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Nauseato dalla politica rinato con l’ambientalismo

Roberto non voleva saperne assolutamente più nulla. La parte peggiore della sua amata Sicilia – quella di mafie e intimidazioni – l’aveva provato a tal punto che credeva di aver accantonato per sempre il sogno dell’attivismo e della politica. Poi però, quasi a sorpresa, all’alba di una mattina torinese è arrivato un segnale dal cielo: un enorme striscione  col simbolo di Extinction Rebellion appeso a un ponte.

Roberto Gammeri ha 29 anni ed è un neuroscienziato. È nato a Brolo, un piccolo paese di pescatori proprio di fronte alle isole Eolie, in provincia di Messina.

Sono cresciuto con i miei genitori tra campagna e mare, il contatto con la natura l’ho avuto fin da subito” racconta, ma “una visione chiara di quanto sta accadendo al mondo l’ho invece maturata solo dopo tanto tempo.

Ci sono volute nausea e rabbia, lotta alla mafia e scelte difficili, prima di farlo approdare ad Extinction Rebellion e tornare a lottare “per il clima e i diritti”.

<img src="https://www.repstatic.it/content/contenthub/img/2024/04/18/170254501-e83e0a1f-cd85-4e24-a83b-7685d36de57a.jpg" alt="Roberto Gammeri, 29 anni, siciliano. Per l’attività politica legata ai temi sociali e contro la mafia ha avuto minacce e aveva deciso di non farsi coinvolgere più. Oggi è uno dei leader di XR Torino (foto di Karim El Maktafi)“>

Roberto Gammeri, 29 anni, siciliano. Per l’attività politica legata ai temi sociali e contro la mafia ha avuto minacce e aveva deciso di non farsi coinvolgere più. Oggi è uno dei leader di XR Torino (foto di Karim El Maktafi) 

Prima, alla fine del liceo, lo aveva colpito la disillusione. “A scuola facevo attività politica, più legata al diritto allo studio e temi sociali. Ma era un contesto molto difficile: il mio liceo era in mano a dinamiche molto strane di potere politico e noi che portavamo avanti lotte per i diritti, ci siamo scontrati anche con un mondo che ruotava intorno alla mafia. Per tutto quello che è successo, per le mobilitazioni importanti  con ripercussioni dure della polizia del posto, per quelle volte che siamo stati fermati e chiusi in stanzini dopo ogni manifestazione, alla fine a 18 anni mi è venuta la nausea. Ero disilluso, distaccato dal bisogno di fare attività politica”. Aveva deciso di dire basta per sempre.

Così è  partito “stanco” alla volta di Torino, con l’idea “che non avrei cambiato il mondo, che dovevo dedicarmi solo alla mia carriera”, lui che poi si è laureato in psicologia, ha fatto un dottorato di ricerca in neuroscienze e ora lavora all’Ospedale di Torino. Quando era all’università, racconta Roberto, non riusciva proprio a “riattivarsi”. Ma durante il percorso universitario ha cominciato “a maturare una visione politica sul fatto che chi è eletto deve lavorare per la tutela dei cittadini, anche dal punto di vista ambientale”.

A riaccendere la sua passione latente sono stati anche i grafici sull’andamento delle emissioni. “Guardavo i dati e sentivo un senso di rabbia, paura e frustrazione:  perché a me, di formazione scientifica, nessuno aveva mai spiegato quanto fosse grave la situazione del clima? Ero arrivato a 23 anni senza saperlo: in teoria il mio percorso avrebbe dovuto rendermi consapevole, ma mai nessuno mi aveva spiegato cause e responsabilità”.

