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    Sprechiamo il 41% dell'acqua potabile. Perché è importante investire nel sistema idrico

    Il cambiamento climatico sta sconvolgendo il ciclo dell’acqua eppure, nonostante la siccità, in Italia gli acquedotti continuano ad essere un colabrodo. Al punto che viene sprecato il 41% dell’acqua potabile (era il 44% nel 2016). Quasi la metà del patrimonio idrico che scorre nei nostri centri abitati. Accade ogni giorno e ogni volta apriamo un rubinetto.

    Il dato cresce al Sud, dove lo spreco raggiunge addirittura il 50%. Va un po’ meglio al Centro, con il 43% e al Nord-Est col 38%. L’area meno sprecona del Paese è il Nord-Ovest (Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta) con il 32,2% di spreco di acqua potabile. Un dato che bisogna ricordare nella Giornata Mondiale dedicata alla risorsa più preziosa in tempi di crisi climatica.A fotografare la situazione italiana sono i dati pubblicati nel Blue Book 2023 promosso da Utilitalia (la federazione che riunisce le aziende nei servizi pubblici di acqua, ambiente, energia elettrica e gas) e a cura della Fondazione Utilitatis con The European House-Ambrosetti, Istat, Ispra, Protezione civile e Autorità di bacino.

    Gli investimenti

    Nel Blue Book viene sottolineato che per cercare di invertire la rotta, gli investimenti spesi per il miglioramento della qualità del servizio sono saliti dai 49 euro per abitante del 2019 ai 56 euro. Un trend positivo, ma i numeri sono ancora lontani dalla media europea che si attesta a 82 euro per abitante. E non colma nemmeno le differenze tra Nord e Sud.Come si legge nel dossier di Utilitalia: “Il divario di capacità di investimento è dovuto soprattutto alle differenze tra le gestioni industriali e quelle comunali che operano più ‘in economia’ e sono diffuse soprattutto in Meridione”. Area del paese dove sono più frequenti anche le interruzioni del servizio: due volte superiori rispetto alle regioni del Nord.

    Come vengono investiti i soldi?

    “L’obiettivo prioritario è il contenimento dei livelli delle perdite idriche (22%), seguono il miglioramento ella qualità dell’acqua depurata (18%) e gli investimenti nelle condotte fognarie (14%). “Risolvere la questione degli sprechi nelle reti di distribuzione al Sud è una questione non più procastinabile – dice senza mezzi termini Stefano Pareglio presidente della Fondazione Utilitatis per il quale l’unico modo per offrire una migliore qualità del servizio è di “favorire la partecipazione di operatori industriali, come dimostrano le esperienze positive del Centro Nord e in alcuni casi anche nelle area del Meridione”.Perché? “Dove la gestione è ancora affidata direttamente ai comuni si registra un livello di investimenti talmente basso da non consentire programmi di sviluppo delle reti, né un’adeguata manutenzione”.  Le aziende del settore da parte loro si dicono pronte ad investire 10 miliardi di euro nei prossimi anni, di cui la metà miliardi entro il 2024. Obiettivo: recuperare 620 milioni di metri cubi di acqua. 

    Una risorsa sottovalutata

    Così mentre il consumo pro capite di acqua potabile in Italia si attesta a 215 litri per abitante al giorno, – continuando ad essere tra i più alti visto che la media europea è di 125, – la ricerca di soluzioni si fa sempre più pressante. Soprattutto per fronteggiare periodi a rischio siccità, come quello attuale. Il 2022 infatti è considerato l’anno più caldo e meno piovoso della storia italiana con temperature che hanno raggiunto i 2,7 gradi in più rispetto alla media 1981-2010. 
    Una risorsa naturale sottovalutata fino ad ora, l’acqua. “Ma le crisi idriche – spiegano i ricercatori che hanno redatto il Blue Book – non sono legate esclusivamente al clima che cambia, ma sono dovuti anche alla vulnerabilità del settore idrico italiano. Durante la crisi del 2022-203 le azioni messe in campo dalla Protezione civile dalle Autorità di bacino e da gestori del servizio sono riusciti a limitare i disagi per la popolazione, ma per il futuro è necessario adottare una strategia operativa”. 

