Marzo 2024

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consigliato per te

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    Una “mappa” per capire dove la riforestazione è più efficace

    Si fa presto a dire riforestazione. Il fatto che, in generale, gli alberi rappresentino una risorsa preziosa per arginare il cambiamento climatico, in virtù della loro capacità di assorbire anidride carbonica e produrre ossigeno, è abbastanza acclarato; ma questo non vuol dire che piantare migliaia o milioni di alberi in modo indiscriminato rappresenti di per sé una soluzione. È invece importante, come ci aveva già raccontato Francesco Sottile, docente all’Università di Palermo e membro del consiglio di amministrazione di Slow Food, pianificare in modo accurato l’operazione di ripiantumazione (ma non solo: Sottile insiste anche sull’importanza di un cambio di stile di vita a tutto tondo degli esseri umani).

    Cento miliardi di alberi intorno alle nostre città. Così salveremo la Terra dalla crisi climatica

    di Stefano Mancuso

    28 Marzo 2024

    Ovvero: quali alberi piantare, per massimizzare l’efficacia dell’operazione? Quanti? E soprattutto dove? Una parziale risposta a queste domande arriva oggi da uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications da parte di un gruppo di scienziati della Clark University, di The Nature Conservancy (Tnc) e dell’Eth di Zurigo: un fattore ineludibile, dicono gli esperti, è la cosiddetta albedo, ossia la quantità di luce solare riflessa dalla superficie terrestre. Un’arma a doppio taglio, perché in alcune località il ripristino della copertura arborea potrebbe influenzare l’albedo e rivelarsi controproducente, provocando un ulteriore riscaldamento del suolo.

    WWF

    Giornata delle foreste, in 30 anni persi 178 milioni di ettari di boschi: tre volte la superficie della Francia

    di redazione Green&Blue

    21 Marzo 2024

    Nel loro lavoro, gli autori fanno notare che nella valutazione dell’efficacia della piantumazione di nuovi alberi, finora, si tiene principalmente conto solo della loro capacità di assorbire l’anidride carbonica e si trascura, per l’appunto, come questi nuovi alberi possano influenzare la quantità di luce (cioè di calore) riflessa dal suolo.A quanto pare, non è una dimenticanza di poco conto: stando alle “mappe dell’albedo” messe a punto dai ricercatori, le stime di mitigazione dei cambiamenti climatici basate solo sulla capacità di assorbimento di anidride carbonica risulterebbero significativamente gonfiate, addirittura tra il 20% e l’80% in più rispetto ai valori corretti.

    “L’equilibrio tra lo stoccaggio del carbonio e il cambiamento dell’albedo derivante dal ripristino della copertura arborea varia da luogo a luogo, ma fino a ora non avevamo a disposizione alcuno strumento per distinguere i luoghi ‘buoni’ da quelli ‘cattivi'”, racconta Natalia Hasler, prima autrice del lavoro appena pubblicato e ricercatrice del George Perkins Marsh Institute alla Clark University. “Il nostro studio mira a cambiare la situazione, fornendo ai decisori le mappe necessarie a compiere scelte più efficaci e a garantire che i finanziamenti per la riforestazione siano destinati ai luoghi dove quest’operazione può fare davvero la differenza”.Fortunatamente, sembra che al momento la maggior parte dei progetti di riforestazione stiano avendo luogo in regioni ‘buone’, anche se due terzi dei progetti soffrono comunque del problema della sovrastima dei risultati cui facevamo cenno in precedenza.

    Le idee

    Le città hanno bisogno di più alberi, ma con un piano per il clima

    di Cristina Nadotti

    17 Novembre 2023

    In verità, la questione dell’impatto della riforestazione è ancora più complessa, e oltre a stoccaggio del carbonio e albedo ci sono anche aspetti che andrebbero tenuti in considerazione: “È importante ricordare”, ha sottolineato Susan Cook-Patton, un’altra degli autori del lavoro, “che ci sono altre valide ragioni per ripristinare la copertura arborea anche in luoghi in cui non si avrebbero significativi benefici in termini di clima: acqua più pulita, migliore produzione alimentare, habitat più sani per le specie animali e vegetali. Il nostro lavoro intende essere un invito ai governi a integrare più attentamente la questione dell’albedo nei loro processi decisionali ambientali”. LEGGI TUTTO

