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In Valle d’Aosta tutta l’energia consumata viene da fonti rinnovabili

La Valle d’Aosta è la prima Regione in Italia per  consumi di energia da fonti rinnovabili, avendo raggiunto nel 2022 quota 97,6%, secondo i dati Gse. Di questi, la maggior parte dell’energia proviene dall’idroelettrico, che oggi rappresenta un asset strategico fondamentale per l’Italia poiché contribuisce per il 40% circa alla produzione rinnovabile italiana e costituisce un sistema infrastrutturale indispensabile per la sua preziosa funzione di laminazione delle piene, di stoccaggio e regolazione della risorsa idrica, per i suoi usi plurimi. Ma la regione Valle d’Aosta ha anche un altro primato in quanto, oltre a soddisfare con l’idroelettrico il proprio fabbisogno, riesce addirittura a trasferire circa il 65% dell’energia prodotta con questa fonte alla rete elettrica nazionale.

In Valle D’Aosta l’idroelettrico è gestito da CVA, Compagnia Valdostana delle acque, società 100% pubblica, di proprietà della Regione. Nel 1995 CVA iniziò l’acquisizione dei primi tre impianti, realizzati per garantire l’approvvigionamento energetico del settore siderurgico. Poco dopo l’amministrazione regionale avviò  con Enel la trattativa per acquisire gi altri impianti presenti su tutto il proprio territorio. Un passo importante, frutto di lunga negoziazione, è stato poi l’accordo quadro che ha reso la Valle d’Aosta la prima regione italiana a gestire le proprie acque per una produzione idroelettrica interamente locale. Da questo momento il Gruppo ha iniziato a sviluppare e acquisire anche impianti fotovoltaici ed eolici e, negli ultimi anni, si è dedicato anche all’efficientamento energetico. Come spiega Giuseppe Argirò, Amministratore delegato del Gruppo, CVA si presenta come una community company che sostiene la realtà valdostana non solo attraverso la produzione, la distribuzione e la vendita di energia rinnovabile ma anche attraverso la generazione e la ridistribuzione di risorse su tutto il territorio, pronto a giovare un ruolo importante nella transizione energetica del Paese.

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06 Marzo 2024

“Prevediamo di arrivare a 2 GW di potenza installata pure green complessiva al 2027 di cui il 48% idroelettrica in Valle d’Aosta ed il restante 52% distribuito in modo equilibrato tra eolico, fotovoltaico ed agrisolare in tutta Italia. – spiega Argirò – In un mercato in continua evoluzione, puntiamo ad ottenere un vantaggio competitivo, sostenibile e duraturo grazie all’implementazione di nuova capacità industriale, al rafforzamento del know-how tecnologico, al posizionamento sull’intera value chain rinnovabile e al percorso di differenziazione tecnologica e geografica attraverso l’ulteriore sviluppo dei settori eolico e fotovoltaico”.

Tuttavia la generazione idroelettrica si basa sulla presenza di acqua e la grave siccità che nel 2022 ha colpito il nostro Paese, raggiungendo la temperatura media di 14 °C (la piu? alta di sempre) ha messo a dura prova la capacità produttiva di questa fonte, causando un crollo record della generazione che secondo le stime contenute nel 10 Key trend di Italy for Climate ha raggiunto il -38% in un solo anno. Nel 2022 infatti siamo tornati ai livelli di generazione degli anni 50 (pur a fronte di una capacità produttiva triplicata rispetto ad allora), motivo per cui l’idroelettrico ha contribuito alla generazione nazionale solo per il 10%. In sostanza, l’assenza di risorsa idrica ha portato la generazione rinnovabile a circa 100 TWh, la piu? bassa degli ultimi 10 anni.

E allora quale sarà il futuro dell’idroelettrico? Che contributo potrà dare alla crescita delle energie rinnovabili in Italia dei prossimi anni? “È urgente – dice ancora Argirò –   e necessario avviare nuovi ingentissimi investimenti per aumentare l’efficienza del parco idroelettrico esistente e, per farlo, bisogna porre fine all’incertezza dell’orizzonte temporale delle concessioni che già negli ultimi anni ha paralizzato il settore. Solo in questo modo si potrà garantire il contributo fondamentale dell’idroelettrico alla transizione energetica del Paese. Oggi esistono le condizioni per rilanciare un quadro di investimenti che nei prossimi dieci anni potrebbe valere circa 15 miliardi di euro, a fronte della riassegnazione delle concessioni idroelettriche. Sono le risorse che il settore delle utility che gestiscono gli impianti idroelettrici italiani potrebbe mobilitare in autonomia, senza bisogno di fondi pubblici, per realizzare quelle opere necessarie ad aumentare la capacità di trattenere l’acqua piovana e creare nuovi invasi dove stoccare le risorse idriche per usi diversi”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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