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Norvegia, rilevate radiazioni nucleari: di che cosa si tratta

“La Dsa ha recentemente misurato livelli molto bassi di iodio radioattivo (l-131) presso la stazione di filtraggio dell’aria a Tromsø. Le misurazioni sono state effettuate nella settimana dal 21 al 26 marzo 2024″. È il laconico incipit del comunicato della Autorità per la sicurezza nucleare norvegese (Dsa), che, nonostante le rassicurazioni, ha messo in allarme mezza Europa. Un riflesso condizionato, quando ci sono di mezzo i termini “radiattivo” e “nucleare”. Ma vediamo di capirne di più.

L’isotopo Iodio 131

È appunto un isotopo instabile dell’elemento chimico Iodio: nel suo nucleo ci sono 53 protoni e e 78 neutroni, contro i 74 neutroni della versione stabile (Iodio 127). Il decadimento, cioè la trasformazione dello Iodio 131 in Xenon 131(54 protoni e 77 neutroni) è all’origine della sua radioattività: nel processo un neutrone si trasforma in protone con l’emissione di raggi beta (tipicamente un elettrone) ad alta energia. Le particelle beta penetrano moderatamente nei tessuti viventi e possono causare mutazioni spontanee nel Dna. Per questo le sorgenti beta possono essere utilizzate nella radioterapia per distruggere le cellule tumorali.

Le possibili sorgenti

Proprio per i motivi di cui sopra, lo Iodio 131 è molto utilizzato in medicina, soprattutto per per diagnosticare e curare i tumori della tiroide, ghiandola in cui l’elemento tende ad accumularsi, quando assorbito dal corpo umano.

Ma oltre a essere prodotto commercialmente per usi medici e industriali, Lo Iodio 132 è anche un sottoprodotto dei processi di fissione nei reattori nucleari e nei test sulle armi atomiche. Nel catastrofico incidente di Chernobyl dell’aprile 1986, per esempio, l’isotopo radioattivo fu rilasciato in grandi quantità, soprattutto in Ucraina, Bielorussia e Russia occidentale.

Va detto che l’episodio norvegese non ha niente a che fare con un disastro come quello della vecchia centrale ucraina e che dalle notizie arrivate fino ad ora è irrilevante dal punto di vista radiologico.

I pericoli dello Iodio 131

Se da una parte, un rilascio terapeutico, può distruggere le cellule tumorali, dall’altro un assorbimento incontrollato dello Iodio 131 (e alle radiazioni beta che emette) possono a loro volta produrre, come detto, mutazioni del DNA e quindi l’insorgere di cancro alla tiroide. Per questo, in caso di incidente, si consiglia di assumere Iodio (la versione stabile), che andando a saturare la tiroide impedisce l’assorbimento da parte della ghiandola dell’isotopo radiattivo. Va precisato che per le caratteristiche delle radiazioni emesse, perché produca effetti cancerogeni lo Iodio 131 deve essere inalato o ingerito, mentre l’esposizione del corpo umano all’isotopo presente nell’aria non provoca danni.

I tempi di dimezzamento

La buona notizia è che il “tempo di dimezzamento” dello Iodio 131, il periodo necessario perché decada la metà dei nuclei dell’isotopo presenti all’inizio, è di appena otto giorni. Quindi se la quantità di Iodio 131 presente nell’ambiente è modesta (come nel caso segnalato dall’Autorità norvegese), in poche settimane i suoi effetti radioattivi scompariranno, con la trasformazione in Xenon.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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