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Il verde urbano a misura di donna migliora la vita di tutti

Piantare alberi e creare nuove aree verdi in città è essenziale per mitigare gli effetti del cambio climatico, ma i parchi urbani sono spesso percepiti di sera come zone insicure per le donne. Barbara Negroni, consigliere Conaf e assessora all’Ambiente del comune di Casalecchio di Reno ribalta il problema e prende proprio i bisogni delle donne come parametro intorno a cui progettare il verde cittadino, perché, sottolinea, “se una città è a misura di donna, è perfetta anche per i bambini e per i soggetti fragili, come anziani e persone con bisogni speciali”. 

Stiamo arrivando a una progettazione urbana a misura di donna?“Lavoro da 40 anni all’ideazione di giardini privati e parchi e ho visto la mia professione ampliare la sua visione, adattarsi a una scala più ampia. Un tempo si distingueva tra area verde, i parchi, appunto, e area grigia, cioè gli edifici, che erano quelli a cui si dedicava più attenzione. Oggi è il contrario, non si pensano gli edifici senza il verde, che è diventato addirittura predominante. Si è evoluta la sensibilità sul ruolo cruciale dei servizi ecosistemici, perché tutti vivono gli effetti del cambio climatico, ma è aumentata anche la consapevolezza che le infrastrutture, verdi o grigie che siano, devono puntare all’inclusione sociale e in questo senso adottare una visione femminile è centrale”. 

Perché i bisogni delle donne nella realizzazione di parchi e giardini vanno messi al primo posto?“La progettazione gender sensitive ha avuto una notevole evoluzione, perché si è capito che pianificare con efficacia una città verde ha molto a che vedere con il modo in cui si muovono le donne. Le ricerche indicano che gli uomini si spostano in genere in maniera più lineare, da casa al lavoro e spesso con l’auto, mentre le donne si devono muovere in fretta su direttrici diverse, con passeggini, bambini al fianco, carrelli della spesa, o vicino a persone con mobilità ridotta. In centri pianeggianti come il nostro per fare alcune di queste cose le donne usano le bici, sono perciò essenziali piste ciclopedonali e soprattutto aree verdi distribuite in maniera capillare, perché passare in un giardino o in un parco significa tagliare strada, respirare meglio e sentirsi più sicure che nel traffico”. 

Barbara Negroni 

Le zone con molto verde, però, possono anche essere percepite come pericolose perché meno frequentate.“La scelta di alberi e arbusti deve seguire non soltanto criteri legati alla biodiversità e alle specie più adatte al cambio climatico. Si progetta tenendo presente che chi frequenta il parco o il giardino non deve mai farsi la domanda ‘cosa può nascondersi lì?’. Ci vogliono aree permeabili alla vista, con piante che diano ombra ma non favoriscano angoli troppo scuri e permettano sempre una via di fuga. Per questo è necessaria una programmazione ad ampio raggio, che colleghi di continuo le aree verdi con il resto della città”. 

Come si ottiene un’illuminazione notturna che dia sicurezza ma non contribuisca all’inquinamento luminoso?“Ormai ci sono a disposizione moltissime soluzioni e di sicuro la scelta dei materiali, sia per la realizzazione di vialetti che garantiscano una permeabilità del terreno senza rendere complesso passare con una carrozzina, sia per il tipo di luce che non disturbi insetti e uccelli, è parte integrante della pianificazione. Ormai è risaputo che gli interventi per mitigare gli effetti del cambio climatico hanno bisogno di approcci transdisciplinari, che tengano sempre più conto del valore sociale della buona riuscita di un progetto”. 

Ci fa qualche esempio concreto?“Il Covid ha portato a godere di più delle aree verdi, si è cominciato a organizzare i compleanni dei bambini al parco invece che in costose sale in affitto. Questo fa sì che anche famiglie con disponibilità economica limitata possono sfruttare i parchi e i giardini per una festa: creare spazi verdi che siano punti di aggregazione diventa allora un servizio sociale, capace di favorire l’integrazione. Ancora, con la pandemia abbiamo cominciato a fare sport all’aperto: a Casalecchio abbiamo avviato un progetto per la riabilitazione delle pazienti oncologiche nel parco, perché è accertato che l’uso dei bastoncini del nordic walking aiuta a ridurre il linfedema dopo le operazioni al seno. Insomma, nel momento in cui si progetta un’area verde non si sceglie più la bordura che esteticamente era la migliore, ma la specie che permette di avere spazi aperti e vivibili in vari modi, viabilità continua e permeabilità alla vista”. 

Sono progetti per cui occorrono tanti soldi?“Sì, ma fare pianificazione accurata, a lungo termine, aiuta a trovare i fondi. Per esempio, a Casalecchio avevamo già ideato una serie di progetti e quando sono arrivati i bandi del Pnrr abbiamo potuto ottenere subito i finanziamenti. Stiamo anche allargando le strategie di collaborazione con i privati, con i quali facciamo contratti di gestione di alcune aree ex agricole. I nostri 330 ettari di verde pubblico comprendono infatti 12 ettari di agricoltura urbana, 80 in affidamento di gestione, più 54 parchi. In uno dei più grandi, ad esempio, l’ex tenuta agricola con 6 corti coloniche è stata riconvertita e adesso ci sono case vacanze ed agriturismi gestiti da privati, che però pagano la cura del verde e devono reinvestire anche in progetti sociali”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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