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    Efsa: il 96,3% degli alimenti non ha residui di pesticidi

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    Nessun paese del G7 è in linea con gli obiettivi di ridurre le emissioni climalteranti

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    Secondo gli analisti “collettivamente le economie del G7 devono ridurre le proprie emissioni del 58% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019 per fare la loro parte nel limitare il riscaldamento a 1,5°C”, soglia fissata negli Accordi di Parigi. Climate Analytics sostiene inoltre che i vari Paesi siano “sulla strada per raggiungere appena la metà delle riduzioni delle emissioni di gas serra necessarie entro il 2030”.

    Il rapporto

    Meno 6,5% di emissioni, Italia ancora in corsa per obiettivi Ue al 2030

    a cura di redazione Green&Blue

    22 Aprile 2024

    “Queste economie, che rappresentano il 38% del Pil mondiale, non stanno facendo il necessario nonostante abbiano sia la tecnologia che le risorse finanziarie per fare il salto di qualità. In un contesto di estremi climatici senza precedenti, esacerbati dall’uso dei combustibili fossili, intraprendere azioni ambiziose per la decarbonizzazione e fissare una scadenza per abbandonare i combustibili fossili dovrebbe essere il minimo indispensabile” ha spiegato il principale autore del rapporto, il ricercatore Neil Grant.Dalla ricerca emerge come l’attuale livello di ambizione collettiva del G7 per il 2030 sia insufficiente e pari al “40-42%, ma le politiche esistenti suggeriscono che il G7 probabilmente raggiungerà solo una riduzione del 19-33% entro la fine di questo decennio”.Tra le indicazioni uscite dall’analisi c’è la necessità che i sette Stati si impegnino maggiormente nell’eliminare dalla produzione di energia elettrica il carbone e il  gas (entro rispettivamente 2030 e 2035), compito arduo se si pensa che buona parte di queste realtà continua insistentemente, nonostante l’idea di un progressivo addio al fossile innescata alla Cop di Dubai, a finanziare e investire nelle fonti inquinanti. Per Climate Analytics bisogna dunque “porre fine ai finanziamenti pubblici e ad altri tipi di sostegno ai combustibili fossili all’estero: l’Italia e il Giappone, l’attuale e la precedente presidenza del G7, sono tra i primi 5 Paesi che sovvenzionano progetti di combustibili fossili nel G20”. Altro punto chiave per rimettersi velocemente in cammino verso un traguardo davvero a basse emissioni è accelerare lungo il percorso che – come indicato alla Cop28 – dovrà portare a triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030.Il G7 a Venaria Reale sarà dunque l’occasione per mettersi davvero “a correre” verso un traguardo che appare lontano: per riuscirci però, secondo il think tank italiano del clima ECCO, dovranno essere rispettati tre punti chiave, anche in vista delle future Cop29 di Baku e Cop30 di Belem. “Affinché il risultato sia all’altezza delle sfide contemporanee, i membri del G7 dovranno dare un chiaro segnale a cittadini, imprese e investitori sulla transizione e sulla finanza per clima. Sono tre i pilastri su cui giudicheremo il successo o meno del G7 di Torino. Il primo è il trovare un accordo su un quadro strategico e coerente finalizzato alla progettazione e allo sviluppo di piani di transizione nazionali per l’intera economia, allineati all’obiettivo di contenimento dell’aumento della temperatura di 1,5°C. Tali piani dovrebbero illustrare come i Paesi del G7 intendano abbandonare gradualmente i combustibili fossili, con orizzonte la Cop30, in particolare la consegna dei nuovi impegni nazionali di riduzione delle emissioni (NDCs)”. Il secondo, per ECCO, è “indicare concretamente come i Paesi G7 intendono intraprendere la transizione dal carbone, dal petrolio e dal gas verso le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica”. Infine i Paesi del G7  “dovrebbero offrire un supporto per facilitare la transizione energetica e la resilienza a livello globale. Ciò passa da impegni per aumentare i flussi finanziari diretti ai Paesi in via di sviluppo, oltre a una profonda revisione delle regole finanziarie attuali, in particolare per quel che riguarda la gestione del debito e le modalità di accesso ai finanziamenti multilaterali per lo sviluppo”.Tre obiettivi che la guida italiana avrà il compito di veicolare, una responsabilità che però include anche un grande rischio. Secondo il think tank infatti  “il rischio più grande per l’Italia è quello di dedicare troppa attenzione politica a tecnologie marginali per la decarbonizzazione dell’economia, come i biocombustibili, o del tutto assenti nel sistema italiano, come il nucleare, invece di puntare su soluzioni vincenti per i cittadini e le imprese italiane, come rinnovabili e efficienza”. LEGGI TUTTO

