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Drype, la startup che ripensa i cocktail in chiave sostenibile

Vi ricordate Dragon Ball, la serie manga (poi adattata anche in una celeberrima serie anime) creata dal compianto Akira Toriyama? Il padre di una delle protagoniste, Bulma, è a capo della Capsule Corporation, una società che realizza piccole capsule in grado di contenere oggetti delle più disparate dimensioni: motociclette, astronavi e perfino case intere. Proprio al concetto di miniaturizzazione si sono ispirati i tre giovani fondatori di DrypeLucia Marrocco, Thomas Bottalico, Massimo Pierdomenico –  con lo scopo di rivoluzionare il settore della mixology e renderlo più sostenibile. Come? Semplicemente riducendo tutto ciò che serve per preparare un cocktail in una piccola boccetta di vetro, così da ridurre i pesi e i volumi da trasportare. E, di conseguenza, anche le emissioni di CO2. Come certificato da FourGreen, un cocktail di Drype contribuisce a ridurre fino all’82% delle emissioni equivalenti di CO2 legate al trasporto e alla logistica.

Non il solito spritz

Niente più bottiglie su bottiglie, insomma. A un barman o a un qualsiasi consumatore è sufficiente versare il contenuto del piccolo flacone in un bicchiere di acqua o di tonica e il cocktail è pronto. “Tutto è nato da una constatazione: ad oggi il 90% di una bottiglia è definito dal suo contenitore di vetro (40%) e dall’acqua di diluizione (50%). Solo il 10% è rappresentato dall’aroma e dall’alcol”, spiega Thomas Bottalico, chief product officer e co-founder di Drype. “La nostra idea originaria è stata quella di solidificare la parte alcolica e aromatica del cocktail e racchiuderla in una sorta di pastiglia da sciogliere nell’acqua. Abbiamo capito poi che a livello di sostenibilità ambientale i flaconcini in vetro funzionavano meglio”.

Per quanto riguarda invece le ricette proposte da Drype, l’obiettivo non è quello di replicare i classici cocktail che troveremmo in un qualsiasi bar. “Se mai li riproponiamo in chiave contemporanea. Per esempio, il Blue Train si ispira al primo cocktail blu della storia, nato negli Stati Uniti durante il proibizionismo. È un cocktail a base di compound gin e liquore all’arancia che veniva colorato di azzurro per renderlo più simile ad una bevanda analcolica”.

L’idea piace, e così per il team di Drype sono arrivati i primi risultati e riconoscimenti. Alla fine del 2022 la startup viene selezionata nel programma di accelerazione B4i – Bocconi for innovation e ottiene il grant di Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi del valore di 30mila euro, nell’ambito del programma Switch2Product | Innovation challenge del Politecnico di Milano. Lo scorso mese Drype è stata inclusa nell’ultima Foodtech500, la classifica stilata ogni anno da Forward Fooding delle 500 startup più interessanti al mondo in ambito agrifood tech.

E sempre a marzo ha partecipato all’ultima edizione di Identità Golose, a Milano, con un ospite d’eccezione: Mattia Pastori, uno dei punti di riferimento della mixology italiana. “È diventato il nostro mentor, ci dà consigli sulle caratteristiche organolettiche dei cocktail. Quando ci vede in stand con lui, la gente capisce che non siamo tre ragazzini che si divertono con le pozioni ma che stiamo portando avanti un progetto credibile”.

Verso una maggiore sostenibilità

Ma la strada è soltanto all’inizio e Drype guarda già al futuro. Obiettivo, perfezionare il prodotto e renderlo ancora più efficiente dal punto di vista della sostenibilità ambientale. “Adesso vogliamo passare a un packaging in alluminio che ci consentirebbe un’ulteriore riduzione del peso. Stiamo effettuando dei test: se un flaconcino di vetro vuoto pesa 40 grammi, con l’alluminio peserebbe 5-6 grammi”, prosegue Bottalico.

Ma quanto incide effettivamente la dimensione legata alla sostenibilità nella presentazione del prodotto? “Non è bello da dire, ma al cliente importa che sia conveniente dal punto di vista economico ancora prima di essere green. Ecco perché oggi cerchiamo di proporre Drype allo stesso prezzo dei competitor”. Il costo aggiuntivo è irrisorio ed è legato all’acqua che va versata nel bicchiere al momento della creazione del cocktail e all’eventuale guarnizione.

“In generale, è più facile proporlo a chi ha particolarmente a cuore la causa ambientale oppure a chi vuole ottimizzare gli aspetti legati alla logistica, come può essere un gestore di un rifugio in montagna o di un bar su un’isola. La sostenibilità è un valore aggiunto che puoi raccontare ai clienti finali, che a primo impatto sono sicuramente colpiti dall’effetto wow e dall’esperienza di consumo diversa dal solito”, aggiunge Bottalico.

I ragazzi di Drype comunque hanno le idee chiare: porsi come degli apripista, degli innovatori, con l’auspicio che anche i grandi marchi dell’industria delle bevande si orientino verso soluzioni come questa per generare un impatto positivo ancora maggiore. “Il nostro obiettivo? Far sì che la scelta di un’alternativa sostenibile non venga percepita come un sacrificio o comunque come qualcosa per cui bisogna scendere a compromessi, ma possa essere anche qualcosa di divertente e originale”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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