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Abruzzo, il biodinamico che aiuta a proteggere la Natura

Tre Parchi Nazionali (d’Abruzzo, Lazio e Molise; della Majella; del Gran Sasso e Monti della Laga). Trentotto tra oasi e riserve regionali e statali. In Abruzzo, la regione con più aree protette d’Italia, (il 30 per cento di tutto il suo territorio) si sperimentano nuovi modelli di sostenibilità che mettono insieme agricoltura, alimentazione e biodiversità. Non è solo un  sistema economico e sociale sostenibile quello che si sta facendo strada in Abruzzo, ma un vero e proprio modo di ripensare il consumo del suolo e la produzione di cibo. Nel rispetto dell’ecosistema. Tanto che la regione vanta emissioni pro-capite del settore più basse della media nazionale così come l’uso di fertilizzanti. Per questo non è un caso che proprio nel cuore di questa regione, in provincia di Chieti ci sia quello che viene considerato il vigneto biodinamico più grande al mondo, quello della Bio Cantina Orsogna.

Qui si lavora seguendo i principi della “filosofia agricola” ispirata al pensiero di Rudolf Steiner. Padre della visione quasi spirituale della produzione di alimenti:  si deve a lui l’introduzione in vigna di una serie di riti come l’osservazione delle fasi lunari, il compostaggio naturale e il ciclo chiuso. “Il modello biodinamico per noi è un baluardo importante per tenere i terreni fertili e mantenere in equilibrio i vigneti autoctoni”. È lo stesso enologo e direttore della cantina Camillo Zulli a confermare che dietro la produzione del loro vino c’è la filosofia di Steiner, la radice scientifica delle pratiche biodinamiche intrecciate al concetto di energia vitale del suolo. “Ma è importante la figura del viticoltore. È un sapere da custodire e tramandare quello dei contadini con le loro tradizioni, la manodopera, l’esperienza, è questo che cerchiamo di valorizzare, noi li formiamo sulla biodinamica”.

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06 Marzo 2024

Funziona. Chi pensa che  l’agricoltura biodinamica, sia per un consumo di nicchia, dovrà ricredersi: qui la produzione oscilla tra 2-2,5 milioni di bottiglie all’anno. Il mare Adriatico alle spalle e con la vetta della Majella davanti, la cooperativa è nata con 35 soci negli anni Sessanta. Oggi i soci sono 500. Filosofi, ma anche pionieri, perché fin da subito hanno capito che bisognava puntare sulla sostenibilità e convertire tutti i vigneti al biologico. E così è stato. Dal 2022, i 1.400 ettari di terreno sono diventati a conduzione biologica, da qui la nuova denominazione Bio Cantina. Di questi, circa 700 ettari sono condotti in biodinamico e certificati Demeter (ente di certificazione dell’agricoltura biodinamica). Solo vigneti autoctoni. Si produce Trebbiano d’Abruzzo, Malvasia,  Moscato, Passerina, Cococciola, Pecorino, Chardonnay, Montepulciano e Sangiovese. In cantina si lavora con le fermentazioni spontanee, mentre  si utilizzano soprattutto grandi vasche di cemento interrate. E poi le anfore con l’argilla di Atri, utilizzate per la Malvasia.

Un ciclo chiuso, autosufficiente e sostenibile. Legato all’utilizzo del letame che proviene dalle stalle dei soci, alla pratica del sovescio e nel periodo invernale al pascolo ovino nei vigneti, oltre al recupero e al riutilizzo dei sottoprodotti della vinificazione.  Spiega il direttore Zulli: “Ora puntiamo a coltivare specie erbacee tra le viti per togliere quella monocoltura intesiva che impoverisce l’ecosistema. Le piante portano sostanze organiche alla vite e accolgono gli impollinatori. Un ciclo naturale che tiene tutto in equilibrio”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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