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    Dalla Banca Mondiale fondi alle infrastrutture per la transizione green

    Sulle infrastrutture si gioca una partita cruciale in merito alla transizione green. È la convinzione della Banca Mondiale, che dal 2016 ha sostenuto iniziative legate ai trasporti in 32 Paesi, contribuendo all’adozione di soluzioni di mobilità elettrica, alla riduzione delle emissioni dei trasporti e alla promozione di sistemi di collegamento sostenibili e puliti.
    Sostegno ai Paesi in via di sviluppo
    La rapida urbanizzazione e la crescita della popolazione nei Paesi in via di sviluppo esercitano un’enorme pressione sui sistemi di trasporto urbano. Secondo le stime dell’International Transport Forum, la domanda di trasporto passeggeri nelle aree urbane potrebbe aumentare fino al 79% entro il 2050 rispetto a quanto rilevato nel 2019. Una tendenza che non può essere affrontata – tanto a livello economico, quanto per le ricadute ambientali – con le soluzioni esistenti.

    Secondo il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc), il settore dei trasporti già oggi è responsabile di quasi un quarto delle emissioni globali di anidride carbonica legate all’energia e il suo peso, se non vi sarà un cambio di rotta, è destinato a crescere ancora.
    Nuova era per il trasporto pubblico
    Un approccio efficace per decarbonizzare il settore dei trasporti è l’adozione diffusa della mobilità elettrica, in particolare nel trasporto pubblico. Tuttavia, i veicoli elettrici sono significativamente più costosi (fino al 60%) rispetto ai tradizionali motori a combustione interna. In attesa che i progressi della tecnologia riducano il costo dei veicoli green, la Banca Mondiale sostiene i Paesi più deboli nei loro sforzi per migliorare la scalabilità e la bancabilità delle soluzioni di mobilità elettrica, con particolare attenzione al trasporto pubblico e agli autobus elettrici. L’organismo internazionale non offre solo finanziamenti, ma anche studi di fattibilità e competenze progettuali per ripensare la mobilità in chiave sostenibile.
    Iniziative dal Senegal all’India
    A Dakar, in Senegal, la Banca Mondiale sta cofinanziando un sistema all’avanguardia di Bus Rapid Transit che funziona interamente con veicoli elettrici. Entrato in funzione alla fine del 2023 (con il servizio completo previsto nel 2024 dopo un periodo di accelerazione), garantisce un dimezzamento dei tempi di percorrenza rispetto al passato. I bus passano meno tempo in coda, inquinando meno e, inoltre, decongestionano le strade per i mezzi privati.

    Un altro esempio arriva dall’India, dove la Banca Mondiale ha contribuito a ripensare l’approccio agli appalti dei servizi di e-bus, con una conseguente riduzione dei costi pubblici intorno al 37%. In particolare, sono stati utilizzati strumenti tecnologici, promuovendo al contempo l’aggregazione della domanda, in modo da consentire economie di scala in capo ai concessionari, con il risultato di ridurre i costi a carico dell’amministrazione pubblica. Ora l’obiettivo è di esportare in tutto il Subcontinente il nuovo meccanismo, con l’intento di rafforzare la flotta di bus elettrici attraverso l’introduzione di almeno 50 mila veicoli nei prossimi due anni.

    Le iniziative non finiscono qui. Nella regione del Sahel, ad esempio, la Banca Mondiale ha analizzato il potenziale di elettrificazione dei veicoli a due e a tre ruote, che svolgono un ruolo vitale nel trasporto pubblico in Mali e in Burkina Faso. Questo studio è stato poi messo a disposizione del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), che ha utilizzato i risultati come base per progettare progetti pilota di decarbonizzazione dei trasporti.

