7 Maggio 2024

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    In Antartide il buco dell’ozono sta danneggiando foche e pinguini

    Emissioni di gas serra in aumento, temperature medie sempre più alte, eventi meteorologici sempre più estremi e sempre più frequenti. Nella lunga scia, oramai abitudinaria, di notizie ferali sul cambiamento climatico, a gennaio 2023 aveva timidamente fatto capolino una novità positiva: un rapporto delle Nazioni Unite diceva che la perdita dello strato di ozono, che ha rischiato di esporre le persone ai dannosi raggi ultravioletti del sole, era “sulla buona strada per essere completamente recuperata entro il 2040 in gran parte del mondo”, e che si sarebbe “completamente ricreata entro il 2045 sull’Artico e entro il 2066 sull’Antartide”. Tutto merito, dicevano gli esperti, dell’attuazione del protocollo di Montreal, l’accordo internazionale che dal 1989 aveva proibito l’uso delle sostanze chimiche dannose per l’ozono, tra cui i famigerati clorofluorocarburi. Ma sembra che non sia mai possibile dormire sonni tranquilli: neanche un anno dopo uno studio pubblicato su Nature certificava una preoccupante inversione di tendenza: il buco dell’ozono non si sta più chiudendo, e anzi se ne sono aperti di nuovi, ampi e persistenti, sopra l’Antartide. Oggi un nuovo lavoro, pubblicato sulla rivista Global Change Biology, rincara la dose: anziché richiudersi, dicono gli autori dello studio – un’équipe internazionale di scienziati tra cui figura anche l’italiana Rachele Ossola, della Colorado State University – il buco nell’ozono è rimasto “ben aperto” durante l’estate antartica. Ed è un bel problema, perché l’estate è il periodo di crescita delle piante nelle zone costiere del continente e la stagione dell’accoppiamento per foche e pinguini: i raggi ultravioletti del Sole, dicono gli esperti, potrebbero fare molto male soprattutto ai cuccioli, che sono più vulnerabili alle radiazioni rispetto agli esemplari adulti. 

    Qual è il motivo di questo fenomeno? Uno dei problemi è anzitutto che i clorofluorocarburi riescono a “sopravvivere” molto a lungo nell’atmosfera, e dunque, pur avendo smesso di emetterli da oltre trent’anni, l’effetto di quelli prodotti prima dell’entrata in vigore del protocollo di Montreal continua ancora a farsi sentire, e probabilmente continuerà ancora a lungo. “Quando si forma il buco dell’ozono”, dicono gli autori del lavoro, “l’indice dei raggi ultravioletti raddoppia, raggiungendo livelli estremi. Fortunatamente, la maggior parte delle specie animali marine sono in letargo e ben protette dalla neve quando il buco si apre in primavera. Le specie marine, analogamente, sono protette dallo strato di ghiaccio sopra di loro: finora, questi ‘scudi’ hanno preservato la biodiversità antartica. Ma le cose potrebbero cambiare”.

    Biodiversità

    Migliaia di pinguini muoiono a causa della rottura dei ghiacci antartici

    a cura di redazione Green&Blue

    24 Agosto 2023

    Oltre alla persistenza dei clorofluorocarburi, infatti, esistono anche altri fenomeni “locali” che possono contribuire all’assottigliamento dell’ozono. In questo caso, i maggiori indiziati sono gli estesissimi incendi divampati in Australia tra il 2019 e il 2020, l’intensa eruzione del vulcano Hunga Tonga del 2022, e tre anni consecutivi di La Niña, un fenomeno atmosferico che ha comportato il raffreddamento delle acque oceaniche nel Pacifico centrale e orientale: una congiuntura molto sfortunata che ha portato alla riduzione dello strato di ozono e, contemporaneamente, a una perdita significativa di ghiacci marini. Non solo gli animali sono stati esposti a più radiazioni del solito, ma hanno avuto a disposizione anche meno ghiaccio con cui schermarsi. 

