13 Maggio 2024

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    Antartide, risolto il mistero del “buco” grande quanto la Svizzera

    In Antartide, nel bel mezzo del mare di Weddell – una porzione di oceano quasi perennemente coperta da una spessa banchisa e da enormi piattaforme di ghiaccio galleggianti alla deriva, quelle che nel 1915 stritolarono a morte la nave dell’audace capitano Shackleton – c’è uno stranissimo buco. Una voragine grande quanto la Svizzera che periodicamente si apre e si richiude, come fosse lo sfiatatoio di un gigantesco cetaceo. Si chiama Maud Rise polynya (Maud Rise è il nome dell’altopiano oceanico nei dintorni del quale si forma il buco e polynya è un termine che deriva dal russo e che si usa, in gergo, proprio per riferirsi a un buco nel ghiaccio marino), è stata individuata per la prima volta negli anni settanta ed è poi riapparsa, con dimensioni diverse ma sempre nella stessa posizione, negli anni successivi e senza alcun’apparente regolarità.Oggi, finalmente, un’équipe di scienziati della University of Southampton (e di altri istituti di ricerca) crede di aver risolto il mistero, identificando i processi fisici che portano alla formazione della polynya: i dettagli del loro lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances.  

    Polo Sud

    In Antartide scoperta una catena di vulcani sottomarini

    di redazione Green&Blue

    27 Marzo 2024

    Per studiare il fenomeno, i ricercatori hanno analizzato da vicino quanto successo negli inverni australi del 2016 e del 2017, quando il buco è rimasto aperto per diverse settimane raggiungendo un’estensione massima di circa 80mila chilometri quadrati, cosa che non accadeva da tempo. “La polynya Maud Rise è stata scoperta negli anni settanta grazie al lancio dei primi satelliti per il monitoraggio delle regioni più meridionali dell’oceano Atlantico”, spiega Aditya Narayanan, post-doc a Southampton e primo autore della ricerca. “Si è ripresentata per diversi inverni consecutivi, dal 1974 al 1976, e all’epoca gli oceanografi hanno ipotizzato che si trattasse di un evento annuale. In realtà da allora il buco si è riaperto solo sporadicamente, e per brevi intervalli di tempo. Il 2017 è stato il primo momento, dagli avvistamenti degli anni settanta, in cui la polynya ha raggiunto dimensioni così importanti ed è rimasta aperta così a lungo”.

    Biodiversità

    In Antartide il buco dell’ozono sta danneggiando foche e pinguini

    di Sandro Iannaccone

    07 Maggio 2024

    Per monitorare il buco e comprendere quali sono le dinamiche che portano alla sua formazione, gli scienziati hanno combinato i dati provenienti da osservazioni sul campo, quelli raccolti dai dispositivi applicati sui mammiferi marini, le osservazioni satellitari e quelli forniti da un modello computazionale che mappa lo stato dell’oceano: in questo modo hanno scoperto che nel 2016 e nel 2017 la corrente oceanica circolare intorno al mare di Weddell si è rafforzata, il che ha fatto sì che gli strati di acqua più profondi, più caldi e più salati rispetto a quelli superficiali, si siano mescolati con questi ultimi, aumentandone temperatura e salinità. Il fenomeno si chiama upwelling e aiuta a spiegare la fusione del ghiaccio marino (e di conseguenza la formazione del buco), dal momento che l’aumento della concentrazione di sale abbassa la temperatura di congelamento dell’acqua; tuttavia, da solo non è sufficiente a giustificare il tutto, perché “lo scioglimento del ghiaccio marino porta anche a un abbassamento della temperatura delle acque superficiali, che a sua volta dovrebbe interrompere il rimescolamento”, ha aggiunto Fabien Roquet, professore alla University of Gothenburg e co-autore del lavoro, “e quindi deve avvenire un altro processo affinché la polynya possa persistere. Deve esserci un ulteriore apporto di sale da qualche parte”. 

