14 Marzo 2024

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    Non siamo nell’Antropocene, ma ne viviamo già gli effetti

    La Commissione Internazionale di Stratigrafia (ICS) ha deciso di non formalizzare l’Antropocene come una nuova epoca geologica. Per i geologi, un’epoca è la suddivisione di un periodo che a sua volta è la suddivisione di un’era: il Pleistocene e l’Olocene sono le epoche del Quaternario, il più recente periodo dell’era Cenozoica. La decisione della ICS sta causando grande discussione dove si mescolano tre questioni che sarebbe preferibile tenere distinte. 

    La prima riguarda il consenso o meno sul fatto che l’uomo sia artefice dei principali cambiamenti sulla Terra: clima, biodiversità, morfologia della superficie terrestre (e dei fondali marini), cicli bigio chimici, etc. Da quanto tempo tali cambiamenti di origine antropica sono in atto? Settant’anni (grande accelerazione)? Duecento anni (inizio della rivoluzione industriale)? Ottomila anni (inizio dell’agricoltura)? Nessuno ormai ha dubbi sulla rilevanza, estensione e pervasività dell’impatto dell’Uomo sulla Terra e quindi non vado oltre. 

    La seconda questione riguarda l’opportunità di definire questo periodo di cambiamento, per molti versi drammatico, come una nuova epoca geologica; la questione cioè non è negare che il cambiamento dovuto all’Uomo (e al suo modello di sviluppo) sia in atto ma valutare se ciò che sta accadendo possa marcare l’avvento di una nuova epoca, dopo l’Olocene (gli ultimi 11.700 anni), e definirne una data di inizio, o piuttosto rappresenti un transiente all’interno dell’Olocene. Si può cioè riconoscere l’importanza e la drammaticità del cambiamento senza per questo dover definire una nuova epoca geologica. Secondo la maggioranza degli scienziati della Commissione Internazionale di Stratigrafia, il cambiamento in atto, per drastico che possa apparire, può essere considerato un “evento” nella storia dell’Olocene come molti altri, anche molto significativi, nella storia della Terra.

    Le idee

    Biodiversità e guerra. Benvenuti nell’Antropocentrocene

    di Domenico Ridente*

    24 Ottobre 2023

    La terza questione è invece più tecnica e riguarda la possibilità di definire un “golden spike” (il chiodo d’oro che viene piantato sulle rocce che meglio registrano l’inizio di una nuova epoca geologica), cioè uno strato o un insieme di strati sedimentari che registri in modo inequivocabile e “per sempre” nel record geologico il cambiamento che siamo tutti in grado di descrivere sulla superficie terrestre. Va bene la successione proposta, 10 cm di fango sul fondo del lago Crawford, in Canada, o è preferibile un altro record, in un diverso ambiente deposizionale o a una diversa latitudine? Che potenziale hanno i sedimenti di questo lago di rimanere preservati a lungo nel record geologico e rimanere “leggibili” a distanza di milioni di anni da ora? Quanti dei “segnali” contenuti in questi sedimenti hanno il potenziale di rimanere misurabili a lungo nel record stratigrafico del futuro? 

    In breve, è su questo terzo punto che è intervenuta la commissione di stratigrafia; il suo parere, cioè, non investe il tema dell’importanza degli impatti antropici nell’attuale periodo storico, durante la grande accelerazione (gli ultimi settant’anni), o a partire dalla rivoluzione industriale, o dalla nascita dell’agricoltura. La questione tecnica però non è banale e, come sempre, cosparsa di assunti impliciti che non vengono messi a fuoco durante la discussione. 

    Per questo, prima di affrontare questo terzo punto, è utile riportare l’attenzione al più sincrono degli eventi che abbiano impattato il pianeta e, di conseguenza, il record stratigrafico: l’arrivo di un asteroide di circa 20 km di diametro che ha colpito il nord dello Yucatan, a Chicxulub, 66 milioni di anni fa causando la quinta grande estinzione della storia della Terra, nota soprattutto per la scomparsa dei dinosauri e delle ammoniti. Un’estinzione che marca il passaggio addirittura tra due ere geologiche: Mesozoico e Cenozoico. Se ci si reca vicino a Gubbio al passo del Furlo si può appoggiare il proprio dito su questo passaggio, marcato da un livello di argille ricco di iridio, un metallo estremamente raro sulla Terra ma comune nei meteoriti, che si è depositato dopo il grande impatto. Se si vuole pensare a qualcosa di sincrono nella storia stratigrafica della Terra questo è il migliore esempio che abbiamo. 