    Qual è l’impatto di questa congiuntura sul benessere della biodiversità antartica? Purtroppo, è difficile saperlo con certezza, perché gli studi sugli effetti della radiazione ultravioletta sugli animali che abitano il continente bianco sono ancora pochi, e la maggior parte di loro sono stati condotti su esemplari in cattività. “Ma è comunque motivo di preoccupazione”, scrivono ancora gli esperti. “Una maggior quantità di radiazione ultravioletta all’inizio dell’estate potrebbe essere particolarmente dannosa per gli esemplari più giovani, come i cuccioli di pinguino o di foca covati o nati alla fine della primavera”.

    Inquinamento

    Microplastiche trovate anche in Antartide, dove nuotano le balene

    di Fiammetta Cupellaro

    30 Gennaio 2024

    Per le piante lo scenario potrebbe essere ancora peggiore: “La gramigna antartica (Deschampsia antarctica), la pianta cuscino (Colobanthus quitensis) e molte specie di muschio emergono dalla neve proprio alla fine della primavera, e quindi sono esposte ai massimi livelli di raggi ultravioletti”.Il sospetto, dunque, è che la vita antartica potrebbe essere danneggiata da questa “riapertura” del buco: ragione in più per prendere le contromisure e ridurre la quota di anidride carbonica e gas serra emessa in atmosfera. LEGGI TUTTO

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    Caccia ai parrocchetti monaco? La Puglia chiede aiuti contro la specie invasiva

    La Puglia come Madrid? Assessori e agricoltori del barese in questi ultimi giorni se lo auspicano: col supporto della Regione hanno fatto richiesta, urgente, di un piano per l’eradicazione dei famosi “pappagallini verdi”. Solo poche settimane fa, dopo una campagna durata oltre tre anni e costata quasi 3 milioni di euro, Madrid ha annunciato di aver terminato il suo piano di “contenimento” dei famosi parrocchetti monaco, che lì chiamano “cotorra argentina”, dato che si tratta di una specie invasiva arrivata dal Sudamerica ma capace – in Spagna come in Italia – di proliferare grazie alle nuove temperature dettate dalla crisi del clima e alla presenza di cibo. A Madrid la storia insegna: avvistati per la prima volta nel 1985 i famosi pappagallini verdi si sono riprodotti senza sosta. Tra il 2005 e il 2021 in poco più di quindici anni sono aumentati del 665%: i danni per l’agricoltura, con nuvole “verdi” di uccelli impegnate a prendere di mira frutti e gemme, sono stati stimati in migliaia di euro.

    Biodiversità

    L’invasione dei parrocchetti tra danni e rumore: la scienza chiede aiuto ai cittadini per i pappagalli di troppo

    di Pasquale Raicaldo

    30 Marzo 2023

    In più i residenti si sono detti esausti per il rumore: si tratta di una specie particolarmente chiassosa e i cui esemplari sono capaci di occupare in gran numero diversi alberi dove costruiscono nidi pesanti anche duecento chili, paragonabili a sorte di condomini per gli uccelli.Non senza polemiche da parte di associazioni in difesa degli animali, la capitale spagnola dal 2021 è passata all’azione prendendo di mira nidi ed esemplari: il numero degli animali è stato ridotto del 30% e da pochi giorni è stata annunciato dal Comune un ritrovato “equilibrio”, tanto che eventuali piani di soppressione non saranno (per ora) più necessari.Adesso, nell’Italia che dà la caccia al granchio blu e ai cinghiali, impegnata a combattere contro specie aliene spesso introdotte a causa dell’uomo e la cui esistenza è agevolata dalle nuove temperature, anche in certe zone della penisola i parrocchetti monaco stanno creando sempre più problemi. 

    Biodiversità

    Dagli scoiattoli al calabrone asiatico, gli “alieni” sono tra noi: e i cittadini sono sempre più bravi a scovarli

