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Oscurare il Sole per raffreddare la Terra? Potrebbe non essere una buona idea

Mettere in orbita una sorta di ombrello che ripari la Terra dalle radiazioni solari, e quindi la raffreddi, presenta al momento più rischi che vantaggi. “È noto che potrebbe avere un impatto sulla biodiversità, sugli oceani e sullo strato di ozono atmosferico“, ha dichiarato al Financial Times Inger Andersen, direttore esecutivo dell’Une, il programma ambientale delle Nazioni Unite. Il tema, assai controverso, della geoingegneria climatica (opere che potrebbero ridurre il riscaldamento a livello globale) è tornato d’attualità nelle settimane scorse. La prima mossa l’aveva fatta il governo svizzero, sostenuto dal Principato di Monaco, dal Senegal, dalla Guinea e dalla Georgia: in vista di una specifica conferenza Onu sul tema a Nairobi, Berna aveva chiesto creare il primo gruppo internazionale di esperti per “esaminare i rischi e le opportunità della gestione della radiazione solare (Srm)”, una serie di tecnologie in gran parte mai sperimentate prima, volte a oscurare il Sole. Il comitato sarebbe stato composto da esperti nominati dagli Stati membri del programma ambientale dell’Unep e da rappresentanti di organismi scientifici internazionali.

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Le tecnologie in discussione mirano a ridurre la quantità di luce solare che raggiunge la superficie del Pianeta. Un risultato che potrebbe essere ottenuto, per esempio, pompando aerosol nell’alta atmosfera, oppure rendendo più bianche, e dunque più riflettenti, le nuvole. Chi sostiene queste opzioni, le ritiene un modo relativamente economico e veloce per contrastare il caldo estremo. Sul fronte opposto, chi dice che ridurrebbero solo temporaneamente l’impatto dell’aumento delle emissioni, senza affrontarne le cause profonde. Tanto che nel 2022 una lettera aperta firmata da più di 400 scienziati chiedeva un “accordo internazionale di non utilizzo” della geoingegneria solare. Vi si affermava inoltre che gli organismi delle Nazioni Unite, compreso l’Unep, “sono incapaci di garantire un controllo multilaterale equo ed efficace delle tecnologie di geoingegneria solare su scala planetaria”.

E in effetti nella conferenza di Nairobi, svoltasi a fine febbraio, non si è trovato l’accordo su come le Nazioni Unite dovrebbero regolare le controverse tecniche di gestione della radiazione solare. La proposta svizzera non è passata per l’opposizione di un gruppo di Paesi africani che temono che possa legittimare metodi di cui non si conoscono le conseguenze nel medio-lungo periodo. Nazioni come il Kenya sostengono che qualsiasi accordo dovrebbe includere un un patto per non utilizzare le tecnologie in esame. Ma senza l’intesa resta in vigore lo status quo. La gestione della radiazione solare è attualmente legale nella maggior parte dei Paesi. Ma esiste di fatto una moratoria globale sulla geoingegneria – che include l’Srm – dal 2010, quando è stata concordata dai governi nell’ambito della Convenzione sulla diversità biologica, con eccezioni per studi di ricerca scientifica su piccola scala. Per esempio la start-up Make Sunsets ha inviato palloncini di zolfo in cielo negli Stati Uniti e in Messico dalla fine del 2022. E il governo britannico ha recentemente annunciato un programma di ricerca quinquennale sulla realizzazione di “analisi rischio-rischio” delle tecniche Srm.

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Ed è proprio questo procedere in ordine sparso che ora preoccupa l’Onu. Per questo, Andersen a Nairobi ha sostenuto la proposta della Svizzera, nella speranza che potesse portare a discussioni più formali sui rischi ambientali della geoingegneria. Inoltre un recente rapporto dell’Unep ha riconosciuto le preoccupazioni sulla gestione “artificiale” della radiazione solare, ma la ha descritta come “l’unico approccio conosciuto che potrebbe essere utilizzato per raffreddare la Terra entro pochi anni”. Resta il fatto che l’atmosfera terrestre è un sistema destramente complesso, di cui è difficile prevedere l’evoluzione nel momento in cui si introduce una nuova variabile. Oscurare, anche solo parzialmente, il Sole, avrebbe certamente come conseguenza immediata il calo delle temperature. Ma quali sarebbero gli altri effetti collaterali?

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“Alcune metodiche di geoingegneria solare potrebbero certamente tenere a freno l’aumento di temperatura, ma stravolgerebbero completamente il ciclo globale dell’acqua”, risponde Antonello Pasini, fisico dell’atmosfera presso il Cnr, “con conseguenze gravissime su interi subcontinenti, in termini di siccità e desertificazione, ma anche di alluvioni, con relative inabitabilità e migrazioni forzate. Nel sistema complesso del clima noi umani abbiamo già acceso due ‘frecce’: quella della combustione dei fossili, che produce CO2, e la deforestazione e una agricoltura insostenibili che ne riducono l’assorbimento. Siamo fortunati che l’atmosfera stia reagendo molto gradualmente a questi nostri interventi, ma è molto rischioso accendere un’altra freccia come quella della geoingegneria solare. La cosa più opportuna sarebbe piuttosto diminuire il peso delle frecce che abbiamo già acceso”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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