono in corso progressi in tutto il mondo. Le principali aziende energetiche, le compagnie aeree, le start-up e le scale-up stanno perseguendo più di 200 progetti di produzione di Saf. “Alcuni – sottolinea lo studio – sono già in funzione, mentre altri sono in fase di sviluppo, in attesa delle decisioni finali sugli investimenti (Fid)”. Tenendo conto di tutti gli impianti già annunciati, McKinsey stima che “la capacità produttiva annuale globale di Saf possa avvicinarsi a 11-25 milioni di Mt entro il 2030”.
    Ma queste forniture sono ancora accompagnate da tante incertezze. “Ad esempio – segnala lo studio – non tutti i progetti annunciati si concretizzeranno. L’espansione della produzione oltre l’uso degli oli di scarto richiederà lo sviluppo di tecnologie nuove e immature, con i tassi di interesse relativamente elevati e i premi di rischio che potrebbero scoraggiare gli investimenti, specialmente in tecnologie immature come i carburanti sintetici”. Espandere la produzione di Saf richiede inoltre finanziamenti significativi, che vanno dal venture capital agli investimenti in infrastrutture per la costruzione di impianti di Saf. Però, gli investitori sono frenati dall’incertezza della domanda futura e della preparazione tecnologica.
    “In questo, i protagonisti del settore dell’aviazione – prosegue l’analisi – possono svolgere un ruolo chiave aiutando a creare slancio per l’ulteriore espansione della capacità produttiva di Saf. I player più proattivi del settore stanno implementando una serie di strategie di approvvigionamento in materia di Saf, a partire da contratti di acquisto fino ad investimenti azionari in fornitori e produzione: accordi individuali di offtake, partnership e consorzi, investimenti diretti, fondi Saf”.
    In particolare, lo studio di McKinsey individua tre best practice per la progettazione e la costituzione di fondi Saf.

    Stabilire obiettivi e target di investimento chiari: per questo, non solo i leader all’interno della compagnia aerea devono essere allineati, ma anche l’intero consorzio di stakeholder e le potenziali aziende target devono concordare obiettivi generali e metriche di successo.
    Coinvolgere i partner giusti per favorire sinergie e supporto alle società in portafoglio: sebbene alcuni fondi siano istituiti da una singola azienda, la collaborazione con un consorzio di partner può fornire vantaggi sinergici che vanno oltre la scala, ad esempio unendo gli stakeholder in tutto l’ecosistema, aumentando la consapevolezza e l’impatto e consentendo ai partner di sostenere congiuntamente le politiche di supporto.
    Plasmare la governance con l’obiettivo di agire rapidamente, concentrarsi sui rendimenti e coinvolgere gli esperti: le best practice per i fondi di venture capital aziendali prevedono la creazione di una struttura di governance simile a quella dei fondi di venture capital indipendenti, con decisioni di investimento autonome nell’ambito del mandato concordato del fondo. LEGGI TUTTO

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    Agricoltura ed edilizia trainano la crescita dei droni commerciali