    Le 8 proposte di Utilitalia e le 5 R

    Raccolta, Ripristino, Riuso, Recupero e Riduzione. Sono le “5 R” che  secondo Utilitalia servono sia per mitigare i problemi di sicurezza dell’approvvigionamento sia per garantire la circolarità dell’acqua. Approvvigionamento sostenibile, utilizzo efficiente, ma per fronteggiare la scarsità d’acqua servono infrastrutture moderne.

    Utilitalia ha lanciato 8 proposte concrete per adattare le infrastrutture della rete idrica al cambiamento climatico.
    Quelle da progettare nel breve periodo (entro 3 mesi): il riuso efficiente, contrastare il cuneo salino, diversificare la strategia di approvvigionamento e sostenere la presenza di gestioni industriali.
    Quelle considerate di medio periodo (entro 6 mesi) il rafforzamento della governance dei distretti idrografici e la semplificazione per la realizzazione degli investimenti.
    Tra quelle di lungo periodo (oltre 6 mesi) la promozione dell’uso efficiente dell’acqua e la realizzazione di opere infrastrutturali strategiche.

    “Gli effetti dei cambiamenti climatici sulla disponibilità della risorsa idrica – conclude il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – sono sempre più evidenti e danno luogo ad eventi che non si possono più considerare eccezionali. Bisogna affrontarli con interventi che favoriscano la resilienza delle reti e degli acquedotti. L’approccio deve essere globale e considare tutti i diversi utilizzi dell’acqua nel nostro Paese, garantendo la priorità all’uso civile. Dai dati del Blue Book emerge chiaramente la necessità di interventi urgenti sul fronte della governance, in mancanza dei quali sarà impossibile portare il livello degli investimenti vicino alla media europea e colmare il water service divide tra le diverse aree italiane”.       LEGGI TUTTO

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    A Taranto un dissalatore che produrrà acqua potabile per 385mila persone

    In una delle città più colpite dall’inquinamento ambientale, la Taranto dell’ex Ilva che tanto sta provando a rilanciarsi, è in arrivo una grande novità per garantire il bene più prezioso, l’acqua: sarà realizzato il più grande dissalatore d’Italia. Un sistema per combattere due problemi: da una parte la necessità di acqua potabile per la Puglia […] LEGGI TUTTO

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    La mappa che aiuta a bere l'acqua delle fontanelle invece della minerale

    L’Italia vive la peggior crisi idrica della sua storia: quello che ci siamo lasciati alle spalle è stato l’anno più caldo mai registrato nel Belpaese – + 2,7 gradi in più rispetto alla media – con un calo delle precipitazioni di circa 48 mm. A questo ritmo i flussi idrici si ridurranno del 40% entro il 2080 e l’estate di Torino brucerà come quella della pakistana Karachi, tra meno di ottant’anni. L’acqua è una risorsa preziosa, insostituibile, limitata. Bisogna farne un uso accorto, ma non solo. Urge adottare comportamenti comunemente definiti “sostenibili”, che possano contribuire ad invertire il cambiamento climatico in corso.

    I dati

    Il sistema idrico in Italia: gestione, costi e sprechi

    di Fiammetta Cupellaro

    22 Marzo 2023

    Venice Tap Water lavora proprio in questa direzione e in una città quotidianamente travolta dai turisti, il veneziano Marco Capovilla ha concretizzato una idea semplice ma efficace: mettere a disposizione una mappatura di tutte le fontane dell’isola a forma di pesce, cosicché ciascuno possa autonomamente rifornirsi e riempire la propria borraccia, senza acquistare inutili bottigliette di plastica e contribuire  così all’inquinamento cittadino. Partiamo da un dato: ogni anno Venezia è visitata da almeno 23 milioni di turisti, numeri in continua crescita che hanno portato più volte l’amministrazione a paventare soluzioni di contingentamento degli ingressi. Non solo: ogni rifornimento a Venezia è materia complicata, logisticamente certo, ma soprattutto perché avviene attraverso imbarcazioni in molti casi datate, responsabili secondo un recente studio realizzato dall’Università Ca’ Foscari del 9% delle nanoparticelle che alimentano lo smog veneziano.

