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    Finanza sostenibile: così l’Ispra prenderà per mano aziende e investitori italiani

    Per aziende, banche e fondi di investimento, presentarsi come amici dell’ambiente è piuttosto semplice: tra marketing e vaghi bilanci di sostenibilità ci sono diversi modi per mettere in atto il greenwashing. Non è solo un inganno al consumatore – che è disposto persino a pagare di più per prodotti “green” –  ma anche una violazione di diversi regolamenti e direttive europee. Non sempre però c’è malafede: molte volte le imprese – e non solo le piccole – non sanno proprio dove mettere le mani. Perché quella ambientale è una materia complessa. Non è facile calcolare quanto si inquina, in che modo e, di conseguenza, cosa fare per ridurre l’impronta sul pianeta. Lo si può fare in moltissimi modi: cambiando i materiali per il packaging, sostituendo i propri mezzi a benzina con veicoli elettrici; ristrutturando siti già esistenti senza consumare altro suolo, raccogliendo l’acqua piovana per riutilizzarla nel ciclo produttivo. Ma per misurare il cambiamento bisogna calcolare l’impatto ambientale prima e dopo l’intervento di mitigazione. E bisogna che tutti utilizzino le stesse metriche.A queste imprese sta per arrivare il soccorso dell’Ispra, l’istituto pubblico per la protezione ambientale sta infatti per presentare un documento tecnico che spiegherà, nel dettaglio, cosa fare per redigere un bilancio Esg (ambiente, società e governance) corretto, credibile e verificabile.

    Biodiversità

    Impegnarsi per conservare la natura funziona davvero

    di Andrea Monaco

    08 Maggio 2024

    “Ci siamo resi conto che serviva una guida. Erano le stesse aziende, banche e operatori finanziari a chiedere aiuto” spiega Maria Siclari, direttrice generale dell’Ispra. Una difficoltà molto comune, spiega Siclari, è ad esempio quella di trovare le informazioni ambientali. “Ci sono banche dati, come quella relativa al rischio idrogeologico, o per capire se il proprio sito produttivo ricade in un’area a elevata biodiversità, che sono pubbliche. Ma molti non lo sanno: noi forniremo un accesso semplice a queste informazioni, aiutando le imprese a integrarle nei loro bilanci”.La normativa europea in materia ambientale è ambiziosa, spiega Siclari, ma non facile da applicare. E non sorprende che negli ultimi anni siano nate “diverse realtà private per supportare le aziende. Ma lo fanno utilizzando quali dati? E secondo quale metodo?” si chiede la direttrice generale Ispra. Il risultato è una giungla di bilanci Esg non verificabili – come invece chiede l’Europa -, scientificamente discutibili e non comparabili.E proprio quello del confronto è un tema che dovrebbe stare particolarmente a cuore alle aziende: “Se il metodo è comune, un’azienda può comparare più facilmente le proprie prestazioni ambientali con una concorrente. Si tratta di un’opportunità per raccontarsi meglio al pubblico” continua Siclari. Oggi, insomma, è come se le imprese giocassero in mille campionati diversi: ma se tutti rispettano le stesse regole, la competizione diventa reale e il più bravo a tutelare l’ambiente può trarne vantaggio in termini di immagine.

    Le idee

    Rischi finanziari ESG in capo alle aziende: chi li valuta?

    di Massimo Mondazzi, Sara Ratti

    11 Gennaio 2024

    L’alternativa è il greenwashing. Un fenomeno molto esteso e particolarmente pericoloso, perché un’informazione falsa può spingere una banca o un fondo a investire centinaia di milioni di euro nella convinzione di farlo per il bene dell’ambiente. “Allo stesso modo anche banche e investitori devono dimostrare di aver finanziato asset e progetti mirati a ridurre le emissioni, decarbonizzare e raggiungere la neutralità climatica” spiega Maria Siclari. Questo non impedisce che, ancora oggi, vengano finanziate nuove estrazioni di gas e idrocarburi da colossi del credito e dell’energia (anche italiani). Il compito delle autorità di vigilanza (nel nostro Paese, Consob e Banca d’Italia) è quello di verificare che le rendicontazioni ambientali raccontino tutta la verità, senza omettere le parti più scomode. Ma anche per questo, i bilanci devono basarsi su fonti certe.Di certo l’Ispra combatte da anni contro il greenwashing, ad esempio segnalando le aziende che usano, senza averne diritto, il marchio Ecolabel, che distingue i prodotti realizzati con il minimo impatto possibile sull’ambiente. Spesso c’è chi continua a utilizzarli nonostante la licenza sia scaduta da anni. LEGGI TUTTO

