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La filiera del vino punta sull’innovazione per una crescita più sostenibile

Di fronte alle sfide poste dal clima, dal contesto economico e dalle tensioni geopolitiche, l’agricoltura e, nello specifico, il comparto vitivinicolo hanno puntato su innovazione e sostenibilità per preservare la loro competitività e favorire una solida crescita in linea con gli obiettivi della transizione ecologica. Investire in tecnologia e in tecniche di coltivazione e produzione d’avanguardia permette di aumentare la redditività, riduce l’impatto ambientale delle attività e migliora quello sociale. Un impegno che le aziende agricole considerano prioritario, come mostrano i dati del rapporto 2024 di ‘AGRIcoltura100’ realizzato da Reale Mutua e Confagricoltura: negli ultimi due anni, il 69,5% delle imprese hanno effettuato investimenti in tale ottica, con la spinta più forte da parte delle realtà con il maggior livello di sostenibilità. E tra queste figurano le aziende vitivinicole.

Come evidenzia un altro studio pubblicato da Ismea – “L’innovazione come motore della competitività e della sostenibilità della filiera vitivinicola: l’approccio delle cooperative” – le realtà del vino hanno promosso l’innovazione a più livelli, da quello di prodotto e processo al piano tecnologico, fino all’ambito gestionale e organizzativo. L’indagine fa notare che circa tre aziende vitivinicole su quattro (il 74% dei rispondenti) hanno realizzato investimenti innovativi nel quinquennio 2017-2021, e il 78% delle organizzazioni ha detto di essere pronto a investire in innovazione nei prossimi cinque anni. Decisioni basate anche sulla convinzione che il progresso tecnologico e tecnico è un fattore che favorisce la sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Più nel dettaglio, questo impegno finanziario ha riguardato l’introduzione in azienda di nuove soluzioni agritech e di applicazioni di agricoltura digitale; ancora l’impiego di sensoristica per il monitoraggio e la gestione delle colture, e per l’ottimizzazione degli input; l’utilizzo di sistemi di controllo da remoto o di prossimità con l’uso di droni, robot e altri macchinari per l’automazione; oltre all’adozione di software gestionali amministrativi e di supporto alle attività tecniche e agronomiche. Gli investimenti hanno riguardato anche l’uso di nuove tecniche di lavorazione del suolo, l’irrigazione, la concimazione, la gestione dei reflui aziendali o l’introduzione di nuove varietà, oltre all’attivazione di canali di vendita diretta, fisici e on line. E infine, alcune realtà si sono dedicate anche allo sviluppo di modelli basati su reti di impresa, avviando in azienda piani di ricerca e sviluppo.

Produzione sostenibile

Il report di AGRIcoltura100 misura il livello di sostenibilità di un’impresa agricola attraverso un indice che considera 260 variabili raggruppate in quattro aree: sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale, gestione del rischio e delle relazioni nel territorio e nella filiera, qualità dello sviluppo. Alla nuova edizione hanno partecipato 3.132 aziende, un panel in crescita rispetto al 2020 quando si contavano 1.850 realtà. Negli ultimi quattro anni è stato registrato un progressivo incremento di sostenibilità da parte delle aziende del settore: più nel dettaglio, le organizzazioni che si caratterizzano per un livello elevato di sostenibilità sono più della metà del totale, e sono aumentare dal 48,8% del 2020 al 55,3% del 2023. Tra queste, quelle di livello più alto sono cresciute dal 16,5% al 20%. Le imprese al livello base sono invece diminuite dal 20% al 12,1%. E come rileva lo studio, la viticoltura figura tra i comparti produttivi che presentano la quota maggiore di imprese ad alto livello di sostenibilità (66%), insieme all’ortivo (68,7%) e alla frutticoltura (61,8%).

L’innovazione è uno dei fattori che fa da traino alla crescita della sostenibilità tra le aziende agricole. Sono diverse infatti le iniziative messe in campo dalle imprese per ridurre l’impatto sull’ambiente delle proprie attività, tra cui il monitoraggio dei consumi elettrici, la riduzione della plastica e degli imballaggi, l’adozione di tecniche di lavorazione del terreno a basso impatto e di mantenimento del cotico erboso per garantire la biodiversità e ridurre l’erosione; e ancora l’impiego di metodi di fertilizzazione conservativi della sostanza organica, e di macchine agricole e carburanti a bassa emissione. E la maggiore sostenibilità ambientale e sociale si riflette positivamente anche sui conti aziendali: nelle imprese ad alto livello di sostenibilità gli indici di produttività sono del 40% superiori, la redditività è doppia e la quota di aziende che sperimentano una fase di crescita è tripla rispetto a quelle che hanno un livello di sostenibilità base.