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    In Veneto sono gli agricoltori i pionieri dell’energia condivisa

    Fermandosi ad osservare la campagna veneta, dagli immensi terreni di granturco della Pianura Padana su fino alle colline veronesi e trevigiane ricoperte di vigneti, parlando di transizione energetica, qui la parola che bisogna eliminare prima di tutto è “consumatore”. Ossia dell’imprenditore che riceve una bolletta in cambio di un bene che paga e tutto finisce lì. Sì, perché da queste parti, gli agricoltori sono stati tra i primi in Italia ad essere contemporaneamente consumatori e produttori di energia elettrica. Quello che nelle direttive europee si chiama “prosumer”. E per capire cosa abbia spinto gli imprenditori a fondare comunità energetiche nel 2018, anni in cui non erano in molti a parlare di autoconsumo, bisogna appunto venire in Veneto dove tutto è iniziato prima che altrove in Italia e che, peraltro, ha il record nazionale del numero di Cer avviate nel 2022. Ma perché proprio qui? LEGGI TUTTO

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    Pasqua green, la crema antispreco di Franco Aliberti per la Colomba

    Quante volte capita di comprare del pane, lasciarlo lì a seccare tristemente nel sacchetto di carta. E poi magari di buttarlo con grande facilità. Perché non preparare un cremoso, da poter abbinare anche alla colomba, o utilizzarlo come elemento per le vostre creazioni. Ha un gusto delicato, caramelloso e ricorda molto la classica zuppa di latte con il pane.Divertitevi anche a utilizzare pani diversi, segale, farro, integrale non solo quello bianco. 

    Ingredienti:

    Cremoso al pane raffermo
    80 gr pane raffermo
    40  gr zucchero di canna
    500 gr panna 

    Preparazione:

    Tagliate il pane a cubetti e mescolatelo con lo zucchero. 

    In una padella a fuoco dolce, sciogliete lo zucchero con il pane fino ad ottenere un caramello che lo avvolge. 

    Portate a bollore metà della panna, aggiungetela  al pane lentamente, attenzione alla temperatura, il caramello è molto caldo, mescolate per qualche minuto e lasciate a fuoco spento per 5 minuti in modo da ammorbidire il pane. 

    Frullate con un frullatore aggiungendo l’altra meta della panna fredda. 

    Lasciate raffreddare in frigo almeno per 3 ore.

    Franco Aliberti, cuoco antispreco, è autore di “Uno – In cucina con un solo ingrediente” (Gribaudo, 2022). Assieme a Lisa Casali, è genitore di Filippo. “Oggi sogno ancora di più, la mia passione per la cucina e la pasticceria è sempre più forte, cerco di aiutare il sistema ristorativo proponendo un modello dove la sostenibilità comincia dalle persone, attraverso social, media e lezioni cerco di sensibilizzare le persone ad azzerare lo spreco alimentare, e a seguire abitudini sane per il nostro pianeta”. 

    Francoaliberti.com | @francoaliberti | @Francoaliberti | Facebook LEGGI TUTTO

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    Cento miliardi di alberi intorno alle nostre città. Così salveremo la Terra dalla crisi climatica

    Nel 2023 le temperature globali hanno raggiunto livelli eccezionalmente elevati. Il Copernicus Climate Change Service (C3S) che studia l’andamento del clima per conto della Commissione Europea ha elencato per l’anno trascorso una lunga lista di record negativi, alcuni dei quali è il caso di ricordare: il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato (i […] LEGGI TUTTO

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    Il no di Pichetto Fratin allo stop Ue alle auto a combustione dal 2035

    Nel giorno che dovrebbe celebrare l’accelerazione della mobilità elettrica in Italia, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin imbocca il dibattito contromano: “Abrogheremo il vincolo voluto da Frans Timmermans, quello che prevede in divieto nella Ue di produrre auto a combustione interna a partire dal 2035”. La dichiarazione di guerra del governo italiano al Fit for 55, uno dei pilastri del Green deal europeo, arriva quando meno te lo aspetti: nella cerimonia allestita da Gse (il Gestore dei servizi energetici) e Rse (Ricerca sul sistema energetico) per presentare il primo portale istituzionale che mappa i punti di ricarica per i veicoli elettrici accessibili al pubblico sul territorio nazionale, ribattezzato Piattaforma Unica Nazionale.