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    Biodiversità, dal fratino alla salamandra: le specie italiane sempre più minacciate dalle azioni dell’uomo

    Spesso lontano dai nostri sguardi eppure fondamentali per darci un’idea di come stanno oggi i nostri ecosistemi. In Italia ci sono specie che più di altre, per via della loro presenza o assenza, ci restituiscono una sorta di bollettino sullo stato di salute della biodiversità nel nostro paese: dal fratino alle salamandre, sono spesso infatti uccelli e anfibi a permetterci di tracciare un bilancio sulle condizioni degli ecosistemi. Proprio partendo dal monitoraggio di diverse specie, soprattutto tra l’avifauna e gli anfibi, per la Giornata mondiale della biodiversità Legambiente ha deciso di lanciare un SOS: secondo i dati dell’associazione ambientalista infatti, in particolare per via delle azioni dell’uomo, ci sono sempre più specie oggi minacciate anche in Italia. Le popolazioni di fratino, ad esempio, sono calate in dieci anni del 50%. Di questo uccello oggi a rischio estinzione da noi, si stimavano quasi 1900 coppie fino al 2010, “mentre oggi sono appena 600 secondo l’ultimo Atlante nazionale degli uccelli”. Ad incidere, come quasi sempre, le azioni dell’uomo: dalla “pulizia meccanica delle spiagge all’incremento di specie predatrici come ratti, gatti, cani, cornacchie e gabbiani reali”. 

    Il report sulla biodiversità di Legambiente ricorda poi come in Italia la “berta maggiore e minore e il gabbiano corso soffrono a causa del depauperamento degli stock ittici, del bycatch (catture accidentali, ndr) e del disturbo alle colonie in nidificazione”. In particolare “la berta minore, endemica del Mediterraneo e presente in Italia con circa il 67,3% di tutta la popolazione globale, è tra le specie vulnerabili, mentre il gabbiano corso è indicato come prossimo alla minaccia”.

    Biodiversità

    Cos’è il ”bycatch” e come possiamo salvare gli animali dalla pesca accidentale

    di Cristina Nadotti

    09 Aprile 2022

    Se le condizioni dell’avifauna ci restituiscono molti dettagli, anche per esempio sullo stato di salute degli ecosistemi marini, a fornici una sorta di lente di ingrandimento sulle condizioni dellle zone umide sono spesso gli anfibi, la classe di vertebrati più minacciata a livello mondiale. Dal monitoraggio dell’associazione ambientalista risulta come “in Italia tra quelli più a rischio ci sono per esempio la salamandra di Aurora, a rischio estinzione, localizzata in una ristretta porzione boschiva delle Prealpi Vicentine e minacciata dalle pratiche forestali” ma anche “il geotritone del Monte Albo, esclusivo della catena del Monte Albo nel nord-est della Sardegna, una specie vulnerabile minacciata soprattutto dalla degradazione del suo habitat ad opera dell’uomo” e ancora il “geotritone del Sarrabus, il più minacciato in Italia, che è in pericolo critico, è presente solo in Sardegna nella regione sud-orientale del Sarrabus, ed è esposto alle minacce della crisi climatica”.

    Biodiversità

    Clima, nel 2070 potremmo non vedere più la salamandrina: è in pericolo assieme al 33% degli anfibi

    di Cristina Nadotti

    18 Novembre 2021

    A questi si può aggiungere anche “la raganella sarda, un anfibio endemico della Sardegna, Corsica e Arcipelago Toscano che potrebbe risentire della carenza d’acqua nei siti riproduttivi e degli effetti negativi derivanti dall’uso eccessivo di prodotti fitosanitari agricoli”. Tra i motivi principali di minaccia per la vita e la varietà di queste specie ci sono gli impatti della crisi del clima, l’inquinamento ambientale, ma anche le catture accidentali. Catture che riguardano soprattutto quelle attività di pesca che, senza volerlo, finiscono per impattare anche sugli uccelli, già minacciati per esempio dal problema dell’inquinamento da plastica. Di conseguenza Legambiente chiede più protezione, per esempio attuando Direttive che l’Italia (come ci ricorda l’Ue) dovrebbe portare avanti ma continua ad ignorare. “Ci sono ritardi dell’Italia sia nell’istituire nuove aree protette e zone di tutela integrale al 2030 sia nel frenare le varie minacce a partire dal bycacth. L’Italia ad oggi ha fatto ben poco per fronteggiare il fenomeno, come conferma la lettera di messa in mora che la Commissione Europea ha aperto contro il nostro Paese per non aver attuato le misure previste dalle Direttive “Uccelli” (79/409/CEE), “Habitat” (92/43/CEE) e “Ambiente Marino” (MSFD-2008/56/CE), specialmente rispetto alla protezione degli uccelli marini sempre più minacciati dal bycatch e dall’inquinamento da plastica in mare”.

