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I batteri ”amici” aiuteranno a salvare la barriera corallina delle Maldive

Un prezioso aiuto per proteggere le barriere coralline dagli effetti dirompenti del riscaldamento globale potrebbe arrivare dai batteri. Che rendono più resilienti le popolazioni, aiutandole ad affrontare le sfide del cambiamento climatico. Nei prossimi venti anni è a rischio estinzione una percentuale compresa tra il 70 e il 90% dei coralli tropicali: acidificazione, ondate di calore e attacchi di patogeni, favoriti dal cambiamento climatico, stanno infatti aumentando esponenzialmente la mortalità. Ma una buona notizia potrebbe ora arrivare a margine della spedizione, nell’arcipelago delle Maldive, di un team di ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn, impegnato – con l’università degli studi di Milano-Bicocca e l’università degli studi di Messina – in un progetto che mira a coniugare studi sull’ecologica degli ambienti estremi, tutela degli ecosistemi marini e sviluppo di tecnologie a supporto della rigenerazione delle barriere tropicali.

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In soldoni, i ricercatori hanno isolato le molecole prodotte dai batteri che popolano i coralli in salute. Lo screening in laboratorio selezionerà le molecole batteriche che hanno un ruolo nella difesa dai raggi UV, dalle temperature in crescita e dall’acidificazione. Poi, le utilizzeranno per implementare la crescita di piccole colonie di coralli “super resistenti”, da impiantare nelle aree più degradate delle barriere coralline. Con l’auspicio di invertire il trend. “Del resto abbiamo attraversato siti di campionamento con ampi tratti di barriera corallina morta, effetto del brusco innalzamento della temperatura a partire dal 2016, e la circostanza ci ha molto preoccupati da un punto di vista scientifico”, spiega al rientro dalla missione Donatella de Pascale, direttrice del dipartimento di Biotecnologie Marine Ecosostenibili del Dohrn, già più volte in prima linea nell’esplorazione di ambienti estremi marini come l’Antartico, l’Artico e il terrestre come i ghiacciai tibetani, dove ha isolato e caratterizzato nuovi ceppi di batteri e funghi iper-produttori di composti bioattivi come antimicrobici e anti-biofilm ed anti-cancro. “Stavolta – spiega – il nostro obiettivo è quello di produrre molecole bioattive dai batteri prelevati dal microbioma dei coralli per poi testarle su modelli laboratoriali per la protezione dei coralli dagli effetti dei cambiamenti climatici, che qui più che altrove rischiano di essere devastanti”. Il progetto ha anche un risvolto applicativo nel campo della salute umana: composti prodotti sia dai coralli che dai batteri saranno testati su linee cellulari umane, verificandone potenziali attività farmacologiche, per il possibile sviluppo di nuovi farmaci anti-tumorali e anti-infiammatori. 

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Il punto di riferimento del progetto è il MaRHE Center, The Marine Research and High Education Center sull’isola di Magoodhoo nell’Arcipelago delle Maldive, un centro di ricerca aperto nel 2009 dall’Università degli Studi di Milano Bicocca, dove ricercatori e studenti possono trascorrere periodi di mobilità ai fini di studio e ricerca. Qui il team coordinato da de Pascale (composto da Daniela Coppola, Fortunato Palma Esposito e Christian Galasso) ha trascorso un periodo a settembre e uno a febbraio. “Quel che ci ha negativamente sorpreso – dice la ricercatrice – sono le disastrose conseguenze della scarsa sensibilità alla tematica ambientale: abbiamo toccato con mano il problema del marine litter, con interi isolotti ricoperti di plastica. Abbiamo osservato tappeti di frammenti di coralli morti sui fondali. Ed è per questo che vogliamo accelerare la nostra ricerca, volta a trovare una soluzione alla moria delle barriere coralline, che non sembrano in grado di mettere in atto risposte adattive alle nuove condizioni climatiche.

La cosiddetta coral restoration, del resto, è diventata una delle priorità dei gruppi di ricerca internazionale: la stessa università degli studi Milano-Bicocca è protagonista, con l’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) e in collaborazione con l’Acquario di Genova, di un progetto che punta sulla curcumina, una sostanza antiossidante naturale estratta dalla curcuma, dopo averne testato lo sbiancamento dei coralli, fenomeno causato principalmente dai cambiamenti climatici: i ricercatori hanno già sviluppato un biomateriale biodegradabile per somministrare la molecola senza provocare danni all’ambiente marino circostante. Positivi i test in laboratorio, dove sono state simulate le condizioni di surriscaldamento dei mari tropicali alzando la temperatura dell’acqua fino a 33°C. Intanto, il progetto che vede in prima linea la Stazione Zoologica Anton Dohrn proseguirà spedito, con l’esame dei campionamenti del microbioma di diverse specie di coralli. “Non si direbbe ma sono studi pionieristici alle Maldive, in ambienti tropicali che consideriamo estremi proprio per via dell’aumento delle temperature e della prolungata esposizione ai raggi solari”, spiega de Pascale.

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Qui, dunque, i batteri estremofili che popolano le colonie di coralli ancora in buona salute possono fornire risposte in grado di aiutare le popolazioni malate. E intanto, con un progetto parallelo insieme all’università degli Studi di Messina, il team di ricerca del Dohrn ha lavorato, sempre alle Maldive, alla messa a punto di protocolli green per l’estrazione e la produzione del collagene marino dagli scarti della lavorazione della pesca: “Dal prelievo del collagene del red snapper (dentice rosso), catturato da piccoli pescatori locali, contiamo di sviluppare meccanismi in grado di rispondere in modo sostenibile alla crescente domanda di collagene marino, da utilizzare prevalentemente nel settore cosmetico”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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