    Fisco verde

    Bonus colonnine, al via le domande per la ricarica domestica dell’auto

    di Antonella Donati

    21 Febbraio 2024

    “Mi immagino che nel 2030 o nel 2035, dopo aver ovviamente abrogato il vincolo Timmermans, ci sarà una percentuale altissima di veicoli elettrici ma anche di altri motori endotermici, a idrogeno, a biocarburante, che è un interesse nazionale perché è una forma di far viaggiare il tutto”. A domanda specifica su quale sia il percorso immaginato per abrogare il provvedimento europeo (evidentemente dopo che il voto europeo di giugno avrà eventualmente ribaltato l’attuale maggioranza), il ministro non ha però risposto, confermando tuttavia che “non condividiamo il divieto di produzione a partire dal 2035 e vogliamo cancellarlo con una riforma, che non è una riforma contro la mobilità elettrica e la decarbonizzazione”. E così, mentre tutto il mondo dell’automotive (anche in Italia) si converte ai veicoli a batteria, il governo promette una nuova inversione di marcia, e una crociata pro motori a combustione che viene forse incontro a chi produce biocarburanti (“un interesse nazionale”) ma rischia di disorientare l’industria automobilistica, che prima di decidere nuovi investimenti dovrà capire come andrà a finire.

    Le politiche

    Net zero: le sfide dell’Europa

    di Luca Fraioli, illustrazione di Massimiliano Aurelio

    02 Novembre 2023

    L’annunciata “abrogazione del vincolo Timmermans” ha così rischiato di mettere in ombra il lancio della Piattaforma Unica Nazionale. Un portale rivolto agli automobilisti e alle imprese. I primo potranno consultarlo, tramite una mappa interattiva, per scoprire dove sono e come funzionano gli oltre 32mila punti di ricarica censiti sui 42.500 esistenti in Italia. I gestori delle colonnine potranno invece accedere in un’area riservata per aggiornare i dati relativi alla loro rete: avranno tempo fino al 26 luglio. Ma il Pun si candida anche ad essere un utile strumento per monitorare la crescita della mobilità elettrica in Italia, con dati sempre aggiornati sul numero di punti di ricarica e sulle auto elettriche immatricolate nel nostro Paese.

    Il presidente del Gse Paolo Arrigoni ha anche ricordato che ci sono 700 milioni di euro destinati al raddoppio delle reti di ricarica in Italia: “La prima procedura è stata chiusa e sta per partire la seconda. Inoltre stiamo collaborando con Arera per sperimentare una ricarica domestica intelligente, con l’aumento fino a 6 kW della potenza erogata di notte e nei weekend per permettere di fare il pieno di elettricità alle auto”. La mappa interattiva con i punti di ricarica può essere consultata anche a livello comunale: “Questo permetterà agli enti locali di usare tali informazioni per pianificare il loro futuro sviluppo urbanistico”, ha spiegato Mario Spagnoli, responsabile Gse per la mobilità elettrica.

    Il caso

    Dire no ai Suv per l’ambiente: dopo Parigi, Londra ci sta pensando

    di Giacomo Talignani

    05 Febbraio 2024

    L’amministratore delegato di Rse Franco Cotana ha infine ricordato che il Piano nazionale integrato energia e clima  (Pniec) prevede un “obiettivo ambizioso”: che al 2030 l’Italia abbia 6 milioni di veicoli elettrici (4 full electric e 2 ibridi). Ma anche su questo punto, il ministro Pichetto Fratin ha smorzato gli entusiasmi: “I sei milioni di auto elettriche sono una proiezione basata sui dati del 2019, ma ci sono difficoltà di tipo economico per centrarla. A fianco all’elettrico può esserci il biometano che è neutro dal punto di vista delle emisioni. Quando il potere politico ha pensato alla decarbonizzazione, non ha tenuto conto che la ricerca stava andando avanti, e qualcuno era già più avanti del potere politico”. LEGGI TUTTO