    In America Latina, la Banca Mondiale ha lavorato con un gruppo eterogeneo (tra cui governi, produttori di veicoli, istituzioni finanziarie, concessionari di autobus e società civile) per identificare le barriere e le opportunità per raggiungere sistemi di autobus puliti, efficienti e sostenibili. In Brasile, ad esempio, questa collaborazione ha portato a un progetto di elettrificazione e miglioramento del trasporto Urbano di San Paolo, con finanziamenti anticipati da parte del governo brasiliano, della Banca Interamericana di Sviluppo, di capitali privati e finanziamenti commerciali. L’iniziativa si concentra, tra le altre cose, sul miglioramento della qualità del trasporto pubblico e sulla riduzione delle emissioni di gas serra, degli inquinanti locali e del rumore della flotta di autobus municipali, facilitando la transizione verso una flotta composta da circa 1.400 autobus elettrici.
    Prospettive future
    La Banca Mondiale prevede che il suo impegno nel campo della mobilità elettrica continuerà a crescere in modo significativo nei prossimi anni, sia sul fronte dei prestiti, sia su quello della conoscenza, con le iniziative fin qui realizzate che serviranno da benchmark per lanciare progetti simili abbattendone i costi di ideazione e messa a terra. LEGGI TUTTO

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    Investimenti Esg: cala l’appeal, l’Europa rilancia con nuove regole

    “L’hype è passato”. “I fondi di categoria sanguinano”. Il Financial Times nelle ultime settimane non è stato tenero nel titolare le analisi che descrivono il rapporto che si va delineando tra investimenti e sostenibilità. L’acronimo Esg, in primo piano nella comunicazione dei gestori fino a poco tempo fa, oggi è finito in secondo piano, ma non è detto che sia un male.

    Cambio di rotta nella comunicazione

    Nella lettera annuale al mercato del 2022, Larry Fink aveva identificato il tema Esg come dominante per gli anni a venire, mentre nell’edizione di quest’anno ha deciso di non usare più l’acronimo “in quanto è stato spesso usato come arma”. Considerato che stiamo parlando del ceo di BlackRock, il più grande gestore al mondo, le sue parole sono destinate ad avere un seguito importante.

    Secondo uno studio di Barclays, da inizio anno i fondi azionari Esg a livello globale hanno registrato deflussi netti (riscatti meno nuove sottoscrizioni) per 40 miliardi di dollari, con il picco di 14 miliardi ad aprile. Persino l’Europa, da sempre in prima linea in questo campo, nel primo trimestre ha segnato un rosso.

    Un concorso di fattori

    Il calo di appeal è dovuto a una serie di ragioni, a cominciare dalle performance deludenti (il rally dei mercati negli ultimi mesi è stato guidato dai titoli tecnologici e prima è toccato alle aziende della difesa, che hanno beneficiato della nuova corsa agli armamenti), per proseguire con gli scandali (come l’indagine greenwashing che riguarda Dws) e gli attacchi dei repubblicani statunitensi, che accusa i gestori attenti alla sostenibilità di distogliere l’attenzione dalla loro “mission”, cioè far rendere al massimo il denaro che viene loro affidato.

    Pierre-Yves Gauthier, responsabile della strategia e cofondatore di AlphaValue (società di ricerca indipendente con sede a Parigi), ha paragonato il settore alla bolla tecnologica scoppiata nel 2000. “Un quarto di secolo dopo, l’Esg sta vivendo una situazione simile a quella delle dot com”, ha scritto.

    L’importanza di evitare fraintendimenti

    Altri analisti evidenziano l’ambiguità di alcuni temi legati alla sostenibilità. Come nel caso dei veicoli elettrici, che abbattono le emissioni legate ai trasporti, ma comportano l’estrazione del cobalto per le batterie, che in gran parte avviene nella Repubblica Democratica del Congo, comportando costi sociali enormi.

    Secondo il Financial Times, una delle strade per evitare fraintendimenti è puntare sui fondi tematici, che non a caso continuano a proliferare. “Scegliere un tema specifico – energia pulita, magari o tecnologie sanitarie, per fare alcuni esempi – evita di fare confusione”, scrive il giornale della City.

