in

Rimuovere i nidi di rondini è un reato, ma c’è il modo per evitare i danni

I loro voli in picchiata e i loro garriti sono sempre più rari da vedere e ascoltare, sia in campagna sia in ambienti urbani. Le rondini in Italia e in Europa sono sempre meno: come riportano anche i dati dell’Atlante della migrazione degli uccelli in Italia di Ispra, dal ’70 al 90 del secolo scorso le popolazioni europee di rondini “hanno subito un declino demografico generalizzato del 20-60% in molti Paesi, con tendenza recente alla stabilità”. Cifre più aggiornate in possesso della Lipu, elaborate con Rete rurale nazionale, confermano che dal 2000 al 2023 la popolazione in Italia è scesa del 50%. Ed è un dramma, perché, precisa Federica Luoni, responsabile agricoltura per la Lipu, “le rondini sono il simbolo di tutte le problematiche legate al cambio climatico e al modello di agricoltura intensiva“.

Di fronte a questa emergenza, ci sono comuni come Belluno che possono fregiarsi dell’appellativo di “città delle rondini”, perché la comunità si mobilita per proteggere i nidi, e altre, come Prato, dove il Comune deve ricorrere alle vie legali contro un condominio per far rimuovere reti e dissuasori installati per impedire la nidificazione. Perché se il volo delle rondini è bello da vedere, i loro nidi non sono sempre bene accetti per la quantità di guano che finisce sulle pareti degli edifici e per terra. Le rondini, infatti, se prima costruivano il nido all’entrata di caverne, scogliere marine o sotto i rami degli alberi, oggi nidificano quasi esclusivamente in luoghi creati o modificati dall’uomo, principalmente sotto i tetti.

Protette dalla legge, ma minacciate nella pratica

Rimuovere un nido di rondine, anche se non ci sono gli animali (questi uccelli migrano a Sud nel nostro inverno e rientrano a primavera dove avevano precedentemente nidificato per deporre le uova) è un reato. Le rondini sono specie protetta e la Direttiva europea 409/79 CEE  stabilisce che “È vietata in tutto il territorio nazionale ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati”. Inoltre, la convenzione di Berna, ratificata in Italia con la Legge 503/1981, oltre a stabilire gli stessi divieti, classifica rondini, rondoni e balestrucci fra le specie strettamente protette perché a rischio di estinzione.Nonostante le norme nazionali siano chiare, alcuni Comuni le hanno volute rafforzare, emanando ordinanze specifiche che impongono a chi distrugge i nidi, oltre al pagamento di una sanzione, di ripristinare il precedente stato dei luoghi con la realizzazione di nidi artificiali. Le sanzioni pecuniarie, tuttavia, rimangono contenute (in genere dai 25 ai 500 euro) cosa che rinfocola il dibattito su pene poco severe, in genere, quando si tratta di reati ambientali o reati contro gli animali.

Per questo, molto più delle multe, valgono iniziative come quella del Comune di Belluno, che dal 2016 insieme alla Provincia ha sostenuto l’iniziativa del naturalista Giuseppe Tormen per il censimento della popolazione nidificante di rondine. Nel corso degli anni come partner si sono aggiunti il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e l’ASCOM, portando non soltanto alla raccolta di importanti dati scientifici, ma alla fornitura di tappetini e ombrelli con il logo del progetto per limitare i problemi creati dalle deiezioni degli uccelli. L’importanza di quanto fatto a Belluno è dimostrata dagli ultimi dati sulla presenza delle rondini in città. Si legge infatti nell’ultima relazione sul censimento dei nidi, che è parte integrante del progetto ed è firmata da Mauro Varaschin, Silvana De Col, Silvia Tormen: “Nel centro storico di Belluno si nota una situazione sostanzialmente stabile relativamente alle presenze; infatti, negli ultimi 3 anni il numero di nidi frequentati risulta leggermente aumentato da 54 a 57. I nidi di nuova costruzione nel 2023 sono in numero inferiore rispetto al 2022: questo dato, se messo in relazione con i nidi frequentati, indica che le rondini hanno utilizzato di più, rispetto al 2022, nidi vecchi, cioè quelli costruiti negli anni precedenti; questo fatto potrebbe indicare che le rondini si sentano sufficientemente sicure nel nidificare presso i vecchi siti di nidificazione e quindi non abbiano necessità di trovarne di nuovi”. Belluno dimostra, insomma, che ci vuole poco perché le rondini si sentano sicure anche in città.