    Tra dieci anni il mercato globale dei droni commerciali arriverà a valere 83,2 miliardi di dollari, al culmine di una crescita media annua del 13,90%. La stima, elaborata da The Brainy Insights, segnala che il Nord America è l’area più importante con il 34% del fatturato mondiale (un primato che sarà confermato negli anni a venire), mentre a livello di settori la domanda arriverà soprattutto da agricoltura, edilizia e logistica. Quanto all’Europa, lo sviluppo è partito più tardi, ma ora la crescita è sostenuta anche da noi, soprattutto al traino di trasporti ed energia. Francia, Germania e Regno Unito sono tra i Paesi più attivi nel settore dell’industria dei droni commerciali, grazie soprattutto agli investimenti effettuati lungo le nuove frontiere della tecnologia.
    Normative favorevoli allo sviluppo
    Le normative governative favorevoli e la presenza dei principali attori regionali sono i fattori principali per la crescita e lo sviluppo del mercato. Dji, AeroVironment, Autel Robotics, Aeronavics, EHang, Intel Corporation, Yuneec, Parrot Drones, PrecisionHawk e Draganfly Innovations vengono indicate tra le aziende più innovative, fermo restando che nuovi campioni potranno emergere negli anni a venire dato che è difficile stimare a priori le nuove direzioni dell’innovazione.
    Quanto alla tipologia di droni, il segmento a lama rotante ha fin dominato il mercato, con una quota di mercato di circa il 61,22% nel 2023. Si prevede che questi apparecchi diventeranno popolari per le attività di ispezione grazie alla loro capacità di librarsi e di effettuare manovre rapide mantenendo una visuale a lungo raggio di un singolo bersaglio. Dunque di facile applicazione per attività come riprese e fotografia, monitoraggio e sorveglianza. Per altro, gli sviluppi tecnologici nel campo delle scienze motorie e il restringimento delle batterie stanno rendendo possibile la creazione di droni ultraportatili adatti per l’uso interno. Inoltre, sono più facili da utilizzare rispetto a quelli ad ala fissa e ibridi. Il segmento riprese e fotografia ha dominato il mercato, con una quota di mercato di circa il 31% nel 2023. La crescita del segmento è attribuita principalmente al crescente utilizzo delle telecamere dei droni per scopi di visualizzazione e registrazione.
    Applicazioni crescenti nei media
    Va anche considerato che droni commerciali hanno molti utilizzi nel settore dei media e dell’intrattenimento. I produttori e i registi cinematografici utilizzano sempre più droni commerciali per catturare fotogrammi in modo conveniente e preciso. Inoltre, la necessità di fotografia aerea per pubblicizzare spazi pubblici, parchi di divertimento e altre attrazioni turistiche come hotel e resort, segnala il report, probabilmente guiderà la crescita del segmento.
    Si parla sempre di ipotesi probabilistiche in quanto, ricordano gli analisti, i droni si basano molto su tecnologie avanzate, ma la maggior parte di esse è ancora in fase di sviluppo. Si prevede che l’introduzione della tecnologia di volo autonomo avrà un impatto positivo sulla crescita del mercato nel prossimo futuro. LEGGI TUTTO

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    Auto connesse, mercato in crescita: la spinta della telematica e della guida autonoma

    Computer su ruote, in grado di dialogare con le infrastrutture e gli altri veicoli intelligenti su strada per rendere gli spostamenti più sicuri e confortevoli. Le auto connesse sono tra i protagonisti della smart mobility, una mobilità che sfrutta la potenza dei dati e delle nuove tecnologie – dal 5G alla guida autonoma – per migliorare l’esperienza di viaggio. Il mercato globale del comparto sta registrando un trend positivo secondo le stime di Markets and Markets: oggi si attesta a 12,4 miliardi di dollari e dovrebbe raggiungere i 26,4 miliardi entro il 2030 a un Cagr (tasso composto di crescita annuale) del 13,3%.

    A sostenere questa tendenza sono diversi fattori. I governi stanno promuovendo lo sviluppo di reti di trasporto intelligenti, mentre aumentano le offerte di soluzioni tecnologiche e di funzionalità di connettività che riguardano diversi ambiti, dalla gestione remota del veicolo ai servizi di intrattenimento, fino alla sicurezza avanzata. Le auto connesse sono infatti degli hub di scambio di dati in tempo reale: comunicano in maniera bidirezionale con altri veicoli smart e con l’ambiente circostante, fornendo informazioni importanti al conducente e favorendo la prevenzione e la rilevazione degli incidenti.

    Nel dettaglio, come sottolinea il report, si prevede che l’adozione di diverse norme che richiedono l’introduzione di nuove funzionalità di sicurezza comporterà un aumento dell’utilizzo dei servizi connected car nel mondo. Tra le funzionalità, vengono menzionati i sistemi di navigazione e quelli di avviso di collisione, e ancora le e-call, vale a dire le chiamate di emergenza. L’e-call è stata resa obbligatoria a partire dal 31 marzo 2018 su tutti i nuovi modelli di autoveicoli, si legge in un articolo dell’Osservatorio Connected Car & Mobility del Politecnico di Milano: un sistema integrato nelle smart car, che permette di contattare in autonomia i soccorsi in caso di incidente, comunicando le informazioni necessarie alla centrale operativa attraverso sensori fissati nel telaio del veicolo: nell’elenco di dati forniti all’operatore, ci sono ad esempio, l’orario preciso dell’incidente stradale, la posizione della vettura e il senso di marcia.

