9 Marzo 2023

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    Eni e MIT insieme per lo sviluppo di energia da fusione nucleare

    BOSTON. Continua la scommessa di Eni sulla fusione nucleare made in Usa. Anzi raddoppia. Se già da qualche anno il colosso italiano dell’oil and gas era tra gli “azionisti strategici” della Commonwealth Fusion Systems (uno spinout del Massachusetts Institute of Technology), da oggi Eni diventa anche partner tecnologico della compagnia di Boston.Nel campus poco fuori dalla città, inaugurato un mese fa alla presenza del Segretario all’Energia Usa Jennifer M. Granholm, dove si stanno costruendo le infrastrutture che ospiteranno entro pochi mesi un primo prototipo del reattore a fusione nucleare concepito dagli ingegneri del Mit e della Cfs, l’ad di Eni Claudio Descalzi e il ceo della Commonwealth Bob Mumgaard hanno firmato oggi un “accordo di cooperazione a sostegno dello sviluppo e della commercializzazione dell’energia da fusione”. Insomma se Eni finora in questa impresa ci aveva messo solo i soldi, da ora contribuisce anche con la sua esperienza ingegneristica e di project management.

    Energia

    Cos’è la fusione nucleare e perché è difficile produrla

    12 Dicembre 2022

    L’obiettivo è ambiziosissimo (e osservato con misto di curiosità e scetticismo anche dal resto delle comunità scientifica che si occupa di fusione nucleare): realizzare e rendere operativo entro due anni, nel 2025, il primo impianto pilota a confinamento magnetico per la produzione netta di energia da fusione. Ed entro i primissimi anni del prossimo decennio costruire la prima centrale elettrica industriale da fusione in grado di immettere elettricità nella rete. Tempi ravvicinatissimi e in deciso contrasto con le previsioni di molti degli addetti ai lavori, che continuano a parlare di “decenni” prima di riuscire a domare la fusione nucleare e a utilizzarla per i nostri fabbisogni energetici.

    Innovazione

    Fusione nucleare: le startup dell’energia pulita nel mondo

    di Jaime D’Alessandro

    14 Dicembre 2022

    Eppure l’ottimismo visionario della Commonwealth Fusion Systems e di chi, come Eni, ci ha investito denaro e ora competenze, si basa su anni di ricerche del prestigiosissimo Mit e su un risultato preliminare ottenuto (e molto celebrato) nel settembre del 2021: la messa a punto di un magnete superconduttivo ad alta temperatura, il più potente al mondo nel suo genere. Un dispositivo fondamentale per “confinare” il plasma di atomi di deuterio e trizio (due isotopi dell’idrogeno) e per comprimerli fino innescarne la fusione uno nell’altro con liberazione di grandi quantità di energia.Grazie anche a questo risultato, molto preliminare ma fondamentale, Cfs, nata nel 2018, ha raccolto una quantità record di investimenti privati: circa 2 miliardi di dollari. Una fetta cospicua (intorno al 20%, ma non ci sono conferme ufficiali) è riconducibile all'”azionista strategico” Eni.”Fin dal 2018 abbiamo investito in Cfs e siamo stati la prima azienda energetica a impegnarci in questo settore”, ha ricordato Descalzi. “Oggi rafforziamo ulteriormente questa collaborazione con le nostre competenze ed esperienza, con l’obiettivo di accelerare il più possibile il percorso di industrializzazione della fusione”. LEGGI TUTTO

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    Un altro alieno nel Mediterraneo: trovato sulla costa del Lazio un pesce istrice

    Potrebbe essere arrivato dall’Atlantico orientale, attraversando lo stretto di Gibilterra. Oppure, in alternativa, essere stato incautamente rilasciato in mare da un acquario. Un pesce porcospino punteggiato (Chilomycterus reticulatus il nome scientifico) è stato trovato spiaggiato a Santa Marinella, lungo il litorale laziale: è la seconda segnalazione di sempre in Mediterraneo (nel 2008, a Sant’Antioco, la precedente osservazione) per una specie di pesce istrice subtropicale, la cui commercializzazione a scopo alimentare è vietata già dal 1992: può infatti accumulare la tetrodotossina, benché in misura minore rispetto ai pesci palla della famiglia Tetraodontidae. 

    È stato un pescatore a segnalare l’esemplare, lungo 60 centimetri, a Santa Marinella: merito anche della campagna “Attenti a quei 4!”, lanciata nei mesi scorsi da Ispra e Cnr IRBIM per informare i cittadini sulla presenza di quattro pesci alieni potenzialmente pericolosi per la salute umana. E proprio un team dell’Ispra ha recuperato l’esemplare, effettuando le analisi morfologiche e molecolari per l’identificazione della specie: alcune caratteristiche (a partire dal corpo gonfiabile ricoperto di grosse spine, denti fusi in placche e la livrea maculata su dorso e pinne) lo assimilavano infatti al Diodon holocanthus.