    È pur vero, comunque, che nel medio termine i fondi Esg hanno offerto rendimenti quanto meno in linea con quelli del mercato in generale, ma a fronte di una minore volatilità, dovuta alla maggiore attenzione prestata dalle aziende del settore proprio ai rischi Esg.

    Un recente studio di Morningstar ha evidenziato che i portafogli con un basso rischio Esg tendono a generare rendimenti corretti per il rischio migliori rispetto ai portafogli con rischi elevati in materia di sostenibilità, oltre a mostrare una maggiore capacità di resistenza durante le crisi finanziarie. Proprio alla luce di queste evidenze, è difficile immaginare che si potrà tornare indietro, come evidenziato da Mariolina Esposito, senior fund manager di Eurizon Sgr. “Gli aspetti Esg ormai rientrano a pieno titolo tra i criteri di valutazione degli asset potenzialmente investibili”. Il che, in una prospettiva di investimento a medio-lungo termine come quella che dovrebbe caratterizzare il retail, sta a indicare che le fasi di ribasso possono essere viste come occasioni per rafforzare le posizioni. “Per quanto riguarda la nostra casa di gestione, l’approccio gestionale dei fondi tematici ha sempre puntato su una accurata selezione dei titoli basata anche sullo screening di sostenibilità, e ciò nonostante non si tratti solo di fondi art. 9, ma anche art.8”, aggiunge l’esperta, con riferimento sia alle soluzioni di risparmio gestito che promuovono esclusivamente le caratteristiche Esg, sia a quelle che possono investire anche in attività di altro tipo. “Per ogni azienda che analizziamo, viene presa in considerazione – insieme alle altre voci – anche il suo approccio in termini ambientali, sociali e di governance”, aggiunge Esposito.

    Mariolina Esposito, senior fund manager di Eurizon Sgr  LEGGI TUTTO

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    Sull’e-mobility l’Italia arranca: fanalino di coda tra le grandi economie europee nella corsa agli investimenti

    Lo sviluppo delle auto elettriche porta con sé investimenti ingenti in tutto il mondo e tra i vari Paesi è accesa la concorrenza per attirare insediamenti produttivi (non solo per la realizzazione dei veicoli, ma per il settore delle batterie e per la realizzazione dell’infrastruttura di ricarica) e tecnologici. Lo studio sugli investimenti A questo […] LEGGI TUTTO

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    Taglio alle emissioni con il Telepass

    Con il Telepass si riduce l’inquinamento. Secondo quanto emerge dallo “Studio sulle emissioni inquinanti evitate con il telepedaggio nell’anno 2023. Il fattore Telepass nella smart mobility”, condotto dal Sustainability Lab dell’Università Ca’ Foscari Venezia, nel corso del 2023 sono state risparmiate oltre 72 mila tonnellate di CO2 grazie al sistema di pagamento del telepedaggio del gruppo Mundys. Questo grazie alla possibilità di evitare lo ‘stop and go’ per il ritiro e per il pagamento del biglietto autostradale.

    Il dato è risultato in sensibile crescita rispetto alle 61mila tonnellate registrate nel 2022, che per le persone e il territorio si è tradotto in benefici ambientali.

    I criteri seguiti nello studio

    La ricerca, coordinata dai professori Raffaele Pesenti e Giovanni Vaia del dipartimento di Management dell’ateneo veneziano, ha calcolato la riduzione di emissioni di inquinanti grazie all’utilizzo del dispositivo Telepass per il pagamento del telepedaggio su tutte le tratte autostradali nazionali in gestione alle diverse concessionarie.

    Lo scorso anno sono stati oltre 435 milioni i chilometri percorsi sulla rete autostradale italiana, con una media di transiti giornalieri di 2,7 milioni di veicoli, di cui oltre 300 mila mezzi pesanti, e una stima complessiva sull’intero anno pari a circa 998 milioni di veicoli per la sola classe A (automobili e motocicli con due assi e altezza non superiore a 1,30 metri).

