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    Terraforma Exo, a Milano l’ecologia sonora partecipativa tra musica e performance

    Il 28 e 29 giugno torna a Milano Terraforma Exo, evento dedicato a ripensare il rapporto tra essere umano e ambiente. Parco Sempione si trasformerà in un ecosistema attivo e mutevole, in cui l’interazione tra corpo, spazio e suono diventa chiave di lettura per decifrare la complessità del presente e concepire nuove forme di coesistenza. […] LEGGI TUTTO

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    Rane e salamandre a rischio sopravvivenza con ondate di calore e siccità

    Il futuro per gli anfibi non promette nulla di buono, tutt’altro: lo dicono le previsioni da un lato e i fatti dall’altro. Per le prime: sappiamo che gli eventi estremi sono sempre più intensi e destinati ad aumentare. Al tempo stesso, afferma oggi uno studio sulle pagine di Conservation Biology, gli eventi estremi già avvenuti in passato hanno segnato, in peggio, la salute degli anfibi. Non può essere solo un’associazione, quanto osservato e ribadito dai ricercatori della Goethe University di Francoforte, che parlano chiaramente di un aumento situazioni sempre più critiche per la sopravvivenza di diverse specie all’indomani di ondate di siccità o calore eccessive. E’ ragionevole credere che ci sia infatti una relazione di tipo causale, spiegano gli esperti. Perché? Presto detto, con le parole di Evan Twomey dalla Goethe University, primo autore dello studio: “La dipendenza degli anfibi dalle zone umide temporanee per la riproduzione li rende particolarmente vulnerabili alla siccità e agli sbalzi di temperatura che causano la prematura essiccazione delle loro aree di riproduzione”. Twomey e colleghi si sono occupati di indagare meglio proprio le relazioni tra questi eventi estremi e lo stato di conservazione degli anfibi. Se infatti è noto che la crisi climatica mette a rischio la sopravvivenza di questa classe di animali (e non solo), meno è noto che impatto hanno avuto e potrebbero avere gli estremi di temperatura e siccità, che pure sono una declinazione dei cambiamenti climatici, scrivono gli autori.

    I temi

    Valeria Barbi: “Un milione di specie a rischio estinzione e ci stiamo abituando”

    di Pasquale Raicaldo

    02 Giugno 2025

    Per questo gli scienziati hanno passato in rassegna la storia degli eventi climatici estremi degli ultimi 40 anni e l’hanno quindi confrontata con lo stato di conservazione di 7200 specie di anfibi. La domanda era: quando il tempo è impazzito, cosa è successo agli anfibi che vivevano nelle aree interessate da questi estremi? Per le loro analisi, si legge nello studio, i ricercatori hanno considerato come esposte ad eventi estremi le specie che avevano almeno metà delle loro aree battute soggette a caldo, freddo o siccità da record. I risultati hanno mostrato diversi aspetti della questione. Punto primo: le diverse specie di anfibi subiscono un’esposizione diversa a differenti eventi estremi, in virtù della loro distribuzione, in luoghi più o meno interessati da questi fenomeni. Qualche esempio? Le rane sono state più esposte ad ondate di calore, soprattutto perché si concentrano in aree più colpite, come l’Amazzonia e il Madagascar, mentre le salamandre lo sono meno, perché più concentrate in aree meno colpite da questi estremi, come il Centroamerica (dove però pagano di più il peso della siccità, come in Europa e nel sud della Cina). Sempre le rane, ma insieme ai cecilidi (quegli anfibi che assomigliano a dei serpenti) sono gli anfibi più colpiti dagli eventi di siccità. Le rane, di nuovo, sono anche quelle più esposte alle ondate di freddo, specialmente nel Sudamerica.

    Secondo aspetto emerso dallo studio: poco meno del 10% delle specie sono esposte a due o più tipologie di eventi estremi, soprattutto siccità e oscillazioni di temperatura. Infine, uno dei dati più preoccupanti è l’osservazione che all’aumentare dell’esposizione agli eventi estremi per siccità e temperatura è peggiorata la classificazione sul loro stato di conservazione per il periodo tra il 2004 e il 2022, quando verosimilmente hanno cominciato a sentire di più gli effetti dei cambiamenti climatici, spiegano gli autori. E non ci sono solo questi a pesare sul futuro degli anfibi. La conclusione degli esperti è che per combattere almeno questi, possano essere messe in campo strategie come la creazione di piccolo stagni, di zone protette e lo sviluppo di rifugi umidi, non necessariamente acquosi. La speranza è che possano aiutare questa già provata classe di vertebrati ad affrontare il prossimo futuro. LEGGI TUTTO

