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Negazionisti e scettici possono ancora cambiare idea. Lo studio: la fiducia negli scienziati del clima è aumentata nel tempo

Non è vero che la sfiducia in chi si occupa di fare ricerca sul tema del cambiamento climatico è dilagante. Anzi, secondo uno studio di revisione e meta-analisi, ossia di analisi di ricerche precedentemente pubblicate in materia, nel corso degli ultimi dieci anni la percentuale di persone a livello globale che ha dichiarato di fidarsi di ciò che gli scienziati dicono in merito a questi temi sembra essere aumentata. La ricerca è stata condotta da un gruppo di studiosi guidato da Viktoria Cologna, ricercatrice presso il dipartimento di storia della scienza dell’Università di Harvard, ed è stata appena pubblicata su PLOS Climate.

Il gruppo di ricercatori ha preso in considerazione la letteratura pubblicata fra il 2014 e il 2023, focalizzandosi su tre aspetti: l’attuale stato di fiducia nella scienza del clima e negli scienziati che si occupano di fare ricerca in questo ambito; le possibili ragioni che inducono sfiducia e scetticismo nel grande pubblico; i possibili effetti dell’impegno politico degli “scienziati del clima”. Per quanto riguarda il primo punto, dalle analisi è emerso che a livello globale la percentuale di persone che dicono di avere una profonda fiducia in ciò che gli scienziati dicono in merito a temi che riguardano l’ambiente è passata dal 57% nel 2019 al 68% nel 2021. Questo è il quadro globale, ma, sottolineano i ricercatori, esistono differenze significative su base regionale.

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Per esempio, nei Paesi del Sud-Est Asiatico la percentuale di persone che si dice profondamente fiduciosa raggiunge l’84%. Negli Stati Uniti, invece, solo il 40% del pubblico ritiene che gli scienziati ambientali conducano un buon lavoro di ricerca per la maggior parte del tempo, mentre il 45% ritiene che lo facciano solo in parte. Inoltre, sempre negli Stati Uniti, il livello di fiducia nella scienza del clima risulta essere particolarmente polarizzato in base all’ideologia politica, con l’ala conservatrice della popolazione mediamente più scettica rispetto all’ala liberale.

Ad avere un certo effetto sul livello di fiducia del pubblico sarebbe poi il modo col quale scienziati e comunicatori parlano al pubblico di clima e ambiente. Secondo i risultati della ricerca, chi sceglie un linguaggio aggressivo risulta meno credibile rispetto a chi utilizza invece uno stile più neutro. Inoltre, sottolineano i ricercatori, chi comunica questi temi dovrebbe tenere presente che il pubblico è costituito da gruppi (e individui) con ideologie diverse, ed è quindi importante appellarsi a valori e motivazioni che siano ampiamente condivisibili.

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Non da ultimo, i ricercatori fanno notare che studi pubblicati in passato hanno documentato l’inefficacia di un approccio “top-down” nella comunicazione di temi che riguardano il cambiamento climatico. Ossia, non è sufficiente comunicare con lo scopo di informare il pubblico per tentare di indirizzarlo verso una certa opinione. Anzi, questo approccio, comprensibilmente, può suscitare l’effetto opposto. Al contrario, concludono gli autori, la comunità scientifica dovrebbe coinvolgere il pubblico in modo attivo, stimolando la discussione e la partecipazione ad esempio a progetti di citizen science, workshop e festival di scienza.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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