    L’analisi ha considerato la stima e il numero di veicoli (come categoria, alimentazione, fascia di cilindrata/peso/uso, classe di inquinamento e di pedaggio), tempi di permanenza code, emissioni nell’unità di tempo, emissioni nell’unità di spazio percorso.

    Impatto crescente per i mezzi pesanti

    L’impatto positivo dell’uso delle soluzioni di pagamento del pedaggio, come Telepass, diventa quasi esponenziale per i mezzi pesanti. Infatti, nel caso di ossidi di azoto, che si producono come sottoprodotti durante una combustione, la riduzione è tre volte superiore ai veicoli di classe A, come per il materiale particolato emesso dallo scarico o del metano.

    I numeri calcolati dai ricercatori, tradotti in termini di viaggi, equivalgono a oltre 758 mila spostamenti in auto da Roma a Milano (+116 mila rispetto al 2022); 10.845 viaggi intorno alla Terra (+1.655 nel confronto annuo); 1.131 Terra-Luna (+173).

    Le strategie aziendali

    Nel 2023 si è registrato un risparmio in termini di emissioni inquinanti superiore di circa il 18% con l’anno precedente, più che proporzionale rispetto all’aumento del traffico.

    Attraverso obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale, fanno sapere dall’azienda Telepass si pone come abilitatore di una transizione verso una mobilità sempre più integrata e sostenibile, in ambito urbano ed extraurbano. Accanto al tradizionale servizio di telepedaggio, infatti, il gruppo Telepass ha aggiunto nel tempo 30 servizi addizionali collegati ai nuovi stili di mobilità, partecipando in modo attivo a promuovere una mobilità sostenibile, dal risparmio di CO2 ottenuto evitando soste e code ai caselli, fino ai più recenti servizi integrati nell’ecosistema digitale che puntano a offrire opzioni di mobilità dolce e a favorire l’intermodalità nei contesti urbani.

    Un approccio alla sostenibilità intesa non solo come ambientale, ma anche come economica e sociale grazie alla promozione di soluzioni per una gestione ottimizzata degli spostamenti. “Questo studio dimostra come la sostenibilità e lo sviluppo economico di un territorio emergono da pratiche strategiche, operative e gestionali incentrate sulla riduzione dell’impatto ambientale, attraverso l’innovazione nell’intera catena di produzione dei servizi, coniugando due aspetti: ecologico ed economico”, dichiara Giovanni Vaia, docente e ricercatore dell’Università Ca’ Foscari Venezia.

    Mentre Francesco Maria Cenci, head of Italy & Eu Tolling di Telepass, parla di “un traguardo importante perché è la dimostrazione scientifica di un impatto ambientale che si riduce. La mobilità è legata in maniera intrinseca alla sostenibilità”. LEGGI TUTTO

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    Auto connesse? Sono già la metà di quelle in circolazione

    Avanza la tecnologia a bordo. A fine 2023 le auto connesse hanno raggiunto quota 16,9 milioni in Italia, quasi la metà di tutte quelle in circolazione. Il dato emerge dall’Osservatorio Connected Car & Mobility della School of Management del Politecnico di Milano, che calcola un valore di mercato a quota 2,9 miliardi di euro, il 17% in più rispetto al 2022.

    Prendono piede anche le soluzioni di smart mobility

    In particolare, le soluzioni per l’auto connessa valgono 1,56 miliardi di euro (+11% in un anno), i sistemi di Advanced driver assistance systems (Adas) integrati nei nuovi modelli, come la frenata automatica d’emergenza o il mantenimento del veicolo in corsia, raggiungono i 950 milioni di euro (+28%), le soluzioni smart mobility nelle città, in primis per la gestione dei parcheggi e la sharing mobility, 400 milioni di euro, +18%.

    Il ruolo dei dati per ottimizzare gli spostamenti

    La transizione è, dunque avviata, anche se molto resta da fare. Basti pensare che il 29% dei comuni (-14% vs 2022) non utilizza i dati generati dai progetti, anche se il 16% dichiara di volerli utilizzare in futuro, riconoscendone l’importanza strategica.