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    Energia solare anche al buio, la startup che sfida l’oscurità

    Sfruttare la luce del Sole per produrre energia quando è buio, è la soluzione proposta dalla startup di Santa Monica (in California) Reflect Orbital, che utilizza una costellazione di satelliti dotati di specchi riflettenti, capaci di intercettare la luce solare nello spazio e reindirizzarla verso la Terra anche durante la notte. In questo modo, i parchi solari esistenti potrebbero continuare a produrre energia anche dopo il tramonto, prolungando le ore operative e migliorando l’efficienza complessiva degli impianti fotovoltaici.
    Un’idea semplice ma potente
    Orientare grandi specchi installati su satelliti in orbita per riflettere la luce solare su aree specifiche del pianeta. “Stiamo sviluppando una costellazione di satelliti rivoluzionari per vendere la luce del Sole a migliaia di parchi solari dopo il tramonto. Pensiamo che la luce solare sia il nuovo petrolio e che lo spazio sia pronto a supportare le infrastrutture energetiche”, ha dichiarato il fondatore e amministratore delegato di Reflect Orbital Ben Nowack.
    La sua costellazione di riflettori spaziali posizionati a 595 chilometri d’altitudine sarà in grado di reindirizzare la luce solare esattamente quando e dove serve. Il primo modello di satellite fotoriflettente sarà lanciato in orbita nella primavera del 2026.

    Le aziende

    Ricerca e competenza per le rinnovabili

    di Luigi dell’Olio

    06 Giugno 2025

    Specchi orbitali: come funzionano
    “La luce del Sole contiene 24 trilioni di volte più energia di quanta ne consumi oggi l’umanità. È una fonte inesauribile di energia. La nostra azienda cattura l’energia solare e la riporta sulla Terra, utilizzando degli specchi orbitali nello spazio”. L’obiettivo della startup californiana è proprio quello di garantire una fornitura continua di luce ai grandi impianti dei tradizionali pannelli solari, che continuerebbero a generare energia pulita senza necessità di modifiche strutturali.
    La costellazione a regime potrà contare su 57 satelliti in orbita eliosincrona, così che sorvolino lo stesso punto della superficie terrestre sempre alla stessa ora solare locale, effettuando due passaggi ogni giorno. Tale costellazione sarà in grado di fornire 30 minuti in più di sole alle centrali terrestri, secondo quanto previsto dal fondatore Nowack.Ciascun satellite pesa 16 chilogrammi ed integra specchi in mylar (materiale plastico utilizzato nelle coperte spaziali) di dimensione 10 metri per 10 metri che vengono dispiegati quando i satelliti raggiungono l’orbita. Gli specchi concentrano la luce in un fascio luminoso ristretto che può essere orientato secondo le necessità: il suo funzionamento è semplice, basta infatti che l’operatore si colleghi alla piattaforma ed indichi le coordinate GPS dell’area che vuole illuminare. Tra l’altro questo sistema non genererebbe alcun tipo di inquinamento luminoso, a detta dall’azienda.

    Le aziende

    L’energia fotovoltaica nella cava dismessa

    di Jessica Muller Castagliuolo

    06 Giugno 2025

    Quali benefici
    Se implementata con successo, questa tecnologia innovativa potrebbe portare numerosi benefici: continuità energetica: produzione solare estesa alle ore notturne, riducendo la dipendenza da fonti fossili; riduzione dei costi energetici: una fornitura più costante aiuterebbe a stabilizzare i prezzi, a vantaggio di consumatori e industrie; massima resa degli impianti esistenti: sfruttare al massimo i parchi solari già installati, senza espandere la superficie occupata.
    Lo scorso maggio la startup californiana ha chiuso un raccolto un finanziamento da 20 milioni di dollari con l’obiettivo di accelerare lo sviluppo della sua costellazione satellitare. L’aumento di capitale sarà utilizzato per sostenere la crescita del team, l’espansione delle operazioni e le prime missioni spaziali dell’azienda. Ad oggi sono già 260 mila le richieste da parte di clienti in 157 Paesi per ricevere luce solare riflessa dai satelliti. L’obiettivo è di fornire illuminazione on-demand per operazioni remote, difesa, infrastrutture civili e produzione di energia. LEGGI TUTTO

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    Transizione energetica inclusiva: in arrivo il Piano Sociale per il Clima

    In dirittura d’arrivo il Piano Sociale per il Clima. Il Piano, che sarà inviato alla Commissione europea entro il 30 giugno si inserisce nel quadro del Regolamento (UE) 2023/955, che ha istituito il Fondo Sociale per il Clima, destinato ad accompagnare i cittadini più vulnerabili nella transizione energetica e attutire l’impatto del nuovo sistema europeo di scambio delle emissioni.

