in

Plantvoice: un biosensore capisce quanta acqua vuole la pianta

Si chiama Plantvoice, la startup che ha ideato un’innovativa tecnologia sensoristica che permette di conoscere in tempo reale lo stato di salute e di stress delle piante attraverso un’accurata analisi della loro linfa. Raccogliendo e analizzando i dati grazie all’intelligenza artificiale nativa si ottiene l’impronta digitale, in pratica “le voci delle piante”, di ogni tipologia di stress, da quello dovuto alle infestazioni fino a quello dovuto alla siccità.

Il 70% del consumo idrico mondiale dell’uomo è destinato all’agricoltura, ma il 60% dell’acqua utilizzata in questo settore viene sprecata a causa di sistemi di irrigazione inefficienti. L’agricoltura è anche responsabile del 17% delle emissioni globali di anidride carbonica (Fonte: FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura): insomma, siamo posti di fronte all’urgenza di adottare pratiche agricole più sostenibili. 

Grazie alla tecnologia di Plantvoice è quindi possibile non solo prevenire la diffusione di cause di stress per le colture, ma anche migliorare la resa e la qualità delle coltivazioni, oltre che ottenere un risparmio economico, in termini di efficienza del consumo di risorse idriche, fertilizzanti e fitofarmaci. 

L’intervista

Gli agricoltori sono i più esposti ai danni del riscaldamento globale, ma le politiche green dell’Europa non sono il nemico

02 Febbraio 2024

La storia di Plantvoice

Plantvoice nasce a ottobre 2023 da un’idea di Matteo Beccatelli, chimico, inventore specializzato nella realizzazione di tecnologie brevettate, con esperienza in diversi progetti di ricerca e sviluppo tra l’Italia e gli Stati Uniti nell’ambito della sensoristica (CNR e Bercella), insieme al fratello, Tommaso Beccatelli: tecnico elettronico, imprenditore agricolo, ed esperto di tecnologie di additive manufacturing. L’azienda ha stabilito la sua sede nel NOI Techpark Südtirol/Alto Adige, il parco scientifico e tecnologico della Provincia autonoma di Bolzano che ospita 3 Istituti di ricerca, 4 Facoltà della Libera Università di Bolzano, 45 laboratori scientifici, 90 fra startup e aziende.

Plantvoice nasce dall’osservazione dei due principali problemi in agricoltura: il consumo idrico, che a livello mondiale dipende per gran parte dall’agricoltura, e lo sfruttamento del suolo. Quando abbiamo ideato la nostra tecnologia avevamo in mente di risolvere proprio questi problemi. E lo abbiamo fatto ideando uno strumento che non invade la natura e non la modifica, ma grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale fornisce informazioni utili alle aziende agricole per gestire al meglio tutte le risorse – racconta Matteo Beccatelli, CEO e Co-Founder di Plantvoice. – L’acqua è ormai un bene prezioso, i pesticidi hanno impatti su ambiente e salute umana, i fertilizzanti hanno effetti in termini di impoverimento del suolo: noi abbiamo creato un dispositivo, della dimensione e della forma di uno stuzzicadenti, che proprio grazie all’elaborazione intelligente di dati finora inaccessibili, rende possibile ridurre l’utilizzo di acqua e di sostanze chimiche.”

Determinanti per lo sviluppo della tecnologia AI di Plantvoice sono state le collaborazioni accademiche con Eurac Research, Fondazione Bruno Kessler, l’Università di Milano, l’Università di Parma e l’Università di Verona, che hanno seguito le sperimentazioni sul campo e si sono occupate proprio della validazione scientifica del brevetto.

La tecnologia AI della pianta sentinella

Plantvoice è una tecnologia sensoristica as-a-service avanzata che si traduce in un dispositivo fitocompatibile non invasivo, che viene introdotto direttamente nel fusto del vegetale, permettendo di avviare un monitoraggio in tempo reale dei dati fisiologici interni della pianta (la linfa). La rilevazione viene fatta adottando un approccio a “pianta sentinella”, che si realizza sensorizzando una pianta rappresentativa dell’appezzamento agronomico omogeneo in cui è inserita, della dimensione media di metà ettaro. Una volta captati i dati, il sensore li invia in cloud a un software di AI che li analizza utilizzando algoritmi personalizzati per fornire informazioni dettagliate, per esempio su un eventuale insufficiente apporto d’acqua o su un attacco di batteri e funghi. Informazioni che aiutano le aziende agricole a prendere decisioni tempestive per preservare la salute e la resa qualitativa delle coltivazioni e ad ottimizzare l’uso dell’acqua.

Crisi climatica

Arance più piccole e campi senza grano, la Sicilia già fa i conti con la siccità

08 Febbraio 2024

A differenza delle altre principali tecnologie agricole (es. sensori meteorologici, di suolo, di irraggiamento e di temperatura, immagini satellitari, droni etc), che forniscono agli agricoltori dati esterni alla pianta relativi all’ambiente che la circonda, la tecnologia Plantvoice raccoglie direttamente i dati interni dalla pianta, quasi come “un’elettrocardiogramma della pianta”, attinenti alla sua fisiologia, consentendo una rilevazione rapida delle anomalie nello stato di salute, minimizzando la latenza rispetto alle tecnologie concorrenti. Inoltre, grazie alla sua interfaccia API (Application Program Interface) consente l’integrazione con altre applicazioni software in modo tale che i produttori agricoli possano utilizzare i dati raccolti anche in altre applicazioni e strumenti, evitando una frammentazione poco funzionale di tutte le risorse 4.0 ora presenti nell’ambito agricolo. 

Una di queste integrazioni è quella con ESGMax, soluzione che semplifica la raccolta e l’analisi dei dati ESG, lungo tutta la filiera aziendale. Grazie alla partnership strategica avviata con Startup Bakery, startup studio milanese co-fondata da Massimo Ferri (CEO), Plantvoice è in grado di raccogliere e analizzare in maniera automatizzata tutti i dati rilevati dai sensori ai fini della redazione del report di sostenibilità.

Un risparmio di acqua fino al 40%

Secondo i calcoli che la stessa startup ha realizzato direttamente sui campi dove i dispositivi sono già all’opera, la tecnologia d’intelligenza artificiale di Plantvoice consente di aumentare la produttività dal 10% al 20% con un risparmio fino al 40% di acqua e lo fa prevenendo le malattie e massimizziamo la produzione o anche evitando lavorazioni meccaniche di sostituzione delle piante che muoiono nel campo. 

La startup agri-tech inoltre ha scelto di creare una tecnologia che sia essa stessa sostenibile: i biosensori sono realizzati con materiali biocompatibili e compostabili, e possono resistere all’interno della pianta per un’intera stagione vegetativa, consentendone quindi un utilizzo prolungato. La realizzazione avviene con tecniche di additive manufacturing, quindi poco energivore.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


Tagcloud:

Un fiore mai visto prima è sbocciato in montagna: è una Campanula delle Prealpi bergamasche

Mario Caironi: “Così ho inventato la batteria commestibile che salva l’ambiente”