25 Marzo 2024

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    Un appello perché l’Italia si impegni in Europa per l’approvazione della Restoration law

    Il tempo stringe e il WWF, con l’appoggio di 147 fra illustri scienziati e naturalisti, lancia un importante appello al Consiglio dell’Unione Europea e al governo italiano (che ne è membro), affinché si chiuda al più presto il percorso di approvazione della Nature Restoration Law (NRL), il Regolamento sul Ripristino della Natura.

    Questa normativa, discussa a lungo e concordata con i governi dell’UE, oggi è arrivata alla sua formulazione ultima che fissa l’obiettivo di ripristinare almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell’UE entro il 2030 e tutti gli ecosistemi entro il 2050. Dopo l’approvazione del Parlamento europeo, ora è fondamentale che il Consiglio confermi l’impegno a garantire il ripristino degli ecosistemi degradati in tutti i Paesi dell’UE, a contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei in materia di clima e biodiversità e migliorare la sicurezza alimentare. In gioco non c’è solo il recupero di ambienti naturali come foreste, fiumi e habitat marini: in gioco ci sono la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico, la difesa da inondazioni, incendi e desertificazione, la qualità dell’acqua e dell’aria.

    In altre parole, in gioco c’è la anche la sicurezza di tutti i cittadini europei. Per questo è preoccupante lo stallo in cui si trova ora il Consiglio dell’Unione Europea dopo il mancato raggiungimento della maggioranza qualificata degli Stati Membri, necessaria per adottare la NRL che rappresenta l’atto legislativo più significativo in materia di natura nell’Unione Europea dagli anni ’90. Un accordo sulla NRL era già stato raggiunto a novembre e approvato dagli ambasciatori degli Stati membri. Il voto del Consiglio, previsto per lunedì 25 marzo, doveva essere una mera formalità. Ma nonostante l’ampio sostegno dei cittadini, del Parlamento europeo, degli scienziati, delle imprese e di 19 Stati membri, la NRL è tenuta in ostaggio da manovre politiche dell’ultimo minuto. L’inaspettata giravolta dell’Ungheria, a cui si sono associati i voti contrari e le astensioni di Italia, Svezia, Polonia, Finlandia, Paesi Bassi, Belgio e Austria hanno messo nuovamente a rischio la NRL.

    Ambiente

    La legge sul ripristino della natura fa un altro passo nell’Ue. Italia contraria

    di Cristina Nadotti

    29 Novembre 2023

    È in gioco la stessa credibilità dell’UE: la mancata attuazione della NRL, non solo mina l’impegno Europeo per la protezione dell’ambiente, ma mette anche a rischio i processi decisionali dell’Unione Europea su altri dossier cruciali, tra cui il raggiungimento dei suoi ambiziosi obiettivi climatici e la sua capacità di affrontare i sempre più frequenti disastri climatici. Il Wwf, quindi, ha lanciato l’appello “Un sì per la Nature Restoration Law è un sì anche per la sicurezza di tutti i cittadini europei”, che rivolge in primis al Governo italiano chiedendo che riveda la sua posizione e si adoperi affinché il Consiglio dell’UE faccia proprie le indicazioni dell’Europarlamento, degli scienziati e della società civile. Un appello (al quale si può aderire firmando qui) che è già stato firmato da 147 illustri scienziati e naturalisti a dimostrazione del valore e dell’importanza di questa legge e che ora richiede anche la firma dei cittadini per non poter passare inosservato.

    Le richieste dell’appello

    Il WWF chiede al Governo di manifestare, attraverso un voto favorevole in sede di Consiglio dell’Unione Europea, la convinta adesione dell’Italia a questa fondamentale legge per tutelare la biodiversità dell’Europa e dell’intero Pianeta.

    Serve un “sì” che consenta di stabilire obiettivi chiari e azioni concrete a tutela della natura e dei cittadini europei. La Nature Restoration Law si propone di ripristinare ecosistemi e habitat, prevedendo di riportare alla naturalità almeno il 20% delle terre e delle acque dell’Unione Europea e di liberare dalle infrastrutture almeno 25.000 km di fiumi europei entro il 2030, con l’obiettivo finale al 2050 di ripristinare tutti gli ecosistemi degradati.

    Un “sì” che riconosca la piena validità dell’approccio “One Health”, tenendo conto delle inscindibili connessioni tra la salute degli esseri umani e quella delle altre specie animali e vegetali e dell’ambiente in cui viviamo. Non può esserci uomo senza natura.

    Un “sì” che permetta alla natura di difenderci con efficacia dalle emergenze climatiche e da quelle pandemiche in un contesto in cui la comunità internazionale è chiamata ad affrontare crisi sempre più gravi e urgenti.

    Un “sì” a favore di un coraggioso progetto per il ripristino della natura europea, largamente condiviso dalla società civile, al fine di confermare quel percorso di speranza tracciato dall’adozione del Green Deal europeo e dalla grande mobilitazione intergenerazionale che negli ultimi anni ha chiesto nelle piazze di tutto il Pianeta una transizione ecologica capace di farci vivere meglio e in armonia con la Natura, senza lasciare indietro nessuno. LEGGI TUTTO

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    Pascolo libero e filiera corta: la startup che riunisce gli allevamenti sostenibili

    Quello di Pascol è un progetto coraggioso, che guarda alle imminenti esigenze del Pianeta e della sua salvezza. Lanciato nel luglio 2019, il progetto parte dalla Valtellina con la missione di rivoluzionare la filiera di produzione della carne bovina, in ottica di decentralizzazione, valorizzazione sociale e sostenibilità ambientale. 

