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La lavatrice è fonte di microplastiche: consigli per un bucato più sostenibile

La calda felpa di pile, i calzoncini di nylon per la palestra, l’abitino in poliestere acquistato a poche decine di euro. I tessuti sintetici sono la fonte principale di microfibre, ovvero le microplastiche più diffuse nell’ambiente. Perdono questi minuscoli frammenti a forma di filamento durante la fabbricazione, l’uso, lo smaltimento, ma soprattutto durante il lavaggio. 

Nel suolo, nei fiumi, nei laghi

Dopo che gli indumenti hanno rilasciato nelle lavatrici le microfibre, queste ultime entrano nel flusso delle acque reflue, che generalmente vanno a un impianto di trattamento. Se questo è di nuova generazione, può rimuovere fino al 99% delle microfibre dall’acqua. Tutto a posto, quindi? Non proprio. Da un lato, infatti, le piccolissime fibre rimosse durante la procedura finiscono nei fanghi di depurazione, miscele che, dopo un’apposita lavorazione, vengono utilizzate come fertilizzante. Così le microfibre vengono assorbite dal terreno e successivamente dalle colture. Dall’altro lato, visto che un carico di bucato può produrre milioni di fibre, l’acqua che viene riversata nei fiumi e nei laghi, sebbene trattata, ne contiene ancora una quantità rilevante. 

I tessuti non sono tutti uguali

“Tutto ciò non è accettabile perché le microfibre includono additivi chimici, come ftalati e bisfenolo A, che possono avere effetti negativi sulla salute dell’uomo e degli animali”, evidenzia Judith Weis, professore emerito di Scienze biologiche alla Rutgers University, negli Stati Uniti, e autrice di numerosi studi sul tema, oltre che del libro Polluting textiles: the problem with microfibres. “Contengono anche ulteriori sostanze, come coloranti e ritardanti di fiamma, che hanno dimostrato di essere tossiche“.

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Certo, non tutti i tessuti sintetici rilasciano microfibre nelle stesse quantità. Per esempio, quelli a trama larga, che sembrano soffici, rilasciano più frammenti di quelli a trama fitta. “Alcuni scienziati e produttori stanno sviluppando tessuti che rilasciano meno particelle rispetto a quelli attuali, grazie a fibre più lunghe e ad appositi rivestimenti”, chiarisce l’esperta. E c’è anche chi va oltre, provando, per esempio, a realizzare tessuti a base di alghe, che risultano resistenti e flessibili, o di rifiuti compostabili. 

Meno detersivo e niente asciugatrice

Nel frattempo, in attesa che le sperimentazioni diventino realtà, è bene attenersi ad alcuni semplici consigli, che è la stessa Weis a suggerire. “Anzitutto, bisogna attivare la lavatrice a pieno carico perché così gli indumenti saranno esposti a meno attrito durante il lavaggio, con una conseguente riduzione del rilascio di microfibre”, spiega. “Poi occorre utilizzare acqua fredda e poco detersivo. Inoltre, meglio lasciare asciugare i panni su uno stendibiancheria perché la ventola dell’asciugatrice contribuisce a rilasciare nell’aria ulteriori microfibre. Infine, se si deve acquistare una nuova lavatrice, è consigliabile optare per un modello a caricamento frontale, la cui centrifugazione produce una minore emissione di frammenti tessili”. 

Dalle bag alle sfere

Ci sono poi alcuni prodotti che raccolgono le microfibre prima che vengano rilasciate nelle acque reflue. Tra questi, le washing bag, sacchetti realizzati con un singolo filamento di poliammide intrecciato nei quali racchiudere il bucato da lavare: la rete intrappolerà i frammenti rilasciati dai capi impedendone la dispersione. Uno studio pubblicato su Science of the Total Environment nel 2022 ha evidenziato che tale sistema è in grado di raccogliere circa un terzo delle microfibre. 

Un altro dispositivo sono le sfere in plastica riciclata, come Cora Ball, da posizionare nel cestello dell’elettrodomestico prima di avviare il lavaggio. Una ricerca comparsa nel 2019 sulle pagine del Marine Pollution Bulletin e condotta da studiosi canadesi ha dimostrato che il prodotto riduce le microfibre di circa il 25-30%, ma non è adatto in caso di tessuti a maglie larghe perché potrebbe impigliarsi nei fili e danneggiare gli indumenti. 

I filtri: a cosa servono

Un modo più efficace per limitare le microfibre sono i filtri. Ci sono quelli esterni, che si adattano alle lavatrici esistenti. Possono rimuovere fino al 90% dei frammenti e devono essere puliti periodicamente. “Alcune aziende, come Arcelik, producono lavatrici con filtri incorporati”, rende noto la biologa. “La Francia ha stabilito che entro il 2025 tutte le nuove lavatrici dovranno essere dotate di filtri, mentre in Australia l’obbligo scatterà entro il 2030”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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