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Facciamo finta che la scienza sia vera? Sguardo indigeno e riflessioni sul futuro

Quante volte, ci siamo chiesti: se avessi 6 mesi di vita, che farei? In un mondo dove conviviamo con i terrapiattisti e nella ragnatela digitale, intrappolati tra opinioni e fake news, quante volte ci chiediamo: qual è la verità? Quali i dati scientifici per difenderla?

Mi chiamo Claudia Laricchia e sono la prima persona non indigena a capo delle popolazioni indigene del Forum sulla giustizia climatica. Mi ha dato questa nomina, il leggendario The Forest Man of India e cioè un contadino che da 40 anni ogni giorno pianta almeno un albero. E così nel nord est India, ad Assam, ha fatto tornare la biodiversità, la natura, gli animali selvaggi, piantando la foresta di Molai, che oggi è grande quanto 13 campi da calcio.

Il mio sguardo indigeno dentro occhi non indigeni, vede un’umanità complessa e in enorme difficoltà. Un’umanità che, lo dice appunto la scienza, ha solo 5 anni e 140 giorni di vita prima del punto di non ritorno, segna il climate clock. Facciamo finta che la scienza sia vera?

Se fosse vera, dovremmo sapere che continuando così, a vivere con mentalità estrattiva, sfruttando le risorse naturali come se fossero infinite; abbattendo gli alberi per farci piste da bob; liberando plastica nel cielo per festeggiare i nostri figli, che quella plastica già la trovano anche nel latte materno; allora tra 5 anni e 140 giorni, l’aumento della temperatura terrestre sarà al di sopra della soglia di sicurezza per la nostra vita. Non per quella del Pianeta. Il Pianeta sta bene, grazie. L’umanità è già malata.

La cattiva notizia, dunque, è che ci rimangono meno di 6 anni di vita. La buona notizia è che ce li abbiamo meno di 6 anni.

Alla scienza ci crediamo tutti, ma nessuno si comporta di conseguenza.E se cambiassimo?

È questa la mia testimonianza.

Ho preso un anno sabbatico. Ho fondato con The Forest Man of India; con il capo della rete di Al Gore – premio Nobel per la Pace ed ex Vice Presidente degli Stati Uniti -, per la biodiversità, in India; con due giovani sotto i 25 anni, un programma indigeno inedito. È un programma che fa finta di credere alla scienza e si comporta di conseguenza. Radicale. Un acceleratore di impatto. Si chiama Smily Academy. Smily è l’acronimo di Sustainable Mindset and Inner Level for Youth. Significa mentalità sostenibile (contro quella estrattiva) e dimensione interiore per i giovani. Laddove The Forest Man of India ha piantato una foresta, ora con Smily sta piantando una nuova coscienza interiore e una nuova cultura eco-imprenditoriale.

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Smily è il programma della ONG di The Forest Man, che rappresenta fino a 400 milioni di persone in 90 Paesi di cui 20 milioni solo ad Assam, dove ora c’è un’intera foresta piantata da un uomo in 40 anni. Formiamo imprese innovative giovanili sostenibili.

Le popolazioni indigene sono il 5% della popolazione mondiale e sono loro a proteggere l’85% della biodiversità mondiale. Chiunque oggi parli di sostenibilità, deve confrontarsi con chi si prende cura di foreste, natura e biodiversità invece di mandare email e fare eventi dove parlare per darsi tutti ragione. Cambiare ciascuno di noi, per continuare a vivere come umanità.

Gli indigeni vivono con 5 dollari al giorno e cambiano: ora fanno impresa con e per le nuove generazioni, insieme alle popolazioni non indigene.

Dal 20 al 26 marzo, Smily porterà una delegazione di 30 persone da 4 continenti (Africa; Europa; Asia e Stati Uniti) ad Assam. Ognuno di noi sta lavorando ad un progetto da trasformare in eco-impresa innovativa.

Il G7 Engagement Group sulla parità di genere, Women 7, ha adottato, con GammaDonna, il progetto che supporta le cooperative femminili del parco nazionale di Kaziranga, uno dei primi 10 al mondo sulla biodiversità. Sumus Italia ha adottato progetti sulla trasformazione degli scarti del cibo in fertilizzanti. Dot Academy sta lavorando per connettere indigeni nel mondo. World Food Markets Coalition dalla FAO arriva nella foresta di Molai, per cambiare tutto e ad Assam sostiene la piantumazione di 5 milioni di alberi con la rete di Al Gore, insieme all’azienda Fiordelisi.

Sono 30 i partner non indigeni che in 2 mesi, dal lancio del programma alla COP28 di Dubai, hanno adottato i nostri semi di eco-imprenditorialità, per piantarla insieme a chi sta coltivando un tecnologia etica: l’Istituto di innovazione e ricerca trasformativa dell’Università di Pavia; Rural Hack; Edible Issues; ANGI; Edible Planet Ventures.

È un esperimento di intelligenza collettiva planetario. Non è così, insieme, che si onora la sacralità della vita? Che ci si comporta, ascoltando la scienza che è l’unica certezza che abbiamo adesso?


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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