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    L’Asia è il continente più colpito dai disastri ambientali nel 2023: oltre 2000 i morti

    Crisi climatica, ondate di calore estremo, inondazioni. L’Asia è sempre più vulnerabile. Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite è stata la “regione più colpita al mondo” dai disastri climatici, meteorologici e idrici nel 2023. Lo rende noto, nel suo rapporto annuale, l’agenzia sottilneando che le inondazioni e le tempeste sono state la causa principale […] LEGGI TUTTO

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    Entro il prossimo secolo un quarto delle coste cinesi sarà sotto il livello del mare

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    L’appello di Slow Food: “Educazione alimentare obbligatoria nelle scuole”

    Slow Food Italia, con la partecipazione dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo e della Comunità “Laudato si’”, ha lanciato un appello per inserire l’educazione alimentare come insegnamento obbligatorio nelle scuole italiane di ogni ordine e grado. «Le scelte alimentari che compiamo più volte al giorno possono diventare un’importante leva di cambiamento. Affinché ciò avvenga, urge un importante investimento in educazione alimentare, che fornisca ai giovani gli strumenti per diventare protagonisti del proprio futuro – si legge nell’appello, che si può firmare a questo link -. L’educazione alimentare permette di riscoprire il piacere del cibo, di comprenderne il valore, di conoscere il modo in cui viene prodotto, trasformato e distribuito, di capirne le dinamiche sociali, culturali, economiche e ambientali».

    «Chiedo dunque al Governo italiano di inserire l’educazione alimentare come insegnamento obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado e, come individuo, mi impegno a coinvolgere molte altre persone e realtà, perché solo con l’unione si può davvero fare la differenza – si conclude l’appello -. Per supportare concretamente la causa e nella convinzione che non basti più avanzare istanze, ma sia necessario anche assumersi delle responsabilità, nel quotidiano mi impegno a scegliere consapevolmente ciò che mangio adottando una dieta sana per il corpo e sostenibile per il pianeta».

    L’appello era già stato lanciato dal fondatore Slow Food Carlo Petrini in occasione della nascita del Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile, realizzato da Università di Torino, Politecnico di Torino, Università del Piemonte Orientale e Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo lo scorso gennaio e viene rilanciato oggi in occasione della Giornata mondiale della Terra.  “Sono convinto – ha sottolineato Petrini – che attraverso l’educazione alimentare e i comportamenti alimentari virtuosi di tutti noi, le nostre tavole possono diventare il luogo dove la conversione ecologica può arrivare a compimento in maniera più rapida, benefica e piacevole”.