    ll progetto

    L’acqua contesa di Cipro, l’isola che soffre la siccità

    di Cristina Nadotti

    21 Marzo 2023

    Nella pagina web di Venice Tap Water un link rimanda alla mappatura effettuata da Veritas – la società per azioni a capitale interamente pubblico che si occupa dei servizi ambientali e idrici in Veneto- con l’indicazione delle 141 fontane attive a Venezia, divise per isole e sestieri, fondamenta, parchi e calli. Nella piccola isola di Mazzorbo ce ne sono tre, trai vetri lavorati dell’isola di Murano ben quattordici, nel sestiere di Dorsoduro almeno una ventina. “L’acqua è un diritto certo, ma la diamo per scontata e merita una considerazione maggiore – spiega Capovilla – a Venezia poi ancora di più: il tema del trasporto incide in maniera pesante e non parlo in termini economici ma di impatto ambientale. L’acqua delle nostre fontane è buona, salubre, perché non sfruttarla?”.  Attraverso il gruppo Facebook Venezia Pulita, Venice Tap Water dal 2019 si fa conoscere da albergatori e ristoratori che iniziano a consigliare il portale ai  turisti e gli accessi al portale crescono in maniera esponenziale. “Per agevolare l’usabilità del sito stiamo realizzando una app che sarà presto a disposizione, grazie alla quale chiunque potrà identificare la fontana più vicina, raggiungerla e quindi facilmente rifornirsi”. Eppure c’è un tetto di vetro da sfondare: la reticenza di molti di bere acqua del rubinetto.  E’ lo scenario che emerge anche nel Libro Bianco Valore Acqua, realizzato da The European House –  Ambrosetti: nonostante gli italiani dichiarino di adottare comportamenti sostenibili (il 96% del campione intervistato) meno di un terzo consuma acqua del rubinetto.

    Una rilevazione che non sorprende: siamo i più grandi consumatori di acqua minerale in bottiglia in Europa e nel mondo. Il motivo? Il timore circa la sicurezza della qualità (seguito da un problema relativo al gusto). Eppure l’Italia è il paese in cui la qualità dell’acqua in rete è tra le più alte in Europa: l’85% della risorsa viene prelevato da fonti sotterranee (quindi protette e di qualità) contro il 69% della Germania, il 67% della Francia, il 32% di Spagna e Regno Unito, fino al 23% della Svezia. Anche il consumo da erogatori pubblici rimane poco diffuso: fontanelle, case dell’acqua e erogatori pubblici, a causa, rilevano gli intervistati, della loro limitata diffusione.

    Il caso

    Gli effetti della guerra in Ucraina sull’acqua

    di Anna Lisa Bonfranceschi

    21 Marzo 2023

    Venice Tap Water punta a ridurre questo gap di informazione: l’acqua potabile erogata da Veritas è per buona parte di falda, attinta da pozzi che arrivano a una profondità di 300 metri. È tra le migliori d’Italia per qualità e caratteristiche, economica, attentamente controllata e sicura. Non attraversa l’Italia a bordo di camion (è a km 0) e per essere trasportata non ha bisogno di bottiglie o imballaggi, quindi non produce rifiuti. Per averla, sempre fresca, basta semplicemente aprire un rubinetto. Gli italiani, invece, sono i maggiori consumatori al mondo di acque minerali. Un litro d’acqua erogato da Veritas costa circa 0,0015 euro, 1.000 volte meno di una bottiglietta da mezzo litro di acqua minerale acquistata in un bar. Secondo l’Istat  spendiamo 151 euro l’anno (il valore è in costante crescita) per comprare bottiglie di plastica che contengono acqua potabile del tutto simile a quelle degli acquedotti. “Eppure – conclude Capovilla – nelle fasce orarie più attenzionate, quelle dei tg serali, si vedono solo pubblicità di acque in bottiglia. Ma dove sono finite le campagne di pubblicità progresso che negli anni passati hanno messo  la comunicazione per la sensibilizzazione al servizio dei temi sociali più rilevanti? La cosa giusta sarebbe disincentivare l’abitudine di bere acqua minerale, soprattutto se imbottigliata nella plastica a centinaia di chilometri da casa e trasportata per lunghissimi tragitti su camion”. LEGGI TUTTO

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    Mai così poca neve in Trentino Alto Adige: fino a meno 75%

    Si è sperato fino all’ultimo. A marzo, mese che storicamente in Italia registra il picco degli accumuli di neve, tutti hanno sperato che il meteo invertisse la tendenza negativa. Purtroppo, non è accaduto e ormai siamo a primavera. Non rimane altro che fare un bilancio. Le Alpi il più grande serbatoio d’acqua d’Italia è a secco e il 2023 segna meno 63% di nevicate. Trend negativi in tutto il Trentino Alto Adige, con picchi fino a meno 75%.

