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Non solo disastri ambientali, la crisi climatica fa aumentare anche il costo del cibo

I cambiamenti climatici modificheranno non solo quello che metteremo nel carrello, ma ancor prima quello che potremmo metterci, incidendo sul nostro potere di spesa. Lo sappiamo, lo abbiamo già sperimentato, ma c’è chi ha calcolato cosa potrebbe succedere in futuro e chi sarà a soffrirne di più. Così, dati alla mano, e guardando solo al prossimo futuro, le proiezioni parlano di un aumento dei prezzi del cibo fino al 3,2% l’anno fino al 2035, scrive un team di ricercatori dalle pagine di Nature Communication Earth & Environment.

L’intervista

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Le stime snocciolate dai ricercatori arrivano dall’analisi di quanto già successo in passato. Gli esperti hanno raccolto due diverse tipologie di dati: da un lato quelli metereologici, dall’altro le variazioni mensili dei prezzi per diverse tipologie di beni, per un totale di 121 paesi, sia nelle zone più sviluppate del mondo che in quelle meno, spiegano. I ricercatori hanno quindi messo a punto un sistema che permettesse loro di poter collegare direttamente le variazioni di prezzo alle variazioni meteorologiche. I dati raccolti riguardano il periodo che va dal 1996 al 2021. Dopo aver osservato un collegamento tra cambiamenti climatici e aumento dei prezzi, soprattutto per le variazioni di temperatura, i ricercatori hanno quindi cercato di stabilire quanto le proiezioni climatiche per il futuro potessero influenzare i livelli di inflazione, per il cibo ma non solo.

Le stime hanno intervalli piuttosto estesi, considerando le tante incertezze sui modelli climatici spiegano gli autori, ma sostanzialmente indicano un aumento dell’inflazione alimentare, compreso tra lo 0.92 e il 3.2% l’anno per l’aumento delle temperature previsto entro il 2035. Sono invece dello 0.32-1.18% l’anno le stime per l’inflazione nel complesso nello stesso periodo. Gli effetti si sentiranno di più nelle zone di Africa e Sud America, e in generale nelle aree a più basse latitudini, con stagionalità meno marcate, dove si sentiranno più o meno costantemente durante tutto l’anno (al contrario dell’andamento stagionale alle latitudini più elevate).

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Guardando oltre il 2035, le stime sono molto variabili a seconda degli scenari più o meno ottimisti sui cambiamenti climatici, a sottolineare – scrivono gli autori – quanto importanti potranno essere eventuali misure di mitigazione: nel migliore dei casi nel 2060 l’inflazione potrebbe essere poco più elevata di quella del 2035. “I ricercatori di questo nuovo studio suggeriscono come ridurre le emissioni di gas serra potrebbe limitare eventuali impatti sull’economia globale – scrivono gli esperti di salute globale e nutrizione Jessica Boxall e Michael Head a commento su The Conversation – Suggeriamo inoltre che la diversificazione delle economie possa servire come protezione per quelle comunità che dipendono dall’agricoltura sia per il cibo che per il reddito. Anche l’intervento dei governi potrebbe garantire protezione finanziaria e aiuti nutrizionali per coloro che rischiano di rimanere intrappolati nel ciclo della povertà per colpa dell’inflazione e di un ridotto accesso ai prodotti alimentari”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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