    Biodiversità

    Uccelli marini, la plastica minaccia ovunque la loro sopravvivenza

    di Anna Lisa Bonfranceschi

    04 Luglio 2023

    Se in Europa circa 200mila uccelli marini ogni anno muoiono per le catture accidentali delle reti, in italia queste catture si verificano soprattutto nello Stretto di Sicilia e nel Golfo di Trieste dove rimangono impigliate specie come la berta maggiore mediterranea, la berta minore, il gabbiano corso o il marangone dal ciuffo. Specie che, come altre, parallelamente sono minacciate anche dalla questione plastica. Per tenere alta la guardia su questi pericoli e per chiedere un cambio di rotta nella tutela della biodiversità, Legambiente farà dunque una serie di proposte anche durante il progetto “Natura Day. 30% di territorio protetto entro il 2030” che prevede diverse iniziative dal 22 al 26 maggio lungo la Penisola.

    Ecoturismo

    Dalla salvaguardia della natura ai progetti europei: i campi di volontariato per l’estate 2024

    di Fiammetta Cupellaro

    11 Maggio 2024

    “Frenare la perdita di biodiversità – spiega Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – è uno dei principali impegni da affrontare su scala globale a partire dal continente europeo. In particolare, nella prossima legislatura, l’Europa confermi gli obiettivi del green deal e della Strategia per la biodiversità. Non possiamo arretrare né in Europa, né in Italia. Serve una decisa inversione di tendenza politica e strumenti operativi e nuove norme capaci di accompagnare i territori verso la transizione ecologica e nel creare più aree protette”. LEGGI TUTTO

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    Nascono gli “orti di comunità” di Slow Food: come partecipare

    Non più solo il passatempo e la soddisfazione dei pensionati, impegnati a coltivare i pomodori più grandi e brillanti: oggi gli orti sono molto di più, perfino “qualcosa che ha dato un senso alla mia vita”. Questa frase l’ha pronunciata un paziente della comunità psichiatrica di Cussanio, in Piemonte, dove gli orti promossi da Slow Food sono andati ben oltre il semplice aspetto di un pezzo di terra da coltivare. A crescere, lì come altrove, sono l’inclusività, l’amore per la natura, la passione per il cibo genuino e soprattutto l’unione fra chi si sporca di terra le mani.

    La storia

    Gian Marco Mapelli, l’amico delle piante: “Il pollice verde? Un falso mito”

    di Pasquale Raicaldo

    09 Marzo 2024

    Anche per questo, partendo dall’esperienza di una trentina di orti in tutta Italia promossi negli ultimi due decenni, Slow Food ha deciso di lanciare il progetto Orti Slow Food di Comunità, una rete nazionale di “orti che rispettano la biodiversità e tutelano le risorse naturali”, una rete che possa unire le persone, a partire da quel concetto di “cibo sano” che è da sempre un obiettivo dell’associazione fondata da Carlo Petrini.

    (Slow Food Italia)  LEGGI TUTTO

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    La biodiversità nascosta tra i meleti della Val di Non

    Le coltivazioni specializzate sono ambienti con una loro naturalità e, se opportunamente gestite, possono contribuire a supportare la varietà naturale e la biodiversità di un territorio. È il messaggio lanciato in vista della Giornata mondiale della biodiversità dagli operatori del Progetto “Agricoltura, Paesaggio e Natura in dialogo: per una produzione orientata alla sostenibilità della frutticoltura della Val di Non”, un’iniziativa di ricerca pluriennale che coinvolge l’Associazione dei Produttori Ortofrutticoli Trentini (APOT), il Muse – Museo delle Scienze di Trento e l’Università degli Studi di Milano. L’obiettivo è ambizioso: approfondire la conoscenza delle sinergie naturali che si creano nelle zone di coltivazione e che interessano le piante, il suolo e la fauna generando un nuovo prezioso equilibrio. Le indicazioni che stanno emergendo sono utili per definire nel tempo ulteriori criteri per una produzione sempre più orientata alla sostenibilità.Un percorso in questa direzione, peraltro, è stato tracciato da tempo. Da anni, infatti, APOT e i diversi Consorzi locali, tra cui Melinda, hanno adottato un disciplinare di produzione integrata e hanno agito con il supporto tecnico-scientifico della Fondazione Edmund Mach per sperimentare nuove varietà e monitorare la filiera mettendo in campo pratiche agricole responsabili. Un impegno verso un territorio di grande rilevanza paesaggistica e caratterizzato dalla presenza di una coltura prevalente – quella della mela – e da una significativa varietà ambientale che comprende boschi misti, prati, forre e corsi d’acqua. È in questo contesto che il progetto di ricerca ha potuto svilupparsi con l’obiettivo di ampliare l’attenzione verso le comunità biologiche che vivono nei meleti e il ruolo di questi ultimi nella valle.