    Lo ha rilevato un gruppo di ricerca di Eurac Research di Bolzano che, in collaborazione con l’Università di Trento, ha analizzato i dati storici sulle precipitazioni nevose messi a disposizione dalle Province autonome e dall’associazione Meteo Trentino Alto Adige, interpretandoli in relazione alle fasce di quota e ad altri parametri climatici.I risultati delle analisi sono stati pubblicati sull’International Journal of Climatology. Così, se a marzo di solito si può contare su 10-13 miliardi di metri cubi d’acqua, spiegano i metereologi, oggi siamo a meno 4 miliardi. Peggio dello scorso anno quando di metri cubi di acqua ne avevamo 6 di miliardi.   

    Troppo caldo

    Dunque si annuncia un 2023 replica del 2022? Sembra proprio di sì, almeno guardando l’Italia dalle Alpi. E ora a rischio è il meccanismo che garantisce le risorse idriche in tutto il Paese. La causa di questo 2023 senza neve secondo i ricercatori è un generale aumento delle temperature, dovuto al cambiamento climatico, che si sono registrate sia a inizio, che fine stagione. Solo nel cuore dell’inverno, tra gennaio e febbraio, e attorno ai 2 mila metri di quota, le nevicate sono state stabili o addirittura in crescita in poche stazioni di misurazione come quelle dei passi Rolle e Tonale, con un aumento di circa il 15%. Ma poi ha fatto caldo e le alte temperature l’hanno sciolta subito. Nelle 18 stazioni selezionate si è registrato un aumento delle temperature medie intorno al 1,54 gradi, ma con picchi fino a 3 gradi. Qualche esempio? Secondo i ricercatori a San Candido le nevicate sono diminuite del 26% ad Andalo del 21%. 

    Secondo Michele Brunetti, ricercatore dell’Istituto di scienze dell’atmosfera del Clima del CNR di Bologna che ha condotto uno studio sul manto nevoso pubblicato sulla rivista Nature Climate Change: “A 2000 metri la durata della neve oggi è come quella che si registrava qualche decennio fa a 1.700”. Come dire, spiega, “Come se gli impianti sciistici di Cortina, durante le prossime Olimpiadi del 2026 rispetto alle precedenti del 1956, si trovassero 300 metri più in basso”. 

    Piove ad alta quota       

    Non ha nevicato ma ha piovuto ad alta quota, ma questa non sembra del tutto una buona notizia. Perché il passaggio da neve a pioggia ha conseguenze negative non solo per le attività sciistiche. “La neve è fondamentale perché protegge i ghiacciai e il terreno ostacolando l’evaporazione e, sciogliendosi lentamente in primavera, ricostituisce gradualmente le riserve di acqua. Senza neve il rischio siccità è maggiore”, spiega Giacomo Bertoldi idrologo di Eurac Research. A causa del caldo le precipitazioni rimangono soprattutto sottoforma di pioggia.In queste condizioni l’Italia si presenta all’inizio della primavera: con un deficit di pioggia e neve da record. Di solito l’acqua che arriva dalla neve infatti comincia a riempire i grandi bacini di fondovalle già ad aprile. Ma adesso che succederà? Gli esperti alle prese con l’allarme siccità, guardano le nostre montagne e pensano alle soluzioni. C’è un’unica certezza: abbiamo bisogno di acqua. Più dello scorso anno.   LEGGI TUTTO

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    La proposta del WWF: l'impronta idrica su ogni prodotto

    Acqua e clima rappresentano due crisi correlate. I problemi legati all’acqua, da un lato la siccità – con il relativo aumento degli incendi – dall’altro alluvioni e inondazioni, sono destinati a peggiorare in tutto il mondo con la crisi climatica. A rischio ci sono milioni di specie animali e vegetali, inclusa la specie umana che già vede oltre due miliardi di persone in situazione di precarietà o sofferenza idrica. Non a caso proprio domani si apre a New York la seconda Conferenza Mondiale sull’Acqua, a 45 anni dalla prima (1977). 

    Quando si pensa all’azione sull’acqua da parte della popolazione, spesso ci si limita ai consigli elementari come quello di chiudere i rubinetti. Per il WWF, si può fare molto di più. Per questo l’Associazione, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, il 22 marzo, fornisce dati e strumenti per conoscere meglio la quantità d’acqua reale che consumiamo, non solo dunque quella che esce dai rubinetti delle case, ma quella presente nel cibo e negli oggetti della nostra vita quotidiana, e quindi come ridurre il suo consumo.

