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Record di temperature percepite in Brasile, il meteorologo: “Prepariamoci a condizioni estreme”

Temperature percepite così elevate, alle quali dovremo abituarci anche nell’area mediterranea, mettono in difficoltà l’essere umano. All’aumento esponenziale delle temperature rispondiamo sudando, e il sudore evaporando ci raffredda. Ma il processo diventa certo meno efficiente se l’umidità nell’aria è rilevante, come accade in questi giorni in Brasile”. Rio de Janeiro ha segnato (alle 9:55 locali di domenica mattina, le 13:55 italiane) un nuovo record di sensazione termica, a 62,3 °C, livello più alto mai registrato nella metropoli brasiliana dal 2014 (quando sono iniziate le misurazioni da parte di “Alerta Rio”). Europa e Italia si chiedono se possono e devono aspettarsi estate sempre più insopportabilmente torride. “L’effetto dei cambiamenti climatici abbraccia tutto il mondo, naturalmente”, spiega Maurizio Maugeri, che insegna fisica dell’atmosfera all’università degli studi di Milano.

Che lettura dà del dato brasiliano?“L’indice della temperatura percepita, ottenuto combinando temperatura assoluta e umidità, ha una importanza relativa, anche perché non abbiamo serie temporali di confronto lunghe”.

Ma il problema c’è, non crede?“Assolutamente. Le grandi ondate di calore stanno aumentando ovunque e con esse le temperature, comprese quelle massime. Si chiama cambiamento climatico ed è sotto gli occhi di tutti, impossibile negarlo”.

E coinvolge anche l’Italia.“Da inizio Ottocento da noi la temperatura è aumentata di circa tre gradi, dagli anni 70 il trend è esponenziale: vuol dire che se percepivamo come un valore altissimo i 37 °C estivi di Milano, oggi ci stiamo abituando ai 40 °C. E ad agosto rincorriamo lo zero termico oltre i 5emila metri di altitudine”.

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro prossimo?“Non ci sono dubbi sul fatto che la frequenza dei fenomeni climatici estremi e le ondate di calore sia destinata ad aumentare. Così, abbiamo soltanto due opzioni, assolutamente complementari”.

Quali, professore?“Mitigazione e adattamento. La prima richiede una politica di decarbonizzazione efficace e aggressiva, la seconda chi chiede di ridisegnare le nostre città, pianificandone gli spazi con la consapevolezza che il clima di oggi non sia quello di cinquanta anni fa”.

Ci fa qualche esempio?“Più spazi verdi, meno superfici ricoperte da materiale artificiale. In Italia siamo un po’ indietro: il tema del contrasto al cambiamento climatico è ancora poco presente nella pianificazione delle nostre città. Mi auguro che qualcosa cambi”.

E a livello individuale come possiamo resistere?“Alle grandi ondate di calore degli ultimi anni i paesi del Mediterraneo hanno risposto meglio dei paesi del Nord Europa, dove il numero di morti è stato maggiore. Questione di stili di vita: noi siamo pronti a modificare le abitudini, restando in casa nelle ore centrali e uscendo di sera. Quel che possiamo fare è contribuire alla decarbonizzazione con le nostre scelte e intanto adattarci, ottimizzando l’utilizzo degli impianti di condizionamento, a cui fare ricorso con giudizio”.

Quali sono gli scenari peggiori che immagina?“Non possiamo escludere che il cambiamento climatico ci costringa a migrare, per esempio dal bacino padano – che è tra le aree più a rischio – verso le colline e la fascia pedemontana, abitando piccoli centri e borghi a un’altitudine non inferiore ai 600 metri. Sono migrazioni già presenti nel mondo animale, del resto, e alle quali il mercato delle locazioni immobiliari già guarda con interesse da qualche anno. Certo, andranno ripensate infrastrutture e telecomunicazioni, ma è uno scenario ad oggi possibile, se non probabile”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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