    Biodversità

    Climate change, nessuno ferma le specie aliene: ora fanno rotta verso l’Atlantico

    di Pasquale Raicaldo

    28 Ottobre 2022

    “Le popolazioni di pesce porcospino punteggiato sono segnalate in incremento nei mari dell’Africa nord occidentale, e in particolare alle Canarie, circostanza che – insieme alle dimensioni particolarmente rilevanti del pesce spiaggiato – rendono plausibile l’ipotesi che sia accidentalmente entrato in Mediterraneo attraverso lo stretto di Gibilterra”, sottolinea Manuela Falautano, ricercatrice Ispra direttamente impegnata nelle campagne di sensibilizzazione per il riconoscimento di specie aliene potenzialmente nocive per l’uomo. 

    “Benché l’osservazione abbia un carattere episodico, si tratta senz’altro di una nuova conferma dei cambiamenti in atto nel Mediterraneo, un mare che malgrado le sue dimensioni ridotte si rivela il più suscettibile alle invasioni di specie aliene, per numero e per rapidità di diffusione. Nel caso del pesce istrice – continua Faulatano – può fare magari notizia la rarità delle osservazioni: la specie ha una distribuzione circum-globale, popola aree sub-tropicali e temperate e certamente il freno è costituito dalla temperatura del nostro mare, ancora troppo freddo”. Un mare che, però, va gradualmente riscaldandosi. E dunque le cose potrebbero a breve cambiare.

    Biodiversità

    Il Mediterraneo è sempre più caldo e la posidonia invasiva arriva in Salento 50 anni prima

    di Pasquale Raicaldo

    25 Febbraio 2023

    Anche perché se il Chilomycterus reticulatus è un ospite quasi del tutto inedito, sempre maggiore è invece nel Mediterraneo la presenza di pesci palla e pesci istrice. “Proprio così. – conferma Fabio Crocetta, ricercatore della Stazione Zoologica Anton Dohrn, esperto di specie aliene ed invasive – Basti pensare al pesce palla liscio, Sphoeroides pachygaster, che ha invaso il Mediterraneo occidentale a partire dagli anni ’80, espandendosi in poche decadi fino al Mediterraneo orientale e all’Adriatico, uno dei sottobacini più freddi della zona. Oppure al pesce istrice maculato, Diodon hystrix, molto simile alla specie rinvenuta sulla costa laziale, e già conosciuto nel Mediterraneo per ben tre avvistamenti”. 

    “Tra le specie più invasive sicuramente va ricordato anche il pesce palla maculato Lagocephalus sceleratus, con impatti importanti sugli ecosistemi e soprattutto sui giovanili di altri pesci. In generale – prosegue Crocetta –  sebbene il bacino levantino ospiti più specie aliene, tra cui numerosi pesci palla ed istrice provenienti dal Mar Rosso e dall’Indopacifico, anche le coste italiane sono soggette all’arrivo di queste ed altre specie. Nella maggior parte dei casi si tratta di importanti predatori, che possono creare sconvolgimenti delle reti trofiche a diversi livelli. Mentre, sfortunatamente, nulla possiamo contro le specie che arrivano ‘naturalmente’ da areali confinanti, una maggiore attenzione da parte dell’uomo sarebbe auspicabile nel caso di specie che arrivano tramite trasporto navale o rilascio deliberato”.

    La segnalazione del pesce istrice, avvenuta attraverso la cosiddetta “citizen science”, ha indotto peraltro Ispra e Cnr-Irbim a rinnovare l’invito a non liberare specie esotiche vive negli ambienti naturali, a limitare le loro possibilità di fuga da ambienti confinati e a segnalare anche per imparare a conoscere le nuove specie esotiche che popolano i nostri mari a partire da quelle potenzialmente pericolose. “Il fatto stesso che a farlo sia stato un pescatore, insospettito da alcune caratteristiche fisiche in comune con il pesce palla maculato, conferma la crescita di una sensibilità diffusa da parte dei cittadini e degli operatori del mare, che sono le nostre prime sentinelle del mare”, aggiunge Falautano.