    L’acqua nascosta

    L’acqua che beviamo è solo una piccola parte di quella che consumiamo ogni giorno. Al consumo diretto (per lavarsi, cucinare, pulire o innaffiare le nostre piante) che in Italia è di 236 litri al giorno a persona contro una media europea di 165 litri, va aggiunto quello indiretto, legato all'”acqua nascosta”, ossia quell’acqua necessaria per produrre i beni e i servizi che utilizziamo e il cibo che mangiamo. Se compriamo una t-shirt in cotone, mangiamo una bistecca o beviamo una birra stiamo consumando acqua. Ogni fase produttiva per realizzare un prodotto finito può consumare acqua. La somma di tutti questi consumi rappresenta l’impronta idrica quotidiana. In Italia consumiamo in media circa 130 miliardi di m³ all’anno – una delle impronte idriche più alte d’Europa, con una media di 6.300 litri a persona al giorno. Consumi non più sostenibili e allarmanti considerando che secondo il World Resources Institute nel 2040 l’Italia sarà in un serio stress idrico. 

    Sarebbe importante che sui prodotti venisse indicata la loro impronta idrica (e altrettanto per la CO2) in modo da indirizzare il consumatore verso scelte più sostenibili premiando le aziende che maggiormente si impegnano in una gestione sostenibile delle risorse idriche. 

    Il 90% dell’impronta idrica di ciascuno di noi è determinata dal cibo che porta in tavola.  È stato stimato che ogni persona “mangi” in media 5.000 litri di acqua al giorno: mangiamo assai più acqua di quella che beviamo (da 1.500 a 10.000 litri al giorno, a seconda di dove si vive e di cosa si mangia).  

    La carne è l’alimento maggiormente “idrovoro”. La sua impronta idrica è legata principalmente all’acqua necessaria per l’alimentazione del bestiame ed è influenzata da diversi fattori, che vanno dal sistema di produzione impiegato alla composizione e origine del mangime utilizzato. 

    Non solo cibo

    I vestiti che indossiamo, i tessili che abbiamo e utilizziamo in casa hanno una lunga filiera alle spalle che inizia dai campi dove si coltiva il cotone e dalle piattaforme dove si estrae il petrolio per le fibre sintetiche. Ogni passaggio del processo di produzione dei tessili comporta un enorme utilizzo di acqua, dalla tinteggiatura al trattamento delle fibre. Questo fa sì che l’industria tessile sia la seconda industria ad alta intensità di consumo idrico al mondo, con circa 93 miliardi di metri cubi di acqua all’anno, pari al 4% di tutta l’acqua dolce estratta a livello globale. Per produrre tutti i tessili acquistati dalle famiglie europee sono necessari ogni anno circa 24.000 milioni di m³ di acqua. L’acqua è una risorsa rinnovabile ma finita. Impariamo ad usarla con parsimonia, senza sprechi e senza inquinarla. Per ridurre la propria impronta idrica basta poco. È importante preferire tessuti biologici e certificati, lavare e preferire il riciclo all’acquisto. A tavola, invece, è fondamentale che ognuno di noi segua un’alimentazione sana ed equilibrata, basata su alimenti prevalentemente vegetali, di stagione, locali e biologici. Limitando la frequenza degli ingredienti più “idrovori” potremmo ridurre l’impronta idrica europea del 23% ed essere tutti parte di un cambiamento globale.Per quanto riguarda gli usi produttivi, in Italia l’agricoltura è il settore economico più assetato, con l’85% dell’impronta idrica della produzione, comprendendo l’uso di acqua per la produzione di colture destinate all’alimentazione umana e al mangime per il bestiame (75%), e per pascolo e allevamento (10%). È evidente quindi che l’attenzione principale nella gestione dell’acqua debba essere posta sul settore agricolo, promuovendo il risparmio idrico in agricoltura. 

    La siccità avanza

    Secondo il Gruppo intergovernativo di esperti ONU sul cambiamento climatico (IPCC), l’aumento della temperatura in atto sarà accompagnato da grandi cambiamenti nel ciclo dell’acqua in tutto il Pianeta, con aree umide che diventeranno molto più umide e aree aride che saranno soggette a siccità più intense e per periodi più lunghi. In questi ultimi due anni anche zone che non conoscevano la siccità stanno affrontando nuovi problemi, si pensi (per l’Europa) alla Francia, alla Gran Bretagna e al Nord Italia. Dobbiamo anche fare i conti con una riduzione di disponibilità idrica del 19% registrata negli ultimi trent’anni rispetto al precedente periodo (ISPRA 2022), che dovrebbe indurci a rivedere la distribuzione dell’acqua per i diversi usi. 

