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Anche il vino cambia con il cambiamento climatico

Il vino è destinato a mutare. Lo ha già fatto in realtà. L’Italia, al sud dell’ormai troppo calda Europa, lo scorso anno ha fatto registrare un cospicuo calo nella produzione, a favore delle aree più a nord. E gli enologi già da tempo tentano di adattare la produzione vinicola al clima che cambia, spostandola. Ma preservare la produzione vinicola comporterà comunque un costo. Per dirla con le parole scelte dal team di Cornelis van Leeuwen dell’Università di Bordeaux, avremo “vincitori e vinti”, dovremmo fare i conti con nuove sfide ecologiche e non è detto che funzioni ovunque. 

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Van Leeuwen e colleghi hanno scelto le pagine di Nature Reviews Earth & Environment per lanciare l’ennesimo appello sul precario futuro dell’industria vinicola sotto scacco dei cambiamenti climatici. Questo nuovo lavoro punta non solo a riassumere i possibili scenari che ci attendono con l’aumento delle temperature, ma è un rinnovato invito a non farsi trovare impreparati. Servirà adattarsi, in un modo o nell’altro, scrivono i ricercatori, per garantire vigne in salute e produttive anche con i cambiamenti climatici. Perché siccità, aumento dell’anidride carbonica, gli eventi estremi, da ondate di calore ad alluvioni, e ovviamente l’innalzamento delle temperature, modificano la crescita, la maturazione, la produttività e il gusto del vino.

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A seconda del grado di riscaldamento globale, i ricercatori hanno calcolato che dal 50% al 70% delle attuali regioni vinicole potrebbero diventare più o meno “inadeguate” per la produzione vinicola. Molte di queste regioni si trovano nel sud dell’Europa, con Italia, Francia e Spagna tra le aree più colpite, ma anche negli Stati Uniti Occidentali, in particolare nel sud della California e nell’Australia sudorientale. Destinati a “vincere” – dove l’aumento delle temperature farà crescere la produttività o renderà disponibili nuove aree per i vigneti – sono invece parti della fascia centrale dell’Europa – dalla Germania al Regno Unito, al nord della Francia. L’aumento di produttività, scrivono i ricercatori, riguarderà dall’11% al 25% delle attuali aree vinicole.

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L’innalzamento delle temperature inoltre è destinato a mutare, come in parte già fatto, il ciclo di maturazione dell’uva, anticipandolo, e a cambiare il gusto stesso del vino: più aromi di frutta matura al posto di quella di frutta fresca, più alcol, vini in sostanza meno freschi, scrivono gli autori. Qualcosa però è possibile fare. Per combattere gli effetti dei cambiamenti climatici, i ricercatori citano una serie di possibili misure adattative, come la scelta di varietà a maturazione tardiva, a fusti alti, potature tardive, la riduzione delle chiome delle viti e la densità dei vigneti, o ancora l’utilizzo di reti ombreggianti. Valide anche le opzioni di muoversi ad altitudini e latitudini più elevate, se possibile, ma non senza rischi. Nel corso della storia è già successo di dover spostare interi vigneti, più e più volte, ma questo non basta per assicurare che tutto questo accadrà senza conseguenze. La tendenza a spingersi più su, più a nord, porta con sé dei rischi, per gli habitat, la biodiversità e i consumi di acqua. L’imperativo di “adattarsi” dovrà necessariamente fare i conti anche con tutto questo, concludono gli autori.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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