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L’Europa conferma la barra dritta sulla certificazione della tutela ambientale

L’Europa non sembra intenzionata a seguire gli Stati Uniti in materia di regole Esg. Oltreoceano va sempre più prendendo corpo un movimento d’opinione – sostenuto dagli Stati a guida repubblicana – che chiede un allentamento del legame tra finanza e tematiche Esg. Addirittura, nel Parlamento del New Hampshire è arrivata una proposta di legge che punta a identificare gli investimenti sostenibili come reato penale. La ragione addotta è che i soggetti istituzionali – in primis i fondi pensione – si basano su un mandato fiduciario e quindi hanno l’obbligo di perseguire il rendimento più alto per i proprio aderenti. Ogni valutazione di altro tipo, si sostiene nella proposta, rischia di allontanare dall’obiettivo.

Alleanze per il clima dalle fondamenta fragili

Anche le alleanze per il clima istituite anni fa dai grandi asset manager americani vanno via via perdendo quota. Alcuni grandi gestori hanno iniziato a prendere posizione apertamente verso valutazioni legate al tema dei cambiamenti climatici e molti altri si sono fatti più cauti nella comunicazione su questo tema.

Lo stesso non vale – almeno per ora – in Europa. Infatti le istituzioni comunitarie a più riprese hanno ribadito di recente di voler confermare obiettivi e tempistiche del Green Deal Ue e lo stesso vale per le autorità di controllo dei mercati finanziari. Questo mentre nei giorni scorsi l’autorità di regolamentazione dei titoli statunitense ha promulgato una norma che richiederà alle aziende informazioni di base sui rischi climatici, ma potrebbe lasciare i grandi inquinatori liberi di tenere nascosta la loro intera impronta di carbonio e altri fattori di rischio. In sostanza, gli operatori a Stelle e Strisce che vogliono continuare a operare nel Vecchio Continente devono uniformarsi ai criteri più restrittivi delle nostre latitudini. Secondo un’analisi di Refinitiv, almeno 10.300 aziende con headquarter al di fuori dell’Ue saranno interessate da queste regole, comprese più di 3 mila americane.

Questione di priorità

Europarlamento e Commissione europea evidenziano che i rischi per l’ambiente sono da considerare rilevanti per gli investitori quanto i rischi che l’azienda deve affrontare a causa del cambiamento climatico. In sostanza, non si tratta solo di fare business in maniera responsabile; è nell’interesse delle stesse aziende considerare questi rischi nell’ambito dei propri piani di sviluppo a medio-lungo termine.

La direttiva comunitaria Csrd (Corporate Sustainability Reporting Directive) ha previsto un calendario che tenderà ad aumentare sempre più il numero di imprese tenute a pubblicare report dettagliati sui loro dati di sostenibilità. L’obiettivo di Bruxelles è “ridurre il greenwashing, rafforzare l’economia sociale del mercato Ue e gettare le basi per standard di trasparenza sulla sostenibilità a livello mondiale”. La Csrd va a integrare quanto già previsto da un’altra direttiva, la Nfrd (Non-Financial Reporting Directive), che è unanimemente percepita come insufficiente.

Entro il 2025 l’obbligo di disclosure dovrà essere onorato dalle aziende con più di 500 dipendenti. Il 1° gennaio 2025 sarà invece la volta delle grandi imprese non ancora soggette alla Nfrd (con più di 250 dipendenti e/o 40 milioni di euro di fatturato e/o 20 milioni di euro di attività totali). Da ultimo saranno coinvolte le Pmi e le altre imprese quotate per le quali è stata fissata la scadenza nel 2027 (le Pmi potranno però scegliere di non partecipare fino al 2028).


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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