    Gli italiani e la carenza d’acqua

    Il mondo è riunito dal 22 al 24 marzo a New York per la Conferenza Onu sull’acqua (UN 2023 water Conference). Per questa occasione è stata pubblicata pochi giorni fa una nuova ricerca di GlobeScan che evidenzia la percezione a livello globale della scarsità di acqua. Il dato principale che è emerso è che il 58% delle persone a livello globale ritiene che la carenza di acqua dolce sia un problema “molto serio”. Per quanto riguarda i risultati del sondaggio in Italia, emerge che il 56% degli italiani dichiara di essere “fortemente” colpito sul piano personale dalla scarsità d’acqua, mentre un altro 37% ne è “moderatamente” colpito, in totale ben il 93%; il 72% degli italiani ritiene la carenza di acqua dolce “molto grave” (nel complesso, il 96% la ritiene molto o abbastanza grave); il 97% degli italiani considera l’inquinamento delle acque di fiumi, laghi e oceani è un problema serio (69%) o molto serio (28%). Infine, un dato significativo è che tra le persone interessate dagli effetti del cambiamento climatico, il 62% afferma di essere stato colpito dalla siccità. 

    Cosa fare

    È imperativo abbattere le emissioni climalteranti, onde evitare gli scenari più preoccupanti e ingestibili della crisi climatica, affrancandosi dall’uso dei combustibili fossili, fermando la deforestazione e la cementificazione, proteggendo la salute degli ecosistemi. Ma è altrettanto indifferibile l’adattamento, vale a dire cercare un nuovo modello di benessere che affronti con lungimiranza i cambiamenti già in atto: per l’acqua, vuol dire anche abbatterne lo spreco, ridurne e razionalizzarne l’uso, assicurare la salute della natura e ripristinare il territorio, garantire un’equa distribuzione della risorsa. Le persone possono essere parte attiva in questo cambiamento di paradigma, generando un beneficio evidente all’ambiente e costringendo governi e aziende ad agire subito. 

    Earth Hour – sabato 25 marzo

    Sabato 25 marzo torna Earth Hour, l’Ora della Terra del WWF: dalle 20 e 30 per un’ora, in tutto il mondo milioni di persone saranno chiamate alla mobilitazione, verranno spente le luci di abitazioni, piazze e monumenti iconici per il futuro del Pianeta. 

    Qui per saperne di più, partecipare, scoprire gli eventi in tutta Italia LEGGI TUTTO

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    “Più cibo con meno acqua”, un digital talk per un’agricoltura più resiliente e sostenibile

    In occasione della 31esima Giornata Mondiale dell’Acqua, a poche ore dall’apertura della UN 2023 Water Conference di New York, Earth Day Italia in collaborazione con Impatta e il CREA, il più importante ente italiano di ricerca dedicato all’agroalimentare, organizza un digital talk (in diretta su Earthday.it) dal titolo “Più cibo con meno acqua”, dalle ore […] LEGGI TUTTO

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    Greenpeace: 8 proposte contro la siccità

    Il 38% delle risaie e delle colture irrigue italiane è affetto da siccità severo estrema, ovvero soffre per un deficit di pioggia che dura da ben due anni. Tutto il distretto del Po, dove si trova buona parte della superficie irrigata italiana, è inoltre già in stato di severità idrica media da diversi mesi, mettendo a rischio  riso, mais e altre colture. È quanto sottolinea Greenpeace Italia in occasione della Giornata mondiale dell’acqua elaborando dati anticipati dall’Osservatorio Siccità del CNR-IBE.L’organizzazione ambientalista presenta anche otto proposte per contrastare la siccità  rivolte  al governo Meloni, che questo pomeriggio riunirà la  cabina di regia sulla siccità a Palazzo Chigi. LEGGI TUTTO

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    In Pakistan 10 milioni di persone vivono senza accesso all'acqua sicura

