Novembre 2021

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    Pelizzari si conferma testimonial per la salute prostatica

    Uomo

    di Valeria GhittiPubblicato il: 09-11-2021

    Torna la campagna di sensibilizzazione per la prevenzione del tumore prostatico, Metti un baffo a novembre. E il campione di apnea dà ancora il suo contributo.

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    Sanihelp.it – Il tumore alla prostata è il tumore più frequente nella popolazione maschile, in Italia sono quasi 40 mila le nuove diagnosi ogni anno, che rappresentano quasi il 20 per cento di tutti tumori maschili. La ricerca scientifica ha fatto enormi progressi nel trattamento e nella cura di questo tumore, ma il primo passo deve essere fatto innanzitutto dagli uomini con la prevenzione, perché un esame in più può salvare la vita favorendo una diagnosi precoce, un trattamento tempestivo e una prognosi più favorevole.
    Per sensibilizzare sull’importanza della prevenzione di questo tumore maschile, Janssen Oncology, con il patrocinio di Europa Uomo, Fondazione Pro e Salute Uomo, promuove a novembre, mese dedicato alla prevenzione e cura della salute maschile, la campagna Metti un baffo a novembre, con riferimento all’ormai popolare simbolo – i baffi appunto – della prevenzione per questo tipo di tumore.
    L’iniziativa nasce da una sfida importante: convincere gli uomini a fare la visita urologica per il tumore alla prostata, superando i tabù e le barriere culturali insieme alla ritrosia a farsi visitare perché «far emergere il problema è il modo migliore di affrontarlo». Il campione mondiale di apnea Umberto Pelizzari presta il suo volto come testimonial anche della campagna 2021, rinnovando per il secondo anno il suo impegno e sostegno per diffondere la conoscenza dell’importanza della prevenzione in questo ambito. La determinazione e la costanza con cui ha intrapreso il suo percorso sportivo e personale, sono valori in linea con il messaggio della campagna. La prevenzione, infatti, ha bisogno di determinazione, per non rimandare controlli e visite, e di costanza, perché diventi una buona abitudine nella quotidianità degli uomini.
    La campagna è attiva durante il mese di novembre. Al centro il sito Oncovoice.it, che costituisce un vero e proprio punto di riferimento per i pazienti e che consente approfondimenti sulla patologia, con numerose informazioni e consigli. Inoltre, per diffondere maggiormente il messaggio e sensibilizzare la popolazione sul tema saranno coinvolti altri personaggi famosi – uno tra tutti l’ex calciatore, oggi commentatore sportivo, Giuseppe Bergomi – che condivideranno sui loro social post e stories per parlare della campagna. Il grande pubblico sarà a sua volta invitato ad amplificare il messaggio e, attraverso le installazioni in giro per le città, potrà diventare protagonista della campagna #MettiUnBaffoaNovembre.

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    Francesca Neri soffre di cistite interstiziale

    Malattie rare

    di Valeria GhittiPubblicato il: 02-11-2021

    L’attrice è da anni lontana dalla scene e ne ha raccontato il motivo in un libro e in alcune recenti interviste. Ha anche pensato al suicidio.