Perché le rondini sono sempre meno

“Se da un lato esiste maggiore consapevolezza nei cittadini e maggiore attenzione nel non distruggere i nidi rispetto a qualche anno fa – osserva infatti Luoni – le cause primarie del calo della popolazione di rondini sono da attribuire alle modificazioni dell’ambiente agricolo e alla scomparsa dei prati e delle zone umide, dove trovavano insetti in abbondanza”. Si calcola che una rondine catturi ogni giorno una quantità di insetti pari a circa 7-8 volte il suo peso (per un totale di circa 170 grammi, cosa che fa di questi uccelli dei formidabili equilibratori della proliferazione di mosche e zanzare. Ma l’agricoltura intensiva fa ampio uso di pesticidi e se non ci sono prati (che spesso risentono comunque dell’inquinamento dei campi agricoli vicini) le rondini non hanno di che cibarsi. Infine, ma si tratta di un problema non certo minore, c’è il cambio climatico: “Il riscaldamento globale e gli eventi meteo estremi influiscono in vari modi sulla migrazione delle rondini – spiega Luoni – poiché nel loro viaggio incontrano aree desertiche, sono influenzate dalle perturbazioni e trovano sempre meno zone umide. Quando poi raggiungono il nostro continente, la massima abbondanza di insetti non coincide più con il loro arrivo, un problema grave per tutti i migratori insettivori”.Le mobilitazioni dei cittadini per proteggere i nidi esistenti, poi, non bastano perché è sempre più difficile per questi uccelli trovare luoghi adatti a costruirne di nuovi. Decenni di edilizia non conservativa, con l’abbattimento degli edifici e la costruzione di nuove strutture hanno fatto sì che molte abitazioni non abbiano più elementi utili a ospitare un nido perché hanno pareti nude e prive di appigli.

Una rondine non fa primavera, ma fa bene agli allevamenti

Come ogni tassello della biodiversità, il ruolo ecologico delle rondini è molteplice e un recente studio condotto da MUSE, Lipu e Università degli Studi di Milano ha portato nuove evidenze su quanto questi uccelli migratori siano preziosi nelle stalle dove ancora riescono a nidificare.  La ricerca ha infatti valutato quale effetto la presenza e l’abbondanza delle rondini all’interno delle stalle della Val di Non, in Trentino, può avere sul tasso di attività delle mosche, loro potenziali prede e portatrici di diversi patogeni e stress per il bestiame allevato. A una temperatura di 22°, riporta lo studio firmato da Francesca Roseo, Marco Salvatori, Mattia Brambilla, Paolo Pedrini, Chiara Fedrigotti e Alberto Bertocchi, la presenza locale di 25 rondini corrisponde a una riduzione media di oltre il 60% nel tasso di attività delle mosche rispetto a quello che si avrebbe in una stalla senza rondini. “La collaborazione degli allevatori trentini coinvolti nel progetto è stata fondamentale – ha detto Alberto Bertocchi della Lipu di Trento. – Grazie alla collaborazione dell’Unità Operativa di Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria del Trentino, siamo anche riusciti a formulare un protocollo da seguire all’interno delle stalle con i nidi di rondine, in modo da consentirne la presenza senza che essa crei “intralci”, ponendo le basi per la loro tutela e per far sì che gli allevatori possano beneficiare del loro prezioso contributo”.

Francesca Roseo, prima autrice dell’articolo insieme a Marco Salvatori, entrambi ricercatori al MUSE – Museo delle Scienze di Trento, Ambito Biologia della Conservazione, ricorda le ragioni alla base di questo lavoro e le sue implicazioni anche a larga scala: “Questo studio è stato fortemente voluto da MUSE, Lipu e Università Statale di Milano, perché il calo di questa specie carismatica e di tanti altri uccelli insettivori meno noti è davvero preoccupante. Abbiamo bisogno di approcci innovativi per contrastare il declino della biodiversità nel settore agricolo e zootecnico e trovare delle sinergie tra le attività umane e la conservazione della biodiversità è fondamentale”.

 “Rondini e agricoltori possono essere alleati gli uni degli altri”, aggiunge Mattia Brambilla, ecologo presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano. “Questo studio rappresenta un esempio dei servizi ecosistemici che molte specie ci offrono, facendo luce sul contributo degli uccelli insettivori in particolare. La conservazione di questi animali porta benefici anche ad allevatori e consumatori, e ci ricorda che abbiamo bisogno di ecosistemi ‘sani’ e funzionanti per far fronte alle sfide ambientali che dobbiamo affrontare”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


Tagcloud:

I giovani i più in ansia per la crisi climatica: “Ma la piazza non basta, agiscano i governi”

Inquinamento da polveri sottili, in metropolitana raddoppia