    A 6 mesi dalle catastrofiche inondazioni che hanno colpito il Pakistan, oltre 10 milioni di persone, compresi i bambini, vivono in aree colpite dalle inondazioni senza acqua sicura da bere, lasciando le famiglie senza alternative a parte quella di bere e utilizzare acqua potenzialmente contaminata.Anche prima delle alluvioni, nonostante il sistema di approvvigionamento di acqua potabile del Paese coprisse il 92% della popolazione, solo il 36% dell’acqua era considerato sicuro per il consumo. Le inondazioni hanno danneggiato la maggior parte dei sistemi idrici nelle aree colpite, costringendo più di 5,4 milioni di persone, tra cui 2,5 milioni di bambini, a dipendere esclusivamente dall’acqua contaminata di stagni e pozzi.”L’acqua sicura da bere non è un privilegio, è un diritto umano di base,” spiega Abdullah Fadil, Rappresentante dell’Unicef in Pakistan. “Ogni giorno, milioni di ragazze e ragazzi in Pakistan combattono una battaglia persa contro malattie legate all’acqua prevenibili e la conseguente malnutrizione. Abbiamo bisogno di un supporto continuativo dei nostri donatori per fornire acqua sicura, costruire bagni e garantire servizi igienici vitali a questi bambini e alle famiglie che ne hanno maggiormente bisogno”.La prolungata mancanza di acqua potabile e di servizi igienici, insieme alla continua vicinanza di famiglie vulnerabili a specchi d’acqua stagnanti, stanno contribuendo alla diffusione di malattie trasmesse dall’acqua, come colera, diarrea, febbre dengue e malaria. Allo stesso tempo, la defecazione all’aperto è aumentata di oltre il 14% nelle regioni colpite dalle alluvioni. A peggiorare le cose, la mancanza di servizi igienici adeguati colpisce in modo sproporzionato i bambini, le ragazze adolescenti e le donne, che rischiano ulteriormente di provare vergogna e di subire conseguenze negative quando defecano all’aperto.L’acqua non sicura e i servizi igienici scarsi sono le cause principali della malnutrizione. Le malattie associate, come la diarrea, impediscono ai bambini di assumere i nutrienti vitali di cui hanno bisogno. Inoltre, i bambini malnutriti sono più suscettibili alle malattie trasmesse dall’acqua a causa di un sistema immunitario già indebolito, il che non fa che perpetuare un circolo vizioso di malnutrizione e infezioni. Tragicamente, un terzo di tutti i decessi di bambini a livello globale è attribuibile alla malnutrizione e la metà di tutti i casi di denutrizione sono legati a infezioni causate dalla mancanza di accesso ad acqua sicura, servizi igienici adeguati e buone condizioni igieniche. In Pakistan, la malnutrizione è associata alla metà di tutte le morti dei bambini. Nelle aree colpite dalle alluvioni, più di 1,5 milioni di bambini e bambine sono già gravemente malnutriti e il numero è destinato ad aumentare in assenza di acqua sicura e servizi igienici adeguati.L’Unicef è sul campo con i suoi partner dal primo giorno dell’emergenza climatica. Subito dopo le inondazioni, sono state installate numerose pompe a mano e strutture di stoccaggio dell’acqua. Negli ultimi sei mesi, l’Unicef e i suoi partner hanno fornito acqua potabile sicura a quasi 1,2 milioni di bambini e famiglie e distribuito kit igienici a più di 1,3 milioni di persone. L’ong ha sostenuto la riabilitazione o la ricostruzione di strutture di approvvigionamento idrico, a beneficio di oltre 450.000 persone.In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, l’Unicef chiede con urgenza a governi, donatori e partner di:

    stanziare risorse per ripristinare l’accesso ad acqua potabile e servizi igienici sicuri
    investire in strutture di approvvigionamento di acqua potabile sicure e resistenti al clima e nell’uso di tecnologie rinnovabili come i sistemi di pompaggio a energia solare

    È imperativo che le voci e le esigenze dei bambini in Pakistan abbiano la priorità a ogni costo e che i bambini siano posti al centro di tutti i piani di recupero e resilienza post-alluvione”, ha dichiarato Fadil.

    A sei mesi dalle devastanti inondazioni, più di 9,6 milioni di bambini hanno ancora bisogno di accedere ai servizi sociali essenziali. L’attuale appello dell’Unicef, pari a 173,5 milioni di dollari, per fornire un sostegno salvavita alle donne e ai bambini colpiti dalle inondazioni, è finanziato per meno del 50%. LEGGI TUTTO