    Previsti interventi di riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica e contributi fino al 100% per gli interventi di riqualificazione energetica da parte dei nuclei familiari con Isee fino ai 20.000 euro. Il Piano sarà operativo dal 1° gennaio 2026 come richiesto dall’Unione europea che prevede la riduzione del 30% delle emissioni entro il 2032.

    Fisco verde

    Fotovoltaico, al via i nuovi incentivi per l’autoconsumo e i sistemi di accumulo

    di Antonella Donati

    03 Giugno 2025

    Interventi per famiglie vulnerabili e microimprese
    Il Piano nasce per rispondere all’introduzione all’introduzione dell’Ets 2, un sistema di scambio di quote di emissione esteso dal 2027 agli edifici e al trasporto su strada in Europa. Il Fondo Sociale per il Clima finanzia interventi per sostenere questa transizione. In questo ambito ciascuno Stato con il proprio Piano nazionale deve identificare strutture di supporto per: famiglie vulnerabili in condizioni di povertà energetica, fasce con Isee limitato nelle aree rurali o urbane in transizione, microimprese ad alta intensità energetica. Le risorse saranno distribuite nel periodo 2026?2032, in funzione del costo sociale stimato dell’applicazione dell’Ets 2 su scala nazionale.

    Fisco verde

    Bonus climatizzatori, come funziona l’agevolazione per impianti fissi o portatili

    di Antonella Donati

    28 Maggio 2025

    Contributi a fondo perduto e Reddito energetico
    Il Piano prevede innanzitutto interventi per l’efficientamento edilizia pubblica (Erp), riqualificando interi edifici tramite isolamento, infissi, domotica, fotovoltaico. I progetti saranno realizzati dalle progetti dalle ESCo, Energy Service Company, che otterranno i finanziamenti in maniera diretta, ma avranno l’obbligo di migliorare di almeno il 30% la classe energetica dell’edificio. Per quanto riguarda invece l’edilizia privata sono previsti contributi al 100% per il miglioramento energetico di immobili di proprietà di nuclei familiari con un Isee fino a 20.000? euro. L’accesso avverrà tramite sportello permanente con graduatorie annuali. Anche il Reddito energetico sarà rifinanziato nell’ambito del piano, per il sostegno all’installazione di impianti fotovoltaici (2–6 kW) con accumulo e pompa di calore, destinati a famiglie con Isee fino a 15.000 euro, o al 30.000 in caso di nuclei con almeno quattro figli.

    Fisco verde

    Fotovoltaico, al via i nuovi incentivi per l’autoconsumo e i sistemi di accumulo

    di Antonella Donati

    03 Giugno 2025

    Microimprese e autoconsumo
    Analoghi incentivi sono destinati anche alle per microimprese vulnerabili, vale a dire per le imprese con meno di 10 dipendenti che risentono in modo significativo dell’impatto sui prezzi dovuto all’inclusione delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dagli edifici o dal trasporto su strada nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87/CE e che, ai fini della loro attività, non hanno i mezzi per ristrutturare l’edificio che occupano o per acquistare veicoli a zero e a basse emissioni o per passare a modi di trasporto alternativi sostenibili, compresi i trasporti pubblici. Anche per queste imprese è prevista la copertura al 100% di una gamma di misure di efficientamento, selezione delle imprese in base al rapporto tra costi energetici e fatturato, graduatorie e priorità per immobili in classi energetiche peggiori (F?G).