La ricerca di Ismea – presentata nel corso di Vinitaly – fotografa l’innovazione nella filiera vitivinicola, illustrando la tipologia di attività e iniziative realizzate dalle aziende coinvolte nell’indagine. Gli investimenti hanno riguardato soprattutto gli ambiti di prodotto-processo (47% dei rispondenti) e tecnologico (34% dei rispondenti); mentre solo il 18% ha dichiarato di aver investito in innovazioni gestionali e organizzative. Nel dettaglio, a livello di prodotto e processo, le attività hanno riguardato la sperimentazione di nuove tecniche di concimazione e/o protezione delle colture (57%), la lavorazione del suolo (46%), l’irrigazione e la gestione delle risorse idriche (45%), nuove varietà (25%). In ambito tecnologico, e in particolare in riferimento alle soluzioni agritech e alle applicazioni di agricoltura digitale, la componente legata ai farm management system è prevalente (28%), come pure quella relativa ai software gestionali per lo svolgimento di pratiche amministrative/legali (20%); altre tecnologie importanti riguardano l’introduzione di sistemi installati sui mezzi che integrano Gps/Rtk (16%) e la sensoristica/IoT per la gestione delle produzioni vegetali in pieno campo, come ad esempio centraline meteo per la raccolta di dati climatici, sensori in campo per registrare la bagnatura fogliare oppure la presenza di fitopatie (23%), i sistemi di monitoraggio da satellite o remote sensing (5%).

Tuttavia, ci sono realtà della filiera vitivinicola che non hanno investito in innovazione: tra i fattori che hanno ostacolato questo processo, uno dei principali (45% delle risposte del campione) è la ridotta dimensione dell’azienda (impresa familiare o pmi). Altre criticità riscontrate sono legate alle difficoltà di accesso ai fondi pubblici (locali, nazionali e comunitari), all’eccessiva onerosità dei piani di ammortamento, e ancora ai dubbi riguardo la reale efficacia degli investimenti e all’andamento del settore merceologico di riferimento.

Sviluppo rurale e tutela ambientale

La crisi climatica e le tensioni geopolitiche rappresentano una difficile sfida per il settore agricolo, con implicazioni negative in termini di produttività, prezzi, domanda dei consumatori e reddito per gli agricoltori. In particolare, come sottolinea il report “Short-team outlook for Eu agricultural markets” pubblicato a maggio, per quanto riguarda il comparto vitivinicolo, tra il 2023 e il 2024 l’Unione europea registrerà un calo della produzione di vino del 10% (circa 143 milioni di ettolitri, il dato più basso dal 2017-18) su base annua a causa di condizioni meteorologiche avverse. Lo studio sottolinea la “diminuzione significativa” della produzione di vino in Italia (-23%) e Spagna (-21%): un calo che nella Penisola è dovuto alle frequenti piogge nelle regioni dell’Italia centrale e meridionale, e alle conseguenti malattie fungine delle viti. Per la Spagna, invece, le cause del trend negativo devono essere rintracciate in eventi climatici, in particolare siccità e alte temperature nella regione produttiva di Castilla-La Mancha.

L’importanza della filiera del vino non risiede solo nel suo valore economico, ma anche negli effetti positivi sull’ambiente e nel territorio in cui opera. Dal punto di vista finanziario, in Italia il settore vanta una produzione annua di 45,2 miliardi di euro (tra impatto diretto, indiretto e indotto), 303.000 occupati e un valore aggiunto di 17,4 miliardi di euro, sottolinea uno studio dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly: il comparto vale l’1,1% del Pil nazionale. Inoltre, l’industria del vino in Europa favorisce lo sviluppo delle aree rurali: le regioni vinicole subiscono meno declino demografico e le vigne si dimostrano essere il 37% più produttive rispetto ad altre colture permanenti, secondo uno studio realizzato da PwC e pubblicato a marzo 2024 per l’European Committee of Wine Companies (Comité Vins – Ceev). Dal punto di vista ambientale, infine, il rapporto sottolinea che gli oltre 3,2 milioni di ettari di vigneti dell’Unione europea contribuiscono a promuovere la sostenibilità nel continente, favorendo la biodiversità, la conservazione del suolo, la gestione dell’acqua e la protezione antincendio.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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