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Donato Giovannelli, un microbiologo ai confini del mondo

Salirà sul vulcano Poás, in Costar Rica, e poi volerà alle isole Svalbard, al circolo polare artico: sono le terre abitate più a nord del pianeta.  Quindi si immergerà attorno alle sorgenti termali naturali, in Grecia e alle Eolie e, ancora, dalla Patagonia all’Islanda, senza soluzione di continuità. Ha sempre le valigie pronte, Donato Giovannelli. La sua missione? Esplorare i luoghi più remoti della terra. Una spedizione dopo l’altra, senza mai fermarsi. Lo scopo? Studiare la biodiversità degli ambienti estremi, trovando risposte sull’interazione tra geologia e biologia.

Una delle ultime spedizioni, a 2500 metri di profondità, lungo la dorsale dalla quale nasce il Pacifico, a bordo del sommergibile Alvin (lo stesso impiegato, nel 1996, per individuare i resti del Titanic), ha ispirato le 8 puntate del podcast “Abissi. Diario dai fondali del Pacifico”, su RaiPlay Sound. “Tutto è nato da un’idea dei giornalisti di Radio3 Scienza Francesca Buoninconti e Marco Motta, con i quali ho condiviso – come in un una sorta di diario di viaggio – le difficoltà della missione, le emergenze mediche, la raccolta dei campioni, il fascino della scoperta. Perché, sa, c’è ancora tanto da scoprire nei nostri oceani. Il nostro pianeta è coperto per il 70% di acqua, con una profondità media di quasi 4000 metri: lo chiamiamo Terra, dovremmo chiamarlo Acqua. Così, dopo ogni spedizione organizzata per studiare la biodiversità degli oceani profondi torniamo a casa con nuove specie mai descritte prima dalla scienza. E il paradosso è che sappiamo che gli Oceani sono fondamentali per il funzionamento del nostro pianeta e del clima, ma ancora non li conosciamo a fondo”.

Quando lo sentiamo è a Tokyo per un simposio sull’origine della vita, in attesa di volare a Pasadena per discutere della vita nell’universo, a cominciare da Marte. Così Giovannelli ci racconta il progetto CoEvolve, finanziato con uno Starting Grant dal Consiglio Nazionale delle Ricerche Europeo (l’ERC): il focus è, appunto, sull’interazione tra la vita e il pianeta.

C’è un’idea diffusa, sia nelle scienze che tra il grande pubblico, che la terra cambi nel tempo come risultato dei processi geologici e che la vita si limiti ad adattarsi ad un ambiente in continua trasformazione. La realtà è più complessa. L’interazione tra la vita e il nostro pianeta è una strada a due vie, dove il pianeta costringe la vita ad adattarsi e la vita modifica il pianeta, in una specie di danza a due, un ballo intrigante in cui ad ogni cambiamento dell’uno corrisponde una variazione dell’altro. Stiamo cominciando solo adesso ad apprezzare la complessità di questa interazione, e quanto profondi siano i cambiamenti imposti dall’esistenza della vita sul funzionamento stesso del pianeta, non ultimi l’antropocene e la crisi climatica in atto, anche questo un evento co-evolutivo da studiare con attenzione.

Indagando gli ambienti estremi in giro per il globo, il team di ricerca ottiene così risposte su un tempo geologico lontano in cui il nostro pianeta era molto diverso: “Gli organismi estremofili sono la più grande riserva di nuovi geni completamente sconosciuti del nostro pianeta, ci raccontano quali sono i limiti della vita, e informano la nostra ricerca di vita extraterrestre guidando le missioni spaziali e l’esplorazione. Ma c’è di più: sono studiati anche per applicazioni in campo energetico, come la transizione verso fonti energetiche green come l’idrogeno, un campo di ricerca di cui ci occupiamo nel mio gruppo con i colleghi della Federico II e su cui siamo all’avanguardia”. Spedizioni e ricerche si possono seguire sui social seguendo gli hashtag #erc_coevolve e #extremegeobiology o gli account @‌donatogiovannelli  e @‌d_giovannelli o il sito coevolve.eu.

Quarant’anni, nato a Chioggia ma cresciuto in Puglia, a Rodi Garganico, Giovannelli è da sempre affascinato dal mare e dall’esplorazione, anche se – dice – “da piccolo sognavo di fare l’astronauta, e nel 2021 ci sono andato vicino arrivando nei primi 90 alla selezione ESA per i nuovi astronauti”. Laurea in biologia marina all’università politecnica delle Marche, dottorato alla Federico II, esperienze al CNR e negli Stati Uniti, alla Rutgers University prima e all’Istituto di Studi avanzati di Princeton poi. Quindi, due anni in Giappone, al Earth-Life Science Institute di Tokyo. Nel 2018 il rientro in Italia, a Napoli, come ricercatore all’Università di Napoli Federico II: qui ha costruito il Giovannelli Lab, molto attivo in campo internazionale, e qui dal 2021 insegna microbiologia. Di più: ha disegnato, insieme ad alcuni colleghi, una laurea magistrale unica nel suo genere, in Biologia degli Ambienti Estremi: “Una laurea in inglese fortemente innovativa con due curricula, in risorse degli ambienti estremi e in astrobiologia. Abbiamo riscontrato un enorme successo, con studenti provenienti da mezzo mondo venuti a Napoli per studiare gli ambienti estremi in maniera interdisciplinare e proiettata al futuro. Abbiamo stretto contatti con aziende e agenzie spaziali nazionali e internazionali”.

Intanto, Giovannelli continua a girare il mondo alla ricerca della vita, dove la vita parrebbe impossibile o quasi. Già, ma fino a quando ci saranno luoghi realmente remoti, disabitati e dunque in grado di rivelare all’uomo segreti intriganti sulla storia della Terra? Il tema è critico, tira in ballo – tra l’altro – gli effetti dei viaggi e del turismo sugli equilibri stessi della terra. “La democratizzazione dell’esplorazione – spiega Giovannelli – è qualcosa che non possiamo fermare e che, gestita nel modo giusto, può anche essere utile come strumento di divulgazione e sensibilizzazione. Dobbiamo però fortemente regolarla, e fare uno sforzo collettivo per far sì che la fruizione degli ambienti estremi non diventi un meccanismo di distruzione. Penso non sono all’Antartide, ma anche alle sorgenti termali marine delle nostre Eolie. Ecco, abbiamo bisogno di preservare gli ambienti estremi, forse anche più di altri ecosistemi”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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