    di Pasquale Raicaldo

    28 Settembre 2023

    Se a Roma, dove si avvistano facilmente, la loro presenza sembra più tollerata, tra le campagne di Terlizzi, Molfetta, Ruvo o dell’Alta Murgia, non ne possono più di quelle nubi verdi. Li conoscono da almeno vent’anni: primi insediamenti sono stati registrati nella zona di Molfetta, poi – nella Puglia impegnata a combattere contro la Xylella fastidiosa – hanno cominciato a notarli nel tempo anche sempre più su, in direzione del foggiano.Il problema è che con lo sbocciare della primavera adesso centinaia di uccelli hanno preso di mira le coltivazioni, dalle mandorle ai fichi, con danni stimati in “migliaia di euro”. Di recente la Coldiretti pugliese ha indicato come i “selvatici” in Puglia, dai cinghiali sino al granchio blu, siano ormai responsabili di perdite quantificate in 30 milioni di euro e anche i pappagallini sono finiti nella lista nera dei coltivatori. Così è accaduto che negli ultimi giorni, da Giovinazzo fino a Bitonto, politici locali e assessori hanno richiesto immediati piani per la caccia ai pappagallini. A dar man forte alle istituzioni del nord barese sono poi arrivate le parole dell’assessore regionale all’Agricoltura, Donato Pentassuglia che ha sostenuto come “il pappagallo monaco abbia colonizzato parte della provincia di Bari, in particolare partendo dall’area a nord del capoluogo Pugliese, interessando in un primo tempo i comuni di Molfetta e Terlizzi, per poi estendersi prima nelle città ad essi limitrofe e, successivamente, alla città di Bari e ai paesi dell’entroterra, quali ad esempio Modugno, Bitritto, Bitetto e quelli a Sud del capoluogo pugliese quali Torre a Mare, Triggiano, Mola di Bari, Rutigliano e Noicattaro”. Da qui, dopo primi passaggi con l’ISPRA, e dopo che gruppi di cittadini si sono uniti in progetti per tentare di mapparli, da parte delle autorità è stato invitato l’ATC (Ambito territoriale caccia) di Bari/Bat a programmare un piano di censimento per capire numeri e presenza della specie. Lo scopo successivo è “strutturare un piano di contenimento in grado di definire, in termini chiari e precisi, la consistenza della popolazione di parrocchetto monaco, la sua dinamica di popolazione, le aree in cui realmente insiste, la portanza del territorio (qualora esista una portanza per una specie aliena) e soprattutto le zone di riproduzione e che consenta quindi di proporre un piano di contenimento della stessa in cui vengano dichiarati gli obiettivi di riduzione, i quali, peraltro devono essere concordati e approvati da Ispra” fanno sapere le autorità.

    Giornata mondiale della natura selvatica

    L’uomo è la bestia? Storia della convivenza quasi mai pacifica con la fauna selvatica

    di Andrea Monaco, Laura Scillitani

    03 Marzo 2024

    Nell’Italia della difficile convivenza uomo-natura in cui sempre più spesso, dagli orsi fino ai cinghiali, ci troviamo a discutere con posizioni differenti sulla necessità o meno di interventi di contenimento, alla notizia rilanciata da alcuni giornali locali sulla possibile futura caccia ai pappagallini è seguita una raffica di proteste contro l’idea di eradicarli.
    SIAMO ALLE SOLITESi sterminano milioni di cimici marmorate: zero proteste.Se invece solo si propone di eliminare qualche centinaio di pappagalli: apriti cielo!Non è ecologia. Men che meno animalismo: solo egoismo. “Voglio gli animali che piacciono a me”https://t.co/4vwOO80JiZ pic.twitter.com/ZAxh1Qfohz— Nicola Bressi (@Nicola_Bressi) May 5, 2024

    Sul tema, con un tweet, è intervenuto anche il noto naturalista Nicola Bressi spiegando che “siamo alle solite. Si sterminano milioni di cimici marmorate: zero proteste. Se invece solo si propone di eliminare qualche centinaio di pappagalli: apriti cielo! Non è ecologia. Men che meno animalismo: solo egoismo. ‘Voglio gli animali che piacciono a me'”.Anche per questo, per le reazioni che potrà scatenare una futura azione di contenimento dei pappagalli – mentre le associazioni come la CIA Agricoltori Levante chiedono un “immediato avvio al piano di contenimento” – l’assessore regionale Pentassuglia mette le mani avanti. “Non deve essere  sottaciuto che qualsivoglia intervento di riduzione, sia pure effettuato con il fine di tutelare la biodiversità, potrebbe attivare movimenti di contrasto (peraltro già attivi) da parte della cittadinanza poco incline a comprendere le motivazioni alla base dell’azione. Pertanto, è importante che venga avviata una corretta e costante campagna di comunicazione che proceda di pari passo con l’attività scientifica e tecnica sul campo”, conclude l’assessore. LEGGI TUTTO