    Fisco Verde

    Reddito energetico 2025: come funziona e limiti di accesso

    Antonella Donati

    06 Maggio 2025

    Sportelli per tutte le pratiche
    Per rendere più facile l’accesso ai contributi arriveranno i Tutor per l’energia domestica (Ted), ossia sportelli per consulenza gratuita a famiglie e microimprese vulnerabili. Sarà possibile ottenere un servizio di consulenza gratuito su comportamento energetico, accesso ad incentivi, contratti di fornitura, pratiche ESCo. Dovrà essere attivato almeno uno sportello per provincia. LEGGI TUTTO

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    Il paradiso protetto, nella Polinesia Francese la più grande area marina protetta al mondo

    Il paradiso protetto. Durante la Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani (UNOC-3) in corso a Nizza è arrivata una bella notizia: la Polinesia Francese ha annunciato la creazione della più grande Area marina protetta al mondo. Sappiamo bene quanto fra inquinamento, sovrapesca, acidificazione, innalzamento delle temperature, perdita di biodiversità e diminuzione delle specie i mari del mondo siano oggi sottoposti a costante pressione. Per questo la scelta di ampliare le aree protette, dove limitare le azioni antropiche, è un’iniziativa che include un messaggio di speranza per il futuro. Un messaggio che la Polinesia Francese ha deciso di inviare al mondo. L’estensione dell’Area marina protetta coprirà infatti tutta la Zona economica esclusiva (ZEE) del Paese: verranno tutelati circa 5 milioni di chilometri quadrati di mare con limitazioni per esempio alla pesca a strascico e attenzioni particolari alla protezione degli ecosistemi. Saranno anche imposti limiti a qualsiasi pratica estrattiva e mineraria, tema molto discusso a Nizza vista l’intenzione di Donald Trump – nonostante gli Usa non siano presenti alla Conferenza – di voler sfruttare anche le risorse degli abissi.

    La Polinesia, luogo di meravigliosi coralli che come ovunque sono in forte difficoltà (il 50% di quelli di tutto il mondo è già gravemente impattato), ospita una biodiversità unica fra cetacei e specie marine: le sue acque sono l’habitat di 21 specie di squali, di uno straordinario sistema di barriera corallina con 176 specie di coralli e 1.024 specie di pesci. Per questo si è deciso, di 5 milioni di AMP, di conservarne 1 milione come aree quasi completamente protette, di classe 1 e 2, dove in pratica è consentita solo una pesca tradizionale e sostenibile, oppure dove si potranno tenere attività di ecoturismo o di ricerca. Nel 2026 poi il governo si è poi impegnato ad aggiungere altri 500mila chilometri quadrati all’area. “Abbiamo gestito questa ZEE con saggezza per secoli, utilizzando le tecniche tramandate dalle generazioni precedenti a noi e dai nostri antenati, ma ora volevamo fare un passo coraggioso in avanti per essere in linea con gli standard internazionali dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, ndr)” ha detto il presidente della Polinesia francese, Moetai Brotherson. “Si tratta di un risultato straordinario e di un contributo di rilevanza mondiale alla protezione del nostro Oceano” ha dichiarato Grethel Aguilar, direttore Generale dell’IUCN, aggiungendo che “dando priorità alla biodiversità, alle conoscenze tradizionali e alle generazioni future, la Polinesia Francese ha stabilito un nuovo standard di leadership nella conservazione marina. Questi impegni dimostrano che i piccoli territori insulari possono avere un impatto enorme sulla sostenibilità globale”. Impegni che, tra l’altro, arrivano proprio da luoghi meno responsabili delle emissioni climalteranti ma altamente impattati dalle conseguenze della crisi climatica innescata dall’uomo: anche i territori polinesiani infatti soffrono per l’innalzamento dei livelli del mare dovuto dal surriscaldamento degli oceani.

    A Nizza l’estremo tentativo per salvare gli oceani: “Sempre più caldi, acidi e inquinati”