    Se la critica alla definizione formale dell’Antropocene come epoca geologica dopo l’Olocene è che la sua base non è sincrona, occorre considerare che lo scarto tra un punto e l’altro del pianeta è al massimo di qualche decennio. Quale risoluzione stratigrafica dovranno avere i geologi del futuro per apprezzare questo sottile diacronismo? Se come inizio dell’Antropocene si proponesse l’avvio dell’agricoltura (8000 anni fa), le differenze di età sarebbero probabilmente di molte migliaia di anni, ad esempio, tra la Cina o la mezzaluna fertile e il nord o il sud America. Chi studia il Quaternario (il piano che comprende le epoche Pleistocene e Olocene) sa che una differenza di età di, ad esempio, 2000 anni è facile da scorgere nell’intervallo di utilizzo del 14C (tipicamente gli ultimi 30mila anni) ma è molto difficile da cogliere centomila anni fa o prima. Probabilmente, a scala planetaria non c’è quasi nulla di sincrono ma molti eventi del passato appaiono tali a mano a mano che ci si allontana dall'”evento” perdendo risoluzione cronologica. Agli stratigrafi di un futuro vicino (i prossimi diecimila anni) il tema potrà interessare a quelli del prossimo milione di anni certamente no. 

    Altro argomento è stabilire quanto a lungo gli impatti e i materiali immessi artificialmente nella geosfera rimarranno riconoscibili e attribuibili all’impatto dell’Uomo: l’estinzione in atto rimarrà visibile perché se anche l’Uomo togliesse all’istante la sua pressione scomparendo, le specie estinte non possono tornare; il ritorno a una “Terra bollente” con l’uscita del sistema climatico dal regime degli ultimi milioni di anni di alternanza ciclica tra glaciazioni e brevi interglaciali (come gli ultimi 10.000 anni), sarebbe irreversibile e marcato da molti segnali biostratigrafici e geochimici; la deposizione di materiali artificiali di ogni genere tra cui la plastica (si stima che la tecno-sfera abbia già superato in peso l’intera biosfera) e la presenza di radionuclidi dovuti alle oltre duemila esplosioni nucleari dal 1945 potrebbero essere invece dei marker “a tempo”, soggetti a diagenesi nel primo caso o ai tempi di decadimento nel secondo.

    In conclusione, anche se i segnali stratigrafici che l’Uomo sta lasciando nel record geologico possono apparire ancora labili (e non lo sono), è certo che la stessa influenza antropica che li determina può causare un pericoloso salto di stato del sistema Terra verso un nuovo regime climatico ostile alla nostra specie. Questo è il tema su cui si deve agire e la discussione sulla formalizzazione stratigrafica dell’Antropocene come epoca geologica può essere utile proprio a sensibilizzare su questo. Ne Le città invisibili, Calvino fa dire a Kublai Khan che non bisogna confondere la città con il discorso sulla città. Ecco, non confondiamo l’Antropocene in atto con il discorso sull’Antropocene e la sua definizione stratigrafica formale!

    (Fabio Trincardi è dirigente di ricerca del Cnr) LEGGI TUTTO

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    Il rosmarino sboccia anche 90 giorni prima: così la crisi climatica anticipa le fioriture

    Si trovano già i papaveri fioriti, da un pezzo. Le mimose, ormai habitué di febbraio, si gonfiano già a gennaio. Il caldo di questo insolito inverno lo abbiamo sentito noi e lo hanno sentito anche le piante, esplodendo prima ben prima dell’arrivo della primavera. E accanto alle osservazioni e agli aneddoti dei non addetti ai […] LEGGI TUTTO

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    L’Europa conferma la barra dritta sulla certificazione della tutela ambientale

    L’Europa non sembra intenzionata a seguire gli Stati Uniti in materia di regole Esg. Oltreoceano va sempre più prendendo corpo un movimento d’opinione – sostenuto dagli Stati a guida repubblicana – che chiede un allentamento del legame tra finanza e tematiche Esg. Addirittura, nel Parlamento del New Hampshire è arrivata una proposta di legge che […] LEGGI TUTTO

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    Droni, così l’Italia è diventata protagonista del mercato

    Il mercato professionale dei droni cresce a ritmo accelerato e a Roma si avvicina il debutto per il primo vertiporto italiano. Il 2023 è stato un anno di crescita per il settore, che nella Penisola ha raggiunto i 145 milioni di euro, mettendo a segno un balzo in avanti del 23% rispetto al 2022. Il dato emerge dall’ultimo Osservatorio Droni e Mobilità Aerea Avanzata, a cura della School of Management del Politecnico di Milano, che evidenzia per altro la presenza in Italia di 664 imprese attive nel business dei droni. In questo caso, tuttavia, il dato è in contrazione rispetto al 2022 e questo sta a indicare che il mercato è alle prese con un consolidamento dopo i primi anni nei quali in tanti hanno provato a ritagliarsi uno spazio profittevole.