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    In Antartide scoperta una catena di vulcani sottomarini

    Una catena di vulcani sottomarini è stata scoperta nei mari remoti della Terra Vittoria Settentrionale in Antartide, grazie alle indagini geologiche e geofisiche condotte a bordo della nave rompighiaccio italiana “Laura Bassi” dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS nell’ambito del progetto internazionale BOOST finanziato dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA) e coordinato dall’Università di Genova.La catena di vulcani è ubicata a circa 70° di latitudine sud e circa 60 km al largo della remota Costa di Pennell, in una zona dove le correnti circumantartiche dell’Oceano Meridionale si incontrano con le acque del Mare di Ross. Presenta una lunghezza di circa 50 km e una larghezza massima di 15 km e le sue cime, pur elevandosi di oltre 1500 m rispetto al fondo oceanico circostante restano nascoste sotto il mare. Il punto più elevato del complesso vulcanico è a circa 600 m di profondità.I primi indizi di questa scoperta erano emersi durante la 38esima spedizione italiana effettuata nel febbraio del 2023 e sono stati poi confermati nel corso della 39esima campagna a cui ha preso parte la nave Laura Bassi, conclusasi a inizio marzo 2024, finanziata dal Ministero dell’Università e Ricerca (MUR) nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA).

    Il caso

    La quinta base cinese in Antartide è un laboratorio strategico

    di Marco Tedesco

    21 Febbraio 2024

    Il progetto BOOST (Bridging Onshore-Offshore STructures at the Pacific Coast of North Victoria Land, Antarctica: an integrated approach) che vede come capofila l’Università di Genova, coinvolge ricercatori dell’OGS di Trieste, dell’Institute for Geosciences and Natural Resources (BGR) di Hannover e dell’Università degli Studi Roma Tre e dell’Università degli Studi di Trieste. Il team scientifico ha realizzato l’acquisizione di dati geofisici e geologici, tra cui: rilievi morfo-batimetrici del fondo mare ad alta risoluzione, linee sismiche e magnetiche, dati aeromagnetici e il prelievo di carote di sedimenti marini. 

    “L’area studiata dal progetto rappresenta una zona chiave per comprendere l’interazione tra i processi geologici legati ai movimenti delle placche litosferiche e l’evoluzione delle calotte glaciali Antartiche” sottolinea Laura Crispini, docente dell’Università di Genova e responsabile scientifica del progetto. “In passato, la zona è stata quasi per nulla investigata, soprattutto a causa della sua remota posizione geografica, spesso coperta da ghiaccio marino e caratterizzata da condizioni meteomarine estreme. Grazie anche alla combinazione di nuove opportunità logistiche, associate alla presenza di un esperto equipaggio tecnico e scientifico a bordo della N/R Laura Bassi, e le buone condizioni meteomarine, siamo riusciti a registrare un nuovo traguardo esplorativo per future ricerche”.L’obiettivo è ottenere risultati utili alla comprensione dei cambiamenti globali che caratterizzano l’evoluzione del sistema Terra, come l’apertura dei bacini oceanici che hanno favorito l’isolamento climatico dell’Antartide con il conseguente raffreddamento e sviluppo della calotta di ghiaccio a partire da circa 34 milioni di anni fa.

    Lo studio

    Il collasso dell’Antartide occidentale svelato da un polpo

    di Pasquale Raicaldo

    19 Gennaio 2024

    “Le nostre prime analisi rivelano l’esistenza di un complesso vulcanico principale, che occupa una superficie di oltre 500 km2, costituito da un insieme di coni allineati lungo una direttrice nord-sud, e una seconda dorsale, sempre di probabile origine vulcanica ma di dimensioni più ridotte, nella parte meridionale dell’area studio. Gli edifici vulcanici si presentano sia isolati che a formare rilievi allungati e in alcuni casi sono chiaramente visibili i crateri sommitali” specifica Dario Civile, ricercatore e responsabile dell’Unità di Ricerca dell’OGS. “Il vulcanismo sembrerebbe essere geologicamente recente ma la sua origine ed età rimangono ancora da determinare con esattezza. La scoperta di una catena vulcanica giovane e caratterizzata da risalita di lava e fluidi ha implicazioni sia dal punto di vista geologico e geodinamico, che dal punto di vista fisico/chimico, nonché della composizione delle acque e delle interazioni con la biosfera”.

