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L’Italia è ricca di biodiversità ma non la protegge abbastanza: il rapporto del National Biodiversity Future Center

A un anno dalla su nascita, il National Biodiversity Future Center (Nbfc) presenta il primo Rapporto Annuale sullo stato della Biodiversità in Italia. Lo fa a Palermo, città che ospiterà una delle due sedi fisiche dell’Nbfc (l’altra sarà a Venezia): per il resto il centro sarà un network costituito da oltre 2000 ricercatori distribuiti in università ed enti di ricerca italiani.

Ma qual è lo stato di salute della natura nel nostro Paese? Nonostante vanti una diversità biologica tra le più significative di tutta l’Europa, con 60.000 specie animali, 10.000 piante e oltre 130 ecosistemi (dati Ispra), solo il 17% dell’Italia è costituito da parchi e riserve che custodiscono la biodiversità, fanno notare i curatori del Rapporto. Le aree marine sono anche peggio: solo l’11 % del mare è protetto, sebbene il Mediterraneo, pur con la sua estensione relativamente ridotta, ospiti circa il 7% della biodiversità marina di tutti i mari e gli oceani del mondo. È un bene, sottolineano i ricercatori dell’Nbfc, che la protezione di tale di ricchezza sia ora sancita dalla Costituzione, grazie al riferimento al concetto di biodiversità inserito a seguito della modifica dell’articolo 9 risalente a febbraio 2022.

“Ma, aldilà dei numeri, il nostro Rapporto contiene un messaggio che definirei politico”, dice Massimo Labra, direttore scientifico del National Biodiversity Future Center. “Proprio per la sua ricchezza, l’Italia ha il dovere etico della conservazione. Una conservazione che oggi si può fare, perché abbiamo le tecnologie e la conoscenza scientifica adeguate. Vanno però trasferita da chi fa ricerca agli enti di intervento sul territorio, come Ispra e le Arpa”.

Labra cita decine di esempi pratici. “In questo primo anno, tra le altre cose, abbiamo generato un catalogo di quasi 90 nature based solutions. Soluzioni che si adattano al nostro Paese, all’Italia, al Mediterraneo. In Bicocca abbiamo trasformato una piazza di due ettari, che era tutta pavimentata, in uno spazio verde. La temperatura massima è scesa da 49 gradi a 31. Ci sono più insetti, piante che fioriscono, l’abbattimento delle polveri sottili e un maggior trattenimento dell’acqua piovana”.

Non a caso lo slogan scelto per la tre giorni palermitana è “la biodiversità è la soluzione”. “Per troppo tempo l’abbiamo considerata un problema, una emergenza”, continua Labra. “Vorremmo che si cambiasse punto di vista e che da oggi la si ritenesse una risorsa. Se io fossi in Namibia farei business con i diamanti di cui quel Paese è ricco. Se fossi in Kuwait farei business con il petrolio. Noi siamo ricchi di biodiversità: perché deve essere un problema e non una soluzione? L’Europa dice: conservare, monitorare, proteggere. Noi aggiungiamo: valorizzare. Ci sono per esempio case farmaceutiche che dopo aver utilizzato per decenni la chimica di laboratorio, ora vogliono puntare sulle molecole bioattive che si trovano in natura. O aziende energetiche che vogliono sapere come installare pannelli fotovoltaici senza compromettere la biodiversità di un territorio, ma anzi accrescendola. Noi siamo pronti a dare un contributo per trovare soluzioni”.

Il National Biodiversity Future Center è stato istituito nel 2023 e finanziato con 320 milioni di euro in tre anni dal Piano nazionale di ripresa e resilienza PNRR – Next Generation EU. “Non sono 320 milioni a fondo perduto, ma un investimento sulla ricerca scientifica italiana, i cui effetti si vedranno ben oltre il 2026”, ha detto nel suo intervento a Palermo Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr, ente che ha promosso la creazione del centro. L’Nbfc si è impegnato a formare una nuova generazione di ricercatori e ricercatrici: sono già oltre 600 i giovani neo reclutati che lavorano nel centro.

“Ma vogliamo anche coinvolgere un esercito di 100mila cittadini ‘biodiversi’ che collaborino con noi secondo i criteri della citizen science“, dice Labra. “Forniremo loro degli strumenti: dall’acceso ai nostri database alle app per il riconoscimento delle piante. Ci siamo accorti studiando i social network più popolari che la maggioranza delle persone non conosce i temi della biodiversità, non sa distinguere tra specie esotiche e autoctone. Tra i nostri compiti c’è anche quello di diffondere una cultura della biodiversità“.

Anche tra i politici. “Noi auspichiamo che l’Italia supporti la Restoration law europea: ci sono tante aree dismesse, dimenticate: il 10% delle are agricole da destinare alla biodiversità non è un problema. Semmai dovremo trovare soluzioni per una agricoltura più produttiva e sostenibile”. L’invito è a guardare al Mediterraneo: “Il Mare Nostrum non ci dà solo problemi, dalla sponda opposta arrivano anche soluzioni: piante che tollerano i cambiamenti climatici, una agricoltura che ha bisogno di meno fitofarmaci, una pesca più sostenibile. La scelta di Palermo come sede non è casuale. Però ci vuole il coraggio di cambiare e di cambiare insieme: Nbfc e Agritech, (il Centro nazionale per le tecnologie in agricoltura, anch’esso varato con il Pnrr, ndr) si stanno parlando. Ora facciamo in modo che anche gli agricoltori possano dire la loro”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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