    “Monitorare la presenza di specie aliene o invasive è fondamentale – prosegue – perché le loro alterazioni si possono tradurre in una competizione per lo spazio e per le risorse alimentari, in una predazione diretta, nell’ibridazione con le specie autoctone e nella trasmissione di malattie. Tra i casi più eclatanti i pesci coniglio Siganus luridus e Siganus rivulatus che, a causa della loro attività erbivora, impattano negativamente sulle alghe della zona costiera rocciosa superficiale, le alghe Caulerpa racemosa e Caulerpa taxifolia, che insidiano le praterie di posidonia in regressione, e il pesce palla maculato, Lagocephalus sceleratus, una specie altamente tossica che può causare anche danni ingenti all’attività di pesca”. LEGGI TUTTO

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    Il paese tedesco che mette in lockdown i gatti per salvare la sua allodola rara

    ucceI gatti di Walldorf, città di 15.000 abitanti nel sud-ovest della Germania, dovranno passare l’estate in lockdown, misura già messa in atto lo scorso anno dalle autorità cittadine su indicazione del distretto. Il motivo per negare la libertà ai felini domestici è presto detto: la località vuole proteggere la riproduzione della Galerida cristata (in tedesco Haubenlerche, in italiano cappellaccia), specie della famiglia delle allodole che dal 2020 è sulla lista rossa degli uccelli in via d’estinzione in Germania ed è specie protetta.

    I territori in cui nidifica e si riproduce sono sempre meno numerosi per via della scarsità di cibo e, soprattutto, per i cambiamenti dell’habitat. La cappellaccia, infatti, predilige ambienti come le aree ferroviarie e industriali, i bordi di strade e le zone periferiche di agglomerati urbani con terreni aridi, situazione sempre più difficile da trovare nelle aree urbane ma anche in quelle rurali, dove l’intensificazione dell’agricoltura fa sparire le erbe selvatiche che assicurano all’uccello i semi che predilige per la propria alimentazione.

    In Germania nel 2022 si contavano solo 74 territori riproduttivi di questa specie, la maggior parte nelle aree sabbiose delle pianure dell’Alto Reno. Nella zona sud di Walldorf, ancora in fase di sviluppo edilizio, l’uccello a rischio estinzione da anni ha trovato un habitat adatto alla propria riproduzione. Nel 2022 hanno nidificato lì tre coppie di questi uccelli: un numero limitato, che proprio per questo motivo va protetto in ogni modo. Ogni uccello che nasce è importante per assicurare la continuazione della specie. E, si sa, i pulli indifesi sono una delle prede preferite dei gatti, animali istintivamente predatori che nel 2022 l’Accademia polacca delle Scienze ha inserito tra le specie aliene invasive per l’impatto dannoso sulla biodiversità, dato il numero di uccelli e mammiferi che cacciano quando si trovano all’aperto.

    Il tutorial

    Il birdgardening in balcone, per un giardinaggio amico degli uccelli

    di Gaetano Zoccali

    01 Ottobre 2022

    Per non correre rischi, per proteggere le sue famigliole di cappellaccia, la città del Baden-Württemberg ha stabilito che dal 1° aprile al 31 agosto compreso – di ogni anno fino al 2025 – i gatti non potranno uscire liberamente di casa a meno che i proprietari non abbiano ottenuto lo speciale permesso che impone loro di far indossare al proprio animale un localizzatore GPS . Se, però il gatto con il localizzatore GPS collegato ai servizi ambientali del comune si avvicina troppo alla zona di nidificazione, delimitata e protetta anche con apposite recinzioni, l’esenzione per il felino decade automaticamente e il resto del periodo dovrà passarlo tra le mura domestiche.

    L’altra alternativa per i padroni di gatti è quella di portarli fuori al guinzaglio con pettorina “antifuga”. Nel 2022 grazie allo stesso decreto nell’area con i nidi non si è visto un solo gatto, e la maggior parte degli uccellini è sopravvissuta indenne alla fase più critica dello sviluppo. Otto esemplari hanno potuto crescere fino al momento di prendere il volo. Ovviamente non tutti a Walldorf sono contenti della decisione delle autorità, che hanno previsto anche la possibilità di interruzione temporanea dei lavori di costruzione in caso di nidiate nei cantieri. In 40, tra proprietari di gatti e organizzazioni per il benessere animale, hanno presentato un ricorso sostenendo che a minacciare i pulli della cappellaccia sono anche gazze, corvi, volpi e faine. Il distretto ha risposto che anche per quest’anno sono già previsti diversi interventi come l’allestimento di trappole ma anche la caccia o l’abbattimento degli animali predatori. Il decreto per proteggere i nidi di riproduzione della Galerida cristata prevede anche multe salate per chi non rispetta le regole: da 500 euro fino a 50.000 euro se gli uccelli protetti vengono feriti o uccisi. Per molti una ragione sufficiente per decidere di tenere il proprio gatto in lockdown. LEGGI TUTTO