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Finanza sostenibile: così l’Ispra prenderà per mano aziende e investitori italiani

Per aziende, banche e fondi di investimento, presentarsi come amici dell’ambiente è piuttosto semplice: tra marketing e vaghi bilanci di sostenibilità ci sono diversi modi per mettere in atto il greenwashing. Non è solo un inganno al consumatore – che è disposto persino a pagare di più per prodotti “green” –  ma anche una violazione di diversi regolamenti e direttive europee. Non sempre però c’è malafede: molte volte le imprese – e non solo le piccole – non sanno proprio dove mettere le mani. Perché quella ambientale è una materia complessa. Non è facile calcolare quanto si inquina, in che modo e, di conseguenza, cosa fare per ridurre l’impronta sul pianeta. Lo si può fare in moltissimi modi: cambiando i materiali per il packaging, sostituendo i propri mezzi a benzina con veicoli elettrici; ristrutturando siti già esistenti senza consumare altro suolo, raccogliendo l’acqua piovana per riutilizzarla nel ciclo produttivo. Ma per misurare il cambiamento bisogna calcolare l’impatto ambientale prima e dopo l’intervento di mitigazione. E bisogna che tutti utilizzino le stesse metriche.

A queste imprese sta per arrivare il soccorso dell’Ispra, l’istituto pubblico per la protezione ambientale sta infatti per presentare un documento tecnico che spiegherà, nel dettaglio, cosa fare per redigere un bilancio Esg (ambiente, società e governance) corretto, credibile e verificabile.

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“Ci siamo resi conto che serviva una guida. Erano le stesse aziende, banche e operatori finanziari a chiedere aiuto” spiega Maria Siclari, direttrice generale dell’Ispra. Una difficoltà molto comune, spiega Siclari, è ad esempio quella di trovare le informazioni ambientali. “Ci sono banche dati, come quella relativa al rischio idrogeologico, o per capire se il proprio sito produttivo ricade in un’area a elevata biodiversità, che sono pubbliche. Ma molti non lo sanno: noi forniremo un accesso semplice a queste informazioni, aiutando le imprese a integrarle nei loro bilanci”.

La normativa europea in materia ambientale è ambiziosa, spiega Siclari, ma non facile da applicare. E non sorprende che negli ultimi anni siano nate “diverse realtà private per supportare le aziende. Ma lo fanno utilizzando quali dati? E secondo quale metodo?” si chiede la direttrice generale Ispra. Il risultato è una giungla di bilanci Esg non verificabili – come invece chiede l’Europa -, scientificamente discutibili e non comparabili.

E proprio quello del confronto è un tema che dovrebbe stare particolarmente a cuore alle aziende: “Se il metodo è comune, un’azienda può comparare più facilmente le proprie prestazioni ambientali con una concorrente. Si tratta di un’opportunità per raccontarsi meglio al pubblico” continua Siclari. Oggi, insomma, è come se le imprese giocassero in mille campionati diversi: ma se tutti rispettano le stesse regole, la competizione diventa reale e il più bravo a tutelare l’ambiente può trarne vantaggio in termini di immagine.

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L’alternativa è il greenwashing. Un fenomeno molto esteso e particolarmente pericoloso, perché un’informazione falsa può spingere una banca o un fondo a investire centinaia di milioni di euro nella convinzione di farlo per il bene dell’ambiente. “Allo stesso modo anche banche e investitori devono dimostrare di aver finanziato asset e progetti mirati a ridurre le emissioni, decarbonizzare e raggiungere la neutralità climatica” spiega Maria Siclari. Questo non impedisce che, ancora oggi, vengano finanziate nuove estrazioni di gas e idrocarburi da colossi del credito e dell’energia (anche italiani). Il compito delle autorità di vigilanza (nel nostro Paese, Consob e Banca d’Italia) è quello di verificare che le rendicontazioni ambientali raccontino tutta la verità, senza omettere le parti più scomode. Ma anche per questo, i bilanci devono basarsi su fonti certe.

Di certo l’Ispra combatte da anni contro il greenwashing, ad esempio segnalando le aziende che usano, senza averne diritto, il marchio Ecolabel, che distingue i prodotti realizzati con il minimo impatto possibile sull’ambiente. Spesso c’è chi continua a utilizzarli nonostante la licenza sia scaduta da anni.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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