    09 Giugno 2025

    Ora si tratterà di capire se altri Paesi seguiranno l’esempio, nel tentativo di centrare l’obiettivo – stabilito dal High Ambition Coalition for Nature and People – di proteggere il 30% degli oceani entro il 2030, un traguardo che appare lontano se si pensa che oggi solo l’8.3% dei mari è realmente tutelato da Aree marine protette. La prossima che potrebbe seguire la Polinesia è Samoa che ha annunciato di voler tutelare il 30% delle sue acque nazionali. Inoltre sempre la Polinesia Francese ha spiegato, per permettere alla pesca e l’economia di prosperare, che creerà delle zone di pesca artigianali per un totale di 186mila chilometri quadrati attorno alle Isole Australi, Marchesi e Gambier. Qui si potrà pescare solo con lenza e su barche inferiori a 12 metri, mentre la pesca industriale sarà severamente vietata. Per il presidente francese Emmanuel Macron si tratta di una “decisione storica che segna una svolta nella protezione dell’Oceano Pacifico. Forniremo alla Polinesia i mezzi per monitorare queste aree” e ha aggiunto che al termine della Conferenza di Nizza spera di arrivare, fra accordi e annunci, a una protezione del 12% degli oceani rispetto agli otto attuali. Nel frattempo i Paesi che hanno ratificato il Trattato sull’alto mare sono quasi 50, numero che si avvicina alla soglia necessaria di 60 per poter far entrare in vigore a breve i termini dell’accordo (che è giuridicamente vincolante e riguarda le acque internazionali), un accordo che rientra nel famoso impegno 30×30, ovvero proteggere il 30% di terre e mari entro il 2030. In attesa di nuove adesioni nella Conferenza di Nizza che terminerà venerdì si susseguono poi anche gli annunci di iniziative di gruppi privati impegnati nella protezione dell’oceano. Dall’Italia, il Gruppo Prada e Unesco per esempio hanno lanciato un nuovo fondo per la conservazione chiamato “Sea Beyond Multi-Partner Trust Fund for Connecting People and Ocean” con un contributo iniziale di Prada di 2 milioni di euro e che ha lo scopo proprio di mobilitare risorse, dei privati, per aiutare la difesa dei mari. LEGGI TUTTO

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    Burro dall’aria senza sacrificare il gusto: ci pensa una startup (su cui ha puntato Bill Gates)

    “Alla base del gusto eccezionale del nostro burro c’è un processo scientifico in grado di dare vita ad una nuova Era Alimentare. Creando grassi senza coltivazioni animali o vegetali, possiamo ridurre drasticamente il consumo di suolo, di acqua e l’uso dii fertilizzanti necessari per la produzione agricola di grassi, che attualmente rappresenta il 7% delle emissioni di gas serra del pianeta. Paragonabili alle emissioni di tutte le auto in circolazione. È un obiettivo enorme, ma utilizzando ingredienti che non richiedono compromessi in termini di gusto o prestazioni, crediamo che sia alla nostra portata. Questa è la strada giusta per dare il nostro contributo: adesso, perché siamo dinanzi alla più grande crisi climatica mai verificatasi prima d’ora”.

    A parlare è Kathleen Alexander, co-fondatrice e CEO di Savor, startup climate tech nata a San Jose (in California) nel 2022, che da qualche giorno ha annunciato il lancio commerciale del ‘burro senza burro’ un prodotto rivoluzionario, realizzato in laboratorio a partire da anidride carbonica e idrogeno, senza l’utilizzo di grassi animali o vegetali, offrendo un’alternativa sostenibile al burro tradizionale. Si tratta di una startup alimentare pionieristica che crea grassi puri, versatili e sostenibili direttamente dal carbonio, senza bisogno di agricoltura convenzionale.

    A credere nel progetto Breakthrough Energy Ventures – il fondo di Bill Gates che scommette su giovani aziende tech che combattono il cambiamento climatico – che ha investito circa 33 milioni di dollari insieme a Synthesis Capital. I fondi sono serviti per far partire il primo stabilimento produttivo a Batavia (in Illinois) da 2300 metri quadrati. “Crediamo in un futuro in cui possiamo usare meno per creare di più. Un futuro in cui possiamo creare e proteggere l’abbondanza nel mondo naturale. Per arrivarci, dobbiamo ampliare le nostre fonti e i mezzi di produzione alimentare. In Savor, questa è la nostra missione e abbiamo trovato un modo per produrre grassi e oli, un macronutriente vitale, utilizzando alcuni dei processi chimici organici più antichi ed efficienti della Terra”, spiegano dall’azienda.

    (foto: Savor.it)  LEGGI TUTTO

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    Come migliorare la qualità dell’aria in casa con le piante

    Nelle case le piante rappresentano elementi di arredo che rendono gli ambienti colorati e ricercati. Oltre a fare la differenza dal punto di vista estetico, molte varietà sono estremamente utili per la salubrità degli spazi, visto che migliorano la qualità dell’aria producendo ossigeno, contrastando gli agenti inquinanti che si insinuano tra le mura domestiche e regolando i livelli di umidità. Ci sono alcune piante da appartamento che si prestano particolarmente a purificare l’aria, eliminando l’inquinamento domestico, diventando quindi immancabili nelle nostre stanze.

