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Cosa c’è dietro il no dell’Italia allo stop ai motori a combustione nel 2035

Abrogare il “vincolo Timmermans” che prevede dal 2035 lo stop alla produzione alla vendita di nuove auto a combustione interna nella Ue, non alla circolazione di veicoli prodotti prima di quella data. La cancellazione di uno dei pilastri del Green deal europeo sembra essere una priorità per il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, tanto da indurlo a parlarne approfonditamente nel corso di un evento che, al contrario, avrebbe dovuto enfatizzare i progressi della mobilità elettrica: la presentazione del Portale unico nazionale che monitorerà la rete italiana delle colonnine di ricarica.

Alla luce dell’esternazione del ministro, viene da chiedersi quale sia l’iter immaginato per tale abrogazione, anche perché a specifica domanda Pichetto Fratin ha preferito non rispondere. Va ricordato che il provvedimento fu proposto nel 2021 dalla Commissione europea, il cui vicepresidente Frans Timmermans è stato paladino delle politiche Green in questa legislatura, approvato dal Parlamento di Strasburgo, infine ratificato nel marzo del 2023 dal Consiglio europeo, con l’astensione dell’Italia. Riscrivere quella norma prevede un iter analogo, lungo e complesso, dunque è presumibile che il ministro immagini una nuova maggioranza uscita dalle urne delle prossime elezioni europee (6-9 giugno) che ribalti la situazione attuale ed escluda dal governo della Ue Verdi e Socialisti (certamente contrari a un dietrofront sullo stop alle auto a combustione).

Mobilità

Il no di Pichetto Fratin allo stop Ue alle auto a combustione dal 2035

27 Marzo 2024

Ma quali sono le forze politiche che invece vogliono davvero cancellare il “vincolo Timmermans”, come lo ha definito Pichetto? Solo Forza Italia e il centrodestra italiano, che citano i biocarburanti studiati e prodotti dall’Eni per sostituire eventualmente i combustibili fossili come un “asset strategico nazionale”? Chi sono i loro alleati in Europa? A leggere con attenzione il “Manifesto del Partito popolare europeo” per le elezioni del 2024, uscito dal congresso di Bucarest di inizio marzo, la questione è sul tavolo, ma con toni assai meno categorici di quelli usati dal ministro dell’Ambiente italiano. “Le nuove tecnologie hanno il potenziale per rivoluzionare il modo in cui ci muoviamo, rendendo la nostra mobilità più intelligente, più efficiente e anche di più sostenibile. Abbiamo bisogno di più tecnologia, non di divieti!”. E poco più avanti: “Il Ppe sostiene un approccio tecnologicamente neutrale per lo sviluppo di carburanti alternativi, tecnologie dell’idrogeno, nuovi gruppi propulsori per veicoli, aerei e navi. Supportiamo nuovi combustibili liquidi sostenibili, poiché possono essere utilizzati con le attuali infrastrutture di rifornimento e catene di approvvigionamento”. Una serie di promesse che non contemplano affatto l’abolizione del divieto del 2035. Senza contare che tutti i sondaggi disponibili, a poco più di due mesi dal voto, non configurano maggioranze possibili senza socialisti e liberali.

Infine il ruolo delle imprese: è forse l’industria automotive europea a spingere per la sopravvivenza di cilindri e pistoni? Pare proprio di no: tutti i principali protagonisti hanno ormai imboccato la strada per il motore elettrico, consapevoli che sarà in quel campo che si combatterà la sfida della competitività con i produttori americani, giapponesi e cinesi nei prossimi decenni. E allora, a parte qualche colosso dei combustibili fossili che si riconverte ai biocarburanti, chi c’è dietro la controriforma annunciata da Pichetto Fratin? Forse non c’è alcun interesse economico. L’interesse potrebbe essere solo politico e con un obiettivo di breve termine: il voto di giugno, appunto. In Germania come in Italia, con la difesa delle auto diesel e benzina, i Popolari strizzano l’occhio non alle imprese, ma agli elettori spaventati dai costi economici della transizione energetica. Sperando di raccoglierne il consenso. E sapendo che non si potrà comunque tradurre, a meno di terremoti politici, nell’abrogazione del “vincolo Timmermans”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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