    Inoltre, come fa notare uno studio di Global research consulting, lo sviluppo dei veicoli autonomi, dell’Iot e della telematica, favorisce la crescita del mercato delle auto connesse. Il report ricorda che in Europa, l’European Transport Safety Council – un’organizzazione indipendente e no-profit per la sicurezza dei trasporti – ha sostenuto la diffusione di tecnologie quali le auto collegate alla rete 5G, vetture senza conducente e sistemi di trasporto su chiamata, che possono essere realizzate con i veicoli connessi, sottolineando poi che la maggiore connessione tra auto è alimentata anche dall’uso crescente di sistemi di infotainment, navigazione, sicurezza e gestione del veicolo. Fattori che hanno rafforzato l’attenzione degli Oem (Original Equipment Manufacturer) sullo sviluppo di nuove tecnologie e funzionalità.

    Gli analisti di Markets and Markets evidenziano che a promuovere la domanda di servizi di auto connesse è anche l’aumento delle vendite di automobili di lusso e di fascia alta, lo sviluppo di tecnologie legate all’Intelligenza artificiale, la diffusione delle reti 5G, e la popolarità dell’automazione e dei servizi di mobilità, come il ridesharing. In ogni caso, il mercato crescerà fintanto che continuerà lo sviluppo di hardware e software. E citano un esempio: nel novembre 2021, Continental ha realizzato un programma intelligente che consente di effettuare in maniera automatizzata complesse manovre di guida come soluzione tecnologica per la guida autonoma. A livello geografico, la regione dell’Asia Pacifico dovrebbe guidare la crescita del mercato con la Cina in prima linea, grazie anche all’espansione delle sue infrastrutture di connettività.
    Sfide, driver e opportunità di crescita
    Il rafforzamento del mercato della telematica – favorito dalle maggiori richieste di connettività e sicurezza – spinge la crescita del settore delle smart car. Nel dettaglio, il comparto della telematica dovrebbe raggiungere i 750 miliardi di dollari entro il 2030 (dati Global System for Mobile Communications); quello legato all’industria automobilistica dovrebbe salire a quota 16.111 milioni di dollari entro il 2030 (dai 9.041 milioni del 2024), a un tasso di crescita composto (Cagr) di 10,1% dal 2024 al 2030. Un’opportunità di sviluppo, si legge nel report di Markets and Markets, è rappresentata dai veicoli a guida autonoma, che possono contribuire alla diffusione del ride sharing e di nuovi servizi di mobilità. Servono naturalmente infrastrutture efficienti e il sostegno dell’IoT per favorire lo sviluppo di questi servizi con le auto autonome: Wi-Fi, 4G, 5G, GPS e Bluetooth sono quindi indispensabili.

    Tuttavia, a remare contro l’espansione del settore dei veicoli connessi è la mancanza di adeguate infrastrutture IT su strade statali e autostrade nelle economie in via di sviluppo, come Messico, Brasile e India: ad esempio, le reti 4G-LTE e 3G sono disponibili solo in aree urbane e semi-urbane. Inoltre, rimane un’importante sfida da affrontare: i rischi in ambito cybersecurity, con le minacce alla sicurezza degli utenti e alla privacy dei dati trasmessi. In particolare, le architetture di veicoli mal progettate finiscono per agevolare l’accesso degli hacker a sistemi critici della vettura, come freni e sterzo, che possono così causare incidenti. In più, i dati personali raccolti e comunicati dalle vetture possono essere più facilmente violati e utilizzati per scopi criminali.

    Un esempio che mostra bene questa preoccupazione è il test realizzato da alcuni ricercatori nel 2015, che dimostrarono come hackerare da remoto i sistemi di una Jeep Cherokee, prendendo il controllo del mezzo e spegnendo il motore in autostrada. Secondo i ricercatori, bisogna quindi dare priorità agli aspetti della cybersicurezza – favorendo l’adozione di standard globali e irrobustendo le difese tecnologiche – per guadagnarsi la fiducia dei consumatori e consentire al comparto di esprimere tutte le sue potenzialità.
    I segmenti del mercato
    Gli analisti di Markets and Markets sottolineano che uno dei settori del mercato delle auto connesse più grande nel periodo considerato è quello dei sistemi integrati di connettività: queste soluzioni permettono di ottenere benefici in termini di costi e di capacità di soddisfare i requisiti normativi, e aumentano performance e sicurezza. In particolare, i sistemi integrati consentono ai produttori di veicoli di fornire servizi basati sul cloud come diagnostica da remoto, aggiornamenti Over-the-air, informazioni sul traffico in tempo reale, che migliorano l’esperienza di guida ottimizzando i costi per i consumatori.