    Come purificare l’aria in casa con le piante
    Nella cura della casa, tra i tanti aspetti da tenere in considerazione, spicca anche la qualità dell’aria, che purtroppo non sempre è ottimale. Infatti, l’inquinamento casalingo è un problema diffuso, frutto della concausa di diversi fattori. La salubrità del microclima domestico viene minata per esempio da agenti chimici rilasciati da mobili, vernici, plastiche e prodotti per la pulizia e da acari, muffe, batteri, parassiti, funghi e fumo di sigaretta. A tutto questo si aggiungono anche inquinamento acustico, smog cittadino, temperature molto alte oppure troppo basse, umidità elevata e ridotto ricambio d’aria.

    Vivere in ambienti in cui la qualità dell’aria è scarsa incide negativamente sulla nostra salute, portando a criticità come stanchezza, fastidi alla testa, allergie e problematiche respiratorie. Le piante da appartamento, capaci di assorbire gli agenti nocivi e di mantenere i giusti livelli di umidità, possono in parte aiutare a migliorare la qualità dell’aria in casa.

    Questo avviene grazie alla fotosintesi clorofilliana, attraverso cui le piante assorbono l’anidride carbonica e rilasciano l’ossigeno nell’aria, al loro processo di traspirazione, attraverso le loro foglie che liberano vapore acqueo, mantenendo i gusti livelli di umidità, e alla loro capacità di filtrare contaminanti chimici.

    Dall’aloe vera alla sansevieria
    Tra le varie tipologie di piante che assolvono alla perfezione il compito di migliorare la qualità dell’aria spicca l’aloe vera, splendida pianta succulenta appartenente alla famiglia delle Asphodelaceae. Nota per la sua bellezza e le sue proprietà curative, questa pianta si distingue anche per la sua capacità di purificare l’aria, in particolare assorbendo agenti inquinanti, come ad esempio la formaldeide. Inoltre, rilascia costantemente ossigeno, rendendo gli ambienti più salubri, rappresentando quindi una scelta ottimale per contrastare l’inquinamento indoor. Questa meravigliosa pianta conta anche su una manutenzione molto semplice, non richiedendo grandi cure, avendo bisogno di poca acqua, ma molta luce.

    Altra pianta consigliata è la sansevieria, che incanta con il suo aspetto esotico e la sua capacità di purificare l’aria delle case. Proveniente dal Madagascar e appartenente alla famiglia delle Asparagaceae, questa meravigliosa pianta tropicale succulenta genera ossigeno nel corso della notte, ripulendo le stanze dalle sostanze inquinanti: in particolare, permette di evitare problematiche come la gola secca, essendo molto efficace in camera da letto. Chiamata anche lingua di suocera, è ideale per contrastare la formaldeide, sostanza che si trova spesso nei detersivi, e l’elettrosmog, proveniente dagli elettrodomestici. Semplice da coltivare, la sansevieria è estremamente resistente, adattandosi a temperature differenti e sopportando la siccità. Questa pianta necessita di poche cure: non richiede molta luce, sopravvivendo anche nell’ombra, e si accontenta di irrigazioni sporadiche.

    Altre piante facili da coltivare in casa
    Un’inquilina verde da non farsi mancare negli ambienti domestici è la dracena, tra le migliori per purificare l’aria. Appartenente alla famiglia delle Asparagaceae, è nota per il suo aspetto unico, che ricorda quello di una palma, donando un tocco esotico ovunque si trovi. Inoltre, si distingue per la sua capacità costante di assorbire anidride carbonica e produrre ossigeno, aspetto che le consente di essere un ottimo strumento per migliorare la salubrità dell’aria. La dracena riduce i livelli di inquinamento indoor ed elimina sostanze come tricloroetilene, formaldeide e xilene, oltre a contrastare il fumo di sigaretta, essendo ideale nelle case abitate da fumatori. Da porre in un luogo luminoso e umido, nella sua cura è necessario prestare attenzione alle irrigazioni, dovendo darle da bere con regolarità, ma evitando eccessi idrici, visto che le sue radici tendono a marcire facilmente.

