19 Settembre 2023

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consigliato per te

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    Scuola, l’algoritmo aiuta i supplenti meno bravi

    ROMA – Il Tribunale di Ivrea, a proposito di una precaria esclusa dalle supplenze dall’algoritmo che governa le chiamate temporanee in cattedra, scrive: “E’ paradossale e penalizzante”. La Uil scuola, che difende l’insegnante del Nord-Ovest, attacca: “Adesso la docente va risarcita”. E’ un’altra storia degli algoritmi – le complesse funzioni matematiche – prestati alla scuola per gestire assunzioni e […] LEGGI TUTTO

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    Gli ambientalisti contro le mille luci di New York: “Uccidono gli uccelli”

    Ogni anno, la Settimana del Clima di New York riunisce attivisti, politici e uomini d’affari per centinaia di eventi volti a riflettere su come affrontare la crisi ambientale. Ma le luci abbaglianti che rendono la “città che non dorme mai” ciò che è sono da tempo fonte di frustrazione per gli attivisti, che notano una contraddizione con lo spirito di sobrietà energetica incarnato da questo incontro. “Credo che ci sia ancora molta strada da fare prima di vedere una città illuminata per quello che è, ovvero un grossolano spreco di energia e un impatto diretto sulla natura”, ha dichiarato all’AFP Ruskin Hartley, direttore dell’International Dark-Sky Association (IDA), che si batte per mantenere i cieli bui di notte.

    Lo studio

    L’inquinamento luminoso tra vent’anni ci impedirà di vedere le stelle

    di Sandro Iannaccone

    13 Giugno 2023

    Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, l’illuminazione esterna negli Stati Uniti consuma abbastanza energia da alimentare 35 milioni di case per un anno. Le stime per città sono difficili da ottenere, ma è chiaro che New York è una di quelle con i risultati peggiori negli Stati Uniti, un Paese che secondo i ricercatori spreca molta più energia dell’Europa.Mentre i partecipanti alla Settimana del clima di New York discutono di una serie di argomenti ambientali, dalla riduzione dell’impronta di carbonio degli alimenti al ruolo dell’arte nell’attivismo, dovrebbe essere affrontata anche la questione dell’inquinamento luminoso, sostiene Hartley. “Credo che le persone cerchino modi per avere un impatto rapido, data la portata della crisi che stiamo affrontando. E una delle cose più semplici che possiamo fare è guardarci intorno e vedere dove possiamo ridurre i rifiuti”, aggiunge.

    La storia

    Lorenzo Ranieri Tenti: “Fotografo il cielo per far vedere cosa perdiamo con l’inquinamento luminoso”

    di Cristina Nadotti

    10 Agosto 2023

    Secondo le stime dell’IDA, l’illuminazione esterna visibile nello spazio è responsabile dell’1% delle emissioni annuali di gas serra. E non si tratta solo dello spreco di energia. “New York si trova lungo una rotta migratoria utilizzata da milioni di uccelli ogni anno”, ha spiegato all’AFP Dustin Partridge, responsabile di New York City Audubon, un’associazione che si batte per la protezione degli uccelli. La luce artificiale attira gli uccelli in città. Durante il giorno, si schiantano contro gli edifici perché vedono i riflessi della vegetazione nelle finestre. Di notte, invece, volano direttamente contro le finestre illuminate. “A New York, circa 250.000 uccelli muoiono ogni anno a causa di collisioni”, afferma Partridge. E la Settimana del clima cade proprio nel mezzo della migrazione autunnale. I semi che diffondono sono vitali per la salute degli ecosistemi che trattengono l’anidride carbonica dal Canada, dove iniziano il loro viaggio, fino alle varie destinazioni in Sud America.

    Un’altra vittima dell’inquinamento luminoso è l’osservazione delle stelle. È proprio questo il motivo per cui è stata creata l’IDA. “La luce che ha viaggiato per milioni di anni luce viene assorbita e nascosta nell’ultimo nanosecondo. Che perdita per la società”, lamenta Hartley. E poiché la luce attira gli insetti, un documento del 2020 ha trovato un legame tra la luce artificiale e l’aumento della trasmissione del virus del Nilo occidentale, trasmesso dalle zanzare.