    A crescere più velocemente sarà però il segmento dell’Aftermarket, che consente ai consumatori di aggiungere funzionalità di connettività ai propri veicoli o di personalizzarle. I fornitori offrono un’ampia gamma di prodotti, quali hotspot WiFi, dispositivi di localizzazione dei veicoli, telecamere che possono essere facilmente installati nelle vetture: ad esempio, Pioneer e Kenwood hanno sviluppato sistemi di infotainment avanzati che includono la navigazione Gps, la connettività Bluetooth e l’integrazione con gli smartphone. Opzioni che possono risultare più economiche rispetto all’acquisto di una nuova auto.

    Tuttavia il segmento relativo all’Obu (On-board unit) manterrà la quota di mercato maggiore nel comparto. Si tratta di una componente fondamentale, perché funge da sistema nervoso centrale dei veicoli moderni: raccoglie dati dai sensori della vettura, monitora il funzionamento del motore, la pressione delle gomme, la localizzazione Gps, e si basa su un server centrale o una piattaforma cloud. Questi dati servono poi a far funzionare al meglio diversi servizi, come la diagnostica da remoto e l’assistenza di emergenza. Questa unità svolge anche un ruolo centrale per l’uso degli Adas (Advanced Driver-Assistance Systems, i Sistemi avanzati di assistenza alla guida), sistemi elettronici che aiutano il conducente in determinate situazioni, dalla normale guida a momenti di pericolo, tra cui la frenata automatica d’emergenza, il cruise control adattivo, il rilevamento di sonnolenza e l’ottimizzazione del controllo della velocità. Un comparto specifico di questo segmento è quello relativo alla Diagnostica di bordo (On-board diagnostics) che a livello globale dovrebbe registrare un cagr del 54,6% dal 2024 al 2030.
    Il mercato in Italia
    Il settore delle auto connesse e della mobilità smart nella Penisola ha riportato nel 2023 una crescita del 17% rispetto al 2022, raggiungendo un valore di 2,9 miliardi di euro. A evidenziarlo è uno studio dell’Osservatorio Connected Car & Mobility della School of Management del Politecnico di Milano, che sottolinea anche l’andamento positivo delle soluzioni tecnologiche per l’auto connessa: queste valgono 1,56 miliardi di euro (+11% in un anno). Riportano un incremento anche i sistemi di Adas integrati nei nuovi modelli, come la frenata automatica d’emergenza o il mantenimento del veicolo in corsia, che raggiungono i 950 milioni di euro (+28%); ancora, le soluzioni Smart Mobility nelle città, in primis per la gestione dei parcheggi e la sharing mobility, crescono del 18%, toccando i 400 milioni di euro.

    Alla fine del 2023, in Italia si contavano 16,9 milioni di auto connesse, il 42% del parco circolante, una ogni quattro abitanti. Tra queste, 5,1 milioni nativamente connesse tramite Sim in ambito consumer (+19% vs 2022); 1,5 milioni di auto aziendali connesse per il fleet management (+25%) e 10,3 milioni di box Gps/Gprs per la localizzazione e la registrazione dei parametri di guida con finalità assicurative (+3%).

    Solo il 15% degli utenti ha detto di essere propenso a usare vetture a guida autonoma nei prossimi anni. I principali motivi tra chi è favorevole sono la comodità di “poter fare altre attività durante il tragitto” (43%), la maggiore sicurezza (34%) e la possibilità di trovare parcheggio autonomamente (29%). LEGGI TUTTO

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    Aviazione green, i tre scenari possibili di Bauhaus Luftfahrt

    Per rendere l’industria più sostenibile, le compagnie aeree e molti Paesi si stanno impegnando a raggiungere lo status di net-zero emission entro il 2050. Obiettivo sfidante, considerato che nei prossimi 25 anni il traffico aereo continuerà a crescere del 3% all’anno. Tuttavia, nonostante gli sforzi, la transizione energetica dell’aviazione civile e commerciale procede troppo a rilento per poter centrare il traguardo della neutralità carbonica. Traguardo che al momento è solo un miraggio, secondo il think tank tedesco Bauhaus Luftfahrt, uno dei più autorevoli centri di ricerca al mondo nel settore.
    A caccia di soluzioni alternative
    Ma quali potrebbero essere le soluzioni alternative e i percorsi più radicali che le compagnie aeree possono intraprendere per realizzare davvero un’aviazione a impatto climatico zero al 2050? Bauhaus Luftfahrt delinea tre scenari possibili di decarbonizzazione del settore che considerano l’ipotesi dell’aereo a idrogeno, il turn over dei vecchi mezzi alimentati a cherosene con velivoli più efficienti e lo sviluppo su larga scala dei carburanti sostenibili.

