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Dai cianobatteri la bistecca del futuro

È nota, un po’ impropriamente, come alga azzurra, o alga verde-azzurra, ma non ha niente in comune con le alghe in senso stretto: il suo nome designa, in realtà, un phylum di batteri fotosintetici, i cianobatteri, spesso presenti in laghi d’acqua dolce, ruscelli, stagni e paludi. Questi batteri sono responsabili della colorazione verdastra delle pozze d’acqua che colonizzano, e alcuni di loro producono tossine velenose; altri, invece, potrebbero rilevarsi estremamente utili alla produzione sostenibile di proteine simili a quelle della carne. Un’équipe di ricercatori della University of Copenhagen, infatti, ha appena messo a punto un sistema per produrre, a partire dai cianobatteri, dei filamenti proteici che ricordano molto da vicino quelli presenti nella carne “reale”. I dettagli della scoperta sono stati pubblicati sulla rivista Acs Nano.

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Come accennavamo, i cianobatteri hanno molto poco a che fare con le alghe; uno dei pochi elementi comuni con il mondo vegetale è la loro capacità di eseguire la fotosintesi. Di più: secondo le ipotesi attualmente più accreditate, si pensa che i cianobatteri siano stati gli “inventori” della fotosintesi, quasi 4 miliardi di anni fa, e che per questo motivo abbiano giocato un ruolo fondamentale nell'”ossigenare” l’atmosfera terrestre, rendendo possibile lo sviluppo di tutte le altre forme di vita aerobiche. Ma c’è dell’altro.

“I cianobatteri”, ha spiegato Poul Erik Jensen, del Department of Food Science dell’ateneo danese, “sono organismi viventi che possono essere ‘indottì a produrre una proteina che non produrrebbero naturalmente. L’aspetto più interessante è che questa proteina viene prodotta in forma di filamenti che in qualche modo somigliano alle fibre della carne. Potrebbe essere possibile usare questi filamenti nei surrogati vegetali della carne, nel formaggio o in altri tipi di alimenti che hanno quella particolare struttura”.

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Già da diverso tempo, in verità, la comunità scientifica sta guardando con attenzione ai cianobatteri e alle microalghe come potenziali fonti di cibo alternativo, per almeno due ragioni: da una parte perché “assomigliano” ai vegetali (essendo in grado di eseguire la fotosintesi), e dall’altra perché contengono e producono grandi quantità di proteine e acidi grassi polinsaturi (quelli che, per intenderci, “fanno bene”).

Nel caso di cui parliamo, gli scienziati danesi hanno bioingegnerizzato i cianobatteri inserendovi dei geni esterni con le “istruzioni” necessarie a produrre altre proteine ancora più simili a quelle della carne, servendosi di un processo relativamente semplice, economico e soprattutto scalabile: “Potremmo riuscire a utilizzare l’intero cianobatterio nei prodotti alimentari“, dice ancora Jensen, “e non solo le fibre proteiche, e in questo modo ridurremmo ulteriormente l’onere del processo. Nella ricerca in ambito alimentare, in effetti, si cerca sempre di minimizzare la processazione della materia prima in modo da lasciare inalterato il valore nutritivo degli ingredienti e di sprecare energia”.

La produzione in serie e la commercializzazione di questa bizzarra carne surrogata, comunque, è ancora piuttosto lontana, anche se i primi risultati sono incoraggianti: “Lavoreremo per affinare l’ingegnerizzazione di questi organismi e renderli ancora più produttivi”, conclude Jensen. “Un po’ come quello che avvenne con le mucche, che abbiamo cercato in tutti i modi di rendere più produttive possibile: ma nel nostro caso, avendo a che fare con batteri, non abbiamo alcun problema etico di benessere animale. Non riusciremo a farlo nel futuro immediato, perché dobbiamo ancora comprendere alcuni meccanismi metabolici di questi organismi. Ma siamo sulla buona strada, e sono convinto che ce la faremo. Potrebbe essere l’approccio migliore per produrre le proteine di cui abbiamo bisogno”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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