    Le Campagne di ricerca in Antartide sono finanziate dal Ministero dell’Università e Ricerca (MUR) nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA) gestito dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) per il coordinamento scientifico, dall’ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS per la gestione tecnica e scientifica della rompighiaccio Laura Bassi. LEGGI TUTTO

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    Pulizie di casa, dalla lavatrice alla scopa elettrica: ci costano oltre 230 euro all’anno

    La lavatrice sotto osservazione. In termini di consumo elettrico è lei a pesare di più in bolletta tra tutti gli elettrodomestici che utilizziamo per le pulizie di casa. A stabilirlo è la classifica stilata da Facile.it che ha analizzato i consumi scoprendo che solo per lavatrice, asciugatrice, ferro da stiro, aspirapolvere e scopa a vapore, arriviamo a spendere oltre 230 euro all’anno.

    L’indagine, considerando che a breve cambieranno le tariffe dell’energia elettrica nel mercato tutelato e in attesa di sapere come varieranno le bollette, tiene conto del fatto che è utile conoscere i consumi elettrici legati all’uso degli elettrodomestici che consumano di più anche per risparmiare.

    Lavatrice

    Per l’analisi il comparatore ha preso in considerazione la tariffa dell’energia elettrica del mercato tutelato (aggiornata al primo trimestre 2024) pari a 0,25 euro al kWh*. Quanto ci costa in elettricità una lavatrice? Considerando un nuovo modello da 9kg in classe energetica E (nuova etichetta energetica), ogni lavaggio ci costa circa 22 centesimi di euro in energia; può sembrare poco, ma se facciamo una lavatrice ogni due giorni spenderemo circa 40 euro l’anno, ma se le lavatrici sono una al giorno, o più, allora dobbiamo mettere in conto di superare gli 80 euro.

    Due consigli fondamentali per risparmiare: il primo è di fare lavatrici solo a pieno carico, così da ottimizzare la spesa e ridurre il numero di lavaggi, il secondo è di evitare lavaggi a temperatura troppo elevata se non strettamente necessario. Infine, se avete una tariffa energetica bioraria, ricordatevi di attivare l’elettrodomestico solo durante le ore serali o nel weekend, altrimenti pagherete una tariffa più alta. 

    Asciugatrice

    Il secondo elettrodomestico analizzato non poteva che essere l’asciugatrice. Guardando l’etichetta energetica si scopre che un modello in classe A++ da 9 Kg consuma circa 1,6 kWh per ogni ciclo di asciugatura, valore che in bolletta si traduce in una spesa di circa 40 centesimi di euro. Questo significa che per far andare l’asciugatrice una volta ogni due giorni spenderemo quasi 75 euro all’anno di energia elettrica, ma che diventano oltre 150 se la facciamo una volta al giorno. 

    Il consumo è elevato, quindi è bene adottare alcune buone pratiche; la prima è quella di centrifugare bene i capi in lavatrice prima di passarli all’asciugatrice, questo ci consentirà di ridurre i tempi di asciugatura e, di conseguenza, i costi. La seconda è di usarla a pieno carico, ma senza esagerare; troppi panni potrebbero ridurne l’efficienza e far salire la spesa.

    Ferro da stiro

    Ultimo passaggio per i nostri panni, prima di riporli nell’armadio, è la stiratura. Ma quanto ci costa in bolletta il ferro da stiro? L’elettrodomestico, va detto, è molto energivoro e, normalmente i consumi variano tra i 1,8 e i 2,6 kWh. Esistono molti tipi di ferro (compatto, con caldaia, con generatore di vapore, ecc), pertanto il primo suggerimento è di scegliere quello più adatto alle esigenze della nostra famiglia. Un ferro da stiro con consumo pari a 2,2 kWh ci costa in bolletta circa 60 centesimi di euro all’ora. Ecco quindi che, se dedichiamo 2 ore a settimana a questa attività, la spesa annuale sarà di circa 58 euro, ma in caso di famiglia numerosa e più ore trascorse a stirare, il conto può salire velocemente. 