    Quale? A quanto pare, il responsabile di questo ulteriore apporto dei sali è il vento e il suo contributo al rimescolamento delle acque superficiali – un fenomeno noto come trasporto di Elkman: sarebbe proprio questo meccanismo a “spostare” in superficie il sale che si accumula sulla sommità del Maud Rise e rinforzare l’upwelling, portando alla formazione del buco. La scoperta è più che una semplice curiosità: le polynye, infatti, sono aree in cui avviene un enorme trasferimento di calore e di carbonio tra l’oceano e l’atmosfera, uno scambio così importante da poter influenzare l’equilibrio carbonico e le temperature di tutta la regione.

    Lo studio

    In Antartide 5.000 meteoriti all’anno persi a causa del cambiamento climatico

    di redazione Green&Blue

    08 Aprile 2024

    “L”impronta’ delle polynye”, conclude Sarah Gille, esperta della University of California, San Diego e co-autrice dello studio, “può rimanere visibile nelle acque anche diversi anni dopo la loro chiusura. Le polynye possono perfino cambiare le correnti oceaniche e il trasporto del calore verso le piattaforme continentali”. LEGGI TUTTO

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    The Lancet: 11% in più di decessi legati al caldo nel sud Europa in 30 anni

    il cambiamento climatico è ancora la principale minaccia per la salute umana: le morti legate al caldo sono infatti salite in media in tutta Europa del 9%, ma nell’Europa meridionale dell’11%. L’inquinamento atmosferico, le temperature in costante aumento stanno dunque provocando problemi di salute che vanno dai più frequenti attacchi cardiaci e ictus alla diffusione di malattie infettive e traumi psicologici. E i sistemi pubblici sanitari europei, soprattutto quelli del sud, stanno cominciando ad entrare in crisi.È un quadro allarmante quello tracciato dal Rapporto Europa 2024 di The Lancet Countdown on Health and Climate Change pubblicato su The Lancet Pubblic Health, una delle più autorevoli riviste scientifiche del mondo. In un mondo che si surriscalda a preoccupare sono i decessi legati al caldo: un aumento medio di 17 morti per 100mila abitanti tra il 2003-2012 e il 2013-2022.  Nell’estate 2022 sono state stimati 60 mila vittime legate al caldo estremo. Non solo, l’insicurezza alimentare, moderata e grave, ha colpito 60 milioni di persone in Europa: per 11,9 milioni, l’insicurezza è dovuta ad un numero maggiore di giornate di calore e di mesi di siccità. Nel 2022 le perdite economiche dovute ad eventi estremi legati al clima sono state stimate in 18,7 miliardi di euro.  LEGGI TUTTO

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    Quando la finanza etica salvaguarda la biodiversità 

    La biodiversità abbraccia tutte le forme di vita, grandi e piccole, visibili e invisibili, dalle grandi foreste pluviali ai minuscoli batteri che abitano il suolo, ogni organismo contribuisce al tessuto della vita sulla Terra. Questa varietà non solo offre un incredibile spettacolo visivo, ma è anche fondamentale per il funzionamento equilibrato degli ecosistemi. 

    La diversità biologica è una ricchezza, che oggi risulta in pericolo. Gli esperti denunciano infatti su scala globale una perdita di biodiversità animale e vegetale, dovuta a fattori quali modifiche nell’utilizzo del suolo (disboscamento, monocolture intensive, urbanizzazione), sfruttamento diretto (caccia e pesca), cambiamento climatico, inquinamento, specie esotiche invasive. La sfida è talmente urgente da richiedere azioni concrete e un impegno collaborativo. 

