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Microplastiche e polistirolo, cibo per pesci e molluschi alla foce del Tevere

Polistirolo e microplastiche sui fondali marini del Mar Tirreno, nell’area dove sfocia il fiume Tevere. È quanto hanno trovato i ricercatori dell’Università Tor Vergata di Roma che hanno setacciato quella porzione di mare che va dalla foce tiberina, compresa nel territorio di Fiumicino, fino a 6 km dalla costa. Lo studio interdisciplinare – condotto dai chimici del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche e dagli ecologisti del Dipartimento di Biologia – per la prima volta in Italia, ha utilizzato una tecnica che ha consentito di sviluppare un metodo quantitativo per l’identificazione e la quantificazione di microplastiche in sedimenti marini.

Lo studio

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I ricercatori hanno raccolto i campioni nell’area marina tra Fiumara Grande e Canale di Traiano a diverse distanze dalla costa, partendo da 300 metri, e a differenti profondità tra i 5 ed i 30 metri. In ognuno dei campioni è stata rilevata la presenza di polistirene in quantità differenti, con una media di 45 microgrammi per litro e picchi di 60. “Abbiamo eseguito i campionamenti in modo del tutto casuale, dopodiché i sedimenti sono stati analizzati utilizzando la spettroscopia di risonanza magnetica, una tecnica mai applicata prima in questo tipo di esperimento”, spiega Greta Petrella, chimica di Tor Vergata che insieme alla biologa Giulia Papini, è co-autrice dello studio pubblicato sulla rivista scientifica Marine Pollution Bullettin.

“In laboratorio abbiamo uno spettrometro che opera a 700 Mhz, unico nella sua potenza su tutto il territorio laziale, il cui utilizzo è stato ipotizzato in letteratura scientifica, ma di fatto mai applicato sul campo prima d’ora, in particolare su sedimenti marini e su matrici biologiche. L’applicazione di questa tecnica ci ha permesso di delineare uno standard in questo tipo di campionamenti, utile per il futuro della ricerca”, sottolinea Petrella.

Nel decennio 2006-2016, si stima che oltre 8mila tonnellate di microplastiche siano state trasportate nel Mar Mediterraneo attraverso le vie fluviali, per cui un aspetto importante della ricerca è non solo la conferma che in mare ci siano microplastiche e polistirolo rintracciate in tutti i campioni prelevati, ma che sui fondali marini sia presente una vera e propria stratificazione. “Anche se non possiamo ancora stilare una statistica, abbiamo rintracciato un trend, ovvero che maggiore è la profondità e maggiore è l’accumulo di polistirolo sui fondali, un fenomeno abbastanza inquietante che gli ecologisti chiamano l’era della plastica“.

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Visto che l’esperimento è stato condotto alla foce del Tevere, l’esempio più calzante per descrivere cosa si intenda per “era della plastica” ci porta proprio a Roma, dove “il sottosuolo è ricco di stratificazioni dovute alle ere storiche. Sappiamo, infatti, che ci sono tracce di Roma antica, del Medioevo fino all’età moderna e lo stesso avviene con la plastica nel mare che si stratifica sul fondale con il passare degli anni”, spiega Greta Petrella, convinta della necessità di proseguire le indagini marine, perché il loro studio è un primo campanello d’allarme di una situazione progressiva, anche se in merito alle quantità di microplastiche rintracciate, vuole precisare: “Non possiamo dire in assoluto se le quantità siano alte o basse, perché non abbiamo nessun riferimento precedente con cui fare un raffronto, ma il nostro studio può essere sicuramente una base per confrontare i dati”.

Una delle conseguenze principali dell’inquinamento marino da microplastiche è l’ingestione da parte di invertebrati marini come vongole, cannolicchi e gamberetti, fino ad arrivare alla contaminazione dei pesci che a loro volta se ne nutrono e che infine, finiscono sulle nostre tavole e quelle dei ristoranti. “Infatti, ci sono diversi studi internazionali che stanno indagando l’eventuale impatto sulla salute dell’essere umano, che dovranno stabilire il limite massimo delle concentrazioni e verificare che tipo di impatto potrebbero avere su tutta la fauna marina“, aggiunge Petrella, che insieme ai colleghi dello studio vorrebbe proseguire nella ricerca per identificare e quantificare altri tipi di polimeri plastici, che con molta probabilità sono presenti nei fondali dei nostri mari.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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