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“I vestiti di Zara e H&M fatti con cotone che aumenta la deforestazione”, la denuncia di una ong contro il fast fashion

Una moda sempre più dannosa per l’ambiente. Dopo una serie di accuse all’ultra fast fashion, settore della moda “usa e getta” che impatta profondamente a livello ambientale tanto che la Francia, per prima, ha deciso di imporre limiti e tasse, ora arrivano da parte di una organizzazione no profit anche pesanti accuse dirette a marchi del fast fashion come Zara e H&M. Un recente rapporto dell’ong britannica Earthsight chiamato “Fashion Crimes” ha infatti messo in luce soprattutto gli impatti legati alla deforestazione e l’accaparramento delle terre da parte dei grandi marchi. Secondo l’associazione tutti quei jeans, le felpe, i calzini, i pantaloncini e via dicendo che compriamo da H&M e Zara anche in Italia sarebbero infatti “collegati alla deforestazione illegale su larga scala, all’accaparramento di terre, alla violenza e alla corruzione” spiegano da Earthsight dopo un anno di investigazione relativa in particolare alla produzione brasiliana di cotone per l’esportazione.

Per oltre dodici mesi i membri dell’organizzazione hanno analizzato immagini satellitari, registri di spedizione e sentenze dei tribunali, ma sono anche andati sotto copertura alle fiere commerciali globali con lo scopo di tenere traccia di “quasi un milione di tonnellate di cotone contaminato da alcune delle tenute più famose del Brasile fino ai produttori di abbigliamento in Asia che sono i fornitori dei due più grandi rivenditori di moda del mondo”.

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Dal report ottenuto grazie alle informazioni raccolte è emerso come siano circa “800.000 le tonnellate di cotone contaminato riconducibili ad aziende produttrici di capi di abbigliamento popolari venduti anche in Italia”. Queste tonnellate di cotone sono per lo più provenienti da aziende, con sede nel Cerrado brasiliano, destinato poi ad industrie asiatiche che hanno prodotto 10 milioni di capi finiti in un anno nei principali negozi italiani di H&M (oltre 160 negozi in Italia) e Zara (oltre 330), ma anche in quelli di Bershka o Pull&Bear.

Il cotone che Earthsight ha rintracciato “è stato certificato come sostenibile da Better Cotton (BC) e la maggior parte dei prodotti H&M e Zara sono realizzati con cotone BC.  Quasi la metà di tutta la BC proviene dal Brasile, più di qualsiasi altro Paese. BC è stata accusata più volte in passato di greenwashing, segretezza e mancata protezione dei diritti umani” spiegano dall’Ong. 

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Secondo l’associazione “BC ha avviato un’indagine in risposta ai risultati di Earthsight. Per coincidenza, le sue regole sono state aggiornate il 1° marzo, ma rimangono piene di lacune, conflitti di interessi e scarsa applicazione. Il cotone proveniente da terreni deforestati illegalmente prima del 2020 può ancora qualificarsi come ‘migliore’, anche se è stato rubato alle comunità locali” accusa il gruppo.

Nel dettaglio l’indagine mostra come due gruppi brasiliani – Horita e SLC Agrícola – abbiano esportato migliaia di tonnellate di cotone da Bahia verso i mercati esteri tra il 2014 e il 2023. Quel cotone grezzo è stato lavorato da 8 produttori asiatici che hanno poi rifornito i grandi marchi che a loro volta si erano affidati, come certificazione etica, al sistema chiamato Better Cotton

Le accuse per le aziende agricole del Cerrado – soprattutto SLC Agrícola e  Horita –  sono quelle di  produrre cotone in una zona dove “oltre la metà del territorio è stato bonificato per l’agricoltura su larga scala, soprattutto negli ultimi decenni. Secondo le stime del governo brasiliano, la distruzione in quelle aree crea impatti climatici equivalenti a 50 milioni di auto in più sulla strada ogni anno. Centinaia di specie rischiano oggi l’estinzione a causa della perdita di habitat. Ogni anno, miliardi di litri di acqua dolce vengono deviati verso i campi di cotone che vengono cosparsi di 600 milioni di litri dei pesticidi più velenosi”.

Una condizione destinata a peggiorare dato che “si prevede che entro il 2030 il Brasile supererà gli Stati Uniti diventando il più grande esportatore di cotone al mondo” portando in zone come il Cerrado a una “diminuzione delle comunità tradizionali”.

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Di conseguenza, afferma senza mezzi termini Sam Lawson, direttore di Earthsight “se avete vestiti di cotone, asciugamani o lenzuola di H&M o Zara, probabilmente sono macchiati del saccheggio del Cerrado. Queste aziende parlano di buone pratiche, responsabilità sociale e sistemi di certificazione, affermano di investire in tracciabilità e sostenibilità, ma tutto questo ora sembra falso quanto le loro vetrine nelle strade principali. È ormai molto chiaro che i crimini legati ai beni che consumiamo devono essere affrontati attraverso la regolamentazione, non attraverso le scelte dei consumatori. Ciò significa che i legislatori dei Paesi consumatori dovrebbero mettere in atto leggi forti con un’applicazione rigorosa. Nel frattempo, gli acquirenti dovrebbero pensarci due volte prima di acquistare il prossimo capo di abbigliamento in cotone“.

Zara e H&M hanno risposto all’indagine facendo sapere di accogliere “con favore l’impegno di Earthsight su questi temi e prendiamo estremamente sul serio queste accuse. Siamo in stretto contatto con il proprietario della certificazione Better Cotton, che ha avviato un’indagine approfondita sulle accuse specifiche. Rimaniamo in stretto dialogo con BC e altri stakeholder per identificare le esigenze di miglioramento dello standard e della sua verifica e accogliamo con favore l’opportunità di continuare il dialogo con Earthsight su questo tema” dice H&M. 

Inditex, gruppo che possiede Zara, aggiunge che “poiché la sostenibilità è un work-in-progress, collaboriamo continuamente con organizzazioni di certificazione e altre terze parti specializzate per migliorare la qualità di questi standard, i loro requisiti, i loro strumenti di tracciabilità e le politiche di conformità. Prendiamo molto sul serio qualsiasi informazione relativa a pratiche scorrette nell’industria tessile”. Entrambe hanno chiesto a BC ulteriori chiarimenti.

IKEA sotto accusa: “Legno dei mobili proveniente da foreste antiche”

Nel mirino degli ambientalisti non  ci sono solo i marchi di moda. Greenpeace ad esempio – che tra l’altro proprio sulla moda ha lanciato una nuova campagna per dire no al fast fashion e e chiedere al governo italiano un’immediata azione che promuova un’industria tessile a misura di pianeta – di recente ha accusato IKEA di usare legno proveniente dalle foreste “vetuste” della RomaniaSecondo l’associazione ci sarebbe anche l’Italia fra i 13 Paesi in cui sarebbero in vendita una trentina di prodotti del colosso svedese realizzati con legno di boschi intatti da secoli. e con alberi anche di 180 anni cresciuti nelle foreste vergini.

Alle accuse IKEA ha risposto spiegando che “noi non accettiamo, per i nostri prodotti, legname proveniente da foreste vetuste. Le pratiche di approvvigionamento descritte nel report di Greenpeace sono legali e conformi sia alle leggi locali, sia a quelle dell’Unione europea, oltre a essere certificate dal Forest Stewardship Council (FSC)”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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