    Tra le piante più affascinanti con cui contrastare l’aria impura spicca il pothos, appartenente alla famiglia delle Araceae. Splendida rampicante, proveniente dalle isole Salomone, arreda gli ambienti con le sue grandi foglie verdi brillanti e, oltre che scenografica, è anche nota per le sue capacità di purificare l’aria, eliminando agenti inquinanti e tossine, come formaldeide, carbonio e benzene. Altro punto di forza del pothos è la sua coltivazione semplice, tanto da essere adatto anche a coloro che sono alle prime armi con il giardinaggio. Molto resistente, cresce nelle condizioni più estreme, perfino in ambienti bui e secchi: gli unici accorgimenti da mettere in atto nella sua cura sono evitare le irrigazioni eccessive, in quanto la pianta è soggetta al marciume radicale, e le temperature troppo fredde, che mal tollera.

    Poi c’è l’edera, pianta rampicante tra le più amate e diffuse, che decora non solo balconi e muri, ma anche interni. Appartenente alla famiglia delle Araliaceae, questa pianta sempreverde cattura sostanze inquinanti, come benzene e tricloroetilene, e agenti pericolosi, tra cui ad esempio la formaldeide, responsabili di allergie e problematiche a livello respiratorio. Oltre a contrastare gli inquinanti indoor, l’edera ha il pregio di essere piuttosto semplice da coltivare, adattandosi a diverse temperature, seppur la si debba proteggere dalle gelate. La pianta si sviluppa anche all’ombra ed è necessario irrigarla in modo da mantenere il terriccio umido, ma mai eccessivamente bagnato.

    Il ficus è ideale anche come arredo. Questa pianta, che appartiene alla famiglia delle Moraceae, dona un tocco esotico agli spazi domestici, aiuta a eliminare al contempo agenti inquinanti, tossine e fumo di sigaretta. Tra le diverse varietà, una estremamente capace di purificare l’aria è il ficus benjamin, con cui contrastare facilmente sostanze chimiche come benzene, formaldeide, ammoniaca, colle e pesticidi. Elegante e longeva, questa pianta è semplice da coltivare, richiedendo un luogo luminoso, un terreno drenato, temperature medio alte e irrigazioni moderate, evitando di esagerare con l’acqua, visto che non tollera i ristagni idrici.

    Tra le piante d’appartamento antismog spicca anche l’anturio, noto per le sue splendide foglie a forma di cuore, spesso rosse scure, capaci di assorbire agenti tossici, in particolare sostanze come toluene, xilene e formaldeide. Appartenente alla famiglia delle Araceae e originaria dell’America centrale e del sud, questa pianta tropicale sempreverde ripulisce l’aria di casa e decora gli ambienti grazie al suo aspetto esotico. Per farla risplendere è necessario evitare l’esposizione alla luce solare diretta e proteggerla dalle correnti d’aria. La pianta va irrigata spesso, ma con poca acqua, mantenendo l’ambiente sempre umido, evitando però i ristagni idrici. LEGGI TUTTO

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    Quando e come potare la forsizia

    Quando non si ha il pollice verde, o quando non si ha troppo tempo da dedicare alle piante della propria casa, la Forsizia è perfetta. Coltivarla nel proprio giardino è la scelta più giusta che si possa fare: il motivo? Richiede davvero pochissime attenzioni ed è semplice da gestire. Infatti, una volta individuata la posizione in cui piantarla, l’esposizione adeguata e dopo averle fornito terreno fertile e ben drenato, basterà seguire poche e semplici regole di “manutenzione”. Tra queste, ovviamente, compare la potatura, essenziale per ottenere una fioritura della pianta rigogliosa e in salute.

    In quale mese si pota la forsizia?
    La scelta del periodo giusto per la potatura è cruciale per assicurare una fioritura abbondante. La forsizia fiorisce sui rami prodotti nella stagione vegetativa precedente; pertanto, la potatura dovrebbe avvenire subito dopo la fioritura, generalmente tra aprile e giugno, a seconda della zona climatica. È molto importante evitare la potatura della pianta in autunno o in inverno, poiché potrebbe comprometterne la fioritura dell’anno successivo.

    Eseguire una corretta potatura non solo mantiene l’estetica della pianta, ma ne favorisce anche la salute e la fioritura folta. Come si pota la forsizia? Di seguito qualche dritta utile per non cadere in errori banali:
    Rimozione dei rami vecchi e danneggiati: eliminare tutto ciò che è secco, malato e/o danneggiato alla base stimola la crescita di nuovi germogli;
    Accorciamento dei rami fioriti: dopo la fioritura, i rami che hanno prodotto fiori dovrebbero essere accorciati di circa un terzo della loro lunghezza. Questo favorisce la produzione di nuovi germogli che fioriranno l’anno successivo;
    Sfoltimento della chioma: la rimozione dei rami che si incrociano o che crescono verso l’interno della forsizia garantisce una buona circolazione dell’aria e l’accesso alla luce solare.