    © Instragram

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    Sanihelp.it – Da alcuni anni Francesca Neri convive con una malattia cronica, la cistite interstiziale. Anche se il nome potrebbe erroneamente far pensare all’infezione batterica della vescica, questa condizione è ben differente. Nota anche come sindrome della vescica dolorosa, è riconosciuta tra le malattie rare, colpisce più le donne degli uomini e consiste in una infiammazione cronica della parete vescicale che, come si legge sul sito dell’Associazione Italiana Cistite Interstiziale (AICI) comporta dolore pelvico, pressione o disagio legato alla vescica associato a sintomi del basso tratto urinario (come un persistente e urgente bisogno di urinare). Non ci sono infezioni. Il dolore può coinvolgere vescica, uretra, genitali, pavimento pelvico, zona perianale, addome, zona lombo-sacrale e può estendersi anche alle gambe.
    Una condizione che può diventare davvero invalidante. E lo testimonia la stessa attrice, che, recentemente intervistata dal Corriere della Sera, ha rivelato: «Ho accarezzato l’idea del suicidio. Ho passato mesi a giocare a burraco online di notte. Il mio lockdown è durato tre anni. E quando è arrivato per tutti, con la pandemia, sono stata meglio perché condividevo la situazione degli altri». Tre anni, perché tanto è durata la fase acuta della malattia, ma, come chiarisce, non è finita: «Non ne sono fuori, non si guarisce: impari a gestirla e a non provocarla in modo che non sia invalidante». Intervistata sullo stesso tema da Silvia Toffanin ha chiarito ulteriormente le difficoltà di convivere con questa malattia: «Il dolore fisico costante ti fa perdere il controllo di te stesso, e io non l’avevo mai perso; mi ha fatto perdere i contatti con la realtà».
    Nel frattempo le ha provate tutte: «Urologia, Agopuntura, ayurveda, nutropuntura, ozonoterapia. Fino al luminare che mi proponeva un massaggio intravaginale. Ma che mi faccio penetrare da uno sconosciuto?» ha dichiarato ancora al Corriere. Poi ha cominciato a stare meglio: «Ho trovato un equilibrio, devo imparare a difenderlo. Ho cominciato a privarmi di cose che potevano scatenare una reazione. L’aria condizionata, il caldo, certi cibi. La vescica è una parete e se viene lesionata si creano ferite interiori».
    Si è confrontata anche con tante donne nella sua stessa condizione: «io che non credo ai social, sono stata in una chat di donne che soffrono questa patologia. Un po’ come gli alcolisti anonimi». E ha scritto un libro, Come carne viva (edito da Rizzoli), dove racconta quello che ha vissuto in questi anni. Al riguardo ha spiegato a Verissimo: «Ė stata la mia terapia. Volevo condividere con altre persone che hanno vissuto la stessa cosa, mettere un punto e andare oltre».

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    Un gesto generoso: la donazione dei capelli

    Tumori: prevenzione e terapie

    di Elisa BrambillaPubblicato il: 02-11-2021

    Una ragazzina ha dato il via a una gara di solidarietà

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    Sanihelp.it – Si chiama Greta, ed è la figlia di un medico che lavora all’Istituto Oncologico Veneto (IOV) di Padova, la bambina che qualche mese fa ha deciso di raccogliere i suoi capelli in una lunga treccia per donarla alle pazienti del suo papà, in modo che potessero avere una parrucca di capelli veri.Questo perché la chemioterapia alla quale viene sottoposto chi è colpito da un tumore ha tra gli effetti collaterali proprio la perdita dei capelli. Il gesto di Greta ha dato il via a una vera e propria gara di solidarietà e tante donne e ragazze hanno deciso di seguire il suo esempio, così che allo IOV sono state donate moltissime trecce.Lo rivela l’associazione veronese La cura sono io, che si è occupata di trasformare in parrucche i capelli donati.Il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, venuto a conoscenza dell’iniziativa ha commentato: «La sofferenza di una donna malata di tumore va oltre il dolore fisico. C’è quello morale legato anche alle conseguenze estetiche delle cure. Da queste ragazze e donne è partito e arrivato a destinazione un commovente messaggio d’amore, che spero trovi una grande emulazione.Il gesto di Greta è diventato contagioso e per questo ringrazio e abbraccio protagonisti e protagoniste di questa bella storia di solidarietà e auguro alle donne che riceveranno queste parrucche di guarire e tornare presto ad avere i propri capelli – conclude – Con gli oncologi veneti sono in ottime mani».Chi volesse donare i propri capelli cosa deve fare? Per prima cosa è necessario interpellare le associazioni che si occupano di realizzare le parrucche per i malati oncologici. I capelli devono essere sani, senza doppie punte, devono essere legati in una coda o in una treccia, e per il taglio è meglio farsi aiutare da un parrucchiere.

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