    Per risparmiare, il primo suggerimento è di utilizzare il ferro quando si hanno più indumenti da stirare; riscaldare l’acqua costa, meglio consumarla tutta. E ancora, è sconsigliabile lasciare il ferro attaccato più del necessario, sarebbe solo uno spreco di energia. Infine, attenzione alla manutenzione e, in particolare, alla formazione del calcare, che non solo potrebbe far aumentare i consumi, ma anche ridurre la qualità del risultato.

    Aspirapolvere

    L’aspirapolvere è un indispensabile alleato quotidiano per le pulizie di casa, ma quanto ci costa in elettricità? I modelli sul mercato sono diversi, così anche i consumi; un aspirapolvere a filo può consumare 1 kWh, questo significa che per ogni ora di utilizzo spendiamo circa 25 centesimi di euro. Un paio d’ore a settimana, per tutto l’anno, ci costerebbero quindi circa 26 euro in bolletta. 

    Per risparmiare, il primo consiglio è di ridurre il tempo di utilizzo eliminando i momenti in cui lo lasciamo accesso senza usarlo, ma attenzione anche al continuo alternarsi di spegnimento e riaccensione; insomma, meglio spostare i mobili prima di iniziare a passare l’elettrodomestico. La funzione Turbo va usata solo se e quando serve (ad esempio per i tappeti, ma non per il pavimento o il parquet) e, naturalmente, occhio al filtro; se pulito consente un gran risparmio.

    Scopa a vapore

    Dopo aver aspirato il pavimento, cosa c’è di meglio di una scopa a vapore per rimuovere lo sporco e igienizzarlo a dovere? Anche per questo elettrodomestico esistono diverse versioni – con caldaia, con filo, senza filo ecc. – ma se prendiamo in considerazione un modello da 1.500 watt dobbiamo sapere che, per ogni ora di utilizzo, ci costerà circa 40 centesimi di euro. Per un anno di lavaggi con scopa a vapore, un paio d’ore a settimana, spendiamo circa 40 euro in energia elettrica.

    Funzionando ad acqua, il rischio principale per questo elettrodomestico è che la formazione di calcare possa ridurne l’efficienza e, di conseguenza, far salire i consumi; il consiglio principale è di fare manutenzione regolare all’elettrodomestico e di utilizzare l’acqua più adatta secondo quanto riportato nel libretto di istruzioni. LEGGI TUTTO

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    L’uovo di Pasqua senza cacao e la blockchain per tracciarlo: le soluzioni sostenibili di due startup italiane

    Tra cambiamenti climatici, crisi geopolitiche e logistiche sempre più complesse, la filiera del cacao affronta una crisi senza precedenti, aggravata da un allarmante aumento dello sfruttamento minorile. L’instabilità climatica in Africa occidentale con un innalzamento delle temperature e una riduzione delle precipitazioni, sta destabilizzando il settore del cacao, in particolare in Ghana e Costa d’Avorio, che insieme costituiscono il 60% della produzione mondiale. Queste variazioni climatiche, unite ai picchi di forti alluvioni stagionali, favoriscono una violenta diffusione di malattie e parassiti che devastano le coltivazioni. Inoltre, l’uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti compromette la salute dei lavoratori e dell’ambiente, mentre la deforestazione per la coltivazione del cacao intensifica l’inquinamento e il consumo di CO2. Anche le sfide logistiche si intensificano con l’instabilità geopolitica e i forti rincari nei costi di trasporto e di energia. Il risultato finale è un’impennata dei costi della materia prima senza precedenti, con aumenti fino al +30/40% e un conseguente rincaro (+15%) dei prezzi al dettaglio.Inoltre, l’incremento del lavoro minorile, passato dal 31% al 45% tra il 2008 e il 2019 in Africa Occidentale, con 1,5 milioni di bambini sfruttati, aggiunge una dimensione etica e sociale alla crisi del settore. Uno scenario che mette quindi a dura prova la filiera del cacao e che esprime l’urgenza di soluzioni innovative e sostenibili per ripensare l’intera catena di produzione del cioccolato.