    Ma facciamo un passo indietro. Due amici appena usciti dall’università, hanno un’idea in tasca: creare una piattaforma dedicata all’allevamento sostenibile. È così che nasce Pascol, startup specializzata nella selezione, distribuzione e promozione della carne italiana di produzione nazionale e da allevamento estensivo, regolata da un disciplinare che prevede quindi l’ammissione dei soli allevamenti di animali liberi di pascolare. 

    Nel mercato italiano, oltre l’85% delle carni bovine proviene da allevamenti intensivi. Spesso si fornisce un prodotto standard, senza valutarne gli impatti. Pascol ha dato vita a una filiera che permette di consumare carne di provenienza certa, allevata al pascolo in modo sostenibile ed estensivo. Si tratta di una realtà virtuosa e controcorrente. A controllare la salute dei bovini e a gestire tutta la supply chain una volta che l’animale esce dall’allevamento, un team di esperti con una preparazione multidisciplinare in zootecnia, ingegneria gestionale ed economia. “Con il nostro lavoro cerchiamo di valorizzare una tipologia di allevamento integrata con il territorio, volta a preservare le zone di pascolo e la loro biodiversità. Abbiamo creato una filiera snella e corta che vede questa concatenazione: allevatore italiano, macello di prossimità, stabilimento di lavorazione, consegna al cliente, sia in termini B2C che B2B”, racconta il Ceo e cofondatore di Pascol Federico Romeri. LEGGI TUTTO

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    In Molise i camion dei rifiuti vanno a idrogeno

    All’inizio, quando 30 anni fa Recupero Etico Sostenibile (Res Spa) iniziò a raccogliere e trattare i rifiuti erano le discariche, ora c’è l’idrogeno. In quel fazzoletto di piana alluvionale in mezzo ai monti del Molise, lungo la statale che collega Isernia a Campobasso, dove i capannoni di un’impresa che non c’è più, la Ittierre, sono diventati un centro all’avanguardia per il riciclo della plastica e, presto, per la produzione di idrogeno. La Res nel 2025 costruirà un distributore per fare rifornimento ai mezzi per la raccolta dei rifiuti, mentre nello stesso impianto si applica ai polimeri una lavorazione per ricavare nuova materia prima tessile. Una circolarità green che ha raccolto circa 15 milioni di finanziamenti dall’Europa e dal Pnrr. Poi “tutto ciò che non è valorizzabile finisce nel termovalorizzatore o in discarica”, spiega Antonio Lucio Valerio, ad di Res. E ciò che finisce in discarica è sempre meno. LEGGI TUTTO

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    Dai bidet alle tv: nei canali di Venezia i gondolieri hanno recuperato 9 quintali di rifiuti

    Ponti, chiese, facciate di palazzi si specchiano nei canali. Riflessi che, accarezzati dal vento, sembrano danzare, mentre la materia si sfalda e si frammenta in un monotono, infinito dondolio. Alle prime luci dell’alba un gruppo di volontari è pronto per calarsi laggiù, nel fango. Sono i gondolieri sommozzatori, operatori con brevetto da subacqueo, che si offrono di ripulire i fondali di Venezia dai rifiuti. Durante la loro ultima immersione, lo scorso febbraio, sono scesi nei rii della Cazziola, del Gafaro, del Malcanton, del Magazen, recuperando ben nove quintali di immondizia, tra cui una lastra di marmo di oltre 50 chili. Come le volte precedenti, l’evento ha richiamato piccole folle di curiosi, che hanno ringraziato e applaudito i palombari.

    Un’avventura che prosegue dal 2019

    Il progetto, iniziato nel 2019, è stato ideato dal gondoliere Stefano Vio. “L’idea mi è venuta durante una vacanza in Egitto, sul Mar Rosso, con degli amici. Ci siamo immersi per vedere il relitto del Thistlegorm, una nave mercantile britannica affondata dai bombardieri tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. Tra i tanti oggetti ancora all’interno, abbiamo trovato stivali di gomma intatti, nonostante i 70 anni trascorsi”, racconta. “È stato allora che mi sono chiesto: quanto tempo ci vorrà per smaltire la spazzatura nella laguna?”. A sostenere le sue preoccupazioni anche uno studio pubblicato nello stesso anno sulla rivista Scientific Reports e condotto dagli esperti dell’Istituto di scienze marine (Ismar) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Venezia. La ricerca, realizzata attraverso strumenti ad altissima risoluzione, aveva evidenziato la presenza nei canali di un’immensa quantità di rifiuti. Così, nel giro di poco tempo, Vio ha avviato l’iniziativa, radunando alcuni colleghi. Insieme hanno setacciato per prova 200 metri di canale, vicino a Campo Santi Apostoli, trovando, tra l’altro, moltissimi copertoni. “Da allora abbiamo cominciato a svolgere quelle che noi chiamiamo missioni e non immersioni, aiutati anche dall’amministrazione”, aggiunge.

    Immersione in rio San Girolamo  LEGGI TUTTO