6 Aprile 2024

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    È il cambio climatico la minaccia principale per la salute umana

     Il cambiamento climatico è “la più grande minaccia per la salute globale del 21° secolo”, afferma The Lancet, una delle più prestigiose riviste scientifiche in ambito medico. Gli scenari associati al cambiamento climatico mostrano, infatti, un aumento dell’intensità dei rischi per la salute legato a disastri, eventi estremi, disponibilità idrica, sicurezza alimentare e cambiamenti nella comparsa e diffusione di malattie di origine infettiva (vettori patogeni, acqua e cibo contaminati). L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) stima oltre 250mila decessi annui in più nel mondo a causa del cambiamento climatico per il periodo 2030-2050, che riguarderanno soprattutto i sottogruppi più vulnerabili, con un aumento delle ineguaglianze di genere, dei conflitti e delle migrazioni.

    Nella Giornata mondiale della salute il WWF lancia quindi un appello: agire subito per limitare e fermare il riscaldamento globale, abbattendo le emissioni di gas serra (CO2, metano, ecc.) e prendendo tutte le misure di adattamento necessarie, per limitare i danni che il cambiamento climatico già in atto sta provocando e tutelare così anche la stessa salute delle persone. Nel 2021 oltre 200 riviste mediche hanno pubblicato un editoriale congiunto senza precedenti che sollecitava l’azione dei leader mondiali: “La scienza è inequivocabile, un aumento di 1,5 °C a livello globale rispetto alla media pre-industriale e la continua perdita di biodiversità rischiano di provocare un danno catastrofico alla salute da cui sarà impossibile tornare indietro”. Infatti, se da una parte l’aumento delle temperature e i sempre più frequenti eventi climatici estremi hanno un impatto diretto sulla salute umana, dall’altra agiscono indirettamente sui determinanti della salute. A cominciare dalle ondate di calore che stanno portando a temperature record che il nostro corpo non è in grado di affrontare.

    Ma ciò vale anche per gli animali, sia domestici sia selvatici, fisiologicamente vulnerabili alle alte temperature. Le ondate di calore provocano anche il danneggiamento e la morte delle piante, oltretutto più esposte all’azione dei parassiti, come dimostra il caso del bostrico che sta decimando gli abeti rossi sulle Alpi (e non solo). Le piante secche, inoltre, alimentano incendi di più vasta portata e durata, con conseguente distruzione di vite umane e degli ecosistemi. Questa è solo una delle possibili concatenazioni di eventi provocati dal riscaldamento globale.

    Di caldo si muore

    Nell’estate del 2022, tra i 60.000 e i 70.000 decessi prematuri in Europa sono stati attribuiti al caldo. I rischi di calore per la popolazione generale sono già a livelli critici nell’Europa meridionale (Italia compresa). Rischiano di più coloro costretti, per lavoro, a permanere all’esterno o coloro che non si possono permettere impianti di raffrescamento e un adeguato isolamento termico dell’abitazione, come pure gli anziani, nei quali la capacità termoregolatrice del corpo è ancor più limitata. Anche le donne sembrano essere più vulnerabili per motivi biologici, demografici e socioeconomici. Il deterioramento della salute e del benessere durante le ondate di calore può ridurre la produttività del lavoro, soprattutto nell’Europa meridionale e per i lavoratori all’aperto. Questa riduzione può portare a impatti economici e finanziari più ampi nelle regioni più esposte, come appunto l’area del Mediterraneo.

    Aumenta la diffusione delle infezioni: un effetto potenzialmente associato al riscaldamento globale è la maggior facilità di diffusione delle malattie, favorite anche dall’aumento – grazie alle condizioni climatiche – di molti insetti vettori. In Europa, per esempio, si prevede l’aumento della diffusione della zanzara tigre e con essa le patologie che la puntura di questo insetto comporta (Dengue, febbre da Chikungunya, febbre West Nile), oltre che le patologie trasmesse da pappataci (leishmaniosi) e zecche (malattia di Lyme). Le acque marine più calde sono sempre più favorevoli ai pericolosi vibrioni in pesci e molluschi, l’esposizione ai quali può causare gravi malattie.