    Prevalgono le taglie piccole e medie

    A livello mondiale, tra il 2019 e il 2023 sono stati censiti 1.471 casi applicativi di droni. Il 70% dei casi si riferisce al segmento delle aerial operations (droni di piccola e media taglia che operano nei settori più tradizionali) e il restante 30% progetti di innovative air mobility & delivery (droni di maggiori dimensioni per il trasporto merci e persone).

    Per quanto concerne il primo segmento, le principali applicazioni sono ispezioni e sopralluoghi (44% dei 1.023 progetti), sicurezza e sorveglianza (20%) e sempre in questo settore il 2023 ha visto il consolidarsi delle applicazioni e degli utilizzi nei settori storici con un incremento dei casi operativi del 186%.

    Countdown per il primo vertiporto italiano

    A livello mondiale sono 97 i progetti di vertiporti per l’atterraggio e il decollo di aeromobili VTOL, anche se solo uno su 3 è in fase di prototipo, sviluppo o test (36%), 16 diventeranno operativi entro il 2024. In Italia, entro fine anno si prevede la piena operatività del vertiporto di Roma.

    Già nel corso dell’autunno 2022 vi è stato il primo viaggio di prova dell’aerotaxi nella capitale, durato cinque minuti, a una velocità di 40 km/h e a 40 metri di altezza. È andato in scena a Fiumicino, protagonista il volocopter. L’iniziativa è frutto della collaborazione tra Aeroporti di Roma, Volocopter, UrbanV e Mundys.

    Tornando all’Osservatorio, sono stati censiti 480 progetti di aeromobili eVtol (electric Vertical Take-Off and Landing) a livello mondiale, potenzialmente a disposizione per lo sviluppo del segmento dell’unnovative air mobility and delivery, con una crescita del +530% rispetto al 2020.

    Mercato in evoluzione

    “Il 2023 è stato un anno di grandi annunci, evoluzioni normative e nuove iniziative di settore – spiega Marco Lovera, responsabile scientifico dell’Osservatorio – Il mondo dei droni e della mobilità aerea avanzata sta vivendo un fortissimo fermento: la tecnologia è matura, la normativa EASA è ora pienamente applicabile e gli addetti ai lavori sono pronti per trasformare le sperimentazioni in servizi operativi sia nei settori più tradizionali sia nella mobilità e nel trasporto. Le date di lancio dei servizi si avvicinano: il 2024 deve essere l’anno della concretezza e della realizzazione delle promesse, le comprensibili esitazioni vanno affrontate con razionalità, basandosi su fatti oggettivi e coinvolgendo tutti i portatori di interessi”. LEGGI TUTTO

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    Cinquemila pannelli solari in un cimitero francese, 5 euro per far parte della CER

    In Italia si discute di come installare pannelli solari sui tetti, o in spazi verdi, rispettando il paesaggio e le peculiarità dei centri storici, in Francia hanno fatto un deciso passo avanti, con una scelta innovativa e un po’ controversa. Il comune di Saint-Joachim, nella Loira atlantica, ha infatti deciso di sfruttare lo spazio del suo cimitero, circa 8mila metri quadri, per costruire tettoie solari con 5.000 pannelli fotovoltaici e una capacità di 1,3 MW. 

    Il progetto, avviato nel 2021, non riguarda solo la produzione di energia pulita. I 4mila cittadini di Saint-Joachim, paese che si trova nel cuore delle paludi di Brière, devono affrontare una serie di sfide ambientali. Da un lato, c’è la necessità di aumentare la produzione di energia rinnovabile per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Dall’altro, poiché il cimitero è costruito su un terreno paludoso, è indispensabile metterlo in sicurezza dalle inondazioni, frequenti nella zona. Oltre a generare elettricità, perciò, le tettoie solari saranno utilizzate anche per raccogliere l’acqua piovana e convogliarla in un vicino complesso sportivo, alleggerendo così la pressione sul delicato ecosistema della zona.