    Biodiversità

    Le luci a Led provocano un “effetto hangover” alle piante

    di Fabio Marzano

    03 Luglio 2023

    Nel 2021 New York ha approvato una legge che impone a tutti gli edifici di proprietà della città di spegnere le luci non essenziali dalle 23 alle 6 del mattino durante le migrazioni primaverili e autunnali. Ma questi rappresentano solo una piccola percentuale di tutti gli edifici. Una proposta di legge più recente, presentata a maggio, che estenderebbe le stesse regole agli edifici privati e industriali, è ancora all’esame dell’assemblea cittadina. I critici sottolineano che l’iconico skyline notturno di New York è essenziale per l’identità della città. Gli attivisti rispondono citando le città europee che hanno iniziato a spegnere le luci quando la maggior parte della popolazione dorme. Come Parigi, la ‘Città della Luce’. LEGGI TUTTO

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    Yucca, come curare la regina delle piante da appartamento

    La Yucca è una pianta erbacea, che appartiene alla famiglia delle Agavaceae, della quale fanno parte più di quaranta specie diverse. Originaria delle Indie e delle Americhe Occidentali, può arrivare a raggiungere altezze molto elevate, addirittura fino ai 15 metri. É una pianta molto apprezzata per l’arredamento d’interni, spesso capita di trovarla negli appartamenti perché è molto facile da coltivare e farla rimanere in salute. Proprio per questo è una pianta molto adatta per chi non ha grandi esperienze con il giardinaggio. Questa famiglia di alberi sempreverdi è molto variegata: sono presenti piante di Yucca senza fusto, con poche ramificazioni, che raggiungono le dimensioni e la forma di un vero albero. Generalmente le tipologie più coltivate nelle case sono quelle con poche ramificazioni e con il tronco robusto.

    Tra le tante varietà presenti le più conosciute sono:

    Yucca aloifolia: ha foglie verdi con un bodo seghettato leggermente, la variegata presenta foglie con un bordo color crema
    Yucca elephantipes: presenta un tronco alla base somigliante alla zampa di un elefante
    Yucca baccata: visto che i suoi frutti hanno una forma particolare, ha foglie verdi che tendono al blu, che possono raggiungere il metro di lunghezza
    Yucca gloriosa: riesce a sopportare brevi periodi di freddo, anche se deve essere protetta bene. Tra le tipologie che sono ottime per purificare l’aria, è dannosa se viene ingerita qualsiasi sua parte
    Yucca flaccida: ha un ciuffo di foglie denso e foglie più morbide che sono rivolte verso il basso. Non presenta un fusto
    Yucca filamentosa: non ha un fusto, riesce a resistere bene al freddo, è alta in media 60/70 cm. La punta delle sue foglie con la maturazione ricurva verso il basso, producendo anche dei filamenti. Da luglio a settembre producono dei meravigliosi fiori profumati più alti della pianta stessa
    Yucca Recurvifolia: è tra le varietà più resistenti al freddo, le sue foglie sono lunghe, di colore verde, rigide e tendono ad inarcarsi verso l’estremità

    Coltivazione e dove posizionarla

    La Yucca è una pianta molto resistente, proprio per questo potrebbe essere collocata anche in un ambiente esterno.  Sopporta temperature tra i 5° e i 30°, deve essere collocata in una posizione luminosa facendo attenzione, particolarmente in estate, che non riceva la luce diretta del sole. Se si desidera che la pianta cresca bene la luminosità dovrebbe essere mantenuta tutto l’anno, evitando le correnti d’aria e l’esposizione diretta, che potrebbero essere dannose per la pianta, così come gli sbalzi di temperatura. Ovviamente sarà necessario tenerla lontana dai termosifoni. Per quanto concerne il terreno questa pianta non ha bisogno di prodotti o cure specifiche. Utilizzare un terreno bilanciato universale, unendolo a lapillo e sabbia per accrescerne il drenaggio, è la soluzione perfetta per la Yucca. Il rinvaso dovrà essere fatto ogni 3 o 4 anni visto che non sviluppa una struttura massiccia, optando per un vaso grande. Visto che questa pianta può arrivare ad altezze notevoli, è opportuno usare contenitori pesanti che ne garantiscano la stabilità.

