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Bollire l’acqua elimina le microplastiche, ma soltanto se c’è il calcare

Bollire l’acqua per renderla potabile è un metodo usato da secoli, soprattutto nei Paesi asiatici. Tuttavia, se portare l’acqua ad ebollizione per almeno 10-15 minuti uccide la maggior parte dei batteri, virus e parassiti numerose ricerche si interrogano ora quale effetto questa prassi abbia sugli agenti inquinanti. 

Uno studio realizzato in Cina e pubblicato su Environmental Science & Technology Letters riporta ora che la bollitura e il filtraggio dell’acqua di rubinetto, se dura, cioè contenente molto carbonato di calcio, potrebbero contribuire a rimuovere quasi il 90% delle nano e microplastiche presenti. Le nano e microplastiche sono apparentemente ovunque: nell’acqua, nel suolo e nell’aria e la contaminazione delle riserve idriche con nano e microplastiche (NMP), che possono avere un diametro di un millesimo di millimetro o di 5 millimetri, è diventata sempre più comune. Gli effetti di queste particelle sulla salute umana sono ancora in fase di studio, anche se gli studi attuali suggeriscono che ingerirle potrebbe influenzare il microbioma intestinale, con ripercussioni su tutto l’organismo.

Lo studio

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Sebbene si stiano cercando e siano state sperimentate varie strategie per eliminare questi frammenti di plastica, spesso si tratta di sistemi avanzati di filtrazione dell’acqua potabile molto costosi e macchinosi. I ricercatori indagano perciò su metodi semplici e poco costosi per contribuire in modo sostanziale a ridurre la percentuale di microplastiche che ingeriamo ogni giorno.

Il gruppo di ricercatori cinesi coordinato da Zhanjun Li ed Eddy Zeng ha voluto perciò verificare se la semplice bollitura potesse essere già un metodo efficace per rimuovere nano e microplastiche dall’acqua. I loro esperimenti hanno avuto un buon esito soltanto a metà: bollire l’acqua aiuta a rimuovere quasi il 90% delle NMP dall’acqua del rubinetto se questa è un’acqua “dura”, contenente una buona percentuale di carbonato di calcio

I ricercatori hanno raccolto campioni di acqua di rubinetto dura da Guangzhou, in Cina, e li hanno addizionati con diverse quantità di NMP. I campioni sono stati bolliti per cinque minuti e lasciati raffreddare. Poi, il team ha misurato il contenuto di plastica libera. L’acqua bollente, ricca di minerali, forma naturalmente una sostanza gessosa nota come calcare, o carbonato di calcio (CaCO3). Con l’aumento della temperatura dell’acqua, il CaCO3 forma incrostazioni, o strutture cristalline, che incapsulano le particelle di plastica.

Secondo Zeng, con il tempo queste incrostazioni si formano come il tipico calcare e a quel punto possono essere rimosse per rimuovere gli NMP. Per ottenere una buona purificazione dell’acqua basterebbe poi filtrare l’acqua con un semplice filtro da tisaniera, in modo da eliminare anche eventuali incrostazioni rimaste a galla.

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Nelle acque con meno carbonato di calcio (meno di 60 milligrammi di CaCO3 per litro), la bollitura ha rimosso soltanto circa il 25% delle MNP. Secondo i ricercatori, nonostante questo limite il loro lavoro può aiutare a trovare un metodo semplice ma efficace per ridurre il consumo di NMP.

Di recente, uno studio italiano aveva invece accertato che bollire l’acqua non basta per eliminare i PFAS, le cosiddette “sostanze chimiche permanenti”, ampiamente utilizzate, che nel corso del tempo si accumulano negli esseri umani e nell’ambiente e che possono avere effetti negativi sulla salute causando danni al fegato, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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