    Le grandi organizzazioni internazionali si stanno impegnando a proteggere la biodiversità attraverso gli obiettivi 14 e 15 dell’Agenda ONU, che mirano a conservare gli ecosistemi marini e terrestri e a gestire sostenibilmente risorse naturali, ma resta la sfida di applicare questi principi nella pratica quotidiana. La transizione energetica, prioritaria a livello globale e particolarmente in Europa, richiederà ingenti investimenti di circa 271.300 miliardi di dollari entro il 2050 per raggiungere la neutralità carbonica, bilanciando le emissioni di CO2 con il loro assorbimento tramite soluzioni naturali e tecnologiche. 

    Gli investimenti ESG – attivi nei settori della finanza che mettono al primo posto l’ambiente (Environment), la società (Society) e il governo d’impresa (Governance) – sono l’applicazione del concetto di sostenibilità al mondo del business. La finanza etica mette le persone e l’ambiente al centro della sua attività creditizia e di investimento, spostando in questo modo gli abituali metodi di valutazione economica (rapporto rischio-rendimento) anche e soprattutto sul piano etico e della sostenibilità.  LEGGI TUTTO

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    Siccità globale, c’è anche l’Italia tra i 21 hotspot nel mondo per la scarsità idrica

    C’è anche l’Italia tra le 21 hotspot del mondo – dalla Cina settentrionale alle coste del Cile – in cui la scarsità di acqua sta diventando un problema cronico e sempre più urgente da affrontare. Una ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Environmental Research Letters, coordinata dall’Università olandese di Utrecht, ha elaborato una mappa globale della siccità, classificando i paesi e le zone del mondo, dove esiste una evidente carenza nella disponibilità di acqua. 

    Lo studio, analizzando una serie di dati nel periodo 2010-2019, ha evidenziato 21 punti critici di scarsità d’acqua nel mondo, accomunati dal divario tra la domanda idrica da parte dell’uomo e la disponibilità della risorsa stessa. Si legge nello studio che “le risorse idriche dolci globali sono vitali per l’umanità e gli ecosistemi della Terra, eppure circa un terzo della popolazione mondiale è colpito dalla scarsità d’acqua per almeno un mese all’anno. In queste aree, l’uso eccessivo delle risorse idriche può portare alla minaccia di esaurimento”. LEGGI TUTTO

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    Una startup svedese produce cemento verde al 100% circolare

    L’industria del cemento è uno dei principali nemici del clima e il calcestruzzo, – una miscela di cemento, sabbia e acqua – è il secondo materiale più utilizzato sulla terra dopo l’acqua. Ogni anno viene impiegato più di acciaio, legno, plastica e alluminio messi insieme. La produzione di cemento emette l’8% di CO2 globale, quattro volte quella dei viaggi aerei. Di fronte a questi dati si spiega la scelta di CemVision, una startup svedese che intende rivoluzionare il settore delle costruzioni con un processo innovativo che trasforma l’anidride carbonica di scarto in cemento green, senza compromettere le prestazioni o la qualità. Un cemento che sia fino al 95% più sostenibile rispetto a quello tradizionale.”Siamo un’impresa innovativa attenta al clima e forniamo cemento ad alte prestazioni. È nostro dovere produrre un cemento più rispettoso dell’ambiente in ogni sua applicazione. Il nostro obiettivo è essere protagonisti nella battaglia contro il cambiamento climatico, trovando soluzioni innovative che possano essere un’alternativa allo stoccaggio del carbonio”, spiegano dall’azienda.

    Ambiente

    Banditi di sabbia, un business illegale da 100 miliardi di dollari all’anno

    di Paola Arosio

    21 Febbraio 2024

    Il mercato globale del cemento è valutato intorno ai 380 miliardi di dollari e, essendo l’elemento legante fondamentale del calcestruzzo, la domanda per il materiale raggiunge circa 4 miliardi di tonnellate all’anno. Ora l’azienda svedese ha messo a punto un processo di produzione che utilizza sottoprodotti di industrie come l’acciaio e l’estrazione mineraria invece del calcare fresco, puntando ad un’alternativa virtuosa, circolare e più pulita. “Siamo sulla buona strada per produrre cemento che emette il 95% in meno di CO2 rispetto ai metodi tradizionali pur rimanendo altrettanto forte e performante”, dichiara l’Amministratore Delegato di CemVsion Oscar Hållén.