    L’Osservatorio segnala, inoltre, la crescita del segmento smart road, vale a dire strade equipaggiate con sensori per raccogliere dati, sistemi di comunicazione per lo scambio di informazioni tra veicoli e infrastrutture, il tutto con l’obiettivo di supportare la guida autonoma. Negli ultimi tre anni sono state avviate 19 iniziative in questo campo e il 70% degli italiani si dice interessato a utilizzare servizi di mobilità intelligente, in particolare sul fronte del trasporto pubblico e dei parcheggi.

    Intanto cresce la sensibilità verso i temi della sostenibilità. Il 40% dei cittadini sta già oggi riducendo l’utilizzo dell’auto per soluzioni alternative come il car sharing o la micromobilità. Solo il 15%, invece, utilizzerebbe un’auto a guida autonoma nei prossimi anni, il 19% è contrario ad un possibile utilizzo, ben 2 consumatori su 3 (66%) hanno ancora forti dubbi. I contrari sono frenati soprattutto dalla sensazione di non avere il controllo della vettura (36%), dal piacere di guidare in prima persona (32%) e dalla sensazione di insicurezza (31%).

    “Il settore della mobilità connessa continua a crescere, spinto da innovazioni tecnologiche e novità normative”, afferma Giulio Salvadori, direttore dell’Osservatorio Connected Car & Mobility – Sempre più aziende sono in grado di raccogliere grandi quantità di dati da veicoli e infrastrutture connesse, utilizzabili per offrire nuovi servizi di valore. La connettività avrà un ruolo molto importante nella gestione dei nuovi modelli elettrici e ibridi, e nel garantire scambi di informazioni tra veicolo e infrastruttura”. LEGGI TUTTO

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    Il boom di Fiumicino fa decollare il traffico cargo in Italia

    È iniziato nel migliore dei modi il 2024 per il settore del traffico cargo. Nel corso del primo trimestre, il traffico in Italia è cresciuto del 16,8% rispetto allo stesso periodo del 2023, secondo quanto emerso nel corso del sesto Convegno Osservatorio Cargo Aereo che si è tenuto il 23 maggio all’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino. Proprio lo scalo romano ha trainato il dato nazionale, mettendo a segno un +68% nel primo trimestre e un +71% se si considera il mese di aprile.

    Da segnalare anche la novità positiva di Milano Malpensa, primo hub italiano e ottavo a livello europeo per traffico merci. Dopo la flessione del 6,8% del 2023, è in fase di ripresa, tanto da aver chiuso il periodo gennaio-marzo di quest’anno con un incremento di traffico nell’ordine del 13,6% rispetto al medesimo periodo dello scorso anno, con il progresso che sale al 14% ad aprile nel confronto con dodici mesi prima.

    La crescita del trasporto merci cargo in Italia è spinta in modo complementare dalle rotte che toccano l’Asia, oltre un quarto del traffico di Milano Malpensa (25,9%), e dalle quelle che toccano le Americhe, oltre un terzo del traffico di Roma Fiumicino (42%). Nel 2023 Doha (Qatar), Hong Kong (Cina) e Incheon (Corea) sono stati i poli asiatici più frequenti per il traffico merci in arrivo o in partenza da Milano Malpensa. New York seguita dagli hub medio orientali di Doha (Qatar) e Dubai (Emirati Arabi) e in quarta posizione San Paolo Gru (Brasile) sono invece tra i principali poli di scambio con Roma Fiumicino.

    Il convegno è stato promosso da Anama (Associazione Nazionale Agenti Merci Aeree), sezione aerea di Fedespedi, dal Cluster Cargo Aereo di cui fanno parte con Anama, Assaeroporti, Assohandlers e Ibar, nonché da Aeroporti di Roma. Si tratta di un appuntamento annuale in cui alcuni dei principali rappresentanti della filiera si confrontano sull’andamento del settore cargo aereo in Italia e sulle strategie più efficaci a vantaggio del sistema logistico nazionale e del commercio internazionale. Per il presidente di Anama, Alessandro Albertini, per l’Italia “è fondamentale riuscire ad attrarre quel 30% di merce che oggi perdiamo a favore degli altri aeroporti europei”.