    “Negli ultimi tre decenni, i miglioramenti tecnici e operativi hanno aiutato l’aviazione a ridurre drasticamente le emissioni di CO2 per passeggero-chilometro”, spiega Mirko Hornung, direttore esecutivo della divisione ricerca e tecnologia di Bauhaus Luftfahrt. “Tuttavia, per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, l’aviazione deve superare l’attuale mancanza di tecnologie di decarbonizzazione sufficientemente mature, la carenza di investimenti e di infrastrutture critiche necessarie. In più, persiste anche profonda incertezza del quadro politico a lungo termine. Ciò che conta ora è la velocità e la radicalità a svoltare dell’intero sistema aeronautico”, aggiunge Hornung.
    Il ruolo dei carburanti alternativi
    Prima di arrivare all’aereo a idrogeno, Bauhaus Luftfahrt si focalizza sul ruolo strategico dei Saf, ovvero i carburanti sintetici per l’aviazione. Nello scenario “Sustainable Aviation Fuels”, il think tank tedesco prevede che un aumento significativo della produzione di Saf, di almeno il 17% all’anno fino al 2050, potrebbe avvicinare l’industria di settore alla decarbonizzazione. Tra i Saf, i più sviluppati sono i biocarburanti ricavati da biomasse e rifiuti, i biocarburanti avanzati sintetizzati da materie prime solide e i sincarburanti, ossia carburanti sintetizzati a partire da H2 e CO2. Il loro impiego non porta però all’azzeramento delle emissioni, poiché utilizzando i Saf la CO2 non viene del tutto eliminata.

    Tra i meriti dei Saf c’è anche quello di aver aperto la porta all’idrogeno. Lo scenario “Aerei a idrogeno” presuppone infatti un’introduzione aggressiva di questa tecnologia per diversi segmenti di mercato tra il 2040 e il 2050. Ipotizzando che l’offerta di Saf cresca ad un tasso annuo relativamente moderato del 9% tra il 2030 e il 2070, Bauhaus Luftfahrt sostiene che l’aviazione non potrà essere decarbonizzata nemmeno entro il 2070, a patto che gli aerei a cherosene venissero ritirati ad un ritmo più rapido di quanto previsto fino ad oggi.

    Infine, l’ultimo scenario: “Aerei super efficienti combinati all’utilizzo di Saf su larga scala”. Qui Bauhaus Luftfahrt ipotizza che tra il 2040 e il 2045 verranno introdotti nuovi concetti di aeromobili che consumeranno il 50% in meno di carburante. Di conseguenza, la decarbonizzazione viene raggiunta leggermente più velocemente e con emissioni cumulative moderatamente inferiori rispetto allo scenario solo Saf. Inoltre, un minor consumo di carburante porta a minori costi (il Saf è da due a tre volte più costoso del cherosene) e a minori emissioni residue Scope 3 (ad esempio dalla produzione). LEGGI TUTTO

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    Cresce il traffico passeggeri a livello globale

    Gli scali strapieni di queste settimane sono sintomatici della voglia di viaggiare tornata prepotente dopo la pausa dell’emergenza pandemica legata al Covid. In realtà la ripresa è stata progressiva e già il consuntivo di maggio è stato importante, con l’indicatore Rpk (acronimo di Revenue passenger kilometer, indica il numero di passeggeri trasportato per ogni chilometro […] LEGGI TUTTO

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    La carta di pagamento? Si ritira al distributore

    Per chi è in partenza e ha bisogno di fare acquisti durante il viaggio, ma anche per chi punta a sfruttare al meglio il tempo da trascorrere presso lo scalo. Gli aeroporti stanno diventando luoghi nei quali i fornitori di servizi propongono soluzioni innovative. Un esempio arriva da Revolut, banca autorizzata con oltre 30 milioni […] LEGGI TUTTO

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    La startup che aspira polveri sottili

