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I giovani i più in ansia per la crisi climatica: “Ma la piazza non basta, agiscano i governi”

Per gli italiani di ogni età tutela dell’ambiente e qualità della vita sono sempre più legate e la generazione Z, i nati tra il 1996 e il 2010, sono i più preoccupati per la crisi climatica. La ricerca commissionata a Swg da Green&Blue (il content hub di Repubblica dedicato a transizione ecologica e ambiente) in occasione della Giornata mondiale della Terra conferma l’ecoansia dei più giovani e la difficoltà dei ceti più fragili a vedere opportunità nella green economy e nella politiche per la tutela ambientale. Dimostrano questa tendenza le risposte a una domanda sulla recente direttiva sulle Case Green approvata dall’Ue, per rendere le abitazioni in Europa a emissioni zero entro il 2050: sebbene la maggioranza la consideri una misura giusta, il 65% sarebbe in difficoltà nell’applicarla e 1 su 3 è del tutto contrario, con marcate differenze per appartenenza politica. Eppure, soprattutto tra i Millennials, le donne, gli elettori di centro-sinistra e i più istruiti, un intervistato su due apre a future politiche ambientaliste più severe.

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Ci sono molte conferme e qualche sorpresa in questa ricerca, che convalida l’impressione che dove si fa fatica per arrivare a fine mese occuparsi dell’ambiente e fare scelte buone per sé e per il Pianeta è più difficile, se non impossibile. C’è anche, rispetto agli anni precedenti, un senso di sfiducia, di una battaglia che, anche chi combatte con fervore, teme sempre più di perdere (lo pensano sei su dieci) perché si sente poco sostenuto dalla politica nelle sue scelte individuali. Eppure, la convinzione che tra tutela dell’ambiente e qualità della vita ci sia una connessione strettissima accomuna tutte le generazioni, con i boomers su tutti. I giovani, come detto, sono i più preoccupati per la crisi climatica, un timore secondo soltanto a quello delle sorti del sistema sanitario. Sono i nati tra il 1965 e il 1980, la cosiddetta Gen X, a dichiararsi meno in ansia per l’ambiente (il 28%, contro il 40% dei giovanissimi e il 37% degli anziani).

La paura di avere periodi sempre più lunghi di caldo per il riscaldamento globale e il convincimento che ciò sia conseguenza della crisi climatica sono frequenti in chi si dichiara di centro-sinistra (il 56%) e ha un reddito medio-alto. Piogge torrenziali e tornado preoccupano soprattutto chi vive nei piccoli centri (46%), mentre la gestione e lo smaltimento dei rifiuti è un cruccio per il 30% di chi si dichiara di centro destra. Spicca in tutto il sondaggio la scarsa sensibilità sulla perdita di biodiversità, infatti l’estinzione di specie animali è un timore per il 12% degli intervistati e soltanto per due intervistati su cinque, con un picco di sottovalutazione nelle città, quel che accade a piante e animali è importante. Tali risposte confermano che pochi italiani saprebbero dire cosa sia e perché è importante la biodiversità, come dimostrano anche le risposte secondo le quali il 53% appoggia la Nature Restoration Law, ma soltanto 1 su 4 ne riconosce i benefici.

I problemi legati agli approvvigionamenti energetici successivi soprattutto alla guerra in Ucraina portano anche, dal 2021, all’aumento di coloro che ritengono inconciliabili la tutela dell’ambiente con l’economia. Uno su cinque della Gen Z pensa che dichiararsi ambientalista sia ormai una moda e i ceti fragili ritengono che l’impegno ecologista sia poco compatibile con lo sviluppo economico. Però, il sostegno per chi scende in piazza e lotta per salvare il Pianeta è ampio ed è un sostegno che parte dai giovani, anche se la maggioranza si dice scettica sulla reale efficacia delle proteste per l’ambiente e il clima. Il 56% prova ammirazione e mostra sostegno per gli attivisti, soprattutto chi è di centro sinistra (76%) e ha tra i 43 e i 29 anni (61%), un po’ come se i Millennials, nel pieno della carriera e della famiglia si sentissero incapaci di scendere in piazza. Il 52%, che si dichiara soprattutto di centro destra, dice poi di essere scettico sulla reale efficacia delle azioni di protesta dei movimenti ambientalisti e che in fin dei conti non servano a nulla.

L’impegno per l’ambiente cresce, seppur lentamente, dal 2014 a oggi, mentre cala l’efficacia attribuita alle singole azioni quotidiane, oggi ai minimi storici e con la Gen Z molto scettica (58%), mentre ancora credono all’impegno individuale millennials e boomer forse perché, come detto prima, meno propensi a manifestare. Fare la propria parte cambiando magari stile di vita è ritenuto auspicabile soprattutto per avere un risparmio più consistente e cambierebbe abitudini a patto che non sia più costoso. Il dibattito sul nucleare ha influenzato anche i più giovani tanto che diminuisce la fiducia nelle fonti di energia alternative per mettere in pratica la transizione ecologica e cresce invece, anche nella Gen Z la fiducia nel nucleare, con un’apertura del 60%. Però la questione si conferma divisiva, poiché un intervistato su due prevede che dal nucleare arrivino benefici ma si aspetta una forte opposizione.

In parte contrastanti anche le risposte strettamente politiche, visto che per scegliere un partito 7 su 10 vogliono aver chiara la sua strategia green, aspetto rilevante soprattutto tra i ceti medio-alti e più istruiti, ma nella Gen Z, in gran parte chiamata alle urne, è un criterio fondamentale di scelta soltanto per 1 su 5. Gli elettori giovani si dicono più attenti alle proposte sul futuro dell’Europa e gli equilibri internazionali, ma tra i temi più rilevanti per la scelta di un partito alle prossime elezioni di giugno al primo posto resta la sanità, seguita da potere d’acquisto e stipendi. La tutela ambientale è solo quinta, dopo scenario internazionale e crescita economica.  


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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