    Se la forsizia non viene potata regolarmente seguendo queste precise modalità, si rischia di assistere a un precoce invecchiamento dell’arbusto con il rischio di doversi impegnare con molta più fatica a produrre nuovi piccoli rametti fioriti. Inoltre, e non è poco, dimenticarsi di potare la forsizia significa contribuire al suo totale allargamento, che contribuirà a uno svuotamento del centro e tutti i rami più esterni, toccando il terreno, attecchiranno di nuovo dando vita ad altre piante. Il risultato? Una forsizia sempre più ampia, sempre più disordinata e poco curata.

    Come coltivare la forsizia
    Con i suoi caratteristici fiori gialli, la forsizia è molto semplice da coltivare. Perfetta per i principianti e per chi non ha uno spiccato pollice verde, questa pianta richiede davvero poche attenzioni, oltre alla potatura si intende. Intanto, essa predilige le esposizioni in pieno sole e sopporta piuttosto bene anche le posizioni in mezz’ombra. Attenzione però all’ombra, che non ama: sebbene riesca a crescere anche in condizioni ombrose, il risultato non sarà lo stesso di quando cresce alla luce. Per quanto riguarda gli agenti atmosferici, possiamo dire che la forsizia tollera abbastanza bene il vento, motivo per il quale resiste anche a posizioni esposte, purché non si tratti di manifestazioni particolarmente intense.

    Irrigazione e terreno
    Sull’irrigazione poche e semplici dritte: è richiesta la regolarità, non troppa frequenza ma una quantità abbondante di acqua. Questo consentirà alla pianta di crescere il più rigogliosa possibile. Per quanto concerne invece il terreno e il substrato di coltivazione, la forsizia ha bisogno di poche attenzioni. Si consiglia sempre di farle avere un terreno fertile dotato di un ottimo drenaggio.

    Coltivare la forsizia in vaso
    In caso di coltivazione in vaso, sarebbe utile scegliere un terriccio universale e porre sul fondo uno strato di almeno 1 cm di materiale drenante, quindi argilla espansa o ghiaia. Il vaso deve essere obbligatoriamente di almeno 40-50 cm di diametro, in modo tale che tutte le radici della pianta riescano a crescere e a svilupparsi senza difficoltà. Per questa stessa ragione e siccome il suo apparato radicale si espanderà notevolmente, è consigliabile rinvasare la forsizia ogni anno, ricordandosi che il nuovo terriccio dovrà sempre essere ricco di sostanze nutrienti e sempre e comunque drenato. La forsizia sopporta bene lo smog e questo le consente di adattarsi senza difficoltà a terrazzi di città; insomma, una pianta perfetta per tutte le soluzioni.

    Come moltiplicare la forsizia
    Quando le temperature si abbassano e l’inverno bussa alle porte del mondo, la forsizia entra di prassi in riposo vegetativo. Questo è il momento perfetto per riprodurre la pianta con successo attraverso la talea. Grazie a questo metodo, il risultato sarà ottimo: si otterranno piante di forsizia con le stesse identiche caratteristiche di quella “madre” e il motivo è molto semplice. Infatti, le piantine nate da moltiplicazione, non sono figlie di una ricombinazione genica come nel caso dei semi.

    Eseguire la moltiplicazione della forsizia è semplicissimo, ma l’attenzione ai passaggi è fondamentale. Per prima cosa, è necessario munirsi di forbici da giardinaggio affilate e subito dopo prelevare talee apicali della lunghezza di circa 15 cm (devono essere presenti 4 o 6 gemme). Una volta fatti questi due step, si passa alla preparazione del contenitore: riempitelo di sabbia e di torba in parti uguali e inserite le talee in profondità, in modo che spuntino dal terreno al massimo di 10 cm. Ultimo passaggio, non meno importante, compattate la terra con le mani attorno alle talee e irrigate con delicatezza. È importante che le talee siano lontane da gelate, ma l’esposizione deve comunque essere all’aperto. Passato un anno, le talee cominceranno a generare foglioline nuove e non appena le radici saranno sviluppate in toto, la pianta potrà essere spostata a dimora in un vaso adatto, oppure in piena terra in giardino. LEGGI TUTTO