    Aumentano le malattie mentali: a fronte del generale aumento di un grado Celsius delle temperature, le patologie psicologiche di media entità sono salite del 2%. Le malattie rilevate includono: depressione, stati di ansia, insonnia, paure, malesseri psichici generalizzati. L’aumentata probabilità di eventi catastrofici dovuti al clima (inondazioni, incendi, alluvioni, perdita progressiva di suolo coltivabile, tra gli altri) potrebbe generare o esasperare la reazione di individui già fragili. Inoltre, la progressiva riduzione di biodiversità animale e vegetale assieme alla variazione dei consueti parametri atmosferici stagionali fa percepire uno stato di disequilibrio che può indurre o almeno esacerbare condizioni patologiche anche lievi e una sofferenza mentale.

    Più a rischio la salute dei bambini: i piccoli sono più vulnerabili rispetto agli impatti del cambiamento climatico perché alcuni organi e apparati come per esempio l’apparato respiratorio o il sistema di termoregolazione sono ancora in via di sviluppo e perché è, in generale, ancora in corso lo sviluppo fisico, mentale e cognitivo. Inoltre, i bambini hanno, rispetto agli adulti, una maggiore esposizione per unità di peso corporeo, ed è quindi più probabile che, a parità di esposizione, per loro vengano superate le dosi soglia di rischio. Secondo l’OMS nel mondo circa il 50% dei decessi in età pediatrica è causato da diarrea, malaria e infezioni delle basse vie respiratorie, tutti fattori di rischio associati ai cambiamenti climatici. I cambiamenti climatici influenzano anche la salute respiratoria dei bambini attraverso vari meccanismi: per effetto delle ondate di calore, degli incrementi di eventi meteorologici estremi come piogge intense e allagamenti e del conseguente aumento dei livelli di umidità e muffe nelle abitazioni, per un effetto dei pollini per un ampliamento dell’areale delle piante allergizzanti verso nuove aree e per un prolungamento della stagione pollinica.

    Aumentano le malattie trasmesse dagli animali (e agli animali): le zoonosi, ovvero le malattie infettive trasmesse dagli animali all’uomo – causate da virus, batteri, parassiti o prioni – sono fortemente influenzate dai cambiamenti climatici. È il caso delle zoonosi trasmesse da invertebrati (zanzare, zecche, pulci e altri artropodi ematofagi): il clima ne influenza il comportamento, la sopravvivenza, la riproduzione, la distribuzione e l’abbondanza. Anche zoonosi veicolate all’uomo dai vertebrati possono essere influenzate dai cambiamenti climatici: nel nord Europa, è stato osservato come i grandi focolai umani di febbre emorragica da hantavirus – una malattia trasmessa dai roditori – coincidano con i picchi di crescita delle popolazioni di roditori, favoriti dalle temperature invernali più miti. Anche molti batteri veicolati all’uomo dall’acqua e dagli alimenti, come la Salmonella, il Campylobacter, E. coli, mostrano specifici pattern stagionali di incidenza. Uno studio condotto sui dati provenienti da diversi paesi europei ha mostrato che i casi di salmonellosi umana aumentavano fino al 10% per ogni grado di aumento della temperatura media settimanale.

    Aumenta l’insicurezza alimentare Il cambiamento climatico riduce la quantità di cibo disponibile e al contempo lo rende meno nutriente. Alcune rese agricole hanno già iniziato a ridursi in conseguenza dell’aumento delle temperature, del cambiamento dei modelli delle precipitazioni e degli eventi atmosferici estremi. La malnutrizione è collegata a un’ampia varietà di malattie, tra cui insufficienza cardiaca, cancro, diabete, rachitismo o disturbi della crescita nei bambini, che può danneggiare le funzioni cognitive. Il cambiamento climatico mette in pericolo anche il cibo che ricaviamo dal mare: il declino delle risorse ittiche nelle regioni subtropicali ha implicazioni notevoli per la nutrizione di comunità costiere che dipendono dalla pesca per una percentuale sostanziale delle proteine che compongono la loro dieta.