    Energia

    L’Ue approva il decreto italiano per incentivare le comunità energetiche

    di redazione Green&Blue

    22 Novembre 2023

    C’è poi il risparmio in bolletta, perché i “sistemi di ombreggiamento fotovoltaico” sul cimitero sono finanziati con un’operazione di autoconsumo collettivo, destinata a fornire elettricità agli abitanti del paese, alle imprese locali e a una casa di cura. Con un costo stimato di 3,35 milioni di euro, l’installazione sarà finanziata dall’amministrazione locale, grazie soprattutto a un aumento delle tasse del 7% dell’imposta sugli immobili, dovuto all’inflazione – aumento che l’ente locale ha scelto di ridistribuire ai suoi residenti attraverso questa operazione.

    C’è poi il sostegno della comunità, con l’associazione RECIT, una rete di comunità energetiche del Pays de la Loire, e l’associazione Brier’energie, nata nel 2022. Con una quota d’iscrizione di 5 euro, l’associazione conta attualmente 420 membri, tutti residenti a Saint-Joachim e futuri consumatori dell’energia che verrà prodotta dai pannelli del cimitero. Il progetto è originale per il luogo scelto e ha anche caratteristiche particolari per la chiave di distribuzione individuata per ripartire equamente l’elettricità prodotta dalla centrale solare, senza favorire o penalizzare alcun consumatore. In qualità di soggetto giuridico organizzatore dell’operazione di autoconsumo collettivo, Brier’energie ha spiegato ai giornali locali che da un lato gestirà l’elettricità in entrata e in uscita dalla rete Enedis (una delle compagnie elettriche francesi) su base continuativa, ma stabilirà anche le regole di distribuzione tra i partecipanti, definendo le chiavi di assegnazione.

    Italy for Climate

    In Umbria la transizione energetica partecipata dal basso

    di Cristina Nadotti

    29 Febbraio 2024

    Come noto, misurare in maniera accurata l’elettricità prodotta e stabilire le ripartizioni fiscali è uno dei punti chiave dei funzionamenti delle Cer e Brier’energie calcolerà le cifre a partire da decine di migliaia di punti con dati raccolti ogni 30 minuti da centinaia di utenti. Ogni mese, l’utility invierà a Enedis un riepilogo dei risultati, in modo che le detrazioni possano essere applicate alla bolletta di ogni abbonato che partecipa all’operazione.Insieme a un grande interesse per il progetto, i giornali locali hanno registrato anche qualche perplessità. Ouest France, uno dei principali quotidiani locali, ha pubblicato l’intervento di un cittadino che si è lamentato che l’iniziativa sia irrispettosa per i deceduti e per chi li piange. Per molti, i cimiteri sono spazi sacri, carichi di significati emotivi e spirituali, e l’idea di sfruttarli per altri scopi se non quelli del raccoglimento e della preghiera può suscitare dubbi.

    Energia

    A Roma la prima Cer con al centro una scuola. I benefici vanno a tutto il quartiere

    di Cristina Nadotti

    27 Novembre 2023

    Però il progetto francese indica che è in atto un ripensamento del modo in cui utilizzare gli spazi pubblici. Se cambiamo prospettiva, se iniziamo a vedere molti spazi che ci circondano come risorse con funzioni diverse, si aprono nuove possibilità: in fin dei conti un cimitero che non solo onora i morti, ma genera anche energia pulita, ospita orti comunitari e offre spazi per la meditazione e la riflessione, soprattutto in città in cui il consumo di suolo è uno dei problemi maggiori, diventa una risorsa in più. In un mondo che deve affrontare l’urgente sfida del cambiamento climatico, ogni metro quadrato conta e l’iniziativa del comune di Saint-Joachim appare come un gesto di responsabilità nei confronti delle generazioni future, più che una profanazione del culto dei morti. LEGGI TUTTO

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    Abruzzo, il biodinamico che aiuta a proteggere la Natura

    Tre Parchi Nazionali (d’Abruzzo, Lazio e Molise; della Majella; del Gran Sasso e Monti della Laga). Trentotto tra oasi e riserve regionali e statali. In Abruzzo, la regione con più aree protette d’Italia, (il 30 per cento di tutto il suo territorio) si sperimentano nuovi modelli di sostenibilità che mettono insieme agricoltura, alimentazione e biodiversità. Non è solo un  sistema economico e sociale sostenibile quello che si sta facendo strada in Abruzzo, ma un vero e proprio modo di ripensare il consumo del suolo e la produzione di cibo. Nel rispetto dell’ecosistema. Tanto che la regione vanta emissioni pro-capite del settore più basse della media nazionale così come l’uso di fertilizzanti. Per questo non è un caso che proprio nel cuore di questa regione, in provincia di Chieti ci sia quello che viene considerato il vigneto biodinamico più grande al mondo, quello della Bio Cantina Orsogna. LEGGI TUTTO