    In quest’ottica, ha evidenziato l’esperto, una spinta potrà arrivare dalla recente riattivazione del Tavolo Cargo da parte del ministero dei Trasporti, che entro la fine dell’estate dovrebbe portare a un nuovo piano per concertare gli sforzi tra gli operatori nazionali.

     Alessandro Albertini, presidente di Anama  LEGGI TUTTO

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    Quattro strade per la decarbonizzazione degli immobili esistenti

    Sull’immobiliare si gioca una partita cruciale nella prospettiva della decarbonizzazione, considerato che il settore è responsabile di circa il 40% delle emissioni globali di CO2. Questo spiega – tra le altre cose – il Superbonus in Italia, così come l’accordo per la Direttiva Case Green che punta a ridurre sensibilmente il carattere energivoro degli immobili.

    Lo studio del World Economic Forum

    Secondo uno studio condotto dal World Economic Forum, prendendo come campione il patrimonio immobiliare di San Diego, ci sono quattro strade percorribili per ridurre l’impatto inquinante del mattone.

    Il primo ambito individuato è quello delle microreti comunitarie per la produzione, lo stoccaggio e il consumo locale di energia, in grado di collegare edifici che utilizzano energia rinnovabile e tecnologia delle batterie. Le microreti rafforzano la resilienza energetica fornendo la capacità di operare in modalità a isola, ovvero anche senza connessione ai sistemi di servizi tradizionali. Pertanto, in caso di interruzione, le microreti si disconnettono e continuano a funzionare in modo autonomo fornendo energia da pannelli solari, accumulatori di energia a batteria e da eventuali generatori di riserva esistenti. Questo le rende una soluzione preziosa per i comuni o gli enti commerciali e industriali situati in regioni soggette a interruzioni dovute, ad esempio, a eventi atmosferici estremi.

    In seconda battuta, sottolineano gli analisti, un numero crescente di città sta adottando standard di prestazione degli edifici che forniscono una combinazione di incentivi e disincentivi per aumentare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni di carbonio. Sviluppare e fornire con successo questi standard richiede una profonda collaborazione tra politici, proprietari, inquilini, operatori, architetti e progettisti.

    Dalle ristrutturazioni al ruolo dei progettisti

    Inoltre, un approccio di ristrutturazione comunitaria consente di rendere l’ammodernamento un progetto infrastrutturale collettivo che crea sinergie ed economie di scala con i progetti circostanti. “È possibile dare priorità agli investimenti verso le comunità di interesse o le aree a maggiori emissioni, coinvolgendo i cittadini su questioni di transizione”, sottolineano gli analisti. I vantaggi di opere di ristrutturazione collettive includono minori emissioni di CO2, costi di manutenzione ridotti, bollette più basse, interni più sani e maggiore resilienza alle interruzioni.

    Infine, è cruciale l’aspetto delle competenze. Gli analisti segnalano che una transizione energetica inclusiva non può avvenire senza una forza lavoro diversificata e altamente qualificata, che è fondamentale non solo per costruire un’economia a zero emissioni nette, ma anche per offrire l’opportunità di creare diversità nella forza lavoro. Per costruire una forza lavoro basata sull’economia verde è necessario che i settori pubblico, privato, no-profit e accademico lavorino insieme per garantire che la transizione energetica non sia solo qualificata ma anche inclusiva.

    I servizi di pubblica utilità possono collaborare con scuole locali, college comunitari, sindacati, appaltatori e organizzazioni comunitarie su iniziative volte a contribuire allo sviluppo di una platea di talenti attraverso programmi di formazione specializzati, contratti di apprendistato e borse di studio. LEGGI TUTTO