    La salute delle persone non è negoziabile: gli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute, sia diretti sia indiretti, sono il problema di salute pubblica più urgente che deve essere affrontato. La salute deve diventare un aspetto centrale nei piani di adattamento al cambiamento climatico e un motivo in più per abbattere rapidamente le emissioni di gas climalteranti. Nell’Accordo di Parigi i Paesi di tutto il mondo si sono impegnati a contenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 °C: se riduciamo le emissioni, ne beneficerà anche la salute globale che corre gravi rischi. Del resto, il tema di quest’anno del World Health Day è quello di sostenere il diritto di tutti, ovunque, ad avere accesso a servizi sanitari, istruzione e informazione di qualità, oltre che ad acqua potabile, aria pulita, buona alimentazione. La crisi climatica mette a rischio ognuno di questi diritti.

    Sistemi sanitari universali e funzionanti sono la prima condizione per far fronte ai nuovi rischi posti dal cambiamento climatico già in atto, come confermato anche in occasione della recente pandemia. Linee guida e meccanismi di prevenzione, profilassi e allerta dovrebbero scattare in occasione di eventi pericolosi o impattanti, a tutti i livelli. È necessaria anche un’opera attenta e non banalizzante di informazione della popolazione. La tutela della salute legata al rischio climatico dovrebbe però essere incorporata in tutte le politiche. Per esempio, come confermato anche dall’Agenzia Europea per l’Ambiente nel recente report sul Rischio Climatico in Europa, la pianificazione territoriale e gli standard edilizi sono leve politiche fondamentali per ridurre i rischi per la salute legati al calore. LEGGI TUTTO

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    Se c’è posto nel rifugio di montagna ora te lo dice il portale dell’escursionista

    La Via Francigena, l’Alta Via delle Dolomiti, la via degli Dei, il Cammino dei Borghi Silenti. Da Nord a Sud, l’Italia è un paese da scoprire a piedi lungo antichi itinerari religiosi, trekking in alta quota, vecchie rotte commerciali o linee ferroviarie dismesse. E se non c’è dubbio che la vacanza camminando è uno stile di vita e cresce in tutta Europa la tendenza a trascorrere il proprio tempo libero vivendo il contatto con la natura, c’è un problema pratico che accomuna gli appassionati di questo tipo di turismo: l’accoglienza. Se ne parla da anni: l’accoglienza in montagna e lungo i percorsi di trekking va ripensata considerando le nuove necessità e i cambiamenti climatici. Considerando anche che non si tratta più di un turismo di nicchia: nel 2022 secondo la sesta edizione di “Italia Paese di cammini”  il passaggio dei camminatori ha richiesto almeno un milione di pernottamenti documentati. Ad affrontare la questione ci sta pensando il Club Alpino Italiano che sta lavorando al Portale Cai dell’Escursionista, con il supporto del Ministero del Turismo, una sorta di Booking.com per camminatori, alpinisti, semplici escursionisti che potranno finalmente individuare rifugi e strutture ricettive dove pernottare. Lungo sentieri, mulattiere, vie alpinistiche.