    A livello europeo, ricorda il Muse, si stima che circa il 50% delle specie e 63 diversi habitat dipendano dall’agricoltura. La coesistenza tra i diversi organismi viventi e le colture, in particolare, diventa decisiva per la fornitura di servizi ecosistemici fondamentali che interessano molti aspetti tra cui la fertilità del suolo, il ciclo dei nutrienti, l’impollinazione, la regolazione climatica e l’equilibrio idrico. Per questa ragione, gli stessi organismi viventi, animali o vegetali, possono essere studiati in veste di indicatori biologici, ovvero come parametri di valutazione della qualità ambientale di un ecosistema e dei cambiamenti in atto.È stato così che negli anni passati alcuni ricercatori hanno potuto condurre una valutazione a livello continentale evidenziando come tra il 1990 e il 2021 l’indice calcolato su 168 specie comuni avesse segnato in Europa un calo complessivo del 12%. Particolarmente allarmante il declino degli uccelli la cui presenza, negli ambienti agricoli, evidenziava un calo del 36%. Un dato che, pur con qualche differenza, spiegano i promotori del progetto, troverebbe sostanziale conferma anche in Italia. Ma cosa accade nella provincia di Trento, dove i campi agricoli coprono ben il 6% della superficie del territorio e le viti e i meli sono protagonisti? È presto per una valutazione definitiva, ma i dati fin qui emersi, notano i ricercatori, fanno sperare che sia possibile trovare alcuni metodi per conciliare produzione e biodiversità.”Nella nostra indagine, condotta in stretta collaborazione con l’Università Statale di Milano su 71 unità di campionamento distribuite nella Valle in differenti tipologie di frutteto gestiti dai soci di APOT in Val di Non, abbiamo rilevato una notevole ricchezza ornitica”, spiega Paolo Pedrini, conservatore responsabile dell’Ambito Biologia della Conservazione del Muse e coordinatore scientifico, con il professor Mattia Brambilla dell’Università Statale di Milano, del Progetto. “In totale sono stati contattati più di 10mila esemplari appartenenti a oltre 80 specie diverse. È la prova che anche i frutteti possono costituire un ambiente idoneo alla presenza di un elevato numero di specie diverse. Emblematico il caso dei turdidi (merlo e tordo bottaccio) e dei fringillidi, un tempo esclusivi degli ambienti forestali, e oggi risultati presenti con alte densità nei coltivi a melo della Valle”. 

    Il Progetto, che nel corso del 2023 si era concentrato anche sul monitoraggio degli insetti impollinatori, prosegue quest’anno con l’installazione nei frutteti di oltre 200 casette per favorire la presenza degli uccelli insettivori che nidificano in cavità (quali cince, torcicollo e codirossi). La sperimentazione, unita al controllo della riproduzione delle altre specie nidificanti nei meleti, permetterà la verifica di alcuni aspetti riproduttivi e porterà nuovi importanti elementi per la valutazione di altri elementi rilevanti nell’ecosistema. L’obiettivo finale resta la definizione di buone pratiche agricole capaci di garantire la tutela della biodiversità in uno scenario globale notoriamente problematico.”Gli effetti del cambiamento climatico sono sotto gli occhi di tutti e la tutela della biodiversità è solo una delle tante iniziative sulle quali il settore agricolo deve lavorare con impegno”, dichiara Ernesto Seppi, presidente di APOT “Da tempo i nostri soci adottano strategie di mitigazione che includono, ad esempio, la tutela di porzioni di territorio ad alto valore paesaggistico con ricadute positive sulla varietà delle specie animali presenti nei frutteti. I dati fin qui emersi nell’ambito del nostro progetto sono incoraggianti perché rafforzano l’idea che l’agricoltura sostenibile possa offrire un contributo significativo alla conservazione della ricchezza naturale integrandosi con l’ecosistema che la ospita”. LEGGI TUTTO