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Pannelli solari per creare nuvole e portare la pioggia nel deserto: uno studio

Una distesa di migliaia di pannelli solari in grado di far nascere nuvole cariche di pioggia, anche nel pieno del deserto, dove l’acqua è ancora più preziosa. Sembra un’affermazione più fantastica, che scientifica, come ha evidenziato lo stesso autore dello studio Oliver Branch, climatologo dell’Università di Hohenheim, in Germania che sulle pagine di Nature ha affermato: “Forse non è fantascienza, perché possiamo produrre questo effetto”.

L’esperto, che ha pubblicato la sua ultima ipotesi sulla rivista Earth System Dynamics, lavora in un campo pionieristico, che studia gli effetti degli impianti di energia rinnovabile (come le celle solari) sul clima, alterando i modelli meteorologici regionali. Nello specifico dello studio, il team guidato da Branch ipotizza che il calore sviluppato da grandi estensioni di pannelli solari scuri o da quelle che vengono chiamate “superfici nere artificiali” (ABS) possa dare origine a correnti ascendenti che, con le giuste condizioni climatiche, porterebbero temporali sulle lande desertiche, fornendo acqua per decine di migliaia di persone.

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Particolarmente interessati a queste ricerche, sono soprattutto i paesi ricchi di petrolio, ma poveri di acqua, come gli Emirati Arabi Uniti, in cui il problema idrico è molto sentito, tanto che il paese per soddisfare le esigenze di chi vive nel deserto, spende cifre enormi per le centrali di desalinizzazione o per le campagne di semina aerea, (ne fanno circa 300 ogni anno), usando aerei che spruzzano particelle nelle nuvole in transito per innescare precipitazioni.

Branch, per comprendere l’applicabilità del progetto, ha usato un modello meteorologico, prodotto dal National Center for Atmospheric Research degli Stati Uniti, per studiare i cambiamenti climatici della superficie terrestre, avendo come riferimento centrali solari fatte con pannelli molto scuri, estese per almeno 15 km quadrati in grado di assorbire il 95% della luce del Sole; attraverso il processo di modellizzazione ha scoperto che il calore assorbito in superficie, in contrasto con la sabbia riflettente che li circondava, aumentava notevolmente le correnti ascendenti, che alimentano la formazione delle nuvole.

“Naturalmente il calore da solo non basta, perché anche se la superficie del deserto rispetto a una superficie ricoperta da pannelli solari è più riflettente, per formare le nubi serve anche il vapore acqueo, che nel caso dello studio negli Emirati Arabi, è quello proveniente dal Golfo Persico, dove le masse di vapore, grazie al vento, si possono trasferire all’interno della costa. Quindi il calore prodotto dai pannelli crea dei movimenti ascendenti, cioè l’aria calda sale e su questa s’innesta il vapore, quindi la condensazione per la formazione delle nubi” spiega Vincenzo Levizzani, dell’Istituto Scienze Atmosferiche del Cnr di Bologna, che aggiunge: “Il modello utilizzato, ha simulato la copertura del suolo desertico con pannelli dalle determinate condizioni riflettenti ed assorbenti della radiazione solare e da lì hanno desunto che si potessero formare queste nubi.”

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Ed infatti, il modello ha individuato le condizioni migliori in un campo solare di 20 chilometri quadrati che avrebbe aumentato le precipitazioni di quasi 600mila metri cubi, equivalente a 1 centimetro di pioggia caduto su un’area grande quanto Manhattan. Se temporali di questa grandezza si verificassero 10 volte nell’arco di un’estate, fornirebbero abbastanza acqua per sostenere più di 30.000 persone in un anno.

Lo studio tedesco di modellizzazione è stato finanziato dagli Emirati Arabi, ma secondo il climatologo, usando il loro schema la pioggia potrebbe essere indotta anche in altre aree del mondo, come la Namibia, Oman, la penisola della Bassa California, in Messico e Stati Uniti o nella zona desertica dell’Australia. 

Il limite del progetto, oltre i costi di realizzazione o l’impatto ambientale provocato da una distesa enorme di pannelli solari, riguarda anche il materiale dei pannelli solari stessi, che devono essere molto scuri, tendenti al nero, mentre quelli attuali sono riflettenti e progettati per raffreddare l’ambiente circostante, non per scaldarlo.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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