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In Italia 18 città fuorilegge per lo smog: gli standard europei per la qualità dell’aria sono lontani

Se un miglioramento c’è stato, nella qualità dell’aria delle città italiane, è ancora minimo e, soprattutto, è ben poca cosa rispetto agli obiettivi che l’Unione Europea ha fissato per il 2030. Il rapporto annuale di Legambiente “Mal Aria di città 2024”, ancora una volta riassume i dati delle città italiane che hanno superato i livelli, stabiliti dal decreto legge del 2010, di polveri sottili: nel 2023, 18 delle 98 città monitorate hanno superato gli attuali limiti normativi, contro le 29 del 2022 e le 31 del 2021. È un miglioramento che rallegra soltanto in parte, perché, osserva l’associazione ambientalista, non viene da azioni politiche mirate ad affrontare l’emergenza smog, ma da condizioni meteo che hanno favorito la dispersione delle polveri.

In un momento di grande dibattito su come migliorare la mobilità urbana (ridurre la velocità come ha fatto Bologna, o scoraggiare i suv come Parigi sono alcuni esempi) il report di Legambiente mostra anche un altro aspetto importante. Tra le città in cui l’aria è più irrespirabile ci sono, come sempre, i centri del Nord dove a inquinare l’aria contribuiscono, oltre al traffico cittadino e il riscaldamento, anche le grandi attività industriali, agricole e zootecniche, tuttavia i dati preoccupanti del Sud indicano che è la mancanza di politiche ambientali concrete, anche dove non ci sono industrie e le condizioni meteo favoriscono meno lo smog, a impedire la riduzione dell’inquinamento.

L’intervista

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08 Febbraio 2024

Diminuiscono le città che sforano il limite di un valore giornaliero di concentrazione pari a 50 μg/m3 da non superare per più di 35 giorni per anno civile e un valore annuale di concentrazione pari a 40 μg/m3, ma quelle che lo oltrepassano sforano di tanto (vedi Frosinone, la peggiore, con 70 giorni di sforamento, il doppio rispetto ai valori ammessi) e anche le città nei limiti sono ancora lontane dagli obiettivi previsti dall’Ue e soprattutto dai valori suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. A questo proposito va ricordato che secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, l’inquinamento atmosferico causa 400 mila morti premature ogni anno, 90 mila delle quali in Italia e i dati del 2022 indicavano che tra le 30 città più inquinate in Europa, 17 erano italiane.

Il primato negativo di Frosinone e poi i grandi centri del Nord

Il report di Legambiente ha analizzato i dati del 2023 nei capoluoghi di provincia, sia per quanto riguarda i livelli delle polveri sottili (PM10, PM2.5) che del biossido di azoto (NO2). In sintesi, 18 città sulle 98 monitorate, hanno superato gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo). In testa alla classifica delle città, come detto, c’è Frosinone (con la centralina di Frosinone Scalo) con 70 giorni di sforamento, il doppio rispetto ai valori ammessi, seguita da Torino (Grassi) con 66, Treviso (strada S. Agnese) 63 e Mantova (via Ariosto), Padova (Arcella) e Venezia (via Beccaria) con 62. Anche le tre città venete, Rovigo (Centro), Verona (B.go Milano), e Vicenza (Ferrovieri), superano i 50 giorni, rispettivamente 55, 55 e 53. Milano (Senato) registra 49 giorni, Asti (Baussano) 47, Cremona (P.zza Cadorna) 46, Lodi (V.le Vignati) 43, Brescia (Villaggio Sereno) e Monza (via Machiavelli) 40. Chiudono la lista Alessandria (D’Annunzio) con 39, Napoli (Ospedale Pellerini) e Ferrara (Isonzo) con 36.

Il paragone con la direttiva europea

Le città che sono riuscite a migliorare la situazione, non possono fermarsi. Lo evidenzia il raffronto dei dati dei centri virtuosi con i valori europei, secondo i quali dal 2030 il limite dovrà essere di 20 µg/mc per il PM10, 10 µg/mc per il PM2.5 e 20 µg/mc per l’NO2. Per questi parametri, al momento il 69% delle città sarebbe fuorilegge per il PM10, con le situazioni più critiche a Padova, Verona e Vicenza con 32 µg/mc, seguite da Cremona e Venezia (31 µg/mc), e infine da Brescia, Cagliari, Mantova, Rovigo, Torino e Treviso (30 µg/mc). Situazione analoga anche per il PM2.5: saranno oltre i futuri limiti l’84% delle città, con i valori più alti registrati a Padova (24 µg/mc), Vicenza (23 µg/mc), Treviso e Cremona (21 µg/mc), Bergamo e Verona (20 µg/mc). L’NO2 è l’unico inquinante in calo negli ultimi 5 anni, ma il 50% delle città resterebbe comunque fuori legge. Napoli (38 µg/mc), Milano (35 µg/mc), Torino (34 µg/mc), Catania e Palermo (33 µg/mc), Bergamo e Roma (32 µg/mc), Como (31 µg/mc), Andria, Firenze, Padova e Trento (29 µg/mc) sono le città con i livelli più alti. Considerata la lentezza con cui si sono ottenuti dei miglioramenti dall’entrata in vigore della legge italiana, nel 2010, sei anni per rendere l’aria in città davvero respirabile sembrano davvero pochissimi.