    Cura e quando annaffiare

    Questa pianta necessita di annaffiature abbondanti da effettuare da marzo ad ottobre, aspettando tra un’annaffiatura e l’altra che il terreno si asciughi, per evitare che l’acqua ristagni, altrimenti potrebbero marcire le radici. La metodologia migliore è di annaffiare la pianta finché l’acqua non esce dai fori di scolo. Facendo così, trascorrerà un po’ di tempo prima che il terreno si asciughi di nuovo. Nel corso della stagione vegetativa, è una buona idea unire ogni 15-20 giorni del concime liquido all’acqua delle annaffiature. Più le temperature scenderanno e più si potranno fare meno annaffiature, finché non diventeranno sporadiche nella stagione invernale.

    Curiosità

    Il nome della Yucca proviene dalla lingua indigena di Haiti ed è nota come pianta commestibile. Infatti, alcune popolazioni caraibiche, usano le radici di questa pianta per tantissime ricette. Viene considerata come una pianta portafortuna, per questo viene nominata (sbagliando) “tronchetto della felicità”, anche se quel titolo è della Dracaena fragans.Durante l’estate e l’autunno, nelle piante situate all’aperto e che hanno un’età che va dai 7 ai 10 anni, si formano delle meravigliose infiorescenze, con dei fiori bianchi campanulati. Quest’ultimi si possono mangiare (hanno il sapore simile a quello degli asparagi) e difatti vengono consumati crudi in insalata, fritti in pastella e diverse altre ricette. Inoltre, la Yucca veniva anche utilizzata per realizzare calzature, abiti e un sapone (da Yucca elata, l’albero del sapone). LEGGI TUTTO

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    L’idrogeno è necessario alla transizione

    Con il termine transizione energetica si intende il passaggio dal vecchio “mondo fossile” al nuovo “mondo rinnovabile”, ovvero il passaggio da un modello di produzione di energia basato sull’utilizzo di fonti fossili come il petrolio, il gas naturale e il carbone, ad un modello che si basa su fonti energetiche rinnovabili come l’eolico e il […] LEGGI TUTTO

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    “Trasporti, l’Ue investe più sulle autostrade che sulle ferrovie: persi 15mila km di binari”

    Dal 1995 i Paesi europei hanno investito per ampliare e ripristinare la rete stradale il 66% in più di quanto hanno speso per la rete ferroviaria. È quanto emerge da una nuova analisi commissionata da Greenpeace Europa centro-orientale (CEE) al Wuppertal Institut e al T3 Transportation Think Tank. Da quando, negli anni Novanta, sono stati presi i primi impegni globali per ridurre le emissioni di gas serra, i Paesi europei hanno speso ben 1.500 miliardi di euro per le infrastrutture stradali e solo 930 miliardi di euro per quelle ferroviarie, incentivando così il trasporto privato alimentato con carburanti fossili anziché il trasporto pubblico sostenibile.Come conseguenza, dal 1995 in Europa sono stati costruiti più di 30mila chilometri di autostrade, con un aumento del 60%. Allo stesso tempo la rete ferroviaria si è ridotta del 6,5%, con una perdita complessiva di più di 15mila chilometri di linee ferroviarie. Oltre 13mila chilometri di linee ferroviarie, per lo più regionali, e quasi 2.600 fermate e stazioni di treni sono state chiuse in via temporanea o definitiva, penalizzando soprattutto chi vive nelle aree rurali.Per quanto riguarda l’Italia, dal 1995 al 2018 il nostro Paese ha investito il 28% in più sulle strade che sulle ferrovie, spendendo rispettivamente 151 e 118 miliardi di euro.Inoltre, nonostante la lunghezza della rete ferroviaria italiana sia aumentata del 5% rispetto al 1995, soprattutto grazie agli investimenti sull’alta velocità, questo è avvenuto a discapito delle linee regionali. Dal 1995 sono state infatti chiuse 40 linee ferroviarie, per un totale di più di 1.800 chilometri. Queste linee, tuttavia, potrebbero essere in gran parte ripristinate con relativa facilità, dal momento che non sono state smantellate. LEGGI TUTTO

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    L’influenza aviaria minaccia le Galapagos, a rischio la sopravvivenza di specie uniche

    Un pinguino che vive soltanto nell’arcipelago, la poiana che prende il nome dalle isole, la fregata magnifica, migratore capace di percorrere in un singolo volo 200 chilometri. Sono soltanto alcuni tra gli uccelli che potrebbero essere decimati, o addirittura estinti, a causa dell’epidemia di influenza aviaria che interessa le Galapagos, uno dei più importanti scrigni di biodiversità del Pianeta. L’Ecuador ha annunciato ieri di aver attivato un piano per proteggere gli uccelli selvatici delle isole, dopo che soprattutto a Genovesa e Wolf sono stati avvistate decine di animali morti o malati. Un team di esperti eseguirà delle analisi, ma ci sono pochi dubbi che si tratti di un’epidemia del virus H5N1, già individuato sulla terraferma.