    “Dico questo in virtù dell’importanza che l’alimentazione ricopre da sempre per la vita degli esseri umani. Lo ribadisco soprattutto alla luce della centralità che il cibo ha, e sempre più dovrà avere, nel periodo storico che stiamo attraversando – ha aggiunto Carlo Petrini – se la pandemia e le atroci guerre degli ultimi anni ci hanno ricordato quanto il cibo sia un punto dirimente anche a livello geopolitico, la crisi climatica che attanaglia il nostro Pianeta pone l’accento sulla vulnerabilità degli attuali sistemi alimentari, che in questo senso si pongono come vittima (la produzione di cibo sarà interamente da ripensare per via del riscaldamento globale) e carnefice (oggi il cibo è la principale causa della produzione di CO2). Per questi motivi la ricerca sul cibo e l’educazione alimentare saranno i punti nevralgici per un avvenire più sostenibile. Una maggiore attenzione verso il Pianeta è ciò che le nuove generazioni hanno già iniziato a chiedere e che davvero necessitano per realizzare nel miglior modo possibile il loro futuro”.

    Il Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile ha sede a Pollenzo all’Università di Scienze Gastronomiche e Carlo Petrini ne è il presidente. La struttura rappresenta un polo di ricerche e di studi sul cibo come bene complessivo, connesso all’ecologia, all’agricoltura e al consumo sostenibili, all’educazione sensoriale, agli stili di vita consapevoli, al benessere del vivente, all’economia circolare, alle politiche alimentari, all’innovazione non solo tecnologica, ma anche concettuale e di modello, con l’obiettivo di attrarre finanziamenti per linee di ricerca applicata e processi di sviluppo di prototipi, e di diventare un punto di riferimento internazionale sul tema. Il Centro intende portare avanti un’azione forte di sensibilizzazione delle istituzioni pubbliche affinché l’educazione alimentare e, più in generale, l’educazione a stili di vita consapevoli e sostenibili, entrino in maniera organica nei curricula della scuola primaria e secondaria. LEGGI TUTTO

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    Copernicus: “L’Europa è il Continente che si sta riscaldando più velocemente”

    Inondazioni diffuse e ondate di calore. Sono state le caratteristiche climatiche del 2023 sul continente europeo. Alla percezione di ciascuno (sappiamo che la memoria è selettiva e può ingannare) si aggiungono ora i dati scientifici di Copernicus, la rete europea di satelliti che studia i cambiamenti climatici, e dell’Organizzazione meteorologica mondiale. Il rapporto congiunto Stato […] LEGGI TUTTO

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    Inquinamento da polveri sottili, in metropolitana raddoppia

    Una rampa di scale in discesa, la biglietteria, i tornelli. E poi giù, nel ventre affollato, rumoroso e grigio della grande città, dove i convogli si susseguono, fendendo, con i loro occhi lucenti, il buio. Milano, Roma, Napoli, ma anche Londra, Berlino, Parigi. Qui, come nella maggior parte delle metropolitane del mondo, la qualità dell’aria è pessima. Anzitutto perché quella presente viene prelevata dall’esterno, attraverso griglie poste a livello del suolo, ed è quindi già carica delle particelle inquinanti di superficie, che derivano da attività industriali, traffico stradale, concentrazione urbana. A questo particolato si sommano poi le polveri sottili generate dalla stessa metro, attraverso frenate, usura di ruote e rotaie, sgretolamento delle coperture delle gallerie, passaggio dei convogli.

    Il report

    In Italia 18 città fuorilegge per lo smog: gli standard europei per la qualità dell’aria sono lontani