    Sì, perché se i posti letto solo nei rifugi sono oltre 20mila (senza contare i bivacchi), fino adesso spesso rimangono vuoti. Tranne ad agosto. Ora con il portale prenotazionerifugi.cai.it sarà più semplice arrivare alla fine di una tappa e avere la certezza che ci sia un posto dove riposare, scaldarsi, mangiare. “Ma non solo quelli lungo l’arco alpino, perché il portale segnerà tutti i cammini da Nord a Sud – tiene a sottolineare Antonio Montani, presidente nazionale del Cai che lavora al progetto da sette anni – ormai era rimasta solo l’Italia a non avere una piattaforma dedicata agli escursionisti, ce l’hanno già in Austria, Svizzera e Germania. C’era molta pressione soprattutto dalle nostre sezioni dell’Alto Adige. Perché allora ci abbiamo messo così tanto tempo? Il loro sistema non andava bene per il nostro tipo di turismo. Così ne abbiamo studiato uno adatto per chi sceglie i percorsi italiani. Sarà pronto entro l’estate e sarà il primo gestionale online a consentire la prenotazione dei singoli posti letto, non delle camere”. Altra novità: la traduzione nelle altre lingue sarà automatica.

    Antonio Montani, presidente nazionale Cai  LEGGI TUTTO

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    Il senso di Federica Brignone per la neve (e la natura)

    Un concentrato di energie e determinazione emerge durante la nostra chiacchierata con Federica Brignone, campionessa di sci, vincitrice di tre medaglie olimpiche, tre medaglie mondiali, di una Coppa del Mondo Generale e di tre di Specialità. Oltre ad una splendida carriera, Brignone ha molto a cuore la tutela del nostro ecosistema: lo traduce attraverso un progetto, “Traiettorie Liquide”, nato nel 2017 per contribuire ad aumentare la consapevolezza e il senso di responsabilità verso la sostenibilità ambientale.

    Quando nasce la sua passione per lo sci?”Mi raccontano che a due anni già muovevo i primi passi verso questa disciplina sportiva. Sulle piste un genitore mi lasciava scendere e uno attendeva in fondo alla discesa per poi prendermi. Avevo un gran sorriso anche se con pochi denti, ero già gasata da morire. Amo da sempre il contatto con la neve e la velocità”. 

    (foto: Giuseppe La Spada)  LEGGI TUTTO

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    San Servolo, da manicomio a laboratorio di sostenibilità. Il futuro sull’isola veneziana

    Di primo mattino, il vaporetto che in dieci minuti porta dall’isola di San Servolo a Piazza San Marco, il cuore di Venezia, è occupato per metà da cani. Gli umani chiacchierano come vecchi conoscenti, un labrador sonnecchia stanco per le corse sul prato tra gli alberi, una vera goduria in una città come Venezia. La ricchezza di San Servolo è questa: l’isola che ha resistito alla cementificazione e alle lusinghe dei grandi complessi turistici è diventata centro culturale, laboratorio di rigenerazione urbana e spazio verde di cui i cittadini si sono appropriati.

    La storia di San Servolo è roba da matti

    Per oltre 200 anni l’isola, sebbene tra le più vicine al centro di Venezia, è stata  soltanto “il posto del manicomio”. Infatti, dal 1725 quando a San Servolo venne ricoverata la prima persona affetta da disturbi psichici, fino al 1978 quando la legge Basaglia chiuse i manicomi, l’isola era ignorata dai veneziani. Eppure, oltre alla sua vicinanza con il centro, San Servolo ha dalla sua una lunga storia, abitata fina dal VII secolo da ordini monastici i cui edifici erano stati ristrutturati nel corso del 1700. Oggi, la grande rivoluzione attuata dalla Città Metropolitana di Venezia con la San Servolo srl, continua quella storia rivitalizzando l’isola con il recupero dei fabbricati e le iniziative culturali.A partire dal Museo della Follia che con reperti, strumentazioni e pannelli esplicativi mostra la vita quotidiana del manicomio. Soprattutto, questa operazione culturale e imprenditoriale si fa con l’obiettivo di garantire all’isola la piena autosufficienza energetica e San Servolo diventa anche un laboratorio per sperimentare materiali e tecnologie che consentano di ridurre al minimo l’impronta carbonica rispettando il valore storico artistico del luogo e degli edifici.

    La scultura di Arnaldo Pomodoro di fronte all’approdo a San Servolo  LEGGI TUTTO