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Scuola, tutti i guai del Liceo Made in Italy. “Pressioni dai presidi, ma gli studenti non lo vogliono”

ROMA – Uno dei problemi del Liceo del Made in Italy è che ad ogni sezione che si apre del nuovo insegnamento scolastico, così fortemente voluto dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, deve corrispondere la soppressione di una sezione del Liceo economico sociale, fino all’anno scorso in crescita di iscritti e gradito agli studenti. Si chiama “invarianza di oneri a carico della finanza pubblica”: una legge, s’intende, a costo zero.

Non si conoscono le materie del triennio

I problemi del liceo forzato e di ispirazione sovranista sono svariati. Innanzitutto, il decreto pubblicato in Gazzetta ufficiale non è riuscito a chiarire, come ha denunciato la Flc Cgil, se l’istituto del Made in Italy sia un indirizzo a se stante o un’opzione del Liceo delle scienze umane. E, poi, sono ancora avvolte nella nebbia le materie che si studieranno nel corso del triennio.

“Con questa fretta e il posticipo continuo delle date”, spiegano i docenti che si sono riuniti in comitato a difesa del Liceo economico sociale, suo diretto antagonista, “oggi non abbiamo le basilari informazioni per proporre un orientamento minimamente sensato, conosciamo solo il numero di ore per materia del primo biennio”. Luciana Rossotti, preside del Liceo paritario Pascal di Voghera, dice: “L’organizzazione della nostra scuola rimane quella attuale, abbiamo preferito non stravolgerla, dedicandoci a riorganizzare l’indirizzo economico sociale”.

Gli studenti iscritti affrettatamente al LmiI per la stagione 2024-’25 sono stati davvero pochi: 375 in tutta Italia, lo 0,08 per cento della platea delle matricole per il primo anno superiore. Sarebbero quindici classi di dimensioni normali sul territorio (25 alunni in media), ma in verità saranno qualcuna in più perché nelle singole regioni le approvazioni delle scuole sono state 92 su 500 possibili e il ministero sta cercando di far avviare classi con pochi, pochissimi studenti.

L’indirizzo meno gradito

A proposito dello scarso gradimento, nel panorama scolastico esistono solo due indirizzi, entrambi inquadrati nelle scuole professionali, che hanno visto una minore presenza di matricole: sono l’Istituto di Pesca commerciale e Produzioni ittiche, con zero iscritti sul territorio nazionale, e l’Istituto per la Gestione delle acque e il risanamento ambientale, con lo 0,03 per cento. Questi due orientamenti, tuttavia, non hanno avuto, al contrario del Made in Italy, alcuna pubblicità di governo né una spinta dagli uffici scolastici regionali. Restando nell’alveo dei dieci licei oggi a disposizione, il LmiI è l’ultimo per scelta: anche la sezione coreutica del Liceo musicale ha avuto il doppio degli iscritti.

Colpisce il fallimento dell’offerta nelle regioni produttive del Paese, quelle che dovrebbero avere interesse a difendere il Made in Italy. In Friuli Venezia Giulia (e in Basilicata) nessun iscritto, in Veneto e Sardegna lo 0,02 per cento del totale, in Emilia Romagna lo 0,03 per cento, in Lombardia lo 0,04, in Puglia lo 0,05.

Il tentativo delle classi articolate

Poiché si fatica a trovare famiglie disposte a intraprendere la novità scolastica, i provveditorati regionali stanno tentando di far sopravvivere l’esperienza anche con pochi alunni o, in alternativa, costruendo le classi cosiddette articolate: i pochi che hanno scelto il Made in Italy restano inquadrati nell’orientamento economico sociale e durante la settimana si sganciano per seguire le ore di Economia politica e Diritto, di Storia dell’arte, rinunciando a Inglese e Scienza umane (Antropologia, Psicologia, Sociologia). Per avviare una “classe articolata”, però, servono almeno 12 alunni. E spesso non ci sono. Quel numero di disponibilità date – 92 istituti – andrà rivisto al ribasso.

Il successo del Liceo economico sociale

Dall’altra parte, il Liceo economico sociale è al 3,96 per cento degli iscritti, in crescita negli ultimi cinque anni, compreso il 2024-2025. “Questo avviene nonostante il ministero dell’Istruzione e del Merito ci abbia dichiarato guerra”, spiegano i docenti del Comitato salviamo il Les. Tra l’altro, la soppressione del Liceo economico sociale a fronte della nascita della sezione LmiI è cosa chiara per la prossima stagione, 2024-’25, non lo è, seguendo l’articolato della Legge 206, per gli anni a seguire. Sulla novità annunciata da Giorgia Meloni all’ultima Fiera di Verona, lo scorso 3 aprile, si naviga a vista.

“Una spinta inconsueta dei provveditori”

Dicevamo il ministero. Il Comitato Salviamo il Les, presieduto da Silvia Cotti, denuncia come da dicembre ad oggi siano arrivate pressioni sui dirigenti scolastici affinché negli istituti venga riconvocato il collegio docenti laddove non sia stata votata la conversione liceale. “Alcuni collegi sono stati convocati in tutta fretta tra la fine di dicembre e i primi di gennaio. Poi, con la scusa dell’entrata in vigore della legge l’11 gennaio scorso, sono stati richiamati e hanno dovuto rivotare per l’approvazione. Contestualmente, il ministero ha prorogato i termini entro i quali gli istituti dovevano approvare o meno l’attivazione, spostandoli dal 15 al 18 gennaio”. Tra i licei sotto pressione viene segnalato l’Istituto di istruzione superiore di Palestrina (che non ha comunque attivato la possibilità) e il Montanari di Verona, costretto a un open day straordinario il 25 gennaio per spiegare la nuova offerta alle famiglie.

Il ministro: “È la strada giusta”

La Flc Cgil, che supporta la rete dei presidi dei licei economico sociali esistenti, spiega: “Per avviare il Made in Italy gli stessi Uffici scolastici regionali, in maniera inconsueta, hanno organizzato riunioni ad hoc. Tuttavia, non sarà possibile avviare classi al di sotto dei 12 studenti, anche il dirigente del liceo di Crema, che voleva far partire la sezione con un solo alunno, è tornato sui suoi passi. Molti dei novantadue istituti che hanno dato la loro disponibilità si stanno accorgendo che non potranno far partire questo indirizzo”.

Il ministro, Giuseppe Valditara, si dice tuttavia soddisfatto: “È importante aver ampliato l’offerta formativa a disposizione degli studenti italiani venendo incontro alle esigenze e alle nuove sfide del mondo del lavoro”, ha scritto, “è la strada giusta per una scuola di successo per i nostri ragazzi”.

Giuseppe Buondonno, responsabile nazionale scuola di Sinistra Italiana, chiosa: “La scuola ridotta a propaganda obbligatoria davvero non è sopportabile, sarebbe bene prendere atto del fallimento di una proposta”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/scuola_e_universita/rss2.0.xml


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