    di Cristina Nadotti

    08 Febbraio 2024

    Il doppio di particelle per chi va in metro

    Vari studi mirati a valutare l’atmosfera si sono svolti nella metropolitana della capitale francese, come ha recentemente raccontato Jean-Baptiste Renard, ricercatore dell’Università di Orléans, su The Conversation. L’ultima sua ricerca ha esaminato le concentrazioni di PM 2,5, particelle di diametro inferiore o uguale a 2,5 micrometri (un micrometro equivale a un millesimo di millimetro), introducendo il concetto di inquinamento in eccesso, cioè correlato unicamente alla metro, che si ottiene sottraendo ai valori dei sotterranei quelli dell’aria esterna vicina. L’esperto ha, quindi, effettuato le misurazioni nelle ore di punta, utilizzando appositi sensori mobili, in tutte le stazioni della metro della Ville Lumière e poi in superficie. Ebbene, dai dati è emerso un valore medio di circa 15 microgrammi per metro cubo nei sotterranei e di 15 microgrammi all’esterno. Il che significa, in pratica, che gli utenti della metropolitana raddoppiano la loro esposizione quotidiana alle particelle sottili rispetto a chi si muove senza utilizzare questo mezzo. Inoltre, è stato calcolato che un’ora e mezza in ambienti sotterranei aumenta l’esposizione giornaliera di un utente di 1 micrometro per metro cubo. “Si tratta di un valore medio”, sottolinea Renard, “che può essere più elevato nelle linee metropolitane più inquinate e nelle stazioni poco ventilate”.

    L’emergenza

    “Milano paragonata a Delhi per l’inquinamento atmosferico: la crisi del clima non aiuta a respirare”

    di Giacomo Talignani

    19 Febbraio 2024

    Lo studio cinese sui metalli

    Altre ricerche si sono focalizzate sulla composizione del particolato nei sotterranei. Una di queste è stata pubblicata nel 2021 su Environmental Research e condotta, nell’estate e nell’inverno del 2019, nella metropolitana di Nanchino, in Cina. Tra i principali costituenti metallici delle particelle sono stati rintracciati ferro, rame, manganese, stronzio e vanadio, evidenziando che i lavoratori della metro erano esposti a livelli più elevati di queste sostanze rispetto ai pendolari. Il ferro è risultato l’elemento più abbondante, rappresentando circa l’80% del totale. In particolare, l’esposizione media giornaliera a questo metallo è stata di 15,5 microgrammi per metro cubo per gli addetti e di 2 microgrammi per gli utenti. I lavoratori sono stati esposti a ferro, rame, manganese, stronzio-vanadio a livelli rispettivamente otto volte, quattro volte, tre volte, due volte superiori rispetto a quelli dei pendolari.

    I dati

    Inquinamento atmosferico, solo in 7 Paesi su 134 l’aria è pulita: la classifica IQAir

    di Giacomo Talignani

    19 Marzo 2024

    Nuovi standard europei

    In tutto ciò, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha recentemente dato un giro di vite, pubblicando i nuovi obiettivi per il PM 2,5 nell’atmosfera: cinque microgrammi per metro cubo in media nell’arco dell’anno e 15 microgrammi come limite massimo quotidiano. Per avvicinarsi a queste raccomandazioni, nel febbraio 2024 la Commissione europea ha abbassato la media annuale tollerata da 25 microgrammi per metro cubo a 10. “Gli standard di qualità dell’aria attualmente riguardano solo gli ambienti esterni”, hanno fatto notare alcuni esperti. “Sembra, tuttavia, ragionevole, alla luce delle rilevazioni, proporre di estendere monitoraggio e normative alle metropolitane, dato che il trasporto pubblico sotterraneo è utilizzato quotidianamente da un gran numero di utenti”. In attesa di un adeguamento legislativo, meglio adottare le strategie che consentirebbero di migliorare l’aria sotterranea: rallentare la velocità dei treni in presenza di curve strette e pendenze elevate; utilizzare sistemi di ventilazione intelligenti per controllare lo scambio tra le masse d’aria esterne e quelle sotterranee; usare purificatori d’aria; installare porte per banchine, utili, oltre che per la sicurezza dei passeggeri, anche per ridurre l’ingresso dell’aria contaminata dei tunnel nella piattaforma; effettuare manutenzione e pulizia di notte. Infine, una buona idea per utenti e operai della metro è quella di indossare mascherine chirurgiche, dispositivi in grado di diminuire in modo significativo l’esposizione alle particelle metalliche in sospensione, che numerosi studi scientifici hanno associato a malattie oncologiche, cardiovascolari, respiratorie. LEGGI TUTTO