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Le potature di ulivo diventano pannelli fonoassorbenti: l’idea nata in Sicilia e sviluppata al Politecnico di Torino

Spesso è dall’osservazione della natura che nascono idee innovative. Fenomeni, ma anche gesti secolari, come quelli dei contadini, che vivono della natura, che nei laboratori di ricerca possono trasformarsi in prototipi dalle applicazioni tutte da inventare. E’ quanto accaduto ad Alcamo, in Sicilia, ad una studentessa di Architettura del Politecnico di Torino, Rossella Cottone, che guardando un contadino bruciare le potature dell’albero di ulivo nei campi, si è chiesta il motivo di tale pratica e la risposta è stata semplice: “così si è sempre fatto”.

Questo metodo, che affonda le sue origini nella notte dei tempi, in realtà ai giorni nostri si rivela l’ennesimo fattore di inquinamento ambientale, oltre che uno spreco di risorse. Ma dalla mera osservazione è natala riflessione sul possibile riutilizzo in altre forme e nel campo delle costruzioni”, racconta Louena Shtrepi, docente della studentessa siciliana, che insieme a Valentina Serra, del Dipartimento Energia e Simonetta Pagliolico del Dipartimento di Scienze Applicate e Tecnologia, ha portato avanti un articolato studio sulla trasformazione di uno scarto agricolo in un nuovo materiale, utile per l’edilizia, prendendo spunto proprio dalla tesi di laurea di Rossella Cottone.

Il gruppo di ricercatrici del Politecnico di Torino, dunque, con in mente l’importanza della sostenibilità ambientale, ha compiuto un passo ulteriore verso l’economia circolare, ipotizzando la realizzazione di pannelli fonoassorbenti fatti di materiali esclusivamente naturali, dalle caratteristiche simili o migliori delle fibre sintetiche normalmente usate, ma con costi di produzione notevolmente ridotti, migliore biodegradabilità, leggerezza e un minor impatto ambientale.

L’idea alla base di questo progetto era quella di utilizzare il cippato ottenuto dagli scarti delle potature di ulivo come materiale sfuso, senza l’impiego di leganti a base di resine, limitando le lavorazioni e preservando le caratteristiche del materiale originale. “La tesi di Cottone, infatti, ha dimostrato che dagli scarti agricoli si possono produrre pannelli edilizi di vario tipo e di elevata qualità estetica e che, attraverso un’approfondita fase di analisi e sviluppo progettuale, si può arrivare a prestazioni acustiche competitive con i prodotti convenzionali“, spiega ancora la professoressa Shtrepi, che dai laboratori di ricerca ha poi realizzato un prototipo.

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Ma come avviene il processo di trasformazione? Dalle potature dell’ulivo non vengono separate le foglie dai rami, un approccio che permette di sfruttare in modo ottimale tutte le parti degli scarti ed evita altri passaggi nella lavorazione che aumenterebbero tempi e costi di realizzazione. Dopodiché, “la combinazione dei piccoli granuli creati dalla cippatura di ulivo ed i pori che si formano dal mucchio sfuso di questi elementi, danno origine a un materiale poroso con prestazioni simili a quelle di altri materiali acustici disponibili sul mercato, come per esempio le fibre di poliestere”, spiega la ricercatrice del Politecnico di Torino.

Sul legno, essendo un materiale combustibile, viene eseguito un trattamento ignifugo – è in fase di studio uno di origine vegetale – ed ecco la nascita di un nuovo materiale, che potrebbe trovare diversi utilizzi negli interni di appartamenti, come rivestimenti a pannelli, uffici, scuole e persino in studi di registrazione, dove l’isolamento acustico da rumori esterni è fondamentale. Lo studio, infatti, ha evidenziato che tutte le configurazioni con il materiale assorbente poroso nella cavità, hanno mostrato valori di assorbimento superiori a 800 Hz, con i massimi a 1600 Hz e 4000 Hz, e il minimo a 3150 Hz.

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“Nel progetto questo materiale è stato pensato per applicazioni in ambienti interni e il controllo delle condizioni ottimali di ascolto del parlato e della musica. Per quanto riguarda la riduzione dei rumori come materiale fonoisolante avrebbero grandi potenzialità, che tuttavia vanno esplorate in termini di integrazione in strutture esistenti o nuovi sistemi che possono ospitare il materiale sfuso oppure in forma di pannelli”, aggiunge ancora Shtrepi.

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E la durata dei pannelli sarebbe del tutto paragonabile al legno, come spiega ancora la docente: “Trattandosi di applicazioni per interni, le condizioni di esposizione ambientale, quali umidità, temperatura e ventilazione, sono meno severe e la durabilità dei componenti a base di cippato delle potature di ulivo è confrontabile a quella degli arredi in legno“.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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