Un cambio di mentalità e politiche integrate

 “Le fonti sono note così come sono disponibili e conosciute le azioni e le misure di riduzione delle emissioni – dice Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – Serve un cambiamento radicale, attuando misure strutturali ed integrate, capaci di impattare efficacemente sulle diverse fonti di smog, dal riscaldamento degli edifici, dall’industria all’agricoltura e la zootecnia fino alla mobilità”.

“I dati del 2023 ci dicono che il processo di riduzione delle concentrazioni è inesistente o comunque troppo lento” – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – Bisogna determinare una svolta a livello nazionale e territoriale per ridurre l’impatto sanitario sulla popolazione italiana, il costo ad esso associato, e il danno agli ambienti naturali”.  Le sorti della salute dei cittadini europei saranno determinate nel trilogo, l’ultima fase del processo di revisione della Direttiva europea sulla qualità dell’aria, prevista entro febbraio 2024.  È cruciale, sottolinea Legambiente, che il Governo italiano non ostacoli ulteriormente questo percorso, evitando deroghe e clausole che possano giustificare ritardi nel raggiungimento degli obiettivi.

Le proposte di Legambiente

Secondo l’associazione “bisogna tenere conto delle diverse realtà territoriali e agire sulle diverse fonti di emissioni di inquinanti atmosferici in maniera sinergica”. Ecco, le direzioni da seguire:

  • Servono investimenti massicci nel trasporto pubblico locale, incentivi all’uso del trasporto pubblico, mobilità elettrica condivisa anche nelle periferie, implementare ZTL, LEZ (Low emission zone) e ZEZ (Zero emission Zone), elettrificazione anche dei veicoli merci digitalizzare i servizi pubblici, promuovere l’home working, ampliare reti ciclo-pedonali e ridisegnare lo spazio urbano, a misura di persona  con limiti di velocità a “città 30”, rendendo al contempo la mobilità non solo più pulita, ma più sicura e realmente inclusiva
  • Bisogna vietare progressivamente le caldaie e generatori di calore a biomassa nei territori più inquinati; negli altri invece supportare l’installazione di tecnologie a emissioni “quasi zero”, con sistemi di filtrazione integrati o esterni, o soluzioni ibride
  • In aree rurali con agricoltura e allevamento intensivo, le emissioni agricole possono superare quelle industriali o urbane. Occorre dunque vigliare sul rispetto dei regolamenti per lo spandimento e rapido interramento dei liquami, e promuovere investimenti agricoli verso pratiche che riducano le emissioni ammoniacali, come la copertura delle vasche di liquami e la creazione di sistemi di trattamento, soprattutto per la produzione di biometano
  • È necessario cambiare anche la strategia di monitoraggio sinora impiegata, aumentando il numero di centraline di monitoraggio in modo da garantire una copertura di tutte le principali aree urbane del Paese. Con la prossima adozione di nuovi limiti più allineati con quelli dell’Oms, infatti, molte delle aree che ora sono in regola non lo saranno più e la verifica costante e puntuale della situazione sarà ancora una volta quanto mai necessaria. Oggi sono disponibili sensori a basso costo che si possono affiancare alle centraline tradizionali, rendendo il monitoraggio distribuito, capillare e scientificamente fondato secondo il paradigma delle smart cities

La campagna itinerante per Città2030

Infine, Legambiente comunica il lancio della campagna itinerante “Città2030: le città e la sfida del cambiamento”, da oggi al 6 marzo. L’iniziativa, realizzata nell’ambito della Clean Cities Campaign, una coalizione europea di ONG e organizzazioni della società civile, farà tappa in 18 città italiane per promuovere una mobilità sostenibile e a zero emissioni e per chiedere città più vivibili e sicure. L’associazione lancia anche per quest’anno la petizione on line “Ci siamo rotti i polmoni. No allo smog!” con la quale chiede al Governo risposte urgenti nella lotta allo smog, a partire dagli interventi sulla mobilità e l’uso dello spazio pubblico e della strada.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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