    La produzione sostenibile di cemento

    Il processo di produzione del cemento si basa sui combustibili fossili, con conseguenti emissioni significative di anidride carbonica. Non solo, il processo di produzione richiede temperature estremamente elevate, che superano i 1.500 °C. Quando il calcare viene riscaldato in un forno, il carbonato di calcio si scompone in ossido di calcio e anidride carbonica. Circa il 60% delle emissioni totali dell’industria del cemento sono il risultato di questo processo. Utilizzando alcuni sottoprodotti industriali, come le scorie della produzione di acciaio, CemVision evita questa reazione chimica. L’altro 40% delle emissioni del cemento proviene dall’energia necessaria per surriscaldare il calcare in un forno. Oggi la maggior parte dei forni è alimentata da carbone, petrolio e gas naturale.

    Energia

    Il grattacielo elettrico di New York che riduce al minimo le emissioni

    di Paola Arosio

    03 Maggio 2024

    L’impianto dimostrativo di Cemvision si trova in Polonia, è entrato in funzione a metà del 2023, e ad oggi produce più di 4.000 tonnellate di cemento all’anno ed è alimentato da biocarburanti. Inoltre, l’azienda sta a sviluppando un forno che funziona con elettricità, per lo più rinnovabile, nel laboratorio di Stoccolma. Poiché i rifiuti industriali che utilizza possono essere trattati a temperature più basse, Cemvision ha bisogno di molta meno energia in generale per produrre il suo cemento.

    L’impianto pilota di cemento verde in Polonia

    Nel 2023 CemVision ha raggiunto la produzione su scala industriale di cemento verde nel suo impianto pilota in Polonia equivalente a quattro mila tonnellate annuali. Nel 2024 prevede di raddoppiare raggiungendo le dieci mila tonnellate. Per farlo CemVision ha in programma di acquisire e ristrutturare impianti esistenti che saranno meno costosi e rischiosi di quelli costruiti ex novo.

    L’approccio innovativo dell’azienda ha attratto l’interesse di investitori internazionali, tanto da aver raccolto di recente un aumento di capitale pari a 10 milioni di euro grazie alla partecipazione di investitori svedesi come Polar Structure e BackingMinds, oltre a Zacua Ventures con sede a San Francisco.  Non solo, la startup può contare anche sul sostegno del braccio non-profit del noto investitore svedese EQT, e di Breakthrough Energy di Bill Gates, da cui ha ottenuto finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo, dal primo giorno di fondazione e che, secondo i programmi, proseguiranno fino al 2024.

    Startup

    Primi passi per produrre un cemento a basse emissioni: la startup Sublime System

    di Dario D’Elia

    17 Gennaio 2024

    I nuovi capital serviranno a CemVision per continuare ad investire nello sviluppo tecnologico dell’innovativo cemento verde. “Il nostro percorso attuale è focalizzato sull’accesso al mercato”, ha precisato Oscar Hållén, che viene da un’esperienza di cinque anni in Klarna. “Stiamo compiendo passi significativi verso la produzione su larga scala, necessaria per rispettare gli accordi di fornitura con nuovi clienti.

    Una delle sfide principali nel settore del cemento è proprio la decarbonizzazione del processo produttivo. Tanto che la Road Map della Global Cement and Concrete Association (GCCA), che coinvolge quaranta dei più grandi produttori di cemento al mondo, si è posta l’obiettivo ambizioso di raggiungere emissioni zero entro il 2050. Questo obiettivo richiede azioni coordinate su molteplici fronti, tra cui la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, l’eliminazione dei combustibili fossili nei processi produttivi e lo sviluppo di nuove tecnologie per la cattura della CO2. LEGGI TUTTO