Così ha iniziato a leggere, tanto. Poi è passato ai “seminari di nicchia all’università che parlavano di crisi climatica”. Più approfondiva, più imparava a comprendere anche i grafici scientifici.”Ho cominciato a unire i puntini e capire. Ho letto il report Ipcc che ha sconvolto il mondo. Più scoprivo, per esempio l’impatto delle fonti fossili, più il senso di disillusione si è trasformato in rabbia costruttiva. Poi ho visto le immagini di questo movimento di pazzi in Inghilterra che stava paralizzando Londra con il colore e l’arte per parlare di clima e ho sentito una prima scintilla”. Ma non era ancora abbastanza. “Così ho cominciato a informarmi su Extinction Rebellion ma per un anno, nonostante l’attrazione, sono rimasto distante. Era un meccanismo di difesa rispetto al passato”.

Alla fine è arrivata l’alba. “Una mattina prestissimo a Torino tornavo da una serata e su un ponte ho visto uno striscione con il simbolo di Extinction Rebellion. Mi sono detto: ma allora esistono anche qui! Li ho cercati sui social e incontrati. Erano persone adulte, coscienti, non solo gruppi studenteschi. Mi hanno detto: stiamo partendo, qualsiasi contributo ti senti di dare, prenditi lo spazio e dallo”. Allora si è convinto e ha ricambiato con forza e determinazione: oggi Gammeri è uno dei coordinatori di Extinction Rebellion Torino.

Non si definisce un attivista climatico, ma piuttosto “sociale”.

Ciò che mi ha agganciato a XR è la visione sistemica del cambiamento. Non basta ridurre la CO2 nel mondo per frenare il collasso a cui stiamo andando incontro: infatti Extinction Rebellion parla molto di crisi climatica ed ecologica per mettere in luce l’impatto delle azioni dell’uomo su biodiversità e sistemi terrestri, ma soprattutto sugli assetti sociali sballati della nostra società.

Se ha deciso di tornare ad attivarsi è per “riprendere, come cittadino, il potere che ci è stato tolto. Tutto quello che ho vissuto sulla mia pelle, soprattutto in quella Sicilia dilaniata da abusi e soprusi anche a livello edilizio, penso sia il frutto di un totale distacco fra chi prende decisioni e chi ne vive gli effetti. Viviamo in un Paese democratico dove chi vive gli effetti dovrebbe avere in qualche modo un peso su chi decide. Invece si è creata una distanza così grande che io sento la voglia di riprendermi quel potere, per poter incidere come cittadino, in qualche modo, sul futuro. Il mio attivismo è una sfida democratica”.

Oggi che ha fatto carriera, la sua vita parallela da attivista lo porta però a correre dei rischi. Anche legali. Eppure, racconta Roberto, “lo faccio comunque, anche se non è semplice. Ho ragionato molto e continuo a farlo ogni volta che mi arriva una denuncia. Come ho detto, sono arrivato a Torino con l’idea di mettere la testa sulla mia carriera. Ma di fronte a grafici che escono ogni anno, di fronte ai fatti, qual è la carriera che mi aspetta? Qual è il futuro di cui stiamo parlando? Io vengo dalla Sicilia che in pieno inverno ha dichiarato lo stato di calamità naturale per la siccità. Posso anche diventare il più grande ricercatore di neuroscienze di Torino, ma che futuro avrò se fra dieci anni si prevedono futuri catastrofici e lotte per l’acqua? Se il prezzo da pagare è prendere qualche denuncia per richiamare chi dovrebbe attuare decisioni per la nostra tutela e non lo fa, allora sono disposto a pagarlo”.

Continuerà finché non otterrà risposte. La sua famiglia lo appoggia, anche se è preoccupata per le possibili conseguenze legali. Un giorno, però, Roberto spera di poter ritornare nella sua isola da dove è andato via per ritrovarsi. Ma prima sente che deve continuare a portare in giro un messaggio:

Ai cittadini voglio semplicemente dire che non è tutto perduto. Ogni grado di aumento della temperatura conta e può fare la differenza, ma con le giuste politiche si possono ancora salvare milioni di vite nel mondo. Pensateci: se davvero riuscissimo a creare una pressione totale sull’inazione climatica dei governi, allora potremmo riprenderci tutti insieme il potere di cui abbiamo diritto.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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