    Lo scorso dicembre, Quito aveva dichiarato un’emergenza sanitaria di 90 giorni, dopo aver individuato il virus altamente contagioso in alcuni allevamenti e aver ordinato l’abbattimento di circa 180.000 gallinacei. L’epidemia non riguarda soltanto L’Ecuador: il virus dell’influenza aviaria ha raggiunto il Sud America attraverso gli uccelli selvatici migratori alla fine dello scorso anno, colpendo soprattutto il Perù, dove sono morti almeno 14mila uccelli marini, soprattutto pellicani. Lima aveva ordinato l’abbattimento di almeno 37.000 polli, per cercare di controllare l’epidemia, mentre il Venezuela, sempre all’inizio di dicembre, aveva dichiarato un’allerta sanitaria di 90 giorni in cinque stati costieri e vietato il movimento di uccelli vivi nelle zone di quarantena.

    Salute

    Spillover, se l’influenza aviaria è una nuova minaccia

    di Viola Rita

    20 Maggio 2021

    Purtroppo, come ben ci ha insegnato la pandemia di Covid, i virus non conoscono confini né distinzioni di emisferi e secondo le autorità statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, l’aviaria che minaccia gli uccelli selvatici delle Galapagos è iniziata in Canada e si è diffusa negli Stati Uniti, dove si è registrato un record di 50 milioni di morti aviarie. Non è immune dall’epidemia neanche l’Europa, che secondo le autorità di controllo Ue sta vivendo la peggiore epidemia di questo virus. Non esiste una cura per l’influenza aviaria e non ci sono pericoli immediati per l’uomo, che non viene in genere infettato, anche se ci sono stati rarissimi casi di questo tipo. Non è neanche la prima epidemia di questo tipo che investe gli allevamenti intensivi, ma quanto sta accadendo nelle Galapagos, spiegano gli esperti, pone l’attenzione su alcuni aspetti peculiari di questa emergenza, perché il virus ha mostrato una capacità maggiore di infettare le specie selvatiche.

    Biodiversità

    Negli Usa sono morte 36 aquile calve per l’influenza aviaria

    di Giacomo Talignani

    19 Aprile 2022

    Il ministero dell’Ambiente ecuadoriano ha detto di aver istituito un comitato tecnico interistituzionale per “adottare misure preventive” per garantire la sicurezza degli uccelli e della produzione di pollame nell’arcipelago, dove si trovano 35 allevamenti di  ora sotto stretto monitoraggio. Poiché, come detto, non esiste una cura per l’influenza aviaria, le uniche misure possibili sono volte a prevenire l’ingresso della malattia nelle isole.

    «Il possibile impatto sulle specie endemiche delle isole è spaventoso – sottolinea Mauro Delogu, veterinario del servizio fauna selvatica ed esotica dell’Università di Bologna e autore con Maria Alessandra de Marco dell’Ispra e Claudia Cotti, sempre dell’università di Bologna, di un recente studio proprio sulla trasmissione dei virus aviari nelle specie selvatiche – c’è il rischio altissimo che il Pianeta perda una grossa fetta di biodiversità». Quanto alle possibilità di arginare l’influenza aviaria, l’esperto non lascia speranze: «Il virus è per sua funzione biologica un predatore, eliminarlo non soltanto è quasi impossibile, ma avrebbe ricadute ambientali inimmaginabili. Quanto è accaduto, cioè il passaggio dagli allevamenti alle specie selvatiche, ci conferma una volta di più che finché permetteremo al virus di potersi sviluppare in grossi serbatoi come gli allevamenti intensivi gli renderemo le cose più semplici per rafforzarsi in natura».