    Dispositivi progettati per aspirare le polveri sottili con l’obiettivo di ridurre in modo tangibile l’inquinamento atmosferico. È il cuore della “produzione” di Bufaga, startup lanciata nel 2022, che si è collocata in un segmento dall’elevato potenziale considerato che il settore della mobilità è tra i principali responsabili dell’inquinamento, accanto ai consumi domestici.
    Il focus dell’iniziativa
    “Abbiamo messo a punto differenti soluzioni che sono accomunate dal contributo positivo per migliorare la qualità dell’aria, dal monitoraggio alla rimozione degli inquinanti atmosferici”, racconta Serena Mignucci, ceo e co-founder della startup. Nata sul finire del 2022, con il supporto programma di incubazione Dock3 dell’Università degli Studi Roma Tre, la società si appresta a chiudere il 2024 con un fatturato intorno ai 200 mila euro.

    Grazie alla partecipazione al programma di Open Innovation VeniSIA (ecosistema di innovazione sostenibile dell’Università Ca’ Foscari per sviluppare idee di business in grado di affrontare le sfide di sostenibilità ambientale), ha iniziato a collaborare con Mundys e con la sua asset company, Aeroporti di Roma, sperimentando la sua tecnologia nell’Innovation Hub, uno spazio fisico di 700 metri quadri situato all’interno del Terminal 1 dell’Aeroporto “Leonardo da Vinci” di Fiumicino. Attraverso il Programma di Accelerazione “Runway to the Future”, giunto alla sua terza edizione, Adr consente alle startup partecipanti di testare le proprie soluzioni direttamente in aeroporto sfruttando l’Hub. Durante tutto il periodo di sviluppo e testing delle loro soluzioni, le startup sono affiancate dall’Innovation Cabin Crew (Icc), colleghi dipendenti della società che gestisce lo scalo romano, provenienti dalle diverse funzioni aziendali che supportano le progettualità in qualità di mentor di business. Il programma include anche la valutazione da parte di Adr Ventures, il fondo proprietario di Corporate Venture Capital che investe nelle startup più promettenti del programma.

    Nel periodo progettuale, da dicembre ad aprile, è stato possibile testare i dispositivi Sat Bufaga e E-Bufaga grazie al lavoro congiunto della startup con l’Icc mentor ed il team Innovation di Adr. La valutazione dei benefici della soluzione e l’efficientamento dei dispositivi sono stati guidati dall’analisi dei dati provenienti dall’apposita dashboard. Attraverso il pilot è stato possibile perfezionare il prototipo del dispositivo E-Bufaga migliorandone le prestazioni e aggiungendo la funzionalità dello schermo pubblicitario.
    Lo sviluppo del business
    Successivamente, una versione del dispositivo E-Bufaga è stata installata presso un parcheggio di Parma. Il prossimo passo sarà completare la sperimentazione e poi industrializzare il prodotto per sbarcare sul mercato all’inizio del 2025.

    Bufaga ha completato la fase sperimentale di due dispositivi, uno semi-indoor e uno outdoor, progettati per aspirare le polveri sottili (PM1, PM2.5 e PM10) utilizzando le soluzioni Sat Bufaga ed E Bufaga. “Queste soluzioni vengono posizionate in aree ad alto tasso di inquinamento da polveri sottili, come parcheggi e stazioni della metropolitana”, racconta Mignucci. “La raccolta dei dati gioca un ruolo fondamentale in questo ambito; pertanto, è necessaria una sensoristica integrata che possa monitorare i livelli di inquinamento e quelli di rimozione, con la possibilità di comunicarli agli utenti e ai cittadini attraverso display”.

    Partendo da esperienze nel settore industriale, i fondatori di Bufaga hanno sviluppato un sistema che può essere personalizzato in base alla concentrazione di polveri nell’area specifica di utilizzo. Il nucleo dei dispositivi è rappresentato da un filtro principalmente in cellulosa, che dopo sei-otto mesi di utilizzo può essere trattato presso centri specializzati e riutilizzato in altri contesti, come nel settore edilizio. “Non ci fermiamo”, aggiunge la ceo. “Le prossime versioni delle nostre soluzioni, attualmente in fase di studio, saranno in grado di trattenere anche altri inquinanti, compresi quelli di natura gassosa come gli idrocarburi provenienti dalle auto”. LEGGI TUTTO