    Il documento

    Come produrre più cibo senza trasformare le foreste in campi agricoli

    di Tiina Vähänen*

    29 Settembre 2022

    In risposta alle sfide globali, dall’Italia arrivano innovazioni promettenti a supporto della filiera e delle aziende dolciarie italiane, grazie a due startup innovative selezionate da FoodSeed, il programma di accelerazione e sviluppo AgriFoodtech e Open Innovation della Rete Nazionale di CDP Venture Capital, sostenuto da partner quali Fondazione Cariverona e UniCredit, Eatable Adventures. “Il cacao riveste un’importanza fondamentale sia in campo gastronomico che nell’economia dei paesi europei. Tuttavia, è evidente la necessità di ridefinire il futuro dell’intera filiera che oggi è tra le più insostenibili a livello mondiale”, racconta Alberto Barbari, Regional VP Italy di Eatable Adventures. “Con Foreverland e Trusty ci stiamo muovendo verso una direzione più etica, sostenibile e innovativa, aiutando le aziende dolciarie ad affrontare le nuove importanti sfide della catena di produzione del cioccolato all’insegna dell’Open Innovation”.

    Foreverland: il primo uovo di Pasqua senza cacao

    Un progetto pionieristico nel settore dolciario è Freecao, il cioccolato senza cacao. Sviluppato dalla startup pugliese Foreverland, questo prodotto rappresenta una svolta sostenibile per l’industria del cioccolato. Realizzato con carruba, tipica dell’area mediterranea dove l’Italia eccelle nella produzione, Freecao offre una deliziosa alternativa al cioccolato tradizionale, con benefici significativi sia in termini di riduzione dei costi di trasporto sia di impatto ambientale. L’innovativo cioccolato taglia drasticamente le emissioni di CO2 del 80% e il consumo di acqua del 90% rispetto al cacao, offrendo una scelta più sana grazie all’assenza di glutine, caffeina, ingredienti artificiali e una minore quantità di zuccheri. E proprio per la Pasqua 2024, Foreverland ha introdotto sul mercato il primo uovo di Pasqua senza cacao: un prodotto da 500 grammi, completamente plant-based, arricchito di nocciole, senza lattosio e senza glutine.

    Alimentazione

    Squp, la startup romana che reinventa il gelato “plant-based”

    di Simone Cosimi

    11 Marzo 2024

    Trusty: il primo uovo di cioccolato tracciato via blockchain

    Dall’Abruzzo, Trusty emerge come una startup innovativa, focalizzata sullo sviluppo di infrastrutture digitali per rendere trasparenti le filiere agroalimentari, utilizzando la tecnologia blockchain. Specializzata nella filiera del cacao, collabora con attori chiave in vari paesi tropicali, fornendo strumenti e consulenza per l’integrazione e la raccolta dati tra agricoltori, cooperative, operatori logistici e industrie. La sua tecnologia, in conformità con le normative europee, quali la EUDR, si dedica a questioni cruciali come la sicurezza alimentare e la sostenibilità. Ciò contribuisce a garantire un commercio internazionale più trasparente e a incrementare la fiducia dei consumatori in filiere eticamente responsabili e regolate.Quest’anno, per Pasqua, Trusty, in collaborazione con Loretta Fanella, chef pâtissier di Livorno, lancia una novità: il primo uovo di cioccolato tracciato via blockchain. Un QR Code sull’uovo certifica l’origine sostenibile del cacao, in conformità con le norme europee per una produzione etica. Questa massa di cacao è stata acquistata tramite il marketplace di Trusty, che mira a semplificare l’approvvigionamento sostenibile per le aziende, sottolineando l’impegno della startup verso la trasparenza e la sostenibilità nelle filiere agroalimentari. LEGGI TUTTO