    «Negli ultimi anni, caratterizzati da rapidi cambiamenti climatici e ambientali, si è osservato un nuovo scenario che vede il crescente coinvolgimento degli uccelli selvatici nell’influenza aviaria altamente patogena – aggiunge Maria Alessandra De Marco dell’Ispra –  Quanto sta succedendo a livello globale, cioè questo interessamento dell’avifauna selvatica è inusuale, non si era mai verificato a questi livelli. È chiaro che serviranno studi più approfonditi per verificare il collegamento con la crisi climatica, ma anche solo la siccità, che ha costretto l’avifauna ad ammassarsi nelle poche zone umide, ha rappresentato un fattore di maggiore diffusione». LEGGI TUTTO

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    Shipping, Lloyd’s Register: “Ammoniaca verde e bio-Gnl, i carburanti del futuro”

    Come si muoveranno le navi del futuro? Sono due i combustibili alternativi che potrebbero orientare nei prossimi anni la rotta del trasporto marittimo: ammoniaca verde, combustibile ottenuto dall’idrogeno, e biometano liquefatto (bio-Gnl). È quanto sostiene il rapporto “The Future of Maritime Fuels” del Lloyd’s Register, società di riferimento a livello mondiale nel settore della classificazione navale, alla luce degli impegni stringenti che l’industria del mare deve perseguire per azzerare le emissioni di gas serra al 2050.

    Nel primo scenario, lo studio sostiene che l’ammoniaca verde, ottenuta dall’idrogeno attraverso un processo di produzione al 100% rinnovabile e carbon-free, sarà probabilmente il carburante più adottato nel lungo termine dal trasporto marittimo. Questa previsione porterà potenzialmente il settore a diventare il più grande utilizzatore di ammoniaca a livello mondiale. Secondo le stime, questo combustibile catturerà una quota compresa tra il 20% e il 60% del totale dei carburanti utilizzati per il trasporto marittimo entro il 2050, con un consumo totale che aumenterà in media da 0,79 exajoule (EJ) nel 2030 a 6,06 EJ nel 2050.

    Nel secondo scenario, lo studio prevede invece che il biometano liquefatto catturerà in media il 34% del totale dei carburanti utilizzati per il trasporto marittimo entro il 2050, con un consumo totale che aumenterà da 0,5 EJ nel 2030 a 4,58 EJ nel 2050. Tuttavia, l’analisi sottolinea che la fornitura stimata di biometano necessario per la navigazione varierà tra 0,3 EJ e 2 EJ durante il periodo in esame, un valore inferiore alla domanda.

    Il rapporto prevede inoltre che il metanolo avrà una quota più bassa nel mercato dei carburanti per la navigazione marittima rispetto a biometano e ammoniaca. Una previsione, evidenzia lo studio, in controtendenza rispetto all’andamento degli ordini registrato negli ultimi anni, per lo più concentrato su unità a metanolo a doppia alimentazione. In conclusione, lo studio stima che la quota combinata di metanolo bio e verde, combustibili alternativi ottenuti rispettivamente dalle biomasse e da fonti rinnovabili, avranno una quota di mercato in media del 13,4% sul totale dei carburanti per il trasporto marittimo entro il 2050.

    “Le nostre proiezioni dimostrano l’entità della sfida che investitori e armatori hanno di fronte per sciogliere l’attuale dilemma legato alla scelta dei carburanti alternativi su cui puntare. Ancora oggi non è chiaro quale sia la categoria dei carburanti del futuro che dominerà il mix di combustibili marittimi nel breve e lungo termine. Per questo, gli investitori stanno prendendo tempo perché i rischi sono tanti. Questa incertezza ha frenato gli investimenti sui combustibili a basso o zero carbonio. Pertanto, in questo momento, iniziative pionieristiche come i Green shipping corridors (che fungono da modello per la riduzione globale delle emissioni marittime e della catena di approvvigionamento, ndr), risultano fondamentali nel tentativo di ridurre l’incertezza del mercato”, sottolinea Carlo Raucci, consulente per la decarbonizzazione, LR Maritime Decarbonisation Hub. LEGGI TUTTO

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    Scuola, rimandato a settembre chi prende 6 in condotta. Ecco cosa cambia con la riforma

    Una stretta sul voto in condotta sull’onda delle violenze in classe contro i professori fa tornare il giudizio in decimi anche alle scuole medie (era stato abolito dalla ministra Valeria Fedeli nel 2017) e potrà portare alla bocciatura se il “5” finale in pagella sarà motivato non solo per “gravi violenze”, come già è adesso, ma anche in […] LEGGI TUTTO