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“Alberodonti d’Italia”, viaggio tra i giganti millenari dei nostri boschi

Pochi altri come Tiziano Fratus conoscono gli alberi. Forse perché da scrittore e poeta qual è, ci si avvicina con una curiosità che va oltre il dato scientifico e incontra suggestioni che vanno oltre il paesaggio naturale, rendendolo umano. Tiziano Fratus è nato a Bergamo nel 1975, vive vicino al bosco e ha scritto molto sugli alberi. Il suo ultimo libro, appena uscito, è un “silvario inciso tra fotografia ed esplorazione: Alberodonti d’Italia – Cento capolavori della Natura (ed. Idee Feltrinelli e Gribaudo), un viaggio alla scoperta dei grandi alberi monumento del nostro paese. 

Cosa sono gli alberodonti e perché sono importanti?“In vent’anni ho cucito molti libri o, come preferisco chiamarli, silvari, tutti abbastanza circostanziati, informati, documentati, forse prendendomi particolarmente sul serio. Questa volta ho lasciato ampio svago alla fantasia, e quindi anche all’immaginazione, tutto d’altronde nacque per caso quando meditavo nelle foreste di sequoia in California e sbocciò l’intuizione dell’homo radix, un uomo che attraversa il paesaggio e sente unione con alberi, radici, animali e il ‘tutto’. Da quel fuoco si originò un percorso, un’avventura editoriale che ho voluto terminare con qualcosa che ritrovasse quel desiderio di libertà. Alberodonte è dunque una parola d’amore, una fantasia, un gioco, ma anche l’indicazione di un mistero che viaggia nel tempo, nelle epoche, e noi lo possiamo sfiorare”.

In Alberodonti d’Italia – Cento capolavori della Natura ogni albero è un incontro e ogni incontro è un’epifania. Gli alberi sono la nostra memoria? “No, gli alberi sono la memoria di se stessi e di quel francobollo di mondo dove sono cresciuti, dove si sono adattati costantemente e dove stanno morendo. Può capitare che siano anche parte della nostra memoria, delle nostre piccole storie. In taluni casi ci sono alberi piantati da persone, curati o addirittura preservati dalla volontà di altre persone, e oggi ammirati dai figli o dai nipoti, insomma dai discendenti di quei primi uomini”.

Il libro è attraversato da paesaggi, anche sentimentali. È una mappa per ritrovarsi nella Natura?“È una scelta di proposte, luoghi e storie da conoscere e da attraversare. Ogni uomo e ogni donna che incontra un grande albero è come il primo uomo o la prima donna che lo fa, dunque sempre un’avventura irripetibile, dove ogni individuo crea uno speciale rapporto con la Natura, con questa natura scolpita, e con quell’entità che abita e vive nel momento dell’incontro. Una parte di noi resta impressa nelle cortecce dell’albero e di certo l’albero resta impresso in noi, in qualche modo”.

Il racconto comincia con il concetto di un “umanesimo silvestre e terrestre”, ce lo può spiegare? È una scialuppa per l’umanità nella tempesta climatica che stiamo attraversando?“L’umanità tende a drammatizzarsi in ogni epoca, oggi come mezzo secolo fa, quando eravamo terrorizzati ad esempio dal pericolo di catastrofe termonucleare. O dall’Aids, o ancora da una delle due guerre mondiali. Risulta evidente quanto la Natura sia diventata una sorta di religione dominante per intere generazioni, si è affiancata alle religioni millenarie e viene vissuta, ammirata, studiata, da tantissime persone, l’editoria riflette questo mutamento palese. Ho scritto di ‘umanesimo terrestre’ poiché è evidente che tante persone cercano nei boschi e nella Natura più o meno prossima delle risposte alla propria angoscia, al ritmo assurdo che i modi di vivere e di lavorare e di rapportarci ci ha condotti ad assumere obbligatoriamente. E ne siamo spesso scontenti. C’è un umanesimo in tutta questa realtà naturale, silvatica, e terrestre che ci circonda, pratiche semplici, immediate, che ci nutrono. E di fatti perderemo il sonno ad elencare ad esempio tutti gli autori, i poeti, i pensatori che attualmente ne dicono e ne predicano”.

Quando è cominciato il suo viaggio alla scoperta degli alberodonti e quanto tempo ha impiegato a ricostruirne la storia attraversando l’Italia?“Il mio percorso si ritrae nel tempo, arrivando a toccare la mia infanzia e anche l’infanzia dei miei, dei miei avi, è un moto perenne che si rinnova in me come in molti prima di me, e di noi. In tv non è raro addirittura imbattersi nella pubblicità del Ministero dell’Agricoltura che consiglia di andare a visitare gli alberi  monumentali d’Italia, ma diverse persone lo fanno da decenni, anche da prima che fossero stilati i primissimi elenchi di alberi monumento, a cura del Corpo forestale, e ben prima dei primi libri a tema. I miei silvari, e gli alberodonti che amo, sono una compilation di opportunità, visibili in tutte le venti regioni, da chiunque”. 

In appendice c’è anche un “Atlante dei grandi antichi regione per regione”, così da poterli raggiungere ovunque, persino nelle isole. Non teme per la sicurezza degli alberi, mappati uno ad uno? Ha fiducia nell’uomo, nonostante il disastro climatico provocato?“La paura non aiuta quasi mai. E non credo assolutamente in una gestione elitaria della conoscenza, anzi se ne fa fin troppo commercio dell’idea che le cose vere siano note e disponibili soltanto a pochi illuminati. Ne ho incontrati diversi, di questi illuminati dottori, e sinceramente non mi pare proprio che fossero illuminati, erano semmai colti, questo, sì, e furbi, assai.  Dunque non credo che nulla vada protetto per pochi. Certo, l’imbecille che ‘imbelle’ in giro per il pianeta e fa danni non manca, ma allora chiudiamo i musei, mettiamo sotto chiave le statue, d’altronde non sono in pochi a sostenere che in montagna ci vada troppa gente e che in futuro l’accesso andrà rigorosamente regimentato. Quando e se accadrà, spero di non esserci già più. Per me proteggere la Natura vuol dire farlo per tutti, altrimenti non è viviamo in una democrazia sostanziale”.

Negli ultimi anni lei ha girato l’Italia per conoscere i boschi e la loro storia attraverso gli alberi millenari. Questo l’ha aiutata a mettere radici?“Sì, mi ha aiutato a rendere speciale la mia vita così ordinaria. Sono il figlio di un falegname, nulla di che. Il mio futuro sarebbe stato quello del falegname o se avessi potuto studiare magari di qualcosa di diverso ma non mi bastava. Volevo altro, senza sapere che cosa. Ho trovato la risposta tra i boschi e le foreste. Certo, quell’uomo radice che ero vent’anni fa oggi è cambiato, io stesso mi interrogo se ora questa etichetta che mi porto dietro non sia diventata una maschera, una specie di salvacondotto. Ecco perché ho deciso di terminare con questo nuovo silvario, tentando a cinquant’anni di iniziare a fare anche ecologia di me stesso. Chissà cosa arriverà, se ne sarò capace, quali altre eventuali radici spunteranno”.

C’è un messaggio scritto dall’uomo su corteccia che non dimenticherà?“È finito l’inchiostro, torna più tardi… eh-eh… gli alberi sono molto spiritosi… cercando di rare una risposta vagamente seria potrei dire che non esiste tragedia, o dolore, che il tempo non rimargini. Quando iniziai questo percorso ero solo, senza più un padre e una madre, vent’anni di alberografie, dendrosofie, meditazione tra gli alberi, mi hanno forgiato, mi hanno aiutato a superare quel trauma, quello spavento, quel sentirmi un niente sperso per caso nel mondo”.

Tra i libri di Tiaziano Fratus ricordiamo “Giona delle sequoie” (Bompiani), “L’Italia è un bosco” (Laterza), “Alberi millenari d’Italia” (Gribaudo), “Ogni albero è un poeta” (Mondadori), “Manuale del perfetto cercatore di alberi” (Feltrinelli), “Il bosco è un mondo” (Einaudi), “Sogni di un disegnatore di fiori di ciliegio” (Aboca), “I giganti silenziosi” (Bompiani), “Sutra degli alberi” (Piano B), “Il libro delle foreste scolpite” (Laterza), “Poesie creaturali” (LDN), “Il sussurro degli alberi” (Ediciclo), “L’Italia è un giardino” (Laterza), “Waldo Basilius” (Pelledoca) e Agreste (Piano B). Il sito di Tiziano Fratus è Studiohomoradix.com .


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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